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  • Guillet: “Liberali incompetenti o in malafede”

    Guillet: “Liberali incompetenti o in malafede”

    La dura presa di posizione dell’ex Imam che sfida il partito che venerdì scorso lo ha escluso dalla corsa per la contea di St-Léonard/St-Michel

    Montréal – Dopo l’esclusione a sorpresa per le frasi antisemite e antisraeliane denunciate da “B’nai Brith”, un influente organismo internazionale che difende i diritti degli ebrei, Hassan Guillet non fa nessuna marcia indietro. Anzi, passa al contrattacco, accusando apertamente il Partito Liberale del Canada di “incompetenza o, peggio, malafede”. “Sapevano già dei miei post su Facebook, come mai se ne sono accorti solo ora?”: questa l’accusa dell’ex Imam, che mercoledì ha spiegato le sue ragioni convocando un’affollata conferenza stampa nel suo ufficio elettorale su Jean-Talon Est. “Sono due anni che il partito può avere accesso ai miei account sui social: un partito con la forza e la reputazione del Partito Liberale del Canada non può dirmi che non ne era a conoscenza, non può dirmi che non ha fatto le dovute verifiche prima di sollecitare la mia candidatura”. Guillet ha raccontato tutte le tappe della vicenda, con tanto di data e ora, spiegando come, insieme allo stesso partito (che lo ha contattato per la prima volta nel novembre 2017), avesse messo a punto un piano di azione per contrastare le accuse di antisemitismo. Fino al 30 agosto scorso, quando i vertici del PLC gli hanno dato l’aut-aut: “O ti dimetti per motivi personali oppure saremo noi a revocare la tua candidatura”. Un diktat che Guillet ha respinto al mittente, contestando al partito i modi ed i tempi di una “scelta unilaterale”, scelta che mette a repentaglio il “dialogo tra la Comunità israeliana e quella musulamana”, oltre che l’ “armonia sociale” nel suo complesso. E poi ha aggiunto: “C’è stata una pressione sul PLC revocasse la mia candidatura? Di formazione sono ingegnere e avvocato, non faccio speculazioni, preferisco basarmi sui fatti: è vero che alcune persone della Comunità italiana erano a disagio con la mia candidatura, ma dovreste fare questa domanda a chi ha preso questa decisione in seno al Partito Liberale del Canada”. Per l’immediato futuro, Hassan Guillet non ha ancora sciolto le riserve: la richiesta al PLC di tornare sui suoi passi è destinata a cadere nel vuoto. Con la campagna elettorale ormai alle porte, lo scenario più realistico, a questo punto, è che l’ex Imam continui candidandosi come indipendente: “Certamente non abbandonerò le migliaia di persone che credono in me e chiedono un vero cambiamento”. Una scelta forte, che senza dubbio gli permetterà di accaparrarsi il voto della folta Comunità araba di St-Léonard/St-Michel. (Vittorio Giordano)

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  • Il femminista Trudeau tradito dalle donne

    Il femminista Trudeau tradito dalle donne

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”, recita un adagio latino, tanto antico quanto attuale, che sintetizza al meglio il vicolo cieco in cui si è cacciato il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau. Un femminista convinto tradito da quelle stesse donne che ha voluto ostinatamente al governo, in nome di quella parità di genere sul cui altare ha sacrificato qualsiasi altra discriminante: come la competenza, il talento e l’esperienza. “Perché siamo nel 2015”, la giustificazione di Trudeau al momento dell’annuncio del suo primo esecutivo formato rigorosamente da 15 uomini e 15 donne. Uno scopo nobile e condivisibile, che a posteriori, però, ha assunto sempre più i contorni di una forzatura, di una parità disuguale, di una vera e propria ‘dittatura di genere’. Del resto, su 184 deputati liberali eletti in Parlamento, solo 50 sono espressione del ‘gentil sesso’, ovvero il 30%. Riprodurre la stessa proporzione anche nell’esecutivo non sarebbe stato un delitto di Lesa Maestà. Ma Trudeau ne ha fatto la “conditio-sine-qua-non” della sua ideologia politica: rinnergarla avrebbe significato tradire i suoi elettori. Salvo poi ritrovarsi, a 8 mesi dalle elezioni federali, con la ‘bomba a orologeria’ dell’affare SNC-Lavalin innescata dall’ex Ministra della Giustizia e Procuratrice generale, Jody Wilson-Raybould, l’unica donna indigena (di origini Kwakwaka’wakw) del governo liberale. Lo stesso governo che dal primo istante si è speso per la riconciliazione con i popoli autoctoni, in nome del multiculturalismo. Eppure, paradossalmente, proprio una donna autoctona lo ha “pugnalato alle spalle”, insieme ad un’altra esponente liberale del gentil sesso: Jane Philpott, l’ormai ex presidente del Consiglio del Tesoro, che si è dimessa per aver perso fiducia nel governo. Come se non bastasse, ci ha pensato un’altra parlamentare-donna a deteriorare l’immagine già compromessa del leader liberale, in preoccupante calo di consensi secondo gli ultimi sondaggi: la settimana scorsa, infatti, la deputata Celina Caesar-Chavannes ha denunciato pubblicamente l’ostilità e la rabbia del Primo Ministro quando, per telefono, gli ha preannunciato l’intenzione di non ricandidarsi alle elezioni del prossimo 21 ottobre. Una vera e propria “congiura” femminista, che si è consumata alle idi di marzo, come successe con Caio Cassio e Marco Bruto contro Giulio Cesare. “Trudeau ama a tal punto le donne – scrive l’analista politica Denise Bombardier sul Journal de Montréal – da nominarne alcune come Ministre, solo perché donne”. E fa nomi e cognomi: “Pensiamo in particolare a Mélanie Joly, il cui lavoro al Ministero dei Beni culturali è stato triste, e a Maryam Monsef, la cui inesperienza al dicastero delle Istituzioni democratiche è apparsa subito evidente”. Per salvare il salvabile, nei giorni scorsi, Justin ha evocato perfino il nome del padre Pierre Elliott come “paladino della giustizia”. Non lo aveva mai fatto prima, per evitare di “subire” l’ingombrante luce riflessa dell’autorevole genitore, che ha segnato la storia del Paese (celebre la frase “Just watch me” in occasione della crisi di ottobre del 1970). Uno statista carismatico che le donne idolatravano. E che non avrebbero mai osato tradire. Ma quelli erano altri tempi…

