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  • Rimpasto di governo: Philpott al Tesoro, Lametti alla Giustizia

    Rimpasto di governo: Philpott al Tesoro, Lametti alla Giustizia

    A pochi mesi dalle elezioni, il Primo Ministro Trudeau ha fatto qualche ritocco dopo le dimissioni del Ministro del Tesoro Scott Brison: gli succederà Jane Philpott, mentre il deputato montrealese David Lametti guiderà il Ministero della Giustizia

    Ottawa – Justin Trudeau fa il “maquillage” del governo, rimescolando le carte in vista delle elezioni politiche che si terranno lunedì 21 ottobre 2019. È il secondo ‘tagliando’ che il Primo Ministro effettua all’azione di governo, dopo quello del gennaio 2017. La scintilla, per il cambio di passo, è stato il passo indietro del Ministro del Tesoro Scott Brison, che giovedì scorso si è dimesso, confermando la volontà di non candidarsi al prossimo scrutinio federale. Nessun cambio nei principali Ministeri: fiducia rinnovata, dunque, al Ministro delle Finanze Bill Morneau, al Ministro della Sicurezza Pubblica Ralph Goodale ed alla Ministra degli Esteri Christya Freeland. Quelli di Trudeau sono stati dei ritocchi per rinfrescare l’azione di governo in vista della campagna elettorale dei prossimi mesi. David Lametti, in particolare, è il quarto Ministro montrealese dopo Marc Garneau, Pablo Rodriguez e Mélanie Joly: 9 dei 36 Ministri in carica sono quebecchesi. Qui di seguito le nomine del Primo Ministro:

    Jane Philpott: depuata di Markham — Stouffville, in Ontario, da Ministra dei servizi agli Autocotoni e vicepresidente del Consiglio del tesoro, diventa presidente del Consiglio del Tesoro e Ministro della governance digitale.

    Seamus O’Regan: deputato eletto a St. John’s South — Mount Pearl Map – Elections a Newfoundland and Labrador, da Ministro dei Veterani a Ministro dei servizi agli Autoctoni.

    Jody Wilson-Raybould: deputata eletta a Vancouver Granville in British Columbia, da Ministra della Giustizia a Ministra dei Veterani e Ministra associata della Difesa nazionale.

    David Lametti diventa Ministro della Giustizia e Procuratore generale del Canada. Deputato eletto nella contea di LaSalle-Emard-Verdun 2015, è stato prima sottosegretario al Ministero del Commercio internazionale e poi sottosegretario al Ministero dell’Innovazione, delle Scienze e dello Sviluppo Economico.

    Bernadette Jordan, deputata eletta a Markham — Stouffville in Ontario, diventa Ministra dello Sviluppo economico rurale.

    (V.G.)

    L’italo-canadese David Lametti:

    “Felice e orgoglioso”

    Montréal – Italo-montrealese di 57 anni, David Lametti è nato a Port Colborne, in Ontario. Di origini marchigiane (i genitori sono di Genga, prov. di Ancona), padre di 3 bambini, trilingue, si è laureato in Scienze Economiche e Politiche all’Università di Toronto ed in Diritto Civile e Common Law all’Università, oltre a possedere un Master in Giurisprudenza alla Yale Law School ed un Dottorato in Legge all’Università di Oxford. Docente di Diritto all’Università McGill, esperto di proprietà intellettuali, brevetti e marchi, il deputato italo-canadese si è lanciato in politica per promuovere l’innovazione e l’intelligenza artificiale in seno al governo: come cofondatore e membro di un Centro di politiche per la proprietà intellettuale alla McGill, Lametti si è sempre impegnato per accrescere la competitività di Montréal sulla mobilità delle conoscenze attraverso le tecnologie.  “Ero un po ‘sconvolto, ma molto felice, molto orgoglioso”: queste le prime parole del neo Ministro, dopo aver prestato giuramento a Rideau Hall. “David Lametti – ha sottolineato Trudeau – vanta una profonda conoscenza giuridica come ha dimostrato in tutta la sua carriera, sia come avvocato che come docente universitario. È stato sempre molto attivo nei circoli giuridici in Quebec e in Canada. Sono molto felice di affidargli il Ministero della Giustizia”. (V.G.)

     

    Le congratulazioni del CONGRESSO

    Montréal – Con immenso piacere abbiamo appreso la lieta notizia che David Lametti è stato nominato dal Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, Ministro della Giustizia e Procuratore Generale del Canada. A nome di tutta la nostra Comunità, siamo profondamente riconoscenti al Primo Ministro per questa nomina che ci fa onore. Da parte del Congresso Nazionale Italo-Canadese, e mio personale, abbiamo sempre creduto nelle qualità, non solo professionali ma anche politiche di David Lametti, il quale merita ampiamente questa nuova carica. Confermo che, già dal mio incontro con il Primo Ministro Trudeau, avvenuto l’8 agosto 2018, nell’ambito della Settimana Italiana, abbiamo discusso della necessità e dell’importanza, per la nostra Comunità, di una nomina di un parlamentare eletto in Québec di origine italiana. Di fatto, appena appresa la notizia delle imminenti nuove nomine ministeriali, abbiamo inviato al Primo Ministro un’e-mail reiterando la nostra richiesta, sostenendo David Lametti che, a nostro avviso, è ampiamente qualificato, coinvolto e molto apprezzato dalla Comunità.  Il Ministro Lametti, già professore di diritto presso l’Università di McGill, è membro fondatore del Centre for Intellectual Property Policy. Desideriamo, a nome dell’intera comunità italiana del Québec e del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi (Regione Québec), formulare i nostri più sentiti auguri all’Onorevole Lametti, sottolineando il profondo senso di orgoglio e riconoscimento che questa nomina costituisce per l’intera Comunità.

