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8 marzo, la primaria: “In pronto soccorso il 70% medici è donna, tanto amore per il lavoro ma Ssn soffoca”

(Adnkronos) – Una porta che si apre sempre giorno e notte per dare ogni tipo di aiuto, sanitario e non: il pronto soccorso di un ospedale italiano è l’unico rifugio dove si può trovare una risposta “e se funziona bene lavorerà meglio tutto l’ospedale, ma oggi la metà delle richieste che arrivano non riguarda l’emergenza-urgenza, ma è di altro tipo. Eppure non ci tiriamo indietro e aiutiamo tutti, non diciamo mai ‘non ci compete perché io devo salvare le vite’ ad una vittima di violenza di genere, ad un anziano fragile con problemi psichiatrici o ad un tossicodipendente – afferma all’Adnkronos Salute Marina Civita, presidente regionale Simeu Piemonte e direttore di pronto soccorso – Però siamo allo stremo, siamo pochi ed è difficile lavorare. Il servizio sanitario pubblico così soffoca. Noi ci crediamo e amiamo questo lavoro, ma davvero serve un intervento serio. In Piemonte, il 70% dei medici che lavora nei pronto soccorso è donna, ma contando anche agli infermieri arriviamo al 90%. Un dato che possiamo traslare all’intero territorio nazionale e che rileva come il sistema dell’emergenza si regga sulle donne”.  

I dati della Società italiana di Medicina dell’emergenza-urgenza (Simeu) fanno parte di una survey “che vede una presenza di quota rosa forte nella medicina di emergenza”, sottolinea. “Abbiamo resistito allo tsunami del Covid, ma stiamo soccombendo alle aggressioni e violenze verbali, ormai all’ordine del giorno – denuncia Civita – Vediamo aumentare la povertà e la fragilità sociale, anziani soli senza aiuto, patologie psichiatriche che crescono. Ormai vicariamo rispetto ad altri servizi sociosanitari, ma senza avere il personale e i posti letto. Per la sanità piemontese i dati sono in peggioramento – avverte – La Simeu aveva stimato nel 2022 una carenza di medici del 44%, nel 2023 siamo saliti al 52%. E chiaramente corrono le esternalizzazioni a cooperative”.  

Donne, medico, mogli e madri: la vita professionale di chi lavora in un pronto soccorso cade a valanga su quella familiare. “Io dirigo un gruppo di lavoro formato da 14 donne e 5 uomini – spiega Civita – Come donna e madre di 3 figli ho molto a cuore la realizzazione professionale dei miei medici, ma capisco anche i loro bisogni di madri, compagne e mogli. Se un bambino sta male, una madre deve stargli vicino; se una collega rimane incinta, non deve sentirsi in colpa sapendo che non potrà lavorare in pronto soccorso o che i suoi colleghi dovranno lavorare di più perché non ci sarà una sostituzione maternità. Oggi per le donne non ci sono protezioni e ci si sente in colpa anche a dichiarare la maternità, e conosco chi l’ha fatto. Deve finire questa colpevolizzazione – avverte – mentre servirebbero asili nido negli ospedali, oppure sconti per il personale sanitario che ha stipendi più bassi”.  

Se avesse la possibilità di parlare con il ministro della Salute Schillaci? “Chiederei di rivalutare le piante organiche dei pronto soccorso – risponde Civita – chiederei di avere cura del personale, chi ci lavora lo fa davvero per passione e dedizione. Lavorare in un dipartimento di emergenza non è facile e si resta perché si crede in quello che si fa per gli altri, sono sempre convita come tanti colleghi che sia ancora il lavoro più bello del mondo. Ma soprattutto che la sanità pubblica abbia ancora un valore”.  

Negli anni “ho visto tanti colleghi lasciare la medicina d’urgenza, scegliere altri reparti o andare a lavorare nelle cooperative dove lavorano meno e guadagnano molto di più. Anche su questo fronte il ministro dovrebbe fare qualcosa in più: ha parlato di ‘missione’ per il nostro lavoro e lo è, ma ognuno di noi ha una famiglia, un mutuo, bollette da pagare – incalza la direttrice – Abbiamo dei ritmi di lavoro stressanti, tanti medici che soffrono di ‘burn out’. Se invece si riuscisse ad invertite questa tendenza alla ‘fuga’ dal pronto soccorso assumendo medici e infermieri, potremmo lavorare meglio, fare ricerca e formazione. Oggi – conclude Civita – la carenza del personale è davvero ‘il’ problema da risolvere al più presto”.  

 

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