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  • Gli italo-quebecchesi festeggiano Lametti

    Gli italo-quebecchesi festeggiano Lametti

    Una sessantina di esponenti della Comunità si sono riuniti per rendere omaggio al nuovo Ministro, accompagnato per l’occasione da un leader storico del Partito Liberale del Canada, Ralph Goodale, attuale Ministro della Sicurezza Pubblica

    Il Ministro David Lametti con i Marchigiani di ALMA Canada

    Montréal – Un brindisi con vino rigorosamente ‘made in Italy’ per salutare la nomina di David Lametti a Ministro della Giustizia e Procuratore Generale del Canada. Una nomina inaspettata, ma più che meritata, che ha riempito di orgoglio la Comunità italo-montrealese. Tanto che il 18 gennaio scorso, poche ore dopo la splendida notizia, una sessantina di connazionali si sono ritrovati negli uffici della Camera di Commercio Italiana in Canada, nel cuore di Montréal, per abbracciare David Lametti.  Un grande giurista, che ha tutte le carte in regola per diventare anche un grande politico: eletto per la prima volta nella contea di LaSalle—Émard—Verdun nel 2015, Lametti è già stato segretario parlamentare, prima al Ministero del Commercio Internazionale e poi a quello dello Sviluppo Economico. Fino al grande salto alla guida del Ministero tra i più “pesanti” del governo. A stringergli la mano, tra gli altri, sono stati: Camillo D’Alessio, ex presidente di Alma Canada, e Fausta Polidori, direttrice Alma e Consultrice per la Regione Marche in Nord America; il Console d’Italia a Montréal, Lorenzo Solinas; la Presidente del Comites, Giovanna Giordano; il presidente della Fondazione Comunitaria italo-canadese, Tony Loffreda; Mario Galella, ex dirigente della Banque Laurentienne; Pino Asaro, ex presidente del Congresso Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi (Regione Québec); Dominic Diaco, presidente della CIBPA; Patricia Occhiuto di ‘Mini Italia’; i consiglieri comunali Patrizia Lattanzio (Saint-Léonard) e Francesco Miele (Saint-Laurent), oltre all’ex deputata provinciale, Rita de Santis. Tutti ospiti di Emmanuel Triassi (via skype) e Danielle Virone, rispettivamente presidente del cda e direttrice generale della Camera di Commercio. Con Lametti anche un decano del Partito Liberale, un esponente tra i più longevi e apprezzati: Ralph Goodale, eletto per la prima volta in Parlamento nel 1974 a soli 24 anni nel distretto di Regina — Wascana, oggi Ministro della Sicurezza Pubblica e della Protezione Civile. “Non mi aspettavo affatto questa nomina: è stata una bella sorpresa”, ha esordito il neo Ministro della Giustizia, che poi ha rivelato: “Quando il Primo Minsitro mi ha convocato nel suo uffico per comunicarmi la nomina, è passato qualche secondo prima che sia riuscito a rispondere”. “Vi ringrazio per la fiducia che avete riposto in me fin dall’inizio : farò del mio meglio per rendere onore alle nostre tradizioni e ai sacrifici dei nostri genitori. È una nomina che sognavo, magari non adesso, ma nella carriera di un giurista diventare Ministro della Giustizia è il massimo. Sono contentissimo, ma so già che ci sarà tanto lavoro da fare. Sicuramente la Giustizia occupa un ruolo molto importante nel governo e poi io ricopro due funzioni: sono il Ministro della Giustizia, che è responsabile del funzionamento dell’amministrazione della giustizia federale, e Procuratore Generale, cioè l’avvocato deldel governo. Due ruoli diversi: uno forse più neutro, l’altro più politico”. Ministro o Procuratore, Lametti non dimentica le sue origini: “Ho ricevuto messaggi di auguri su Facebook da parenti e amici nelle Marche, dove ho tanti cugini e due zie. Naturalmente sono tutti contenti”. E poi un aneddoto che si è rivelato profetico: “I miei vengono da un paesino vicino a Fabriano, Cerqueto, frazione del comune di Genga, che è molto vicino a Sassoferrato, dove è nato Bartolo di Sassoferrato, il giurista più conosciuto del Medioevo. Forse si chiude un cerchio: proprio due anni fa sono stato a Sassoferrato dove ho incontrato il Sindaco e scattato una foto col busto di Bartolo E proprio il Sindaco mi ha scritto dicendomi che quella foto, probabilmente, mi ha portato fortuna”. (V.G.)

