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  • The future of face masks Made in Italy

    The future of face masks Made in Italy

    Snob Media presents : Snob Talk

    by Gianni Fiasche

    Finding a comfortable face mask these days is like trying to find the Holy Grail. Most masks stretch out your ears, cut your breathing and are just plain uncomfortable. Until now; Halt mask is a stellar product from local Montrealer Michael Battah. Halt is created locally but the mask itself is made in Italy, continuing the ever long love affair between Montreal and Italy. The first ever doubly anti-microbial face mask in North America, Halt is on its way to becoming the go-to mask during this pandemic. I spoke with CEO Michael Battah about this great product and here’s what he had to explain:

    Gianni Fiasche: As the CEO of Halt Mask, what made you want to work with Italy during a pandemic?

    Michael Battah: I’m the creator of a shape wear product called Shape On which has always been manufactured in Italy. In February 2020 when Italy ordered all businesses be shut down unless you were making masks, so all the factories I dealt with started making face masks. I had the factories send me different masks, we decided on the one that was most comfortable and then had all the factories we work with make that same mask. In doing this we are able to produce over 5 million masks per week.

    GF: Why the name Halt?

    MB: We came up with the name Halt in order to “Halt the pandemic” but also to “Halt the spread of germs”. We thought it was clever.

    GF: What is the fabric and contents of this mask?

    MB: The fabric is a 96% anti-microbial Italian fabric and 4% elastane in order for the mask to stretch to your comfort. We found the stretch-ability to be most important because most masks on the market don’t stretch in every direction. The ear strings are also very comfy and soft. You don’t need to worry about your ears becoming like Dumbo or Prince Charles. The face mask is also super breathable and you will not feel suffocated. When we realized we couldn’t have a fully 100% anti-microbial mask, we decided to use an anti-microbial treatment, so this is the first doubly anti-microbial face mask in North America. We really want to halt this pandemic.

    GF: How much does the mask cost?

    MB: Its 19.99$ each on our website (haltmask.com), but the more masks you buy you receive a volume discount.

    GF: What do you love about Italy and why do you continue to do business there?

    MB: Oh man, you’re giving me goosebumps asking that question! I’ve been dealing with Italy for over 25 years and I love their work ethic and I love the people; it’s like family. The factories and workers are extremely efficient, creative and everything’s always on time. It’s an amazing country and the Italian people are simply incredible.

        You can purchase your Halt mask on haltmask.com. Having been able to try one on, I can say that it is definitely the most comfortable face mask out there. Halt mask is available in different sizes for the entire family. Be sure to support a local company and a product made in Italy.

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  • Che cos’è un caffè espresso?

    Che cos’è un caffè espresso?

    Intervista a Valentina Ciminà, “Maestro del Caffè”

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    Come riconoscere un buon espresso (o almeno un espresso decente)?

    ROMA – Fino a qualche anno fa, se qualcuno diceva “un espresso, per favore” poteva essere capito solo in Italia. Oggi, se entri in un coffee shop e dici “an espresso please”, quasi in qualsiasi parte del mondo chiunque sa che cosa stai chiedendo…ma la domanda vera è: ci servono veramente quello che abbiamo chiesto? Che cosa è un caffè espresso? Perchè è stato chiamato ‘espresso’ e che sapore dovrebbe avere?

    Per chiarire la confusione e trovare risposte alle mie domande, abbiamo intervistato un’esperta del caffè italiano. Valentina Ciminà è  un “Maestro del Caffè” e “Sommelier dell’Espresso”, certificata dalla AICAF (Accademia Italiana Maestri del Caffè) ed ha ottenuto anche l’ “Italian Coffee Certificate”. Valentina ha fatto della sua passione per il caffè una professione, condividendo la sua conoscenza del caffè con prestigiosi bar e ristoranti che hanno deciso di elevare la caffetteria Italiana ad un livello più alto.

    PERCHÈ È CHIAMATO CAFFè ESPRESSO?

    È chiamato “espresso” perché è preparato “espressamente per il cliente”, cioè nel momento in cui è ordinato, preferibilmente con caffè appena macinato.