    Antonio Sciascia, Presidente

    Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi (RQ)

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  • G7 TESO E MOVIMENTATO A CHARLEVOIX, IN QUÉBEC | Voltafaccia di Trump: non firma il testo finale

    G7 TESO E MOVIMENTATO A CHARLEVOIX, IN QUÉBEC | Voltafaccia di Trump: non firma il testo finale

    Duro attacco del Presidente USA al Primo Ministro Trudeau  su twitter: “Disonesto e debole”

    Québec – Colpo di scena finale al vertice del G7 di Charlevoix. Al termine di un summit teso e pieno di divisioni fra Stati Uniti ed Europa, Donald Trump – mentre era già in viaggio verso Singapore dove poi ha incontrato il leader nordcoreano Kim Jong-un – posta due tweet al veleno contro il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e ritira l’appoggio al comunicato finale del vertice. Un testo faticosamente redatto dopo una lunga trattativa in particolare sul tema dei dazi che contrappone le due sponde dell’Atlantico. Nel comunicato si sottolinea l’impegno per ridurre le barriere commerciali e riformare l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) “il più presto possibile”.  Un passaggio è dedicato anche alla Russia, a cui si chiede di smetterla di minare i sistemi democratici. Nel documento c’è poi l’impegno dei Paesi del G7 ad assicurare che il programma nucleare iraniano “resti pacifico”. “Considerate le affermazione false di Justin (Trudeau) alla sua conferenza e il fatto che il Canada impone massicce tariffe sui nostri agricoltori, lavoratori e imprese, ho dato istruzioni ai funzionari Usa di non approvare il comunicato. E stiamo pensando a dazi sulle auto che invadono il mercato in Usa”, ha scritto Trump. Il presidente americano ha definito poi in un altro tweet “molto disonesto e debole” Trudeau per aver detto nel corso della sua conferenza stampa finale del G7 che le tariffe Usa sono “un insulto”. “Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare”. Questa la frase pronunciata dal Premier del Canada che ha fatto infuriare Trump. Trudeau ha criticato duramente i dazi su acciaio e alluminio contro Canada, Messico ed Europa. “Ho detto direttamente al Presidente americano – ha affermato il Primo Ministro – che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe significative contro la nostra industria dell’acciaio e dell’alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza nazionale dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si trovano spalla a spalla con i soldati americani in terre lontane. Per noi – aveva concluso Trudeau – questo è un insulto”. “Ci atteniamo al comunicato, come approvato da tutti i partecipanti” al G7: questa la reazione di Bruxelles alla retromarcia di Trump. Per il presidente francese Macron “la cooperazione internazionale non può essere dettata da pugni di rabbia e dichiarazioni usa e getta”. Ancora più dura la Cancelliera Merkel: “L’Europa non potrà più fare affidamento sugli Usa”.

    Soddisfatto il Premier
    Conte, che apre alla Russia.
    Un accordo che trova soddisfatto il Presidente del consiglio italiano, Giuseppe Conte: “Ritengo proficuo il percorso avuto all’interno del G7. Abbiamo individuato un percorso condiviso che in tempi ragionevoli porterà a rivedere il sistema del WTO che è un regolamento elaborato molto tempo fa e che va adattato”, ha detto il neo premier, che ha ribadito l’intesa con gli altri Paesi Ue: “Noi partner europei abbiamo condiviso la necessità di intervenire. Le misure protezionistiche in un sistema così integrato genera reazioni e controreazioni”. Intanto il presidente del Consiglio italiano ha confermato il suo allineamento alle posizioni di Donald Trump su un ritorno della Russia ai tavoli internazionali, riportando la formula al G8, in vigore fino al 2014, evitando però strappi con l’Unione europea.

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  • Nel 2026 altre 5 stazioni fino ad Anjou

    Nel 2026 altre 5 stazioni fino ad Anjou

    Philippe Couillard, Justin Trudeau e Valérie Plante hanno tenuto una conferenza stampa nella biblioteca del Municipio di Saint-Léonard per annunciare la realizzazione di cinque nuovi stazioni metro nell’est della città: Pie-IX, Viau, Lacordaire, Langelier e Anjou

    Montréal – Il prolungamento della linea blu della metro è ormai un “fatto irreversibile”, costituisce “un punto di non ritorno” e “sarà realizzato senza alcun dubbio”: sono le parole forti e rassicuranti del Primo Ministro del Québec, Philippe Couillard, che lunedì scorso, insieme al suo omologo federale Justin Trudeau ed alla Sindaca di Montréal, Valérie Plante, ha incontrato la stampa nella biblioteca del Municipio di Saint-Léonard per annunciare la realizzazione di cinque stazioni metro nell’est della città su una distanza di 5,8 km (Pie-IX, Viau, Lacordaire, Langelier ed Anjou). Numerose le autorità in sala: il Ministro dei Trasporti, André Fortin; il deputato federale di Saint-Léonard-Saint-Michel, Nicola Di Iorio; il capogruppo del Partito Liberale in Parlamento, Pablo Rodriguez; la deputata provinciale di Jeanne-Mance–Viger, nonché presidente del caucus liberale, Filomena Rotiroti (che ha aperto la conferenza stampa così: “Tutti coloro che nutrivano dubbi, oggi possono ricredersi: avremo la metro nell’est di Montréal”); il Sindaco di Saint-Léonard, Michel Bissonnet, con i consiglieri al completo: Patricia Lattanzio, Mario Battista, Lili-Anne Tremblay e Dominic Perri. “Sono convinto – ci ha detto Perri – che questa sia la volta buona: finalmente, dopo oltre 30 anni che si parla di metro a Saint Léonard, i due Primi Ministri lo hanno annunciato all’unisono, con un budget di 360 milioni già stanziati per avviare l’ufficio tecnico. Dopo tanti anni di pressione, adesso mi sento fiducioso e rincuorato. Anche perché questa volta abbiamo una data ben precisa, il 2026: sembra lontana, però è meglio avere una data realistica piuttosto che una data più vicina che poi finisce per rivelarsi illusoria. Quando Nicola Di Iorio si è candidato alle elezioni federali e mi ha chiesto quale fosse il progetto più importante per Saint-Léonard, non ho avuto dubbi: il prolungamento della linea blu della metro. Una volta eletto, non ha mai smesso di ‘spingere’ affinché questo progetto diventasse un’opera pubblica concreta. Ha fatto un lavoro fondamentale”. L’ambizioso progetto, di cui si parla dal 1979, dovrebbe venire alla luce nel 2026 accelerando lo sviluppo economico e sociale della parte orientale dell’isola montrealese. Il costo totale dell’infrastruttura ammonta a 3,9 miliardi di dollari. Ad oggi, però, i fondi già stanziati sono 32 milioni, divisi a metà tra Ottawa e Québec: serviranno ad avviare l’ufficio tecnico che studierà il progetto nei dettagli. A questi si aggiungeranno altri 330 milioni, tutti stanziati dalla Belle Province, per finanziare i procedimenti di espropriazione e le gare di appalto. “È un progetto necessario per migliorare la qualità della vita dei cittadini con scelte più ecologiche in una zona della città dove i servizi di comunicazione non sono più sufficienti – ha detto Trudeau -: modernizzare un mezzo di trasporto pubblico come la metropolitana è un passo essenziale che le grandi città devono compiere per combattere efficacemente i cambiamenti climatici”. Per Couillard, cinque nuove stazioni si tradurranno anche in un aumento della popolazione: “Entro il 2031 – ha sottolineato il Premier quebecchese – prevediamo che, nelle aree intorno alle cinque stazioni, verranno creati 3.700 nuovi posti di lavoro e si stabiliranno più di 11.700 famiglie”.  “Offrendo ai residenti dell’est di Montréal un accesso al centro che bypassi la linea arancione – ha sottolineato la Sindaca Plante – contribuirà a ridurre la congestione su questa linea nevralgica, che attualmente funziona a pieno regime”. Rilanciando, a sua volta, il progetto della linea rosa che colleghi Montréal-Nord e
    Lachine. (V.G.)

