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  • Due Matteo sono troppi: Renzi lascia

    Due Matteo sono troppi: Renzi lascia

    IL PUNTO di Agostino Giordano

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    Alla luce dei fatti, l’unico sondaggio della vigilia confermato dal voto reale è stato quello della Coalizione di Centrodestra, data al 37-38%, e così è stato. Tutti gli altri sondaggi sono risultati sbagliati. Sbagliato ‘per eccesso’ per il Pd di Renzi, crollato al 19%; sbagliato ‘per difetto’ per il M5S, che è invece schizzato al 32%, confermandosi primo partito. All’interno del Centrodestra, poi, – dove si giocava un sotterraneo ‘derby’ (come l’ha definito la Meloni) tra Lega e Forza Italia, per stabilire chi dei due partiti ne avrebbe conquistato la leadership – è avvenuto un altro vistoso terremoto: la Lega quadruplica, con il 17.6%, i voti del 2013 e sorpassa Forza Italia, che scivola al 14%; la Meloni, nel suo piccolo, col 4.3% raddoppia i voti delle precedenti politiche. Un voto insperato, sia per Salvini che per Berlusconi; ambedue hanno lavorato sodo, ma il primo è stato premiato, il secondo è stato punito; ambedue ci hanno messo la faccia, ma Salvini come candidato, Berlusconi come non-candidato. Evidentemente l’elettore ha percepito questo gap del Cavaliere come un ostacolo effettivo alla sua leadership, anche come regista, e ha scelto il giovane Salvini come leader del Centrodestra. E questo resta un cruccio per Berlusconi e per quanti maledicono Strasburgo e la sua Corte per i Diritti Umani, che non gli ha restituito in tempo utile l’ ‘agibilità politica’, da lui a gran voce reclamata: gran bella giustizia, lenta, miope e partigiana! I Cinquestelle, come primo partito, reclamano il diritto di essere ricevuti per primi dal Quirinale e il diritto di formare il governo, pur non avendo i numeri per farlo, ma accettando l’aiuto di altre forze che volessero firmare il programma grillino. Da forza politica solitaria, i Cinquestelle ora non disdegnerebbero inciuci con chi ci sta. A sinistra naturalmente, non certamente a destra. Di Maio, tutto impettito, parla di terza Repubblica, ‘Repubblica dei cittadini’, e sfodera il suo compitino con tutte le sue promesse lavate e stirate. Ma il vero perdente, in quanto anche responsabile politico del governo uscente, è Matteo Renzi, che, dopo la scoppola, ha annunciato di dimettersi dopo l’insediamento del nuovo governo, e dopo essersi insediato al Senato. Nella conferenza stampa di lunedì pomeriggio, il segretario Pd ha difeso l’operato piddino e ha attaccato tutti, compreso Mattarella, reo di non aver fatto votare l’Italia nel 2017. Eppure proprio gli errori di Renzi hanno catapultato al 32% i pentastellati, che hanno intercettato l’incontenibile voto di protesta del Sud, ignorato e rovinato dal quinquennio a trazione piddina. E gli elettori hanno bocciato i suoi Ministri: Minniti e Franceschini, Fedeli (per analfabetismo spinto) e Pinotti, ecc.., proprio per mano di candidati grillini sconfessati dal loro stesso leader. Si sono salvati la Boschi paracadutata a Bolzano dai Svp e l’ex ‘portaborse’ Casini, blindato nel collegio rosso bolognese, per meriti acquisiti nei confronti della Banca Etruria. I neo-comunisti di Liberi e Uguali, usciti dal Pd, sognavano un risultato a due cifre e si ritrovano al 3.4% e con i vertici tagliati: Grasso, Boldrini, Bersani e D’Alema seccamente perdenti! Un terremoto, insomma, che non si sa fino a che punto toglierà l’Italia dal pantano in cui l’ha infangata la sinistra renziana.  Non c’è una maggioranza che possa governarla: i Cinquestelle si arrogano il diritto di farlo, il Centrodestra si propone come soggetto politico solido e radicato nel territorio, per validità di proposta politica e per numero di voti. Salvini, in visita da Berlusconi ad Arcore, gli ha confermato la solidità dell’alleanza col Centodestra. Fra tre settimane, dopo l’insediamento del Parlamento, la costituzione dei gruppi parlamentari, e soprattutto dopo l’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento, si avranno le prime indicazioni politiche. E Mattarella, nella fase consultiva, valuterà e tirerà le somme. Se i Cinquestelle apriranno alla sinistra, si vedrà se Renzi si dichiarerà indisponibile o se, pressato dall’opposizione interna, accetterà la proposta indecente della sirena grillina. Allo stato attuale l’Italia sembra ingovernabile. Ultima annotazione: il sistema del voto all’estero, o viene riformato o è meglio cassarlo.

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  • Distratto dal PD, il Paese arretra