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  • Rimpasto di governo: Philpott al Tesoro, Lametti alla Giustizia

    Rimpasto di governo: Philpott al Tesoro, Lametti alla Giustizia

    A pochi mesi dalle elezioni, il Primo Ministro Trudeau ha fatto qualche ritocco dopo le dimissioni del Ministro del Tesoro Scott Brison: gli succederà Jane Philpott, mentre il deputato montrealese David Lametti guiderà il Ministero della Giustizia

    Ottawa – Justin Trudeau fa il “maquillage” del governo, rimescolando le carte in vista delle elezioni politiche che si terranno lunedì 21 ottobre 2019. È il secondo ‘tagliando’ che il Primo Ministro effettua all’azione di governo, dopo quello del gennaio 2017. La scintilla, per il cambio di passo, è stato il passo indietro del Ministro del Tesoro Scott Brison, che giovedì scorso si è dimesso, confermando la volontà di non candidarsi al prossimo scrutinio federale. Nessun cambio nei principali Ministeri: fiducia rinnovata, dunque, al Ministro delle Finanze Bill Morneau, al Ministro della Sicurezza Pubblica Ralph Goodale ed alla Ministra degli Esteri Christya Freeland. Quelli di Trudeau sono stati dei ritocchi per rinfrescare l’azione di governo in vista della campagna elettorale dei prossimi mesi. David Lametti, in particolare, è il quarto Ministro montrealese dopo Marc Garneau, Pablo Rodriguez e Mélanie Joly: 9 dei 36 Ministri in carica sono quebecchesi. Qui di seguito le nomine del Primo Ministro:

    Jane Philpott: depuata di Markham — Stouffville, in Ontario, da Ministra dei servizi agli Autocotoni e vicepresidente del Consiglio del tesoro, diventa presidente del Consiglio del Tesoro e Ministro della governance digitale.

    Seamus O’Regan: deputato eletto a St. John’s South — Mount Pearl Map – Elections a Newfoundland and Labrador, da Ministro dei Veterani a Ministro dei servizi agli Autoctoni.

    Jody Wilson-Raybould: deputata eletta a Vancouver Granville in British Columbia, da Ministra della Giustizia a Ministra dei Veterani e Ministra associata della Difesa nazionale.

    David Lametti diventa Ministro della Giustizia e Procuratore generale del Canada. Deputato eletto nella contea di LaSalle-Emard-Verdun 2015, è stato prima sottosegretario al Ministero del Commercio internazionale e poi sottosegretario al Ministero dell’Innovazione, delle Scienze e dello Sviluppo Economico.

    Bernadette Jordan, deputata eletta a Markham — Stouffville in Ontario, diventa Ministra dello Sviluppo economico rurale.

    (V.G.)

    L’italo-canadese David Lametti:

    “Felice e orgoglioso”

    Montréal – Italo-montrealese di 57 anni, David Lametti è nato a Port Colborne, in Ontario. Di origini marchigiane (i genitori sono di Genga, prov. di Ancona), padre di 3 bambini, trilingue, si è laureato in Scienze Economiche e Politiche all’Università di Toronto ed in Diritto Civile e Common Law all’Università, oltre a possedere un Master in Giurisprudenza alla Yale Law School ed un Dottorato in Legge all’Università di Oxford. Docente di Diritto all’Università McGill, esperto di proprietà intellettuali, brevetti e marchi, il deputato italo-canadese si è lanciato in politica per promuovere l’innovazione e l’intelligenza artificiale in seno al governo: come cofondatore e membro di un Centro di politiche per la proprietà intellettuale alla McGill, Lametti si è sempre impegnato per accrescere la competitività di Montréal sulla mobilità delle conoscenze attraverso le tecnologie.  “Ero un po ‘sconvolto, ma molto felice, molto orgoglioso”: queste le prime parole del neo Ministro, dopo aver prestato giuramento a Rideau Hall. “David Lametti – ha sottolineato Trudeau – vanta una profonda conoscenza giuridica come ha dimostrato in tutta la sua carriera, sia come avvocato che come docente universitario. È stato sempre molto attivo nei circoli giuridici in Quebec e in Canada. Sono molto felice di affidargli il Ministero della Giustizia”. (V.G.)