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  • Trudeau tra cannabis e Monsieur/Madame

    Trudeau tra cannabis e Monsieur/Madame

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    di Vittorio Giordano

    Ottawa – Nonostante il deficit di bilancio (il terzo di fila) e il disastroso viaggio in India (con il look giudicato eccentrico ed appariscente dagli stessi indiani), Justin Trudeau tira dritto con il suo programma di governo. E le sue priorità. Incurante degli ultimi sondaggi (su tutti quello Ipsos/Global News), secondo cui i Conservatori avrebbero superato i Liberali nelle intenzioni di voto (38% contro 33%). La luna di miele con gli elettori sembra ormai al capolinea. Un dato sotto gli occhi di tutti, che dovrebbe indurre il Primo Ministro (qualsiasi Primo Ministro) ad una sterzata o, quanto meno, ad un cambio di marcia. Anche perché le elezioni federali non sono poi così lontane: nell’ottobre 2019 la parola tornerà ai canadesi. Che, nonostante la nomèa di persone buone e concilianti, sanno farsi rispettare. Senza guardare in faccia a nessuno. L’impressione, però, è che Trudeau continui a seguire alla lettera la sua agenda. Un’agenda che rispecchia una realtà, la sua, sempre più scollegata da quella del resto del Paese. Lo dimostrano le ultime mosse: Trudeau ha puntato moltissimo sulla legalizzazione della marijuana, un punto-cardine del suo programma elettorale, tanto da annunciarne l’approvazione entro il prossimo 1º luglio (salvo poi ammettere la possibilità di uno slittamento). Il 22 marzo scorso Trudeau ha superato uno scoglio non scontato: l’approvazione in seconda lettura del progetto di legge (in principio) da parte del Senato (44 voti a favore e 29 contrari). Ora il provvedimemento sarà ‘scandagliato’ da 5 Commissioni per poi tornare in aula il 7 giugno, in vista del voto definitivo. Un bel sospiro di sollievo per Trudeau. Ma a quanti davvero interessa? Si tratta di una materia di vitale interesse nazionale? Costituisce una priorità imprescindibile? Cambia la nostra vita quotidiana, al netto dell’effetto-placebo a fine giornata? Aiuterà a vivere meglio i canadesi che sono sempre più indebitati e costretti a pagare le tasse (e qui le pagano tutti!) per finanziare, per esempio, l’assegno di mantenimento dei rifugiati garantendo loro case popolari, indumenti e cure sanitarie? Cosa ne pensano gli stessi dipendenti federali che da anni, ormai, non ricevono la paga nei tempi e nei termini pattuiti per una falla nel sistema di pagamento Phoénix? L’obiettivo è nobile: nazionalizzare un business oggi appannaggio della criminalità. Sempre che questa non abbia già pensato alle contromisure: canne più “forti” ad un prezzo più basso. Un mercato nero parallelo molto competitivo. E sempre che arrivi il‘nulla-osta’ dall’Onu, dopo che negli ultimi decenni il Canada ha firmato ben 3 convenzioni contro la legalizzazione della cannabis. Insomma, il rischio di un buco nell’acqua è molto alto. Ma il provvedimento più controverso (per usare un eufemismo) era arrivato il giorno prima, il 21 marzo: in base ad una circolare, i funzionari di Service Canada, l’agenzia pubblica che assiste i cittadini con servizi come passaporti e sussidio di disoccupazione, non potranno più utilizzare i termini “monsieur” (signore), “madame” (signora), “mère” (madre) e “père” (padre) a beneficio di appellativi neutri e non discriminatori a livello di genere. Incredibile! Siamo arrivati al paradosso che, in ossequio ad una sparuta minoranza (che peraltro non ha mai chiesto nulla), si sacrificano anche le regole linguistiche più logiche e basilari, “violentando” la cultura della stragrande maggioranza. Quale sarà la prossima tappa? Abolire la festa della Mamma e del Papà? Mi dispiace contraddirla, caro Primo Ministro Trudeau: proprio non ci
    riesco a sentirmi in colpa per essere maschio e per avere una mamma e un papà.
    (V.G.)