    Distratto dal PD, il Paese arretra

    di Agostino Giordano

    Matteo Renzi
    Matteo Renzi

    A Carnevale ogni scherzo vale. Ma in Italia, dove di Carnevale si campa tutto l’anno, è impossibile distinguere tra il serio e il faceto. E così Grillo, di passaggio a Roma, non si sottrae al giochetto di prendere in giro Renzi: “Vorrei fare un appello a Matteo Renzi:resta! Il Paese ha bisogno di te. Siamo sull’orlo del baratro, ci manca solo una spintarella…”. Vedi chi parla! Un comico prestato alla politica che non riesce a far dimettere una Raggi qualsiasi a capo della giunta romana più scombiccherata della storia. Ecco, tra Piddini e Grillini, il cerchio è più che chiuso. E il palcoscenico è sempre quello del Colosseo romano, dove nel tempo i “saltimbanchi” hanno sostituito i gladiatori. Ma almeno Renzi, dopo il Referendum perso, si è dimesso da Premier; e lunedì 19 febbraio, dopo l’Assemblea Nazionale, si è dimesso pure da segretario Pd. La Raggi invece sta sempre lì, in Campidoglio, cocciuta nel difendere l’indifendibile. Renzi si dimette per poi ricandidarsi, è vero; la Raggi si dimetta e ritorni nell’anonimato del web, da cui l’hanno tirata fuori, un lustro fa. Ma andiamo per ordine. Perché Renzi si dimette da segretario? Non l’ha perso lui, da premier-segretario, il Referendum? Premier di un governo renziano, segretario di un Pd renziano? Si dimette per buttare fuori dal Pd la minoranza social-comunista? Se ci guadagna da questa operazione è tutto da verificare: magari quando sarà tardi per rimettere i cocci a posto. La minoranza parla del futuro Pd – depurato dei loro cromosomi comunisti – come del ‘Partito di Renzi’, alias partito di centrosinistra da prima Repubblica. Non si capisce, in sostanza, dove voglia andare a parare questa lunga commedia all’italiana: iniziata all’indomani dell’esito referendario, si concluderà a primavera inoltrata, cioè a conclusione del Congresso Pd. Fatti i conti, per sette mesi blocchiamo i taxi e assistiamo a questa pirandelliana messinscena. Sommati ai tre anni di governo renziano, l’Italia praticamente è ferma da un’eternità. Anzi no: mentre Renzi godeva tra i ‘fumi riformisti’, l’Italia è andata indietro, è alla deriva. Disoccupazione, povertà, tasse, ingiustizie, malcostume, insicurezza e immigrazione aumentano a vista d’occhio. Si potrebbe dire che Politica e Paese reale non si parlano più. Invece di fare l’interesse del Paese, la Politica pensa alle logiche di potere. Se i Grillini non sostituiscono la Raggi per non perdere la faccia, Renzi si cuce un Pd su misura per puro calcolo di potere. La Castellina, che già nel ‘70 usciva dal Pci fondando ‘il Manifesto’, non si dà pace. Ma la storia del Pci è costellata di scissioni, come quella della Dc. O, se vogliamo, come quella del  centrodestra di Berlusconi: il politico più tradito degli ultimi 20 anni. Se la sinistra Pd costituisse nuovi gruppi in Parlamento, creerebbe non pochi problemi alla funzionalità del Senato e di alcune commissioni parlamentari importanti, il che  bloccherebbe l’iter della nuova Legge elettorale. Un ginepraio non da poco. Da cui il popolo italiano si va allontanando sempre più, disgustato e inviperito. Cosa succede nel centrodestra, mentre il Pd si spappola, è tutta un’altra carnevalata. Salvini, Meloni e Fitto in primavera vogliono le primarie, da cui Berlusconi prende le distanze: Grillini e Piddini, con le primarie, si sono ritrovati in casa i Raggi e i Renzi! Il Cavaliere, fondatore e leader di Forza Italia, si guarda bene dal cedere ai refoli del ponentino. Alle pattuglie centrine o simil-tali, che reggono masochiste il moccolo al ‘Renzi-pensiero’,  dedichiamo questo ‘P.S.’ di Sallusti, indirizzato a Matteo, in coda al suo Editoriale del 20 c.m.: “Caro Renzi, – scrive A.Sallusti – quando ieri hai detto che in politica ricatti, tradimenti e scissioni ti fanno schifo, ti riferivi ad Alfano e Verdini grazie ai quali hai governato per tre anni? O no, gran paraculo”. I carri mi sembrano completi. La sfilata può iniziare.

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  • Renzi si dimette, anzi no: Mattarella lo ‘congela’

    Renzi si dimette, anzi no: Mattarella lo ‘congela’

    Il Punto di Agostino Giordano

    ‘Ha da passà a nuttata!’, scrivevo qualche tempo fa. E la ‘nuttata’ è passata. Dopo 1000 giorni di governo, Renzi ha gettato la spugna. Non volontariamente, s’intende, ma perché mandato via dagli Italiani chiamati a pronunciarsi sulla sua pasticciata Riforma Costituzionale. Il Rottamatore è stato rottamato dagli elettori italiani. Con un’affluenza ai seggi del 65%. I NO hanno vinto sui SI con un distacco di circa 20 punti.  Impensabile solo alla vigilia. E Renzi, dopo la mezzanotte, ha rassegnato le dimissioni. Come promesso. Gli Italiani hanno detto NO a Renzi, al suo modo di concepire la politica e promettere di tutto, al suo modo di prendere in giro e di mentire, di minacciare e adulare e di praticare ‘spoil system’ patologico. La sua ‘annuncite cronica’, il suo ‘bullismo’ diventato insopportabile, il suo esercizio del potere che ha pochi confronti. Un ‘ego’ spropositato e priapesco, che in tre anni ha ammorbato la vita degli italiani. Che alla prima occasione gliel’hanno fatta pagare, e con gli interessi. Le uniche Regioni d’Italia, dove con maggioranze irrisorie, ha prevalso il ‘Sì’, sono: la ‘sua’ Toscana, il Trentino Alto Adige, governata dalla vicepresidente piddina, D.Serracchiani, e l’Emilia Romagna, per la bandiera. ‘Bello Ciao’ titolava un quotidiano, nell’edizione dei lunedì 6 dicembre. Sintomatiche le lacrime di Renzi, dopo il ko, commentate da lui medesimo con queste parole: “Non credevo mi odiassero così!”. Ma come? Dopo tutto il macello che ha fatto ‘per farsi odiare’, si meraviglia pure che lo odino? E questa è la cifra dell’inguaribile visionario Renzi, che di botto si sveglia e non crede ai propri occhi. Si era talmente calato nel personaggio, talmente ci credeva alla sua politica rocambolesca, giovanilista e muscolare, che ora si meraviglia che l’abbiano bocciato. Mi ritorna in mente la scena finale di un film su ‘Nerone’ che, – davanti all’irruzione del popolino romano all’interno del suo palazzo imperiale per fargli la festa – prima di ‘farsi aiutare a suicidarsi’, si meraviglia di quanto il popolo lo odi! E, a proposito di giovani, il 70% gli ha votato contro. Insieme a disoccupati e poveri, quindi, i giovani lo hanno punito, mandando a gambe all’aria il suo bullismo esagerato. Gli Italiani hanno votato NO di pancia e di testa. Per le condizioni economiche disastrose, per le figuracce in Europa, per l’occupazione sistematica di Radio e Tv e giornali, dei vertici militari e di magistratura, di poteri forti e finanziari; per lo scriteriato modo di maneggiare i regolamenti di Camera e Senato, nel calpestarli, forzarli, cambiarli autoritariamente; per il modo sprezzante di trattare senatori e deputati, per aver voluto personalizzare, politicizzare il voto referendario; per aver schierato tutto il governo in campo per il Referendum. E qui, da parte del filosofo Cacciari, piddino ed ex sindaco di Venezia, parte una bordata simil-Sgarbi, virgolettata: “(…) Con le “capre pazze” è impossibile ragionare. E la prima è il Presidente del Consiglio che ha condotto questa battaglia referendaria con istinti suicidi. (…) Una capra pazza che ha trasformato il referendum sulla Carta in un referendum su di sé.”. Cacciari docet. Un NO a una Riforma Costituzionale approvata in Parlamento – dal solo Pd e cespugli centrini – a colpi di fiducia e con alto sprezzo del ridicolo, proposta all’elettorato in una forma ‘truffaldina’, ed elemosinando i voti degli italiani all’estero. Non per niente, tra gli Italiani nel mondo, ha vinto il SI! E per due motivi essenziali: per aver creduto a occhi chiusi alla ‘letterina di Natale’ di Renzi e per non capire la politica italiana, neanche a occhi aperti. Sul fronte del NO, Cinquestelle, Sinistra Italiana, Lega e Fratelli d’Italia vogliono elezioni subito, con qualsiasi tipo di Legge Elettorale; Forza Italia vuole invece riscrivere insieme la legge elettorale in senso proporzionale, con sbarramento. Sul fronte del SI, Il Pd e centrini sono nel pallone. Il Pd mercoledì 7 dicembre terrà la Direzione. Mattarella invece vuole prima mettere al sicuro la Legge di Bilancio, ‘congelando’ il governo Renzi per due-tre giorni ancora, e poi accettare le sue dimissioni e iniziare le consultazioni per un nuovo governo. E lo faccia il Pd – dice il Cavaliere, perché ha la maggioranza. Certamente, il Paese si è espresso contro questo Governo; ma in Parlamento il Pd+centrini ha la maggioranza. Che scollatura tra Palazzo e Paese! La corda adesso è corta e rischia di spezzarsi. Renzi ha usato e abusato, da “abusivo”, della sua carica di premier e ora lascia un’Italia lacerata e divisa. Se ne esce da Palazzo Chigi, ma sarà riconfermato segretario del Pd? Al Nazareno la sinistra interna sta affilando i coltelli. L’Italia va governata in modo democratico. La boria va in soffitta.