     

    Le congratulazioni del CONGRESSO

    Montréal – Con immenso piacere abbiamo appreso la lieta notizia che David Lametti è stato nominato dal Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, Ministro della Giustizia e Procuratore Generale del Canada. A nome di tutta la nostra Comunità, siamo profondamente riconoscenti al Primo Ministro per questa nomina che ci fa onore. Da parte del Congresso Nazionale Italo-Canadese, e mio personale, abbiamo sempre creduto nelle qualità, non solo professionali ma anche politiche di David Lametti, il quale merita ampiamente questa nuova carica. Confermo che, già dal mio incontro con il Primo Ministro Trudeau, avvenuto l’8 agosto 2018, nell’ambito della Settimana Italiana, abbiamo discusso della necessità e dell’importanza, per la nostra Comunità, di una nomina di un parlamentare eletto in Québec di origine italiana. Di fatto, appena appresa la notizia delle imminenti nuove nomine ministeriali, abbiamo inviato al Primo Ministro un’e-mail reiterando la nostra richiesta, sostenendo David Lametti che, a nostro avviso, è ampiamente qualificato, coinvolto e molto apprezzato dalla Comunità.  Il Ministro Lametti, già professore di diritto presso l’Università di McGill, è membro fondatore del Centre for Intellectual Property Policy. Desideriamo, a nome dell’intera comunità italiana del Québec e del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi (Regione Québec), formulare i nostri più sentiti auguri all’Onorevole Lametti, sottolineando il profondo senso di orgoglio e riconoscimento che questa nomina costituisce per l’intera Comunità.

    Antonio Sciascia, Presidente

    Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi (RQ)

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  • Di Iorio: Chi ci rappresenta ci rispetti

    Di Iorio: Chi ci rappresenta ci rispetti

    Montréal – Ora c’è anche la data: il prossimo 22 gennaio il deputato di Saint-Léonard-Saint-Michel Nicola Di Iorio rassegnerà le dimissioni. In effetti, il primo annuncio era già arrivato a fine giugno. L’avvocato di origini molisane aveva scelto di dedicarsi a tempo pieno alla famiglia. Poi, però, i tempi si sono allungati. Con il parlamentare sempre meno presente in Parlamento.

    Cosa è successo negli ultimi mesi? “Durante l’estate ho incontrato varie associazioni della nostra Comunità e tutti mi chiedevano di riconsiderare la mia scelta. Ho accettato di provarci, ma non ci sono riuscito. Mancano, però, ancora due cose da portare a termine. Innanzitutto la giusta rappresentazione della nostra Comunità, visto che noi italiani non siamo riconosciuti per il nostro valore e non siamo rappresentati come dovremmo esserlo. La seconda cosa su cui non si possono accettare compromessi è la cannabis, la cui legalizzazione toglie i profitti alla criminalità organizzata, ma crea un rischio ingente per la sicurezza pubblica. Rischio che richiede non parole o passi timidi da parte del governo, ma azioni forti e vigorose”.

    Quindi lei ha ritardato le dimissioni per risolvere questi 2 problemi? “Ho capito che, per portare avanti questi due progetti, posso farlo meglio da cittadino impegnato, che da deputato che deve sottostare alle regole della sua organizzazione. Dopo alcuni anni come parlamentare, sono stato – come si suol dire – nella pancia della bestia, ho capito come funziona e come si può progredire senza alcune limitazione e sottomissione. Quando noi italiani vogliamo avere una voce forte e autorevole, questa dà fastidio e può creare difficoltà : c’è una grande pressione affinché gli italiani si sottomettano e votino quando è il tempo di votare. La realtà è tutt’altra: il mondo è cambiato, non siamo più alla prima generazione e chiediamo il pieno riconoscimento di tutta la storia del contributo italiano al Canada”.

    Sta dicendo che il governo non dà il giusto peso alla Comunità italiana? “No, è il contrario: le mie non sono accuse al governo, ma voglio stimolare la Comunità a fare di più.  Oggi viviamo in un’altra epoca, un’era di affermazione. Che richiede una grande mobilitazione”.

    E da fuori lei può fare di più. “Posso parlare più liberamente. Invece degli italiani al servizio del sistema, dobbiamo trovare un modo affinché il sistema sia al servizio degli italiani”.

    Come giudica l’accanimento della stampa nei suoi confronti? “Chissà come si sarebbero comportati se non fossi stato italiano. La presenza di un deputato in Parlamento rappresenta il 20% del suo tempo lavorativo. Visto che anche le apparenze contano e dato che non è possibile rinunciare allo stipendio, ho deciso di devolvere il mio salario in beneficenza”.

    Ci sono già novità sul suo successore? “Chi mi sostituirà deve essere un italiano vero, con un percorso non improvvisato, ma lungo e di totale dedizione, con un forte attaccamento alle sue radici e con la capacità autentica di servire gli italiani”.

    Soddisfatto del governo Trudeau? “Trovo che sulla cannabis il governo avrebbe potuto fare molto di più, ma aspettiamo la fine del mandato per una valutazione d’insieme. Certo è che abbbiamo creato molte aspettative”.

    Cosa farà l’anno prossimo? “Continuerò le mie opere di beneficenza, farò l’insegnante ed eserciterò la professione di avvocato, anche alla luce delle leggi giuridiche che ho contribuito a scrivere”.

    Cosa augura al governo? “Auguro al governo di prendere nota che ha a disposizione 1.5 milioni di italiani che da oltre 50 anni votano liberale, ma è importante che ci sia il rispetto ed il riconoscimento reciproco. Il voto è prezioso, non è automatico e non è mai scontato. Chi ci vuole rappresentare ci deve anche rispettare”.