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  • Il fashion show del Primo Ministro

    Il fashion show del Primo Ministro

    di Angelo Persichilli

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    Il viaggio di Justin Trudeau in India mi ha ricordato il film comico “National Lampoon’s, European Vacation” con il comico Chevy Chase. Parla di una famiglia di sempliciotti americani in vacanza-premio in Europa. Nel film vi sono tanti spunti per delle generose risate, ma le più sostanziose sono quelle legate alla fissazione del padre di fare vestire tutti i membri della famiglia come, secondo lui, vestivano i residenti locali, durante la loro permanenza a Londra, in Germania, a Parigi e a Roma. Trudeau in India si è comportato come Chevy Chase, con una differenza: l’attore era pagato per far ridere, Trudeau no. Certo, la sua vera professione è quella di professore di arte drammatica (non è una battuta, è vero), ma anche Ronald Reagan era un attore e, una volta alla Casa Bianca, capì quale era la differenza tra un attore e un Presidente degli Stati Uniti. Purtroppo, Justin Trudeau, no. Fare solo dell’ironia sul fashion show in India sarebbe divertente, ma troppo facile e sinceramente imbarazzante. Il suo comportamento ha imbarazzato una intera nazione. Perché? Le spiegazioni sono peggiori della pagliacciata. Alcuni dicono che Trudeau abbia speso centinaia di migliaia di dollari per registrare filmati da usare durante la prossima campagna elettorale; altri dicono che si è trattato di una “trappola” tesa dal governo indiano per smascherare le tendenze filo-Sikh di Ottawa, a favore della secessione del Punjab; è stato detto che la presenza di un ex terrorista nella delegazione ufficiale del governo era stata una svista di un deputato di Vancouver che ha proposto la sua partecipazione; si è anche parlato di un disinteressamento dell’RCMP nell’interpretare le regole di sicurezza per imbarazzare Trudeau. Si tratta di giustificazioni che fanno acqua da tutte le parti. Infatti, non credo che sia stata l’RCMP a ordinargli di vestirsi come i protagonisti di Europea Vacation, o a inserire nella lista uno che aveva dei precedenti penali per terrorismo. Tra l’altro, Trudeau già negli ultimi mesi aveva inanellato una serie imbarazzante di stupidaggini che non giustificano la spiegazione dell’errore isolato. Qualche mese fa aveva ricevuto nel suo ufficio un simpatizzante dei talebani, Joshua Boyle, nonostante i suoi trascorsi, e che è stato poi arrestato in Canada pochi giorni dopo l’incontro con Trudeau. Non è stato il governo indiano ad accostare gli emigrati italiani, greci o musulmani con i terroristi dell’ISIS. Solo qualche settimana fa aveva fatto, come lui stesso ha detto, “una battuta stupida”, per cambiare “mankind” con “humankind” per rispetto alle donne! La verità è più semplice: Trudeau non è un politico, ma un attivista sociale. Niente di male, la sensibilità sociale è necessaria, ma è solo una componente del ruolo di un Primo Ministro. Justin Trudeau non è materiale da Primo Ministro. Tutto qui.

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  • Onu, Trudeau chiede scusa agli indigeni

    Onu, Trudeau chiede scusa agli indigeni

    L’intervento del Primo Ministro all’Assemblea Generale dell’ONU

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    Il Canada sta lavorando per smantellare le sue “strutture coloniali obsolete” e costruire
    un “vero partenariato” con i popoli autoctoni del Paese

    New York – Il Canada vuole riconciliarsi con le Prime Nazioni, i Métis e gli Inuits: questo il principale messaggio che il Premier Canadese, Justin Trudeau, ha scelto di lanciare il 21 settembre scorso, nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la più importante e prestigiosa platea mondiale. Sono passati in secondo piano, quindi, argomenti più attuali come i cambiamenti climatici e la classe media, al centro della sua riforma fiscale. “Il Canada non è un paese delle meraviglie dove non esistono le difficoltà. Viviamo le stesse sfide di tutti. Il Canada è un progetto in continua evoluzione”: questo l’esordio di Trudeau. Parlando del 150° anniversario del Paese, il leader liberale ha sottolineato come il Canada sia stato modellato da “diverse culture, religioni e lingue”. “Ma i popoli aborigeni del Paese – ha ammesso – sono stati esclusi da quest’opera di costruzione che stava avvenendo su terre dove avevano vissuto per millenni”. “Per i popoli indigeni in Canada – ha aggiunto – è stata un’esperienza di continua umiliazione, negligenza e abuso”. “L’incapacità dei governi canadesi di rispettare i diritti dei popoli aborigeni in Canada – ha sottolineato – ci deve far vergognare. E per troppi popoli aborigeni, questo non rispetto dei diritti persiste ancora oggi”. Trudeau ha parlato senza mezzi termini di “fallimento”. “Oggi – ha spiegato – ci sono bambini che vivono in riserve dove non possono bere, farsi un bagno o giocare con l’acqua che esce dai loro rubinetti”. Trudeau ha sottolineato come vi siano genitori che mettono a dormire i propri figli la sera con il terrore che questi possano scappare nella notte e magari suicidarsi. “E per troppe donne indigene, la vita in Canada include minacce di violenza così frequenti e severe che Amnesty International l’ha definita una vera e propria crisi di diritti umani”. Ma la consapevolezza delle disuguaglianze, ha dichiarato, è il primo passo per una riconciliazione con la comunità. Attraverso azioni concrete. La Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene “servirà come guida per il governo canadese nei suoi sforzi per ricostruire il partenariato con i popoli indigeni”, ha spiegato il Primo Ministro. Che poi ha dato alcuni esempi di iniziative presentate dal suo governo (migliori infrastrutture e migliori alloggi nelle riserve) spiegando la sua decisione di riformare il Dipartimento degli Affari aborigeni e dicendosi “fiducioso” di giungere ad una vera e propria “riconciliazione”. Al netto delle contingenze, l’intervento di Trudeau all’Onu rientra in una strategia a più ampio respiro. Dopo il tentativo (andato a vuoto) di Stephen Harper, infatti, il Canada di Trudeau sta cercando di ottenere uno dei 10 seggi non permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite per il biennio 2021-2022. (V.G.)