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  • Referendum costituzionale |Stravince il NO, Renzi lascia

    Referendum costituzionale |
    Stravince il NO, Renzi lascia

    Quasi 20 milioni di elettori bocciano la  riforma Boschi e il presidente del Consiglio annuncia il passo indietro. Il fronte dei contrari vince clamorosamente in Sardegna, mentre il Sì ce la fa in Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana. Scenario opposto all’estero, dove vince il Sì con il 64,7%. Dimissioni del Premier dopo l’approvazione della manovra di stabilità. Le opposizioni in pressing: ‘‘Voto subito’’

    Matteo Renzi annuncia le dimissioni con la voce rotta dalla commozione, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento alla moglie Agnese e ai figli
    Matteo Renzi annuncia le dimissioni con la voce rotta dalla commozione, in una conferenza
    stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento alla moglie Agnese e ai figli

    Roma – I risultati del referendum costituzionale sono chiari: il “No” ha vinto con il 59,11%, contro il 40,89% del “Sì”. I seggi, rimasti aperti dalle 7:00 di mattina fino alle 23:00 di domenica 4 dicembre, hanno visto andare alle urne il 65,47% degli italiani (68,48% in Italia e 30,74% all’estero), un’affluenza molto alta che indica quanto fosse ritenuto importante il referendum sulla riforma Renzi-Boschi.

    Una valanga di NO al sud e nelle isole  I contrari stravincono in Sardegna dove ottengono oltre il 72% dei consensi e Oristano è uno dei centri dove l’opposizione è più marcata (75,5%). Per trovare un dato così schiacciante bisogna andare nell’altra isola, in Sicilia: qui i contrari superano il 71% e la provincia di Palermo raggiunge addirittura il 72,2% di No al progetto Boschi.  La percentuale del NO si attesta al 71% in Sicilia e poco sotto il 70% in Campania e in Puglia. La vittoria del SI c’è stata in tre sole regioni: Toscana, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. Da segnalare anche la vittoria del SI a Milano con il 51,1% dei voti (a livello provincial, però, il No si è imposto con il 52,62%), a Firenze, i SI sono stati il 56,3%, a Bologna il 52,2%, mentre a Roma il NO si è imposto con il 59,4%, a Torino con il 53,6%, a Genova con il 59%. Nel Nord-Est, in media, il No ha toccato e superato spesso la soglia del 60%.

    Il Premier lascia: “Ho perso”. Dimissioni dopo la manovra –  Matteo Renzi ha subìto una sconfitta pesantissima e, poco più di un’ora dalla chiusura dei seggi, ha annunciato le proprie dimissioni: “Non sono riuscito a portare il Sì alla vittoria. L’esperienza di questo governo finisce qui, ce ne andiamo senza rimorsi”. Renzi, in quello che potrebbe essere il suo ultimo intervento nella sala stampa di Palazzo Chigi da Premier pienamente in carica, ha espresso soddisfazione per la grande affluenza alle urne, ha parlato di “festa della democrazia” e ha riconosciuto il successo alle forze politiche che compongono il variegato fronte del No lanciando loro la palla della nuova legge elettorale che si renderà necessaria per il Senato, dato che l’Italicum è stato concepito per la sola elezione della Camera: “Tocca a chi ha vinto avanzare proposte serie”. Lunedì, dopo un Consiglio dei ministri lampo, durato una ventina di minuti, Matteo Renzi ha accolto la richiesta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, congelando le dimissioni fino all’approvazione della manovra di Stabilità. “Lo faccio per senso di responsabilità – ha detto il Premier – e per evitare l’esercizio provvisorio”. “Ci sono impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno in ogni caso assicurare il rispetto”, ha  sottolineato il Quirinale in una nota ufficiale, dopo il faccia a faccia.

    Le opposizioni esultano – Grande la soddisfazione del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: “Noi siamo pronti a votare il prima possibile con qualunque legge elettorale“ perché “se gli italiani vogliono scelgono un governo. Noi siamo pronti e pensiamo di poter vincere”. Secondo il capogruppo dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, “il Pd ha la maggioranza ed ha il dovere di fare un altro governo visto che in Parlamento ha la maggioranza ma senza Renzi”. Silvio Berlusconi non ha commentato davanti alle telecamere, ma una sua dichiarazione è stata riportata da fonti parlamentari: “Renzi per una volta ha mantenuto la parola, aveva detto che si sarebbe dimesso e lo ha fatto”. Per Luigi Di Maio del M5S “ha perso l’arroganza al potere. Noi al governo ci andiamo in un solo modo: con il voto dei cittadini”. Ha parlato anche Massimo D’Alema, che ha condotto la battaglia per il No dall’interno dello stesso Pd: “Capisco l’amarezza per la sconfitta e anche la dignità con la quale il presidente del Consiglio ha tratto le conclusion“. E Roberto Speranza, sempre della minoranza Pd: “C’è gioia e soddisfazione, c’è stato un confronto vero, ora c’è bisogno di riunire l’Italia, nessuno di noi ha mai chiesto le dimissioni a Matteo Renzi, lui sbagliando ha personalizzato il referendum, prendiamo atto che il presidente del Consiglio ha preso una strada, ora c’è massima fiducia nel lavoro del presidente della Repubblica” Rassegnato Angelino Alfano, leader del Nuovo Centrodestra: “Insieme a milioni di italiani, abbiamo giocato una bella partita e l’abbiamo persa. È stato bello e giusto giocarla: per l’Italia”.