    Qui di seguito una dichiarazione in francese del Primo Ministro, Justin Trudeau, che Nicola Di Iorio ci ha girato via email: “Depuis la rentrée parlementaire, M. Di Iorio se consacre à la réalisation de mandats spécifiques en lien avec ses intérêts et son expertise et réfléchit à son avenir politique. Suite à l’annonce de sa démission prochaine à titre de député, nous tenons à le remercier pour son engagement dans la vie publique et pour son dévouement envers les citoyens de Saint-Léonard—Saint-Michel. Il est une voix forte pour sa communauté et un ardent défenseur des dossiers qui l’interpellent,
    notamment au chapitre de la sécurité routière. La politique requiert souvent des sacrifices personnels
    et familiaux, et nous saluons son intention de continuer à servir sa communauté
    ”.

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  • Caro Trudeau, oltre alla cannabis c’è di più

    Caro Trudeau, oltre alla cannabis c’è di più

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    Pierre Elliott Trudeau, padre dell’attuale Primo Ministro, è stato un politico carismatico ed illuminato: ha governato il Canada per più di 15 anni (1968–1979 / 1980–1984) lasciando un segno indelebile. Il popolo canadese lo ha quasi idolatrato, alimentando un sentimento di euforia passato alla storia come “Trudeaumania”. Trudeau-padre, è passato alla storia per aver abolito la pena di morte, legalizzato il divorzio, depennalizzato l’aborto e l’omosessualità, ufficializzato il bilinguismo di stato (inglese e francese) e “rimpratriato” la Costituzione nel 1982 (che ha sganciato il Canada dalla Monarchia britannica) ispirando l’adozione della storica “Carta canadese dei diritti e delle libertà”. Questo, Trudeau-padre.

    Trudeau-figlio, invece – Justin – rischia di passare alla storia per la legalizzazione della cannabis. Un provvedimento legittimo, che segna la fine del proibizionismo bigotto, intercetta lo spirito di un’epoca e probabilmente anticipa ancora una volta i tempi. Senza contare che gli anni di governo sono solo 3: fra 12 il paragone sarà più completo e attendibile. Ad oggi, però, è lo ‘spinello di Stato’ il provvedimento-caratterizzante del governo Trudeau. Ci auguriamo che non sia l’unico. Anche perché la marijuana resta una droga, leggera ma pur sempre una droga. Il Trudeau-pensiero, comunque, è condivisibile: visto e considerato che i canadesi fumano marijuana, tanto meglio fornirgli l’erba giusta, certificata, nelle dosi opportune, sottraendo alla malavita ingenti fondi, che serviranno a costruire scuole e ospedali. Del resto, succede già con le sigarette e gli alcolici. Le controindicazioni, però, restano allarmanti e irrisolte: a parte la babele dei regolamenti provinciali, comunali e perfino municipali, permangono le incognite sulla sicurezza stradale, sui rischi per la salute, sui controlli negli acquisti on line, sulla possibilità di farsi uno spinello nei condomini in affitto, sulle restrizioni a cui saranno sottosposti i dipendenti pubblici in posti di autorità, come poliziotti, pompieri, medici, insegnanti, giudici, ecc. Senza sottovalutare le contromosse della criminalità organizzata, che –  purtroppo – non batterà in ritirata senza colpo ferire: con le poche succursali aperte, la malavita proverà a reagire con una distribuzione più capillare, costi più abbordabili e soprattutto valori da sballo (THC) più accentuati. Una ‘via di fuga’ anche per gli under 18, banditi dalle boutiques di stato. È non è da sottovalutare neppure l’effetto-curiosità: ora che la cannabis è sdoganata, non saranno pochi quelli che faranno una capatina ingenua in filiale per provare l’ebbrezza dello spinello. Con il rischio che, da semplici avventori, si trasformino in assidui consumatori. Con lo Stato che, in questo caso, diventa complice di una dipendenza da sostanza stupefacente. Capitolo Québec. Legault ha scelto i suoi 26 Ministri (13 donne per la par condicio di genere), optando per un esecutivo tutto sbilanciato sulle periferie: visto che Montréal è rimasta strenuamente liberale, eleggendo solo 2 deputati cachisti, ci auguriamo che la scelta del neo Primo Ministro non sia una ‘rappresaglia’ per punire la metropoli. Si ricordi, Monsieur Legault, che Montréal era, e resta, il motore culturale, commerciale ed industriale della Belle Province. Una provincia che sarà meno bella, se la sua città di punta non verrà messa nelle condizioni migliori per esprimere tutto il suo potenziale. Un potenziale arricchito anche dalle sue varianti etniche. Come quella italiana, a cui il suo governo non ha voluto dare alcuna rappresentanza. Una scelta che ci auguriamo non sia stata dettata, anche questa volta, da ripicche o pregiudizi.

