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Il Renzi-bis è fatto: lo guida Gentiloni, ma Verdini si chiama fuori

Il Punto di Agostino Giordano

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Renzi è andato a casa. Si è dimesso. E questa è già una buona notizia. Ma non è andato in pensione il suo governo: con qualche pedina in meno, o spostata di poco, sarà sempre lo stesso. A far più discutere è la faccia tosta della Boschi, che pure aveva legato nome e faccia e destino a Renzi e al Referendum costituzionale, bocciato dagli italiani. Ma ha tanto strepitato da essere riciclata in sottosegretario alla presidenza. Certo, il suo non è solo un problema di colla, ma farà comodo allo stesso Renzi appiccicare un’ ‘alter ego’ ai fianchi di Gentiloni. Premier, che – è bene ricordarselo – è stato scelto e imposto dallo stesso Renzi, in una sorta di ‘consultazioni parallele’, che non poco ha indispettito Mattarella e inviperito le opposizioni. Poi c’è il mistero buffo di Alfano, che di ‘quid’, come scriveva qualcuno, ha solo quello di saper conservare la poltrona: dagli Interni salta agli Esteri, cosa che, giorni fa, davanti ad una eventualità del genere, Matteo Salvini bollava così: “Siamo su scherzi a parte?”; e Francesco Storace rincarava la dose: “Alfano agli Esteri? Continua inarrestabile la fuga dei cervelli”. Certo, davanti a certi numeri, riguardanti l’invasione di profughi, – nei 1000 giorni del governo Renzi in Italia ne sono sbarcati 460.000 – Alfano è meglio perderlo che tenerlo, agli Interni; incapace a gestire migranti, facciamolo emigrare: mutatis mutandis, a guadagnarci sarà l’Italia. E poi c’è Verdini e la sua Ala, così preziosa al Senato, con i suoi 19-voti-19. Riuscirà il neo-Premier a saziare le voglie di Verdini – che già promette di non votare la fiducia a Gentiloni, – o lo sostituirà con altri voti ‘comprati’ a Campo de’ Fiori? Senza Verdini, al Senato non si cantano messe. L’ultimo Bruto ad accoltellare Berlusconi, incapace di alzar la voce con Renzi, cerca di alzarla ora col mite Gentiloni. Ma i risultati non cambiano, e mercoledì vedremo. Intanto, nella nuova compagine, ci sono anche sostituzioni ‘dovute’. Al Ministero dell’Istruzione, la Giannini e la sua ‘buona scuola’ vengono fatte accomodare fuori, per scarso rendimento. Al riguardo c’è una battutaccia che gira, secondo cui l’unica insegnante ad aver trovato un posto sicuro, con la riforma ‘gianninea’, sia stata la Agnese, moglie di Renzi, attraverso una ‘chiamata diretta’. Ma va!  Un altro che proprio non ha brillato, nella vecchia compagine, è stato il Ministro del Lavoro Poletti, ma puntualmente è stato riconfermato. Chi poi non se l’è sentita di tornarsene alle pentole è la Madia, fresca ‘trombata’ dalla Cassazione per la sua ‘Riforma della Pubblica Amministrazione’. Ma neanche la Lorenzin è stata barellata: grande affossatrice della Sanità Pubblica, non se l’è sentita di ‘arruolarsi’ nella Croce Rossa. Vi chiederete: ma se Renzi s’è dimesso, non doveva dimettersi in blocco anche il suo governo, dato che, tra l’altro, si è speso ‘in toto’ per la bocciata Riforma Boschi? È vero, ma si dimentica che l’unica forza politica con maggioranza relativa, sia alla Camera che al Senato, si chiama Pd. E se il Pd, con il segretario Renzi in testa, ha voluto riconfermare più o meno lo stesso esecutivo, chi vi si può opporre? L’Italia è una Repubblica Parlamentare, non Presidenziale: i giochi si fanno in Parlamento, è lì che nascono o cadono i governi italiani. Denis Verdini e i suoi hanno già fatto sapere che non voteranno mai “un governo ‘fotocopia’ di Renzi”. Ma tant’è, il Renzi-bis è servito. Con la Boschi bocciata dagli Italiani e promossa da Gentiloni; e con Verdini – un vero fenomeno – a secco con Renzi e a secco col suo successore. Dopo il varo del nuovo governo, Forza Italia attacca a testa bassa: “Vergogna senza fine! Avevamo chiesto a Paolo Gentiloni discontinuità. Leggiamo invece lista ministri di un Renzi-bis: attaccati alla poltrona. Maria Elena Boschi più di tutti”. Le altre opposizioni – Lega. Fratelli d’Italia, Cinquestelle, Sinistra Italiana – voteranno un No secco; c’è chi non sarà presente in aula neanche al voto di fiducia, ma in piazza. Non inizia bene il governo Gentiloni. Partito per varare una nuova legge elettorale e poi al voto, in realtà non ha limiti di durata, contando i problemi da affrontare. Renzi, commosso, ringrazia. ‘Il gioco delle tre carte’, come lo chiama la Meloni, non risolverà niente. La maggioranza piddina, da sola, si voterà la fiducia e la nuova legge elettorale. Mai, nella storia repubblicana, l’ex Partito Comunista ha avuto così tanto potere.

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