    Per il SI anziani ed elettori PD – Secondo l’elaborazione di Ipr Marketing-Istituto Piepoli per Rai, per il Sì avrebbero votato soprattutto gli elettori più anziani: tra gli over 54 i sì hanno raggiunto il 51%, mentre si sono fermati rispettivamente al 37 e al 32% per le fascie di età 35-54 anni e 18-34 anni. Quanto all’appartenenza politica, solo gli elettori del Pd hanno votato in massa per il Sì (il 77%, anche se questo presuppone un 23%, quasi un quarto, che ha votato contro l’indicazione del partito), mentre M5S, Forza Italia e Lega hanno garantito al No percentuali tra il 79 e l’87%.

    Gli scenari Dopo l’approvazione della Legge di Bilancio, forse già in settimana, sono  diverse le ipotesi sul tappeto: da un reincarico al presidente uscente all’esecutivo tecnico-istituzionale. La prima opzione sembra allo stato la meno percorribile, perché va a sbattere con le parole dette questa notte da Renzi: “Il No ha vinto in modo straordinariamente netto. Ora tocca al No fare le proposte, serie e credibili, a partire dalla legge elettorale”. Se invece Mattarella decidesse di privilegiare la continuità tra passato e presente, potrebbe essere un Ministro del governo uscente a ricevere l’incarico per tentare di formare un nuovo esecutivo. Già impazza il toto-Premier. Anche se l’orizzonte sarebbe ben preciso: legge elettorale e poi voto. In pole resta in nome di Pier Carlo Padoan. L’attuale ministro delle Finanze, dalla sua, può vantare una grande credibilità (anche internazionale), un buon rapporto con lo stesso Renzi, un profilo tecnico ma ‘stemperato’ dall’esperienza degli ultimi due anni che renderebbe il suo esecutivo più impermeabile di fronte alle polemiche politiche. Scende, nel totonomi, Pietro Grasso. Il nome del presidente del Senato resta non particolarmente gradito a una parte del Pd, i renziani più ortodossi. Il Pd, che resta il maggior partito per numeri sia alla Camera che al Senato, renderebbe percorribile anche la via di un dopo Renzi sempre targato Nazareno. In questo caso, i nomi spendibili sarebbero diversi. Tra questi, certamente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, stimato da tutte le anime interne del Pd e ben attrezzato politicamente per affrontare la fase delicata. Continuando a pescare nel Pd, nel totonomi resta il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio: grande mediatore, ottimo feeling con il Quirinale, stretto rapporto con lo stesso Renzi, anche se in passato non sono mancate le distanze tra i due. Ottimo profilo quello di Dario Franceschini, secondo molti il traghettatore perfetto. Molto vicino al capo dello Stato, il ministro della Cultura è sempre stato in prima fila nelle crisi degli ultimi anni per trovare le soluzioni istituzionali più ‘ragionate’. Sembrerebbe impraticabile, invece, l’ipotesi di affidare il governo a un nome riconducibile al giglio magico, come Maria Elena Boschi o Luca Lotti. Se, come potrebbe essere, Renzi decidesse di rilanciare la sua sfida politica dal Pd i suoi fedelissimi resterebbero al suo fianco. Paiono, infine, davvero complicate soluzioni legate a ‘assi’ da tirare fuori dal mazzo a sorpresa, a partire da quelli di Romano Prodi o ancora di più di Giuliano Amato.

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    L’eccezione ESTERO: vince il SI

    ROMA – È all’estero che il fronte del Sì ha ottenuto il risultato migliore. Il “Sì” al 64,70% (722.672 voti) e il “no” al 35,30 % (394.253 voti): sono questi i dati, speculari rispetto alla media nazionale, del voto degli italiani all’estero al referendum costituzionale che si è concluso con la bocciatura della riforma proposta da Matteo Renzi. I votanti sono stati il 30,74% degli aventi diritto, un milione e 245.929 su quattro milioni 52.341. In Europa ha votato il 33,70%, in America meridionale il 25,44%, in America settentrionale e centrale il 31,19% e in Africa, Asia, Oceania e Antartide il 31,91%. Le schede bianche, ha registrato il Viminale, sono state lo 0,74% (9.297), le schede nulle il 9,56% (119.174) e le schede contestate e non assegnate lo 0,04% (533).

    CENTRO E NORD AMERICA – In Centro e Nord America, su 374.987 elettori hanno votato in 116.969, cioè il 31,19%. Ha vinto il SI con il 62,24%, contro il 37,76% del NO. Le schede bianche sono state 520, quelle nulle 15.444 e quelle contestate 76. Il Paese con la percentuale più alta di votanti è stato l’Honduras (65.83%). In Canada ha votato il 35,82%, Usa il 28,65%, in Messico il 30.50%, in Repubblica Dominicana il 32.88%. Ovunque ha vinto il Sì (in Canada col 67,1% delle preferenze, negli Usa col 58,8% dei consensi ), con l’unica eccezione del Costarica con il NO al 51,39%.

    SUD AMERICA – In Sud America di 1.291.065 aventi diritto ha votato il 25,44%, cioè 328.561. il Sì vince con il 71.93% contro il 28.07% del no. 4211 le schede bianche, 36.064 quelle nulle, 311 quelle contestate. Il Paese con la percentuale più alta di votanti è stata la Bolivia (42.12), sotto il 20% il Perù. In Brasile ha votato il 28.58%, in Argentina il 25.33%, in Uruguay il 23.04% e in Venezuela il 21.06%. Ovunque ha vinto il SI. In Brasile il SI ha raggiunto addirittura l’84%, in Uruguay il 77,13%, in Argentina il 65,11%.

    EUROPA – In Europa dei 2.166.037 di aventi diritto hanno votato in 730.109, cioè il 33,70%: il 62,42% ha votato sì, il 37,58% no. Le schede bianche sono state 4.048, pari allo 0,55%, quelle nulle 60.983 e quelle contestate 134. In Svizzera la percentuale di votanti è stata del 42,32%, nel Regno Unito 37,60%, in Francia 31,35%, Belgio 22.05%, Germania 29.06%. E se in Russia ha votato il 40,19%, il Paese con la percentuale più alta di votanti risulta essere l’Estonia con il suo 63,89% (a voler tener fuori San Marino e il suo 71,88%). SI al 64,25% in Svizzera, 62,7% in Gran Bretagna, 66,81% in Francia, e 54.73% in Spagna. In alcuni Paesi, tra cui Irlanda, Repubblica Ceca, Russia, Norvegia, Finlandia, Bulgaria e Polonia il NO ha vinto sul SI.