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  • Immigrazione illegale: Ottawa corre ai ripari

    Immigrazione illegale: Ottawa corre ai ripari

    Ad aprile, circa 2500 immigrati, soprattutto nigeriani, sono entrati clandestinamente in Canada attraverso il Québec. Altolà del governo Trudeau, che ha annunciato nuove misure per contrastare il flusso illegale dagli Stati Uniti

    Ottawa – Il Canada è un Paese accogliente e generoso, ma le regole ci sono e valgono per tutti, nessuno escluso. È questo il messaggio del governo federale che, lunedì scorso, nel corso della conferenza stampa tenuta dai Ministri Ahmed Hussen, Marc Garneau e Ralph Goodale, rispettivamente responsabili dell’Immigrazione, dei Trasporti e della Sicurezza pubblica, ha riconosciuto che circa il 90% degli immigranti irregolari non soddisfa i criteri di ammissibilità per lo status di rifugiato e, che quindi, dovrà lasciare il Canada. “Quando i rifugiati non rispondono ai requisiti per ottenere lo status di rifugiato – ha spiegato Garneau – sono obbligati a lasciare il Paese. Certo, hanno la possibilità di andare in appello, prolungando così il loro soggiorno in Québec, ma quando gli viene notificato l’avviso di espatrio, nel momento in cui non lasciano volontariamente il Paese, vengono deportati, cioè accompagnati sull’aereo e riportati nei loro Paesi. Non abbiamo alcun motivo di credere che i Paesi di destinazione non li accetteranno”. Solo ad aprile, circa 2500 immigrati, soprattutto di cittadinanza nigeriana, sono entrati clandestinamente in Canada, attraverso il
    Québec, portando il totale a più di 7.300 dall’inizio dell’anno, un incremento vertiginoso rispetto allo scorso anno. “Un numero sproporzionato”, ha ammesso Hussen. Così, su richiesta del Canada, recentemente le autorità statunitensi hanno reso più stringente il processo di rilascio dei visti per i nigeriani e lo stesso Hussen si recherà in Nigeria nelle prossime settimane per discutere formalmente della questione con gli omologhi africani. Dopo gli Haitiani, dunque, è la volta dei nigeriani: nel 2017, oltre 21.000 richiedenti asilo di origine haitiana sono stati intercettati dalla Polizia federale, in seguito alla minaccia del presidente americano Donal Trump di espellere gli immigrati con i permessi scaduti (ovvero 60.000 haitiani entro il luglio 2019, 200.000 salvadoregni entro il settembre 2019 ed oltre 60.000 honduregni entro il gennaio 2020). Grazie anche alla campagna di dissuasione delle autorità canadesi presso la comunità haitiana negli Usa, questo flusso si è inaridito. Per fronteggiare la crisi dell’arrivo incontrollato di nigeriani, il governo federale ha stanziato 74 milioni $ in più per l’Immigration and Refugee Board of Canada, ha aumentato di 64 unità il numero di agenti impegnati a valutare le domande di asilo dei nuovi arrivati ed ha previsto la costruzione di nuove strutture di prima accoglienza (550 letti in tutto) a Saint-Bernard-de-Lacolle, vicino alla frontiera americana; oltre ad avviare i contatti con il governo dell’Ontario per convogliare alcuni immigrati anche nella Provincia limitrofa. Infine, tre rappresentanti di Ottawa si richeranno a Lagos, in Nigeria, nei prossimi mesi, per lavorare di concerto con le autorità locale sulle richieste di visto nigeriane valide per gli Stati Uniti. (V.G.)

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  • Trudeau tra cannabis e Monsieur/Madame

    Trudeau tra cannabis e Monsieur/Madame

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    di Vittorio Giordano

    Ottawa – Nonostante il deficit di bilancio (il terzo di fila) e il disastroso viaggio in India (con il look giudicato eccentrico ed appariscente dagli stessi indiani), Justin Trudeau tira dritto con il suo programma di governo. E le sue priorità. Incurante degli ultimi sondaggi (su tutti quello Ipsos/Global News), secondo cui i Conservatori avrebbero superato i Liberali nelle intenzioni di voto (38% contro 33%). La luna di miele con gli elettori sembra ormai al capolinea. Un dato sotto gli occhi di tutti, che dovrebbe indurre il Primo Ministro (qualsiasi Primo Ministro) ad una sterzata o, quanto meno, ad un cambio di marcia. Anche perché le elezioni federali non sono poi così lontane: nell’ottobre 2019 la parola tornerà ai canadesi. Che, nonostante la nomèa di persone buone e concilianti, sanno farsi rispettare. Senza guardare in faccia a nessuno. L’impressione, però, è che Trudeau continui a seguire alla lettera la sua agenda. Un’agenda che rispecchia una realtà, la sua, sempre più scollegata da quella del resto del Paese. Lo dimostrano le ultime mosse: Trudeau ha puntato moltissimo sulla legalizzazione della marijuana, un punto-cardine del suo programma elettorale, tanto da annunciarne l’approvazione entro il prossimo 1º luglio (salvo poi ammettere la possibilità di uno slittamento). Il 22 marzo scorso Trudeau ha superato uno scoglio non scontato: l’approvazione in seconda lettura del progetto di legge (in principio) da parte del Senato (44 voti a favore e 29 contrari). Ora il provvedimemento sarà ‘scandagliato’ da 5 Commissioni per poi tornare in aula il 7 giugno, in vista del voto definitivo. Un bel sospiro di sollievo per Trudeau. Ma a quanti davvero interessa? Si tratta di una materia di vitale interesse nazionale? Costituisce una priorità imprescindibile? Cambia la nostra vita quotidiana, al netto dell’effetto-placebo a fine giornata? Aiuterà a vivere meglio i canadesi che sono sempre più indebitati e costretti a pagare le tasse (e qui le pagano tutti!) per finanziare, per esempio, l’assegno di mantenimento dei rifugiati garantendo loro case popolari, indumenti e cure sanitarie? Cosa ne pensano gli stessi dipendenti federali che da anni, ormai, non ricevono la paga nei tempi e nei termini pattuiti per una falla nel sistema di pagamento Phoénix? L’obiettivo è nobile: nazionalizzare un business oggi appannaggio della criminalità. Sempre che questa non abbia già pensato alle contromisure: canne più “forti” ad un prezzo più basso. Un mercato nero parallelo molto competitivo. E sempre che arrivi il‘nulla-osta’ dall’Onu, dopo che negli ultimi decenni il Canada ha firmato ben 3 convenzioni contro la legalizzazione della cannabis. Insomma, il rischio di un buco nell’acqua è molto alto. Ma il provvedimento più controverso (per usare un eufemismo) era arrivato il giorno prima, il 21 marzo: in base ad una circolare, i funzionari di Service Canada, l’agenzia pubblica che assiste i cittadini con servizi come passaporti e sussidio di disoccupazione, non potranno più utilizzare i termini “monsieur” (signore), “madame” (signora), “mère” (madre) e “père” (padre) a beneficio di appellativi neutri e non discriminatori a livello di genere. Incredibile! Siamo arrivati al paradosso che, in ossequio ad una sparuta minoranza (che peraltro non ha mai chiesto nulla), si sacrificano anche le regole linguistiche più logiche e basilari, “violentando” la cultura della stragrande maggioranza. Quale sarà la prossima tappa? Abolire la festa della Mamma e del Papà? Mi dispiace contraddirla, caro Primo Ministro Trudeau: proprio non ci
    riesco a sentirmi in colpa per essere maschio e per avere una mamma e un papà.
    (V.G.)