    La sua crema, aroma, corpo e sapore sono le quattro caratteristiche che lo distinguono da altri metodi di preparazione del caffè, facendone un’arte che è veramente “Made in Italy”.

    CHE COSA È UN VERO CAFFè ESPRESSO?

    Iniziamo con alcuni cenni storici, credo sia interessante per i lettori sapere che questo tipico prodotto italiano, attualmente conosciuto in tutto il mondo, è stato scoperto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Grazie agli esperti nel campo del caffè come Luigi Bezzera, Francesco Illy, Achille Gaggia ed Ernesto Valente, il “padre” della “Faema E61” (la prima macchina per espresso ad erogazione continua con pompa) abbiamo macchine per espresso come le conosciamo oggi. Credo che grazie al fatto che gli Italiani abbiano una ricca storia di invenzioni nel perseguimento dell’espresso perfetto, questo abbia molto influenzato la maestrìa che hanno in questo particolare procedimento.

    Vi darò alcuni dettagli tecnici che possono essere utili anche per quei lettori che hanno a casa una macchina professionale per espresso.

    Una buona tazza di caffè espresso si ottiene seguendo degli esatti parametri che possono variare leggermente a secondo della miscela di caffè che viene utilizzata.

    Per una corretta estrazione, si utilizzano 7 grammi di caffè macinato finemente, pressato nel filtro con un pressino professionale, usando una pressione di circa 15/20kg. La temperatura dell’acqua dovrebbe essere tra gli 88/92C (190/198F), usando una pressione tra 8 e 10 Atmosfere/Bar, mentre il tempo di estrazione di 25/30 secondi possibilmente servito in una tazzina di porcellana a forma di “uovo”, riscaldata ad una temperatura di 40C (104F).

    Per ultimo, ma non meno importante…l’intero procedimento dovrebbe essere eseguito con una buona dose di passione.

    CHE SAPORE DOVREBBE AVERE UN CAFFE’ ESPRESSO?

    Da Sommelier dell’Espresso posso affermare che, se il caffè non ha la crema, non può essere chiamato espresso. Molto semplice! A secondo della miscela che si usa, l’espresso perfetto dovrebbe avere una crema bella e invitante, spessa alcuni millimetri, a tessitura fine, nessuna bollicina e nessun vuoto che lasci intravedere il nero del caffè sottostante, un aroma ricco, una consistenza piena, sapore armonioso (non un sapore di bruciato) e una piacevole persistenza durevole al palato e mai un retro gusto astringente. Nella tazza dovremmo percepire un odore che è un mix di pane tostato, cioccolato, fiori e frutta. Un’ esperienza sensoriale straordinaria e bellissima. Non mi stancherò mai di dire che una miscela di alta qualità e la giusta estrazione hanno un ruolo fondamentale nel fare un buon espresso.

    Un suggerimento per i consumatori: se siete sensibili alla caffeina, oltre ad un espresso decaffeinato, provate un espresso di miscela di alta qualità 100% Arabica. Questo caffè non contiene più di 1-1,5% di caffeina.

    Molte grazie per questa intervista e spero di essere stata chiara e d’aiuto per tutti gli amanti del caffè.  Come diceva Leonardo Da Vinci: “I dettagli fanno la perfezione…ma la perfezione non è un dettaglio”!

    Buon Espresso a tutti!

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  • La qualità del Made in Italy

    La qualità del Made in Italy

    Quarta edizione di “Cibo e Vino” della CIBPA

    Nella foto riconosciamo i membri del cda CIBPA insieme ai rappresentanti degli sponsors dell’evento: Italvine, Traiteur Bon Appétit e Fasken Martineau
    Nella foto riconosciamo i membri del cda CIBPA insieme ai rappresentanti degli sponsors dell’evento: Italvine, Traiteur Bon Appétit e Fasken Martineau

