
In questa data, 56 anni fa, la Montréal Stock Exchange subì un attentato ad opera del Front de Libération du Québec (FLQ): l’improvvisa esplosione di una bomba provocò il ferimento di 27 persone e seri danni all’edificio

MONTRÉAL – 13 febbraio 1969. Nel cuore di Place Victoria, alle 15:20, avviene una forte esplosione: una bomba artigianale deflagra nella Borsa di Montréal, ferendo 27 persone e danneggiando gravemente la sala principale e il muro nord-est dell’edificio. L’attacco, rivendicato dal Front de Libération du Québec (FLQ), uno dei più feroci della sua campagna terroristica, segnò l’inizio di un periodo di crescente violenza, culminato nella cosiddetta “crisi di ottobre” del 1970, alimentando preoccupazioni tra la popolazione e le autorità.
LE CONSEGUENZE DELL’ATTACCO
La detonazione avvenne nell’area della reception circa 40 minuti prima della chiusura delle negoziazioni, creando caos e panico tra i presenti. Le schegge e la forza dell’esplosione provocarono lesioni a 27 persone, tra impiegati e passanti, che furono trasportati d’urgenza negli ospedali cittadini; altri, invece, furono assistiti sul posto per ferite lievi. Non si sono registrate vittime, ma il bilancio sarebbe potuto essere più tragico.
L’onda d’urto causò danni significativi agli interni della Borsa, distruggendo finestre, mobili e apparecchiature, con danni materiali stimati a quasi 1 milione di dollari, e compromettendo la normale attività dell’istituzione finanziaria nei giorni successivi.
Le forze dell’ordine federali e provinciali identificarono sin da subito l’attacco come parte di una serie di attentati perpetrati dal FLQ, un gruppo indipendentista radicale che mirava alla separazione del Québec dal Canada attraverso azioni violente.
IL FLQ E IL CONTESTO SOCIO-POLITICO
L’attentato si colloca in un periodo di forte tensione politica in Québec. Le disuguaglianze economico-sociali tra francofoni e anglofoni, il sentimento di alienazione linguistico-culturale, le lotte armate per le liberazioni nazionali sviluppatesi dopo la Seconda guerra mondiale – la guerra in Vietnam (1946-1975), la guerra d’Algeria (1954-1962), la rivoluzione cubana (1959), le attività dell’Esercito repubblicano irlandese (IRA) e dell’ETA (Patria basca e libertà) in Spagna a partire dal 1959 – furono all’origine di un diffuso e forte sentimento nazionalista e separatista che portò alla nascita e allo sviluppo di vari movimenti radicali nel corso degli anni ’60: il Rassemblement pour l’indépendance nationale (RIN, fondato nel 1960), il Comité de libération nationale (fondato nel 1962), e la Réseau de résistance (RR, anch’esso fondato nel 1962). Quest’ultimo si limitava a creare graffiti con slogan per l’indipendenza del Québec.
Dalla RR, nel 1963, per iniziativa di due quebecchesi, Raymond Villeneuve e Gabriel Hudon, e di un belga, Georges Schoeters, prese vita il Front de Libération du Québec: una trentina di individui si staccarono dalla RR, avendo maturato l’idea politica che considerava il sabotaggio e la violenza – e non la via democratica – quali strumenti irrinunciabili per accelerare il cambiamento sociale e politico e il raggiungimento dell’obiettivo separatista. Ecco perché il FLQ intensificò, nel corso degli anni sessanta, le sue pratiche terroristiche
per destabilizzare il Governo canadese.

REAZIONI E IMPATTO SULLA SOCIETÀ
L’opinione pubblica reagì con indignazione e sdegno all’attentato e la classe politica condannò fermamente l’uso della violenza come strumento di lotta politica. L’incidente del 13 febbraio fu il preludio agli eventi della cosiddetta “crisi di ottobre” (1970), iniziata con il rapimento del Commissario commerciale britannico James Cross e conclusasi con l’uccisione del Ministro del lavoro del Québec Pierre Laporte. Questi eventi portarono il Governo canadese a rafforzare le misure di repressione, con numerosi arresti tra i membri del FLQ. Nel marzo 1969, Pierre-Paul Geoffroy fu arrestato nel suo appartamento di Montréal, dove aveva un vero e proprio arsenale di munizioni, tra cui circa 200 candelotti di dinamite, un centinaio di detonatori e due bombe. Si dichiarò colpevole di 31 attentati dinamitardi avvenuti tra maggio 1968 e marzo 1969, tra cui l’esplosione alla Borsa di Montreal. In relazione alle 129 accuse, fu condannato a 124 ergastoli oltre a 25 anni di reclusione. Si trattò, all’epoca, della pena detentiva più lunga mai imposta nel Commonwealth britannico.
CONCLUSIONI
Oggi, l’attacco alla Borsa di Montréal è ricordato come uno dei momenti più drammatici nella storia del Québec moderno. La fine del FLQ non ha fatto venir meno il dibattito sull’indipendenza del Québec, che è ancora vivo e vitale, anche se si è spostato su un terreno più politico e democratico.
L’episodio del 1969 resta un perentorio monito sulle conseguenze nefaste della radicalizzazione politica e sulla necessità imprescindibile di trovare democraticamente soluzioni pacifiche ai conflitti sociali e ideologici.