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  • Maria Elena Boschi in Canada

    Maria Elena Boschi in Canada

    La Sottosegretaria al ‘Centre Sheraton Hotel’ per partecipare al Global Progress

    di Vittorio Giordano

    Oltre al Premier Justin Trudeau ed alla Ministra per le Pari Opportunità, Maryam Monsef, l’esponente del governo Gentiloni ha incontrato alcuni rappresentanti della Comunità italo-canadese, prima a Toronto e poi a Montreàl (rigorosamente al riparo dai media)

    Da sinistra: l’Ambasciatore Claudio Taffuri, il Console Generale Marco Riccardo Rusconi e l’On. Maria Elena Boschi con alcuni italo-canadesi di Montréal, tra cui Tony Loffreda
    Da sinistra: l’Ambasciatore Claudio Taffuri, il Console Generale Marco Riccardo Rusconi e l’On. Maria Elena Boschi con alcuni italo-canadesi di Montréal, tra cui Tony Loffreda

    MontréalMaria Elena Boschi in Canada. La Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega alle Pari Opportunità, ha attraversato l’oceano per prendere parte al Global Progress, un seminario sulla promozione di idee e politiche di centrosinistra organizzato da importanti Centri Studi, come Canada 2020, Center for American Progress, Policy Network e Volta. Dopo Copenhagen, Berlino, New York, Londra, Madrid, Roma e Santiago, il simposio si è tenuto per la seconda volta consecutiva a Montréal, città che – tra comune (Coderre), governo provinciale (Couillard) e federale (Trudeau) – sintetizza al meglio il life-style progressista dei nostri tempi. Nonostante la stampa non sia stata allertata (per esplicite disposizioni, ci risulta, della Sottosegretaria, scelta – discutibile – avallata dall’Ambasciata e dai Consolati), siamo comunque riusciti a ricostruire l’itinerario del viaggio-lampo della Boschi. A beneficio dei nostri lettori. Dopo essere atterrata a Toronto alle 18:30 di giovedì 14 settembre, la Boschi ha subito incontrato la Ministra canadese per le Pari Opportunità, Maryam Monsef: “Una donna straordinaria – ha raccontato la Boschi su Facebook – con la quale mi sono confrontata sulle buone pratiche ed esperienze che accomunano Italia e Canada nella lotta per i diritti delle donne”. Un ottimo viatico in vista del prossimo G7 che si terrà a novembre proprio in Italia, con un tavolo specifico sulla ‘parità di genere’. Ma anche un ottimo inizio di campagna elettorale, in vista del voto del 2018, in un bacino ‘appetibile’ come quello canadese: 115.762 elettori in tutto, 62.933 a Toronto e 30.482 a Montréal. Intorno alle 21, quindi, tra le mura dell’Istituto di Cultura di Toronto, è andato in scena l’incontro con la Comunità italiana: un saluto di circa mezz’ora con una cinquantina di invitati, tra cui – oltre al Console Generale Giuseppe Pastorelli e all’Ambasciatore d’Italia a Ottawa, Claudio Taffuri – Francesca La Marca, deputata PD eletta in Nord e Centro America; Tony Porretta, Forza Italia Toronto; Antonio Giannetti, vice segretario Pd Canada; Mario Marra, segretario Pd Canada; imprenditori edili come Mario Cortellucci e Ralph Chiodo; Fausto Gaudio, direttore dell’Italian Canadian Credit Union; ed alcuni esponenti dei patronati. Più rosa, invece, la ‘platea’ che ha accolto la Boschi a Montréal, venerdì 15, alle ore 18:30, presso il Centro Canadese di Architettura: anche qui una cinquantina gli invitati (sempre al riparo da microfoni e taccuini), tra cui – a parte il Console Generale Marco Riccardo Rusconi – i Ministri provinciali Rita de Santis e Martin Coiteux, il deputato federale David Lametti, i banchieri Michelina Lavoratore, della Cassa Popolare Canadese Italiana, e Tony Loffreda, Vice Chairman RBC, Royal Bank of Canada; e Daniela Virone, direttrice generale della Camera di Commercio Italiana in Canada. “Un orgoglio vedere – ha postato la Sottosegretaria su FB – come tanti talenti italiani siano stati capaci di inserirsi all’interno del tessuto sociale di Paesi come il Canada, mantenendo un forte legame con la nostra terra”. Sempre venerdì 15, verso le 14.30, la Boschi ha avuto un incontro – breve e informale – con il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, anche lui a Montréal per prendere parte al Global Progress. Che il giorno dopo, sabato 16, alle 10 del mattino, ha visto Maria Elena Boschi salire sul palco in un panel di conferenzieri formato da: Philippe Couillard, Primo Ministro del Quebec; Roland Lescure, parlamentare francese; Helena Dalli, Ministra maltese dell’Uguaglianza e degli Affari Europei. “Oggi – ha raccontato la Boschi su Facebook – le forze progressiste di tutto il mondo hanno la possibilità di scrivere una storia in cui la volontà di costruire una società equa e giusta sia più forte del timore di cambiare”. Populismo e protezionismo, dunque, le principali sfide da vincere con il mercato libero e la globalizzazione, secondo la Boschi. Che ha elogiato il lavoro svolto dai governi Renzi e Gentiloni: “Matteo Renzi – ha detto la Boschi alla platea di Global Progress – ha approvato la legge sulle unioni civili: credetemi, e lo dico da cattolica, in Italia è stato più difficile che in altri Paesi”. Sul gentil sesso: “La vera sfida del nostro tempo – ha sottolineato – è riconoscere le stesse opportunità tra uomini e donne: in quest’ottica abbiamo approvato il primo piano nazionale contro la violenza sulle donne”. Sulle misure antiterrorismo: “La risposta è più sicurezza, ma anche più cultura, più integrazione, più educazione: da qui la scelta di spendere, per ogni euro per la sicurezza, un euro per la cultura”. Quindi l’Europa: “Sull’immigrazione l’Europa ci ha spesso lasciati soli, ma l’Italia è pronta a fare la sua parte”. Grazie anche alla vicinanza di Paesi come il Canada: “Per noi è importante poter contare su alleati progressisti internazionali che hanno scelto il coraggio a scapito della paura”. L’economia italiana è in ripresa: “Negli ultimi 3 anni la disoccupazione è scesa ed il PIL è passato da -1,9% a +1,5%. Questo grazie anche a riforme come il Jobs act, che ha abolito l’articolo 18, e gli sgravi fiscali per tre anni a vantaggio dei giovani assunti. Con la crisi economica abbiamo perso un milione di posti di lavoro in Italia: in 3 anni, però, ne abbiamo recuperati 918 mila”. Nessuna menzione, naturalmente, del debito pubblico che ha raggiunto un nuovo record storico: 2.300 miliardi di euro a luglio. L’ultimo passaggio è sui giovani, la cui disoccupazione resta alta: 34,2%. “Dobbiamo impegnarci ancora di più per i giovani: non solo per gli italiani, ma anche per gli stranieri che vogliono investire. Fermo restando che studiare e lavorare all’estero resta un’esperienza preziosa, ma deve essere una scelta e non una necessità. Un Paese come l’Italia non deve essere una terra di opportunità solo per i suoi cittadini: c’è più sviluppo se possiamo combinare un mix con diverse prospettive di cambiamento”. Resta il fatto che, solo nel 2016, a lasciare il Belpaese sono stati in 115 mila, soprattutto neolaureati. La stragrande maggioranza per necessità.