    Montréal – Una serata per allargare e consolidare i contatti professionali tra specialità gastronomiche ed eccellenze vinicole: è lo spirito che, il 9 novembre scorso, ha permeato la quarta edizione di “Cibo e Vino”, un evento organizzato dalla CIBPA (l’Associazione delle persone d’affari e professionisti italo-canadesi), che ha voluto far conoscere ai suoi membri l’azienda vinicola “Bottega Spa”, alla presenza di Daniela Cester, ‘export manager’ della compagnia responsabile dell’area Canada-Usa, e dell’importatore Giorgio Lombardi (Italvine). In particolare, sono stati messi in vetrina 4 etichette di primissima scelta del marchio Collina del Sole: il Chianti Classico DoGC, il Chianti Classico Riserva DOGC, il Brunello di Montalcino DOCG e il Prosecco DOC Spumante. I primi 3 provenienti dalla Toscana e l’ultimo dal Veneto. A far da corollario alla bontà dei vini, lo splendido e gustoso servizio di Traiteur Bon Appétit (John D’Ambrosio), che ha abbinato vino e cibo sapendone esaltare l’esperienza sensoriale. Circa una settantina i partecipanti all’evento, che si è tenuto al 37º piano del grattacielo ‘Fasken Martineau’, nel cuore di downtown Montréal: oltre al presidente CIBPA Salvatore Cimmino (Claridion), ricordiamo, tra gli altri, Sam Spatari (PSB Boisjoli), presidente della Fondazione CIBPA, e ad alcuni membri dell’organismo come Giovanni Chieffallo, Diaco Domenic (RBC) e Sam Scalia (Samcon). “Tutti i profitti della serata – ci ha spiegato Cimmino – saranno devoluti alla Fondazione CIBPA e quindi serviranno a finanziare le Borse di studio di quest’anno, la cui cerimonia di consegna si terrà il 23 novembre. Contiamo di consegnarne almeno 43/45, per un totale di 80 mila dollari. In 55 anni – ha aggiunto – abbiamo distribuito circa 2.100 Borse, per un totale di quasi 4 milioni di dollari: un successo che ci riempie di orgoglio”. “L’idea di base di questi incontri – ha poi concluso Cimmino – resta quella di promuovere una rete di contatti per allargare gli affari dei nostri 300 membri anche a livello nazionale, soprattutto in zone strategiche come Niagara e Toronto, in Ontario”.

    BOTTEGA SPA – Bottega Spa, che ha alle spalle una storia di tre generazioni, impegnate nel mondo del vino e della grappa, è stata fondata nel 1977 da Aldo Bottega. L’azienda ha sede a Bibano di Godega, a 15 km da Conegliano, la capitale del Prosecco, una tra le aree che nel mondo godono di maggiore tradizione nella coltivazione della vite. Dista solo 50 km da Venezia, città simbolo dell’arte e della cultura, che rappresenta un costante punto di riferimento. L’azienda ha sviluppato nel corso degli anni i marchi Alexander e Bottega, introducendo sul mercato della grappa le raffinate bottiglie in vetro soffiato, le pregiate selezioni di monovitigni e i distillati maturati in barrique. Ha inoltre allargato la gamma dei suoi prodotti con i vini della Cantina dei Poeti (Prosecco, Chianti, Moscato, Ripasso, Recioto, Amarone, Brunello di Montalcino), i liquori a base di grappa e il Fragolino. L’azienda distribuisce i suoi prodotti in circa 110 Paesi nel mondo. (V.G.)

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  • Nasce “Food4punto0”, la testata sull’agroalimentare Made in Italy

    Nasce “Food4punto0”, la testata sull’agroalimentare Made in Italy

    Nata in occasione dell’ultima edizione di Cibus, l’iniziativa intende porsi quale piattaforma di approfondimento, riflessione e interconnessione degli attori di uno dei settori dell’eccellenza italiana nel mondo

    La presidente della Camera, Laura Boldrini, in visita a ‘‘Expo Milano 2015’’
    La presidente della Camera, Laura Boldrini, in visita a ‘‘Expo Milano 2015’’

    Milano – “Food4punto0”, dedicata al cibo rigorosamente Made in Italy, è la nuova testata online nata in occasione di Cibus 2016, il Salone internazionale dell’Alimentazione tenutosi a Parma dal 9 al 12 maggio e giunto quest’anno alla sua 18ª edizione. “Food4punto0” sarà una piattaforma internazionale sull’agroalimentare italiano che, con le sue specificità identitarie regionali legate alla Terra-Madre, è una riconosciuta eccellenza nel panorama nazionale e mondiale.