    ASIA E OCEANIA – Nella quarta ripartizione – Asia, Africa, Antartide, Oceania, dei 220.252 aventi dirittto hanno votato in 70.290, cioè il 31,91%. Qui il sì ha raggiunto il 59,68% contro il 40,32% del no. Le schede bianche sono state 518, quelle nulle 6683, quelle contestate 12. A spiccare in questa ripartizione è il 100% dei votanti dell’Indonesia: hanno votato tutti e 21 gli aventi diritto. In Australia ha votato il 29,33, in Nuova Zelanda 33,07, in Sud Africa il 20,10, in Cina il 50%, in Corea il 51,77, in Giappone il 59,06, in Libano il 65,44. Ovunque vince il sì con alcune eccezioni come Giappone, Corea, Thailandia, India e Libano. (m.cip.\aise)

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  • Renzi: “Dopo Brexit l’Europa non è finita”

    Renzi: “Dopo Brexit l’Europa non è finita”

    Vertice sulla nuova Ue a Ventotene
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    Trilaterale tra il Premier italiano, Merkel e Hollande. La Cancelliera: è importante “garantire un’Europa sicura” e vivere secondo “i nostri principi”.  Il capo dell’Eliseo: l’Europa sia una “potenza politica al servizio della pace”

    Roma, (Adnkronos) – Lunedì 22 agosto è stato il giorno del vertice di Ventotene tra il Premier Matteo Renzi, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Presidente francese François Hollande. Dall’aeroporto partenopeo di Capodichino i tre si sono trasferiti in elicottero a Ventotene per un omaggio alla tomba di Altiero Spinelli e poi sull’incrociatore Garibaldi al largo dell’isola per l’incontro. Tanti i temi sul tavolo per un incontro voluto dal Premier italiano con l’intento di rilanciare la sfida europea, dando nuova linfa a una Ue uscita con le ossa rotte dalla Brexit. Oltre 150 i giornalisti presenti sulla nave Garibaldi, dove ha avuto luogo la conferenza stampa dei tre leader europei.

    RENZI – “Dietro di noi l’isola di Ventotene, alla destra l’isola di Santo Stefano, luoghi simbolici della grandezza dell’Europa. Siamo abituati ai palazzi delle istituzioni di Bruxelles, ma anche questa è Europa”. Così Matteo Renzi ha aperto la conferenza stampa congiunta. Il Premier ha poi ricordato i luoghi dove è nato ‘’l’ideale più grande’’, i luoghi che videro Spinelli e i suoi compagni esiliati, “ma capaci di scrivere il manifesto per gli Stati uniti d’Europa”. “Molti pensavano che dopo la Brexit, l’Europa fosse finita. Non è così. Rispettiamo la scelta dei cittadini britannici, ma vogliamo scrivere una pagina di futuro”, ha continuato Renzi. “È il momento di gettar via i vecchi fardelli e tenersi pronti al nuovo”, ha continuato il Premier citando Altiero Spinelli. “Noi pensiamo – ha continuato – che l’Europa sia la più grande opportunità per le nuove generazioni: non ci lasciamo scoraggiare dalla Brexit o dall’emergenza immigrazione”. Il presidente del Consiglio ha poi toccato il tema dei migranti: “Nell’area del Mediterraneo – ha spiegato Renzi – a oggi sono arrivati sulle coste italiane 102mila migranti, lo scorso anno al 20 di agosto erano stati 105mila. Credo che l’Unione europea possa fare meglio e di più per bloccare le partenze e aiutare chi ha davvero bisogno”.

    HOLLANDE – “Abbiamo voluto riunirci qui per dare un nuovo impulso” all’Europa dopo la Brexit, ha sottolineato il presidente francese Francois Hollande. “Chi si discosta dall’ideale dell’Europa “non rende un servizio alla Francia”, ha continuato Hollande, sottolineando l’impegno di fare dell’Europa una potenza politica rivolta verso l’esterno, una “potenza politica al servizio della pace”. Hollande ha quindi evocato la necessità di un “maggiore coordinamento” nella lotta al terrorismo “all’interno dello Spazio Schengen” e di un “maggiore controllo su alcuni canali della propaganda jihadista”.

    MERKEL – “Onorando le radici dell’Europa davanti alla tomba di Altiero Spinelli, abbiamo detto chiaramente da dove viene Europa: è venuta da momenti bui ed è diventata realtà”. Lo ha affermato la Cancelliera tedesca Angela, che poi ha sottolineato l’importanza del compito “di garantire un’Europa sicura”, di vivere secondo “i nostri principi”, di offrire “accoglienza”, ma anche di “difendere i confini” e “garantire la libera circolazione all’interno dell’Europa”.  “Sono convinta – ha poi affermato parlando di migranti – che la cooperazione con la Turchia in tema di immigrazione sia una cosa giusta”.

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  • Referendum: ok Cassazione, M5S e FI in pressing

    Referendum: ok Cassazione, M5S e FI in pressing

    Le opposizioni mobilitate per il No chiedono che l’esecutivo decida subito, e d’intesa con tutti i partiti, quando si voterà

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    Roma, (Skytg24) – Il via libera della Cassazione al referendum fa scattare il countdown per il voto dei cittadini sulla riforma istituzionale. Una campagna che si annuncia lunga, se davvero il governo ha deciso di fissare tra novembre e dicembre la data, e combattuta. Le opposizioni, M5S in testa, mobilitate per il No, chiedono che a questo punto l’esecutivo decida subito, e magari d’intesa con tutti i partiti, quando si voterà, mentre la minoranza dem minaccia il no se non si cambia prima l’Italicum. “Auspichiamo che il Capo dello Stato eserciti le sue prerogative fino in fondo e impedisca al premier di rallentare la procedura di individuazione della data del referendum”, ha affermato il deputato e componente del direttorio M5s Roberto Fico.

    L’ottimismo di Renzi – “I segnali sono davvero buoni”, ha detto il Premier Matteo Renzi, che poi ha chiarito: “Il quesito non riguarda la legge elettorale o i poteri del governo, che non sono minimamente toccati dalla riforma”.