    La Sottosegretaria Boschi con due Ministri ‘italiani’ del governo quebecchese: Rita de Santis e Martin Coiteux
    La Sottosegretaria Boschi con due Ministri ‘italiani’
    del governo quebecchese: Rita de Santis e Martin Coiteux
    Il Premier Justin Trudeau con Maria Elena Boschi
    Il Premier Justin Trudeau con Maria Elena Boschi
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  • Justin Trudeau avverte i profughi:  “Rispettate le regole”

    Justin Trudeau avverte i profughi: “Rispettate le regole”

    Il Primo Ministro corre ai ripari dopo l’arrivo di migliaia di Haitiani irregolari

    Crossing to Canada

    Nel frattempo il Québec, ‘preso d’assalto’ al valico di Saint-Bernard-de-Lacolle, ha stanziato 2.5 milioni $ e si appresta a distribuire 5 mila assegni sociali ai richiedenti asilo

    di Vittorio Giordano

    Ottawa – Il Canada resta un Paese aperto e accogliente, dal cuore grande e da sempre sensibile ai bisogni dei più deboli. Ma ci sono delle regole che non possono essere baypassate, nemmeno dai richiedenti asilo. Umanità sì, ma non a scapito di procedure di accoglienza efficaci e collaudate. È questo il senso delle parole del Primo Ministro, Justin Trudeau, che nei giorni scorsi ha ‘richiamato all’ordine’ i profughi haitiani che nelle ultime settimane hanno attraversato illegalmente la frontiera canadese in cerca di asilo. Una mezza marcia indietro di chi, smarcandosi dalle posizioni anti-immigrazione di Trump, aveva forse esagerato con le promesse di accoglienza.

    IL TWEET CONTRO IL TRAVEL BAN DI TRUMP – Lo scorso gennaio, dopo la firma del presidente degli Stati Uniti del “travel ban” per limitare l’accesso negli Stati Uniti ai cittadini di sei paesi a maggioranza musulmana e ai rifugiati, Trudeau aveva tweettato: “A tutti coloro che scappano dalle persecuzioni, dal terrore e dalla guerra, il Canada vi darà il benvenuto, indipendentemente dalla vostra fede. La diversità è la nostra forza”.

    UN ESODO DI OLTRE 11 MILA “IRREGOLARI” – E gli immigrati lo hanno preso in parola: dall’inizio dell’anno si stima che più di 11.300 persone, per l’85% Haitiani, abbiano attraversato a piedi il confine tra il Canada e gli Stati Uniti. Prendendo d’assalto il valico quebecchese di Saint-Bernard-de-Lacolle. Un esodo che ha conosciuto un picco nei mesi di luglio e agosto, quando si sono registrati aumenti del 300%. Peccato, però, che lo hanno fatto in maniera illegale, attraverso località remote e non custodite, senza cioè passare per i posti di polizia preposti al confine. Mettendo in crisi il sistema di accoglienza canadese. Tanto che lo Stadio Olimpico di Montréal è stato adibito ad accampamento temporaneo. E la Commissione canadese per Immigrazione e Rifugiati ha parlato apertamente di situazione “insostenibile”.

    VISTO USA PER GLI HAITIANI IN SCANDENZA – Alla base di questa ‘onda anomala’ haitiana, il Visto in scadenza negli Usa. Dopo il terremoto del 2010, infatti, negli Stati Uniti sono arrivate circa 58 mila persone da Haiti: lo status di protezione temporanea, però, scade a gennaio 2018 e, se l’amministrazione di Trump decidesse di non prorogarlo, sarebbero costretti a fare ritorno nell’isola caraibica. Da qui il viaggio della speranza irregolare in Canada.

    LA MARCIA INDIETRO LIBERALE – Fenomeno a cui Trudeau ha deciso di porre un freno: “La nostra è una società aperta e accogliente – ha detto il leader liberale, di passaggio a Montréal – perché i canadesi hanno fiducia nel nostro sistema di immigrazione e nelle nostre leggi”. Da qui l’avvertimento: “Non ci sarà alcun vantaggio nell’entrare in Canada in modo irregolare”. Quindi l’affondo finale: “Dovete seguire le regole, e ce ne sono tante”. Ma non ha escluso la possibilità di accordare dei permessi di lavoro temporanei, come richiesto dalla Ministra dell’Immigrazione quebecchese, Kathleen Weil.