    Attraverso notizie, approfondimenti e interviste, la nuova testata online – quale naturale sviluppo dei temi discussi in Expo Milano 2015 e approfonditi in particolare presso il Parco della Biodiversità – sarà l’agorà internazionale per tematizzare gli aspetti che uniscono l’alimentazione al benessere e alla salute. Sarà punto di riferimento per mettere in connessione l’imprenditoria – attraverso il racconto di storie, sfide e conquiste degli italiani fuori e dentro i confini che diffondono e valorizzano i prodotti italiani nel mondo – gli eventi, il giornalismo di settore e il mondo dell’università e della ricerca.

    Una testata innovativa che, sin dalla denominazione “Food4punto0”, vuole esprimere la sua dimensione di movimento, interazione e dinamicità. Food4punto0 sarà un luogo di crescita da e verso l’Italia e di incontro della community digitale tra tutti gli attori protagonisti, italiani ed esteri, dell’alimentazione, del benessere e della salute: dalle istituzioni alle associazioni di settore, dalle aziende ai buyer, per sviluppare rapporti bilaterali e internazionalizzazione.

    “L’incontro diretto tra l’Italia e il mondo dell’alimentazione, che equivale a benessere e salute, è il cuore di Food4punto0”, spiega il fondatore Vincenzo Piro. “Con Expo Milano 2015 – sottolinea – l’alimentazione ha reso il nostro Paese sempre più protagonista in tutto il mondo e oggi più che mai lo rende attore di qualità, di affidabilità e di servizio sempre più sostenibile, innovativo, trasparente e responsabile, quindi funzionale ed emozionale. Oltre a dare voce a produttori e importatori, daremo spazio alla ricerca scientifica e tecnologica, all’educazione alimentare e al mangiar sano ed equilibrato. Food4punto0 diviene di fatto un coacher, una forza trainante per affrontare e migliorare la connessione tra tutti questi attori affinché instaurino rapporti immediati e duraturi nel tempo. Grazie a partnership, workshop e makerspace con le università, daremo l’opportunità a tutta la catena del valore – cibo e salute – di cogliere progetti innovativi proposti dagli attuali giovani e millenials, ovvero i futuri produttori e consumatori”.

    Realizzato in collaborazione con PiKap, azienda di ingegnerizzazione e realizzazione di servizi 4.0, Food4punto0 racconterà le case history di successo degli imprenditori del nostro Paese e degli italiani nel mondo, i progetti innovativi, le esperienze delle start up e delle aziende fuori e dentro i confini, ma anche la legislazione e le informazioni di servizio in ambito commerciale e dell’export.

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  • Giù le manidal ‘Made in Italy’

    Giù le mani
    dal ‘Made in Italy’

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    GIUSTI

    La gastronomia italiana, si sa, è tanto ammirata quanto taroccata in ogni parte del mondo. Da Nord a Sud del globo, infatti, le eccellenze culinarie del Belpaese vengono ‘deturpate’ in ogni modo e spacciate per prodotti ‘Made in Italy’. La falsificazione di prodotti alimentari, grazie al famoso italian sounding, fa perdere al vero ‘Made in Italy’ oltre 60 miliardi di euro di fatturato all’estero. Di questi, circa 4 miliardi sarebbero ‘sottratti’ proprio in Canada. Con gli italo-canadesi che, loro malgrado, contribuiscono – con tutta la buona fede di questo mondo – ad alimentare l’equivoco.

    A lanciare il grido di allarme è Emanuele Giusti (nella foto) analista di mercato senior presso ICE Agenzia, la delegazione commerciale d’Italia a Montréal, che nei giorni scorsi ha denunciato la contraffazione del Made in Italy sulle colonne de ‘Le journal de Montréal’. “Se sulle etichette dei formaggi e dei salumi – ha dichiarato Giusti – non c’è scritto ‘Made in Italy’, allora la gente non sta comprando un vero prodotto italiano”. Purtroppo, però, “basta un nome come ‘Parmigiano’ o ‘Prosciutto di Parma’ o una bandiera tricolore sulla confezione perché la gente si sbagli, pensando che i prodotti arrivino dall’Italia”.