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  • L’Amerigo Vespucci onora il 150º del Canada

    L’Amerigo Vespucci onora il 150º del Canada

    La nave più bella del mondo sosterà al ‘Quay Alexandra’ del porto di Montréal, dal 21 giugno al 2 luglio, e gli italo-canadesi potranno salire a bordo per visitarla

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    Montréal – La Nave Scuola Amerigo Vespucci della Marina Militare Italiana – l’Ambasciatrice dell’UNICEF da settembre 2007, la nave più bella del mondo, la signora dei mari – sosterà dal 21giugno al 2 luglio nel porto di Montréal, per la 5ª tappa della Campagna d’Istruzione 2017. Questa Campagna, fino ad oggi, ha visto il Vespucci effettuare due tappe portoghesi, Sines e Funchal e, dopo una traversata Atlantica di 20 giorni, è giunta ad Hamilton alle isole Bermuda, per poi arrivare ad Halifax (11-14 giugno), prima delle tre tappe canadesi. Sabato 24 giugno, alle ore 15:00 locali, il Comandante della nave, Capitano di Vascello Angelo Patruno, terrà una conferenza stampa a bordo, durante la quale presenterà la nave. La sosta a Montréal sarà legata ad un evento di grande rilievo, le celebrazioni per il 150° anniversario della Confederazione Canadese. Il 1º luglio 1867 infatti, le 4 colonie del Nord America Britannico – Ontario, Québec, Nova Scotia e New Brunswick – costituirono le prime province della Confederazione. La sosta a Montréal rappresenterà, inoltre, l’occasione per incontrare la numerosa Comunità italiana, che qui risiede e lavora. L’equipaggio è composto da circa 270 militari, tra uomini e donne: 15 Ufficiali, 64 Sottufficiali, 185 Marinai, più circa 80 Allievi volontari, ovvero 100 allievi dell’Accademia Navale.

    TRA SCUOLA E PRESTIGIO – Partita dall’Arsenale Militare di La Spezia il 19 aprile scorso, la “nave più bella del Mondo” ha, fino ad oggi, addestrato i 79 allievi del 24° corso Volontari in Ferma Prefissata Quadriennale, che proprio a Montréal saranno avvicendati da oltre 100 allievi della 1ª classe dell’Accademia Navale di Livorno.

    Tutti loro hanno finora portato e porteranno, durante il prosieguo della Campagna d’istruzione, l’eccellenza italiana ed il prestigio delle nostre Forze Armate all’estero, attraverso la partecipazione ad eventi culturali e promozionali, in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche nazionali dei Paesi ospitanti.
    UNA NAVE STORICA – Progettata, al pari della “gemella” Cristoforo Colombo, da Francesco Rotundi, ingegnere e tenente colonnello del Genio Navale, il 22 febbraio del 1931 (86 anni fa) a Castellammare di Stabia fu varata la nave Amerigo Vespucci, tutt`oggi in servizio per l`addestramento degli allievi ufficiali dell`Accademia di Livorno. Dalla sua entrata in servizio, la Nave ha svolto ogni anno attività addestrativa (ad eccezione del 1940, a causa degli eventi bellici, e degli anni 1964, 1973 e 1997, per lavori straordinari), principalmente a favore degli allievi dell’Accademia Navale, ma anche degli allievi Volontari in Ferma prefissata e degli allievi del Collegio Navale, ora Scuola Navale Militare “Francesco Morosini”.