    LA MISSIONE DI DUBOURG A MIAMI – Per spiegare meglio il concetto, il deputato liberale Emmanuel Dubourg è volato a Miami per incontrare la comunità haitiana: “La disinformazione resta il principale nemico da combattere”, ha affermato il parlamentare di Bourassa, che poi ha spiegato: “I messaggi sui social media suggeriscono che il governo canadese garantisce ai richiedenti asilo un libero accesso al Canada. Questo è assolutamente falso e induce le persone a prendere decisioni sbagliate”.

    CONSERVATORI ALL’ATTACCO – Naturalmente, in vista delle elezioni nel’ottobre 2019, il Partito Conservatore è già partito all’attacco: “Il nostro sistema di accoglienza è nel caos – ha dichiarato la deputata conservatrice Michelle Rempel –: penso che questo dipenda soprattutto dai messaggi inconsistenti usciti dalla fabbrica comunicativa personale di Trudeau”.

    2.5 MILIONI $ IN ASSEGNI SOCIALI – Sotto pressione, nel frattempo, è finito anche il governo Couillard, che ha stanziato 2.5 milioni $ per i richiedenti asilo: dal 30 agosto al 1º settembre saranno distribuiti quasi 5 mila assegni sociali al Palazzo dei Congressi di Montréal, ovvero 623 $ per ogni rifugiato. Una procedura abituale per chi fa domanda di asilo, ha specificato il Ministro quebecchese del Lavoro e della Solidarietà sociale, François Blais, ma che non ha mitigato le critiche delle opposizioni (perplessità sia da Jean-François Lisée del Parti Québécois che da François Legault della Coalition avenir Québec), che si chiedono quale impatto possa avere questo provvedimento sulle tasche dei cittadini della Belle Province. 

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  • Trudeau: scuse e 10.5 milioni $ a Omar Khadr

    Trudeau: scuse e 10.5 milioni $ a Omar Khadr

    Imprigionato a Guantanamo per 10 anni dopo aver ucciso un soldato americano

    Omar Khadr
    Omar Khadr

    Peccato che nessuno possa restituire la vita al sergente Speer, padre di due bambini,
    o ridare l’occhio destro al sergente Morris

    di Vittorio Giordano

    Ottawa – “La Carta dei diritti e delle libertà protegge tutti i canadesi. Ciascuno di noi, anche quando è una situazione scomoda. Questo non ha niente a che fare con quello che Khadha ha fatto oppure no. Quando il governo viola i diritti di un canadese, tutti noi siamo chiamati a pagarne le spese”. Così il Primo Ministro Justin Trudeau, da Amburgo, in Germania, nel corso del G20, ha giustificato le scuse ufficiali ed il mega risarcimento che il governo canadese ha riconosciuto a Omar Khadr, nato a Toronto nel 1985 da genitori di origine palestinese (con il padre, vicino a Osama Bin Laden, che avrebbe addirittura finanziato Al-Qaïda).

    All’età di 15 anni, infatti, il bambino-soldato con passaporto canadese è stato catturato dalle truppe americane in Afghanistan. Accusato di aver ucciso con una granata il sergente Christopher Speer e di aver causato la perdita dell’occhio destro del sergente Layne Morris, per 10 anni Omar Khadr è rimasto rinchiuso nel carcere militare di Guantanamo Bay, dove sarebbe stato anche torturato, oltre che privato dell’assistenza di un avvocato. Senza che il Canada si opponesse facendo esplicita richiesta di estradizione. Violando, così, i suoi diritti in quanto cittadino canadese, come ha confermato la Corte Suprema in una sentenza del 2010. Khadr è stato rimpatriato in Canada nel 2012, ottenendo nel 2015 una liberazione condizionale. Poi la battaglia legale, che si è conclusa venerdì scorso, 7 luglio, con la decisione del governo liberale di accordargli un indennizzo-monstre di 10.5 milioni. Che poi sono i soldi di tutti noi contribuenti. Una decisione che ha sollevato critiche anche molto aspre. Come quella del leader del Partito Conservatore Andrew Scheer, che ha denunciato il governo “per aver fatto di un terrorista un milionario”. Omar aveva solo 15 anni, è vero, ma oggi è un adulto e, tuttavia, pur chiedendo di essere risarcito per gli “errori” degli altri, non ha ancora sentito il bisogno di chiedere scusa alle famiglie dei soldati americani, la cui vita è stata rovinata per sempre. In un’intervista alla Canadian Press, parlando del suo passato, ha detto: “Non lo giustifico e non lo nego. Tutti quanti facciamo cose che poi ci auguriamo di poter cambiare. Tutto quello che posso fare, adesso, è concentrarmi sul mio presente e diventare un membro produttivo della società”. Con 10.5 milioni $ in più in tasca. “La cosa buona delle scuse del governo è che serviranno a ripristinare un po’ la mia reputazione in Canada”. Peccato che nessuno possa ‘ripristinare’ la vita al sergente Speer, padre di due bambini, o ‘ripristinare’ l’occhio destro al sergente Morris. Naturalmente, dal suo punto di vista le critiche sono fuori luogo: “È arrivato il tempo della riconciliazione, sto provando a voltare pagina”.  Vuole fare l’infermiere. Un infermiere diverso dagli altri, però. Con un conto in banca da nababbo. “E io pago!…”, direbbe Totò, se fosse un contribuente canadese.

    (V.G.)