    Cosa cambia con la riforma Con il via libera della Corte di Cassazione al referendum costituzionale, gli italiani in autunno saranno chiamati ad esprimere il loro voto sulla riforma. Con un sì o un no ad un unico quesito, potranno approvare o respingere il ddl Boschi, approvato in via definitiva ad aprile, che modifica la parte seconda della Carta. Stop al bicameralismo perfetto, nuovo Federalismo, abolizione definitiva di Province e Cnel:sono questi i pilastri della riforma costituzionale, che non tocca i poteri del governo.

    M5S all’attacco – Dopo aver fallito l’obiettivo delle 500mila firme per la Cassazione, il comitato del No ed i partiti contro il ddl Boschi puntano ad una mobilitazione anche durante le vacanze. “Possiamo battere i Si e anche di misura. Ma non ci riusciremo solo attraverso i media, dovremo batterli lavorando sul territorio”, ha detto Luigi Di Maio sponsorizzando il moto-tour di Alessandro Di Battista. D’altro canto, il comitato ‘Basta un sì’ sembra essere mobilitato per promuovere comitati dei cittadini e per raccogliere fondi. “I nostri comitati – ha sottolineato Renzi – sono tantissimi, arrivano quasi a quota tremila. Abbiamo chiesto un aiuto a chi vuole darci una mano e abbiamo ricevuto più di 88.100 euro”.

    La minoranza dem minaccia il “no” – Il fronte più caldo è tutto interno al Pd. I bersaniani, attraverso Miguel Gotor e Nico Stumpo, hanno lanciato un nuovo ultimatum: o il governo mette in campo prima del referendum modifiche all’Italicum o la sinistra interna voterà no. “Si tratta di una scelta non indolore – ha dichiarato Stumpo, facendo presente che sono disponibili 130 giorni – ma ci appare evidente che le due cose, riforme e Italicum, si tengono insieme malamente. Noi abbiamo posto una serie di questioni e abbiamo detto che non andava bene la legge elettorale, tanto più che non la votammo”.

    La posizione del governo – Ma è proprio la sovrapposizione tra riforma e legge elettorale ad irritare il Premier ed i vertici del Pd. Il referendum, insiste Renzi, “riguarda il numero dei politici, il tetto allo stipendio dei consiglieri regionali, il voto di fiducia, il Senato, l’abolizione degli enti inutili come il Cnel, le competenze delle Regioni”. Su questi temi, per cercare di andare oltre al consenso al governo, punterà la campagna per il Sì. Anche perché i renziani non hanno alcuna intenzione di riaprire il cantiere della legge elettorale in Parlamento.

    Le ipotesi sulle date – Indicazioni ufficiali non ce ne sono ma, a quanto si apprende, il referendum potrebbe essere fissato o il 27 novembre o addirittura la prima domenica di dicembre. “Non si usino la legge di stabilità – ha avvertito Forza Italia – o alibi di altro tipo per posporre il voto sulla riforma costituzionale. Comunque vada il referendum, sarà possibile varare tutte le leggi di cui il Paese ha bisogno”.

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  • Salvate il soldato Matteo!

    Salvate il soldato Matteo!

    IL PUNTO di Agostino Giordano

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    Al ballottaggio ci sarebbe da mandare queste due immagini: la serenità di Berlusconi operato al cuore, che, sul letto d’ospedale, riceve la telefonata affettuosa dell’amico Putin e il Premier Renzi che, accanto a Putin, al Forum internazionale di San Pietroburgo, l’altro giorno, giochicchiava col proprio cellulare. La disfatta di Renzi è tutta qui: d’immagine e di sostanza. Da ‘rottamatore’ sta per essere rottamato. A parte Milano, lì dove ha imposto suoi candidati ha perso: vedi Giachetti a Roma e la Valente a Napoli. Alla vigilia del primo turno caricava queste amministrative di una valenza nazionale; dopo l’esito del secondo turno, parla di ‘elezioni locali’; a Roma addossa la disfatta a Giachetti, a Torino scarica il patatrac su Fassino, vecchio arnese della politica. Insomma Renzi è confuso, ammette la sconfitta, ma già venerdì 24 darà inizio alle ‘purghe’ dentro il suo Pd, mentre a ottobre il partito celebrerà il Congresso, magari dopo il referendum sulla Riforma Costituzionale. Un ottobre rosso-fuoco, che segnerà forse la fine dell’esperienza politica di Matteo e il suo ingresso, fuori tempo massimo, nel mondo del lavoro. La minoranza del Pd da questi ballottaggi esce rafforzata e farà di tutto per sfilare il Pd a Renzi, sganciarlo dal destino del governo, liberarlo dalla sua condizione di ‘ostaggio’ in mani fiorentine. Il Pd è in rivolta, vogliono la testa di Renzi: già volano i coltelli.

    Roma in mano a Grillo è quanto di più spassoso, di questi tempi, possa offrire il Colosseo. La grillina Raggi, primo sindaco-donna del Campidoglio, che grida ‘Abbiamo conquistato Roma!’, sulla falsariga di un Alarico pronto al saccheggio, è pura adrenalina: lo spettacolo va ad incominciare. A Roma la scoppola la si aspettava, ma a Torino no: il povero Fassino ne è uscito più rinsecchito che mai. Eppure proprio lui, tempo fa si divertiva ad augurare a Grillo di farsi un partito (!), e qualche mese fa augurava alla Appendino di potersi sedere un giorno al suo scranno e provare lei a fare il sindaco! Povero Fassino, adesso lo chiameranno menagramo: non solo Grillo si è fatto il suo partito, ma anche la Appendino, grillina, si è preso il suo posto! E così due capitali storiche d’Italia, Torino e Roma, sono in mano al partito anti-nazione e populista. A scoppio ritardato, Renzi ammette: “La vittoria di M5S non è voto di protesta, ma di cambiamento’, forse per evitare che già da subito inizino le frizioni con le giunta Raggi. Ma cosa dirà il Premier alla Boschi, che scriteriatamente, giorni fa, minacciava la grillina Appendino, in caso di sua vittoria a Torino, di non farle pervenire i finanziamenti statali? A lei e a Matteo andrebbe rasata la cresta.

    Napoli è rimasta in mano a Luigi De Magistris, ex magistrato, ‘sindaco di strada’, antirenziano dichiarato, che però non riesce a mettere ordine in una realtà deliquenziale esplosiva; e adesso, sulla falsariga del grillino Di Maio, anche ‘Gigino’ vuole proporsi come candidato-premier. Milano, a cui il Cavaliere teneva moltissimo, è andata per un soffio a Sala, renziano dell’ultima ora, ma ex-manager della giunta Moratti, forzista. E a Bologna, dove a vincere è stato il Pd Merola contro il 45% di un’ottima leghista, le frizioni con Renzi sono tante .

