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10 febbraio, Giorno del ricordo La Verità non si infoiba !
Queste immagini parlano da sè. Non servono parole per definire i negazionisti delle foibe; si definiscono da soli. La loro firma? Lapidi infrante monumenti imbrattati, inneggianti a Tito. Il marchio che li rappresenta? il simbolo staliniano di un’ideologia e di un sistema responsabile di più di cinquanta milioni di vittime!

 

Il 10 febbraio si celebra il “Giorno del ricordo”. Una data che richiama alla memoria gli orrori delle foibe e la “pulizia etnica” (dal 1943 al 1945-46) di dannata memoria titina. Un Olocausto consumato al nostro confine orientale, di cui furono vittime circa 20.000 nostri connazionali istriani, fiumani e dalmati, con 350.000 profughi costretti all’esodo dalle loro terre. L’obiettivo del carnefice slavo era quello di terrorizzare la numerosa popolazione italiana della Venezia Giulia, che allora costituiva il 90% nella zona costiera, terrorizzandola e costringendola ad abbandonare le loro case e la Terra dei padri a beneficio degli slavi Titini. Ecco perché il maresciallo Tito, di triste memoria, promosse una “pulizia etnica”, come affermò e fece, contro tutti gli italiani, massacrando e infoibando indistintamente. E quel che è ancora più triste e inverosimile è che alcuni rinnegati partigiani, socialisti o comunisti, italiani davano man forte, concreta o politica (tra questi qualcuno è stato addirittura considerato “benevolo nonno degli italiani”). Dopo il martirio, ecco l’ennesima beffa verso le vittime! Per chi non lo sapesse, una foiba è una cavità carsica, un inghiottitoio a imbuto o una tetra caverna verticale in cui i titini precipitavano (spesso vive) le loro vittime. Per infoibati si intendono gli eccidi compiuti da parte dei partigiani comunisti jugoslavi e dell’Ozna ai danni di militari e civili della Venezia Giulia e del Quarnaro. Molti furono spinti nelle foibe vivi, o gravemente feriti e, precipitando nei fondali dell’abisso, giacevano sui cadaveri dei loro compagni tra sofferenze inimmaginabili. Lì, nell’oscurità più profonda, venivano derisi dagli aguzzini della “stella rossa”, coloro che non avevano la fortuna di morire nell’impatto. Son stati ritrovati “grappoli di vittime” legati insieme con filo spinato. I malcapitati venivano portati sul bordo del baratro, l’aguzzino sparava un colpo alla nuca al primo, il quale, nella caduta nell’abisso, trascinava gli altri ancor vivi. Scene raccapriccianti, a cui vanno aggiunti abusi, torture, violenze di ogni sorta e stupri. Tra le migliaia di vittime vi fu la giovane Norma Cossetto, la quale, non volendo rinnegare alla sua italianità e unirsi a loro contro l’Italia, fu stuprata e violentata a più riprese; finì in una foiba, seguita dal padre che cercava notizie di sua figlia dai suoi stessi aguzzini. Sembra impossibile, eppure, malgrado testimonianze e prove tangibili, una certa sinistra, soprattutto quella che ama definirsi “chic”, memore del tristemente famoso “treno della vergogna”, ancora nega minimizza e banalizza la tragedia delle foibe. Eppure la pietà cristiana insegna che i morti dovrebbero essere tutti uguali e verso di essi andrebbe mostrato rispetto e umana pietà. Purtroppo, chi è accecato dall’odio ideologico di matrice comunista non la pensa così. Per costoro, chi non la pensava o non la pensa come loro è fascista. Vi è che la stragrande maggioranza delle vittime era innocente e nulla aveva a che vedere con la politica. Perché, tra le vittime oltre ai militari, carabinieri, finanzieri, civili, donne, bambini, intellettuali e preti, vi furono anche partigiani antifascisti ma non comunisti? A questa domanda, i nostri “sinistri” non hanno mai risposto.

 

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Il 10 febbraio, Giorno del Ricordo vede il nostro Tricolore abbrunato a denuncia del Martirio giuliano, nonché la macchia nera sulle coscienze dei tanti nostri politici resistenziali, i quali in malafede hanno taciuto o negato l’immane tragedia consumata sulla pelle di tanti nostri fratelli e sorelle, vittime solo di essere italiani. Un’indelebile macchia ereditata dai tanti negazionisti attuali, esecratori della memoria dei Martiri giuliani. A distanza di quasi un ottantennio, deceduti i diretti carnefici, stranieri e domestici, ancora una fetta delle nuove generazioni nate nel dopoguerra, tanto sensibili alle tragedie altrui, invece di trasalire e restare esterrefatte di fronte ad una tragedia vigliaccamente loro sottaciuta, continuano accanite sulla scia dell’odio partigiano, contro ogni criterio e logica nazionale. Quanto alla maggioranza rimanente, digiuna di tante verità storiche, poiché cresciuta ed educata anch’essa in un clima fazioso, ha una conoscenza superficiale di ciò che accadde in quel triste triennio. Per questo la canea rossa è doppiamente criminale: per il crimine commesso o condiviso e per aver occultato, banalizzato e sottaciuto un triste pezzo di Storia Patria. Purtroppo oggi, non soddisfatti dei misfatti dei loro padri e nonni naturali o spirituali, i “nuovi partigiani” sfogano i loro livori (anti italiani di sempre) negando tutto, imbrattando targhe o vandalizzando lapidi alla memoria delle vittime delle foibe; una bassezza che solo loro possono toccare! Essi negano e continuano con azioni che offendono la memoria di chi è stato vittima di esseri in preda ad una folla bestiale, che li spinse a decidere sul destino di chi, secondo loro, stava dalla “parte sbagliata”, cioè non comunista. Ancora oggi, chi non è con loro è considerato reazionario e fascista. Chi finalmente apprende e si pone delle domande sull’eccidio di circa 20.000 giuliano-dalmati e fiumani, con 350.000 in fuga dal terrore rosso, è subito tacciato di fascista, reazionario o revisionista. Il comportamento dei nostri “sinistri” fa pensare alle celebri vignette del “Candido”, di guareschiana memoria: il “trinarciuto” che eseguiva l’ordine del padrone (p.c.i.):  “Obbedienza cieca, pronta e assoluta”, disegnati con una terza narice, che secondo Giovannino Guareschi serviva a “far fuoriuscire il cervello da versare all’ammasso del Partito”, il quale avrebbe pensato al loro posto. Dopo un ottantennio, nulla è cambiato, se non peggiorato: al posto dei trinariciuti, sono sorte “le sardine”. Purtroppo per loro, a distanza di un ottantennio, dopo lo sfaldamento della repubblica di Tito, son venute a galla testimonianze, documentazioni e prove concrete. Cari, “voi i reazionari”, non infoiberete la Verità!

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