    Incuriositi, abbiamo contattato Giusti, che ci ha spiegato meglio il concetto: “Se ci sono dei prodotti tipici, di indicazione geografica, che vengono realizzati in Paesi altri, rispetto a quelli di origine, è chiaro che si pone un problema”. E qui entrano in gioco gli italo-canadesi: “Nessuna accusa, anzi: è giusto rendere loro omaggio per ciò che hanno fatto. In Canada, così come negli Usa e in Australia, fino a qualche anno fa, i formaggi ed i salumi non potevano entrare per questioni sanitarie. Mi sembra perfettamente normale che gli italiani emigrati abbiano voluto continuare a mangiare le cose a cui erano abituati. Hanno continuato a soddisfare la domanda di altri italiani, producendo le cose che conoscevano”. I tempi, però, sono cambiati: “Se tu mi produci un parmigiano o un prosciutto di Parma, visto che oggi l’industria italiana può esportare questi prodotti, entriamo in conflitto, o quanto meno in concorrenza. Bisogna evitare di fare confusione: il consumatore deve avere le idee chiare”.

    E qui interviene la legge: “Sui prodotti alimentari, oggi la legge canadese impone etichette con ingredienti e tavola nutrizionale, affinché il consumatore possa fare una scelta ragionata”. Spesso, però, la confezione può trarre in inganno: “Se c’è scritto ‘spaghetti italiani’ e magari c’è anche una bandierina tricolore, il consumatore pensa di comprare un prodotto italiano”.

    La soluzione potrebbe arrivare dal CETA, l’accordo siglato tra Unione europea e Canada, che dovrebbe essere ratificato a inizio 2017: “I prodotti realizzati in posti altri, rispetto al Paese di denominazione geografica, devono indicare sulla confezione frasi come ‘di stile italiano’. Siccome ci sono dei nomi che sono diventati generici perché di uso comune, come maccherone o spaghetto, basta dire ‘spaghetti di stile italiano’. In questo modo, come consumatore, posso fare una scelta più consapevole e immediata. È vero che sull’etichetta c’è scritto ‘Made in Italy’ oppure ‘Made in Canada’, ma chi è che lo va a leggere? Gli imballaggi sono studiati per suscitare delle reazioni istantanee e le legislazioni sull’etichettatura sono state messe a punto per dare delle risposte immediate. Alla luce del CETA, quindi, per molti prodotti, in particolare quelli protetti, non si potranno adoperare le denominazioni protette; e il nome generico potrà essere adoperato aggiungendo la dicitura ‘stile italiano’ o ‘genere italiano’”.

    Un caso limite è il prosciutto Parma. “Legalmente il prosciutto ‘Parma’ è un marchio di un’azienda canadese. La conseguenza è che, ad oggi, il vero prosciutto di Parma Dop viene venduto sugli scaffali canadesi come ‘Prosciutto originale’. L’azienda canadese ha tutte le ragioni giuridiche di questo mondo, avendo registrato il marchio negli anni ’50. Ma il consumatore cosa ne sa?”.

    Il brevetto, dunque, prevale sulla denominazione d’origine: “Il Canada non poteva andare contro le sue stesse leggi sulla protezione intellettuale”. La soluzione trovata è quella di far coesistere i due marchi: “Il prosciutto del consorzio italiano potrà commercializzare il suo prosciutto col nome ‘Prosciutto di Parma’, senza incorrere in alcuna azione legale”.

    Impossibile, poi, dimenticare il caso del parmigiano: “Il Parmigiano Reggiano è conosciuto in tutto il mondo come parmigiano. Ma non siamo sempre certi di comprare quello italiano. Negli Usa sta scoppiando un enorme scandalo, perché sembra che contenga un alto tasso di cellulosa, ma si tratta di parmigiano di produzione americana. E il parmigiano reggiano che viene dall’Italia ne risente, perché il consumatore fa l’equazione ‘parmigiano=cellulosa’. Ha un’idea del danno economico?”.

    A risentirne è l’immagine stessa del Belpaese, perché le specialità tricolori sono frutto di tradizioni e territori unici e inimitabili. Fermiamo la pirateria agrolimentare!

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