    La Lega ha deluso, ha vinto in pochi centri importanti, ma ha perso Varese, la sua roccaforte, dopo ben 23 anni. I vari Verdini, Fitto e Alfano, dopo l’esperienza di Milano e in altri centri, continueranno a far parte del centrodestra o torneranno ad accucciarsi nel sottoscala di Renzi, e sicuramente azzerati da Matteo alla prossime elezioni politiche? Berlusconi, una volta finito il mese di riabilitazione, riprenderà a masticare politica e sicuramente vorrà vederci chiaro in casa forzista e nel centrodestra in genere. Proprio da un letto d’ospedale ha fatto capire al mondo il leader che è, a differenza di chi il leader lo fa giocando.

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  • Oltre che di petrolio, Italia a secco di…Premier

    Oltre che di petrolio, Italia a secco di…Premier

    Il Punto di Agostino Giordano

    renzi343Matteo Renzi fu il primo capo di governo, due anni fa, ad incontrare Al Sisi, neo presidente dell’Egitto; oggi Renzi spara a palle incatenate contro Al Sisi, reo di non dare risposte certe sulla tragica morte di Giulio Regeni, giovane ricercatore friulano, collaboratore de ‘Il Manifesto’, ucciso a Il Cairo. Renzi, invece di battersi per portare a casa i due Marò, militari della Marina Italiana, ingiustamente dimenticati in mani indiane, ha creduto opportune creare, con Regeni, un altro incidente internazionale, un caso diplomatico, una ‘questione di Stato’. Ma mentre con l’India si è persa solo la faccia, con l’Egitto si perderà petrolio e gas, e tanto turismo. Forse nessuno ha informato Renzi che Al Sisi è un altro Mubarak: che se ne infischia delle sue richieste, anzi lo irride: “Caso strumentalizzato politicamente da Roma”. E pensare che l’Egitto è nostro alleato contro l’Isis!

    Ma evidentemente Renzi è costretto a sollevare questo polverone per distogliere l’attenzione degli italiani dagli scandali, che si susseguono nel suo governo, e dalle puntuali ‘intemerate’ che si vanno compiendo in Parlamento; dove un Premier “abusivo” (come lo ha recentemente apostrofato Berlusconi), e ai minimi di gradimento, si affretta ad accettare le dimissioni del Ministro Guidi, si affanna a respingere l’ennesima richiesta di dimissioni del suo governo da parte di opposizione e piazza; si dimena a sgridare la magistratura per poi fare dietrofront; vuole chiudere la partita della Riforma Costituzionale entro questa settimana a colpi di ‘voti di fiducia’. E poi – primo caso nella storia repubblicana – Renzi cambia significato al ‘Referendum abrogativo’ (arma in dotazione alla minoranza): da posizione di maggioranza propone un Referendum Abrogativo sulle Trivelle in mare, dove, tra il votare ‘Si’ o ‘No’, la differenza è minima e ambigua; ma – qui sta la chicca – Lui, Renzi, fa il tifo per l’Astensione. E noi che da anni andiamo trovando un capo al partito dell’Astensione! Saputo che questo è il maggior partito italiano, Renzi ha fiutato l’affare e s’è lanciato, Boschi in testa. Forse a testare, e blandire, quell’astensione che in autunno sarà fondamentale per promuovere o abrogare la sua ‘mostruosa’ Riforma Costituzionale, al cui esito Renzi ha legato la sua permanenza a Palazzo Chigi.

    A proposito di Davigo e della sua elezione a capo dell’Associazione Nazionale Magistrati, prendiamo atto che si continua, a carte scoperte, col più che ventennale ‘muro contro muro’ tra magistratura e politica. Ma il pm Buccini, della Procura di Venezia, di Magistratura Indipendente e molto votato, gli manda un messaggio chiaro: “L’Anm deve essere meno soggetto pubblico – se non politico – e più soggetto rappresentativo dei magistrati e del loro lavoro”. A ‘la Repubblica’, invece, dopo anni di linciaggio contro Berlusconi e la sua vita privata, adesso dalle stesse colonne, per i Ministri renziani, invocano la ‘privacy’! Ricordate la frase intercettata a Renzi su Letta? “Il Premier Letta? Non è che è cattivo…non è proprio capace!”. Per Davigo le intercettazoni non si toccano, e Renzi ha detto che non riformerà le intercettazioni. Ma che piglio! Che coerenza! E poi ci sono convulsioni varie, inspiegabili. Rosi Bindi che entra a gamba tesa nei palinsesti televisivi criticando Vespa per aver intervistato il figlio di Riina; mentre quando ‘liberamente’ Biagi intervistò Buscetta e Luciano Liggio nessuno fiatò; e nessuno deplorò Zavoli quando intervistava i più feroci terroristi rossi!

    A Milano il candidato Passera, moderato, si ritira dalla corsa a sindaco di Milano e si allea con Parisi; e Sala, il candidato renziano sente sfuggirgli la vittoria ogni giorno che passa. A Roma, invece, è difficile mettere insieme le varie anime del centrodestra, Meloni in primis; mentre Bertolaso, il candidato di Berlusconi, tira dritto per la sua strada. Sul ‘Petrolio’, l’ex premier israeliana Golda Meir ebbe a fare questa considerazione: “Mosè ci ha portato per 40 anni in giro per il deserto, per condurci nell’unico posto del Medio Oriente che non ha petrolio”.

    Israele, quindi, come l’Italia? Quasi. Ma qui, oltre che di petrolio, siamo a secco di…Premier.

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  • Renzi a Obama: impegnodell’Italia sulla sicurezza

    Renzi a Obama: impegno
    dell’Italia sulla sicurezza

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    Washington – “Grazie, Presidente Obama. L’Italia proseguirà con grande determinazione nell’impegno per la sicurezza nucleare”. Lo ha scritto su twitter il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il 1º aprile scorso, postando una sua foto con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. A Washington si è tenuta la IV Conferenza sulla sicurezza nucleare, aperta proprio dal presidente Usa, Barack Obama, che ha chiesto agli altri Paesi di fare “tutto il possibile” per evitare che gruppi terroristici come lo Stato islamico ottengano il materiale necessario per produrre un’arma nucleare ed ha invitato i leader mondiali a condividere più informazioni di intelligence per evitare nuovi attentati. I leader, dal canto loro, si sono dichiarati uniti nel loro impegno nel tenere le armi nucleari lontane dai terroristi, ma non hanno nascosto che la minaccia atomica è “in costante evoluzione”. Renzi, con una delegazione capeggiata dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ha partecipato, venerdì mattina, a una sessione plenaria con oltre 50 capi di Stato, dalla Cina all’India e, dopo una colazione di lavoro, è ripartito per l’Italia. Renzi è giunto a Washington al termine di una missione che lo ha portato in Nevada (l’Enel), a Chicago (il FermiLab) ed a Boston (Scuola di italiano) per convincere gli americani ad investire in Italia, che è tornata a essere un Paese stabile grazie alle “riforme del governo”. Ed ha parlato di “margini di crescita fantastici”. Nei settori tradizionali, come l’agroalimentare ed il vino, ma anche nell’alta tecnologia, ricordando che il percorso è in atto, come dimostrano i dati sull’export Italia-Usa, cresciuto l’anno scorso da 29 a 36 miliardi di euro.