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  • Trudeau abbraccia Amatrice

    Trudeau abbraccia Amatrice

    In visita con la moglie davanti al monumento delle vittime del terremoto del 24 agosto 2016, il Premier ha deposto un mazzo di fiori e poi abbracciato il Sindaco Pirozzi. Dopo aver indossato la maglia n.10 di Totti, il
    leader liberale ha incontrato Papa Francesco

    Il Primo Ministro Trudeau e la moglie Sophie tra  le rovine di Amatrice insieme alla delegazione italiana guidata dal Ministro  degli Esteri, Angelino Alfano
    Il Primo Ministro Trudeau e la moglie Sophie tra le rovine di Amatrice insieme alla delegazione italiana guidata dal Ministro degli Esteri, Angelino Alfano

    ROMA – Quattro milioni di dollari canadesi: è questa la cifra che il Canada donerà alla comunità di Amatrice: 2 milioni di dollari provengono dalla raccolta fondi realizzata dagli italiani residenti nel Paese nordamericano, altri 2 milioni da un contributo diretto del governo guidato dal Premier Justin Trudeau, che domenica scorsa, dopo la partecipazione al G7 di Taormina, ha visitato il Paese reatino devastato dal terremoto del 24 agosto. “Sono qui per dimostrare l’amicizia con il popolo italiano”, ha detto Trudeau durante la visita alla zona rossa del paese, devastata dal sisma. “La comunità italo-canadese, ma tutta la popolazione canadese – ha aggiunto – è stata molto colpita da quanto successo qui e vogliamo esprimere vicinanza”.

    Alfano, Taffuri, Cornado e Di Iorio – Arrivato in elicottero poco dopo le 12:30, accompagnato dalla moglie Sophie Grégoire, Trudeau ha visitato la zona rossa di Amatrice insieme al Ministro degli Esteri Angelino Alfano, al Capo Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio ed al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Tra i presenti anche l’Ambasciatore d’Italia a Ottawa, Claudio Taffuri; il Capo di Gabinetto del Ministro Alfano, Gian Lorenzo Cornado, ed il deputato federale di St-Léonard—St-Michel, Nicola di Iorio. Ad accoglierlo c’era anche il Sindaco Sergio Pirozzi, che proprio qualche giorno fa è stato ospite dello stesso Trudeau, in Canada, per presenziare alla raccolta fondi realizzata per Amatrice e Norcia.

    La commozione e l’omaggio alle vittime – Camminando tra le macerie, il Primo Ministro canadese si è commosso una prima volta, mentre ascoltava la cronaca di quella terribile notte del 24 agosto. “Essere qui è un momento per condividere con il popolo di Amatrice le sofferenze del terremoto – ha detto sotto quello che resta della Torre civica -:  un gesto di solidarietà e amicizia che ribadisce anche la vicinanza del popolo canadese a quello del Centro Italia e l’amicizia tra i nostri due Paesi”. Di “amicizia fraterna” tra i due Paesi ha parlato anche il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, mentre la delegazione raggiungeva il centro operativo comunale e quello della Protezione Civile. Da lì il Premier Trudeau si è fermato con la moglie Sophie davanti al memoriale delle 249 vittime di Amatrice, deponendo un mazzo di fiori e concedendosi un momento di preghiera e di commozione.

    Tra prodotti tipici e ricostruzione – L’abbraccio con il Sindaco Pirozzi ha portato la visita del Primo Ministro canadese alla terza e ultima tappa, a San Cipriano, sede della nuova Area Food all’interno della quale Trudeau e la moglie hanno potuto gustare i piatti tipici del territorio, in primis l’immancabile amatriciana, gustata in compagnia dei tanti volontari e cittadini presenti. Tante foto di rito, e il saluto a tutta la sala, una persona alla volta, e un ultimo abbraccio con il Sindaco Sergio Pirozzi, al quale Trudeau ha rinnovato il suo impegno nel contribuire alla ricostruzione di Amatrice. “Mi farebbe piacere – ha detto il primo cittadino del borgo simbolo del sisma della scorsa estate – se la casa comunale di Amatrice venisse ricostruita dal Canada, il cui impegno è un impegno che nasce dai tanti italiani che vivono e lavorano in quel Paese. Questo è un grande messaggio di solidarietà che varca i confini territoriali”. “Il Premier canadese, il suo governo, il suo Paese – ha chiosato il Ministro degli Esteri Alfano, prima di ripartire un elicottero per Roma – hanno dato importanti contributi per la ricostruzione”.

    Il Premier invita il Papa in Canada

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    Justin Trudeau ha incontrato Papa Francesco in Vaticano. Trentasei minuti di colloquio privato per riferire sui risultati del summit di Taormina e per invitare Bergoglio in Canada. Trudeau, infatti, ha sollevato con il Papa la questione degli abusi subiti dai minorenni indigeni costretti a frequentare le scuole residenziali canadesi finanziate tra il 1840 e il 1996 dal governo federale canadese e gestite dalla Chiesa cattolica. Nel corso dell’udienza, il Papa ha regalato a Trudeau una medaglia per il quarto anno del pontificato, i suoi tre documenti magisteriali, Evangelii Gaudium, Laudato si e Amoris laetitia, e il messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2017. Il Premier canadese ha ricambiato regalando a Francesco sei volumi di relazioni che i missionari gesuiti in Canada inviavano alla curia generalizia ed alcune pagine incorniciate di un vocabolario curato sempre dai missionari gesuiti.à

    Trudeau all’Olimpico con la maglia di Totti

    Nel corso dell’evento benefico ‘Open Goal’ per l’integrazione nel calcio allo stadio Olimpico, Justin Trudeau ha salutato i giocatori della squadra di rifugiati Liberi Nantes e della Fiorentina femminile, prima di ricevere dal presidente della Roma James Pallotta la maglia di Francesco Totti. Trudeau ha ricevuto il regalo con entusiasmo, indossando la casacca del capitano giallorosso che domenica, sullo stesso prato, ha disputato l’ultima partita da giocatore della Roma. “Mi ha raccontato di avere seguito l’evento in televisione e di essersi fortemente emozionato: scene mai viste nel mondo, mi ha detto”, ha svelato il presidente del Coni, Giovanni Malagò.

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