    LA SCHEDA TECNICA Dal punto di vista tecnico-costruttivo, l’Amerigo Vespucci è una Nave a Vela con motore; dal punto di vista dell’attrezzatura velica è “armata a Nave”, quindi con tre alberi verticali, trinchetto, maestra e mezzana, dotati di pennoni e vele quadre, più il bompresso a prora, a tutti gli effetti un quarto albero. L’Unità è inoltre fornita di vele di taglio: i fiocchi, a prora, fra il bompresso e il trinchetto, gli stralli, fra trinchetto e maestra e fra maestra e mezzana, e la randa, dotata di boma e picco, sulla mezzana.

    APERTA AL PUBBLICO FINO AL 1º LUGLIO

    La Nave Vespucci è rimasta ad Halifax fino al 14 giugno e toccherà altri due porti canadesi: Montréal, dal 21 giugno al 2 luglio, e Quebec City, dal 4 all’8 luglio. Poi raggiungerà gli Stati Uniti, approdando a Boston (18 – 22 luglio) e New York (26 – 31 luglio). Quindi Ponte Delgada (22 – 25 agosto), Malaga (3 – 7 settembre), Barcellona (15 – 18 settembre) e Portoferraio (21 – 22 settembre), prima del ritorno a La Spezia il 23 settembre.

    Nel corso della sosta, la nave Amerigo Vespucci sarà ormeggiata presso il Quay Alexandra di Montréal e sarà aperta alle visite del pubblico nei seguenti giorni e orari: venerdì 23 giugno: dalle 10.30 alle 12:00; sabato 24 giugno: dalle 16.00 alle 18.30; giovedì 29 giugno: dalle 10.30 alle 12.00; venerdì 30 giugno: dalle 10.30 alle 12.00;
    sabato 1º luglio: dalle 14.30 alle 18.30.

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  • Gentiloni in Nord Americail 20 e 21 aprile

    Gentiloni in Nord America
    il 20 e 21 aprile

    Il Premier vedrà prima Donald Trump a Washington e poi Justin Trudeau a Ottawa

    Roma, (Aise) – Il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ha annunciato che il Presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, sarà in visita ufficiale in Canada il 21 aprile prossimo. Gentiloni arriverà ad Ottawa da Washington, dove il 20 aprile, alle 15 (ora locale) incontrerà il Presidente Usa, Donald Trump, alla Casa Bianca. La giornata nella capitale Usa del Premier inizierà con un intervento al think tank “Center for Strategic and International Studies”, previsto per le 9.30. Il tema del dibattito è “Security in the Mediterranean as a Cornerstone of Global Stability: The Common Engagement of Italy and the United States”. Non è ancora stato reso noto, invece, quali argomenti il nostro presidente del Consiglio ha intenzione di affrontare con il leader americano. Tuttavia, sono molti i temi “scottanti” sul tavolo di Gentiloni, a partire dalle relazioni transatlantiche tra i due Paesi e di come si svilupperanno alla luce della nuova amministrazione, già affrontate nella prima conversazione telefonica di febbraio. Altri punti importanti, che probabilmente verranno approfonditi nell’incontro di persona, sono la lotta al terrorismo, i costi della Nato, le basi americane su territorio italiano e, il più delicato di tutti, le sanzioni economiche alla Russia.

    In Canada, poi, Gentiloni incontrerà Trudeau nella prospettiva di rinsaldare i già stretti legami tra i due Paesi e per discutere del prossimo G7, dei rapporti commerciali alla luce del Ceta (l’accordo economico e commerciale tra Canada e Unione Europea) e di altri temi internazionali. L’incontro tra i due Primi Ministri è fissato per le 10.30 locali nella sede del Parlamento. Poi, alle 11.50, spazio alla conferenza stampa congiunta.  “Canada e Italia – si legge sul comunicato stampa diramato dall’ufficio del Primo Ministro – sono alleati e amici stretti, hanno una forte partnership nel commercio e negli investimenti. Questa relazione è rafforzata dalla dinamica comunità italo-canadese, che conta circa un milione e mezzo di persone. Sono ansioso di incontrare il Primo Ministro Gentiloni per discutere le nostre rispettive priorità per il vertice del G7 di quest’anno e di come il CETA creerà posti di lavoro ben pagati per la classe media su entrambe le sponde dell’Atlantico”. Trudeau ha poi sottolineato che “Canada e Italia condividono forti rapporti commerciali. Nel 2016, le esportazioni canadesi verso l’Italia sono state stimate in circa 2,3 miliardi di dollari e le importazioni italiane verso il Canada sono stati pari a 7.5 miliardi di dollari. Nel 2015, il valore degli investimenti diretti in Canada dall’Italia è stato di quasi 1,6 miliardi mentre gli investimenti diretti del Canada in Italia sono stati in 539 milioni di dollari. Il rapporto tra i nostri popoli – ha aggiunto il Premier canadese – sono particolarmente forti e storici. La comunità italo-canadese è particolarmente coinvolta nelle relazioni bilaterali su tutti i fronti: culturali, sociali, economici e politici”. “Canada e Italia – ha aggiunto – hanno forti e longeve relazioni accademiche, rinforzate da accordi interuniversitari, sia nel pubblico che nel privato, che generano nuove idee e nuovi progetti di ricerca e promuovono la mobilità dei giovani”. Trudeau, ricordiamolo, sarà in Italia il 26 e 27 maggio in occasione del G7 che si terrà a Taormina.

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