    A Chicago inaugurata una scuola L’Italia “non è il luogo dei problemi, li affronta, li supera, è una grande potenza mondiale”, ha dichiarato nella sua visita a Chicago, prima alla scuola Italiana ‘Enrico Fermi’ (il primo istituto italiano bilingue di Chicago e il terzo degli Stati Uniti, dopo New York e San Francisco), poi al FermiLab, laboratorio d’eccellenza della fisica che vede la presenza di molti ricercatori italiani. Di cui si dice “orgoglioso”, invitandoli a scrivergli e a rimanere “in contatto”. Perché – spiega – devono sapere che lui non li considera ‘cervelli in fuga’ ma persone che operano in un settore che è globale come la ricerca. Non chiede loro di “tornare”, ma promette che se vogliono farlo in Italia troveranno un nuovo clima, grazie a 2,5 miliardi di investimenti e la voglia di rimettere il settore al centro.

    A Boston firmato l’accordo con l’Ibm – Ed ha annunciato un accordo importante con l’Ibm, al Centro Watson per le tecnologie mediche di Boston, nell’ambito del progetto della nuova tecnopoli nell’area che è stata di Expo. Il Premier ha firmato un ‘memorandum of understanding’ con l’Ibm per far nascere il primo centro in Europa del Watson Health proprio a Milano. Un accordo in cui gli americani mettono sul tavolo 135 milioni di euro nei prossimi anni e che, promettono, creerà lavoro per “almeno 400 giovani italiani”. La presidente e ceo di Ibm, Ginni Rometty, ha detto che “Ibm vuole investire in Italia”, perché scommette sulla proiezione del Paese verso le tecnologie del futuro”. Renzi, dal canto suo, ha dichiarato che “l’Italia ha un magnifico passato, di cui siamo molto orgogliosi, ma ora ha bisogno di guardare al futuro, per continuare a svilupparsi e avere un ruolo di leadership”.

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  • Renzi vola negli Usatra le eccellenze italiane

    Renzi vola negli Usa
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    Il Premier visita lo stabilimento Enel in Nevada: “È la centrale più innovativa al mondo”. Poi annuncia l’internet veloce entro il 2020 e l’Italian  Internet Day il 30 aprile

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    Roma – Una missione americana di quattro giorni “ricchi di eventi sul made in Italy e di summit internazionali” che parte da Stillwater, in Nevada: “Visitiamo la centrale di energie rinnovabili più innovativa del mondo. Che è italiana, anche se spesso il nostro Paese sembra fare tutto per nascondere le proprie eccellenze”. Lo ha scritto il Premier Matteo Renzi sulla sua pagina Facebook presentando la prima tappa del viaggio negli Stati Uniti che è partita martedì 29 marzo e che passa per la centrale ibrida geotermica-fotovoltaica-termodinamica. Mercoledì 30 il presidente vola a Chicago per visitare la scuola italiana e il Fermi Lab, ed alle 15 inaugura il forum ‘Italy and U.S. discussion on the 21st Century Manufacturing Revolution’ presso la University of Chicago Booth School of Business. Giovedì 31 la tappa a Boston dove, in mattinata, visiterà il centro IBM e poi interverrà ad Harvard. Infine, venerdì 1 aprile, si sposterà a Washington per partecipare al ‘Nuclear Security Summit’. “Avete letto bene – ha proseguito Renzi su FB -: la più innovativa del mondo è italiana. Merito di Enel e Enel Green Power. Con il ceo Francesco Starace raccogliamo i frutti di un lavoro lungo anni che ha visto l’azienda italiana diventare una delle principali compagnie del mondo per il geotermico, per il solare fotovoltaico, per il solare termico – tutte realtà presenti in Nevada con una combinazione tecnologica unica – e comunque molto forte anche su eolico e idroelettrico”. Il Premier, sempre a proposito di energie, ha spiegato: “Il futuro dell’energia è innanzitutto la tecnologia: investire sulla ricerca, non aver paura del futuro e della scienza. Cose che Enel fa egregiamente, anche a livello globale. Chi teme la ricerca e l’innovazione è destinato a vivere nella paura. E perdere tutte le sfide del domani”. Poi Renzi ha aggiunto: “Ma dobbiamo avere consapevolezza che un mondo che va avanti solo a rinnovabili per il momento è solo un sogno. Dobbiamo ridurre la dipendenza dai fossili e le emissioni, come abbiamo fatto negli ultimi 25 anni (in Italia -23% di emissioni CO2). Ma il petrolio e gas naturale serviranno ancora a lungo: non sprecare ciò che abbiamo è il primo comandamento per tutti noi”. Per il premier, “Enel è una grande azienda della quale essere orgogliosi. Una grande azienda globale, tra le poche multinazionali che hanno la testa e il cuore in Italia”. Ed ha concluso: “L’Italia e gli italiani sono capaci di cose meravigliose di cui non parliamo mai o quasi. Il Nevada non è propriamente dietro l’angolo. Ma stiamo andando lì perché vogliamo plasticamente mostrare quanto i nostri ingegneri, i nostri operai, i nostri tecnici, i nostri lavoratori, i nostri geologi siano stimati in tutto il mondo”.

    L’Italian Internet Day il 30 aprile e banda ultralarga entro il 2020 – Renzi ha quindi annunciato l’Italian Internet Day per il prossimo 30 aprile. Una giornata di celebrazioni per ricordare il 30 aprile del 1986, giorno in cui il Cnuce (Centro di calcolo elettronico del CNR di Pisa) fu collegato per la prima volta ad Arpanet, le rete di computer che si sarebbe poi evoluta in Internet. Ed ha ricordato che il 7 aprile sarà pubblicato il primo bando dedicato alla banda ultralarga, nell’ambito di un progetto che mira a connettere tutti i cittadini italiani “ad alta velocità” entro il 2020.

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