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  • G7 TESO E MOVIMENTATO A CHARLEVOIX, IN QUÉBEC | Voltafaccia di Trump: non firma il testo finale

    G7 TESO E MOVIMENTATO A CHARLEVOIX, IN QUÉBEC | Voltafaccia di Trump: non firma il testo finale

    Duro attacco del Presidente USA al Primo Ministro Trudeau  su twitter: “Disonesto e debole”

    Québec – Colpo di scena finale al vertice del G7 di Charlevoix. Al termine di un summit teso e pieno di divisioni fra Stati Uniti ed Europa, Donald Trump – mentre era già in viaggio verso Singapore dove poi ha incontrato il leader nordcoreano Kim Jong-un – posta due tweet al veleno contro il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e ritira l’appoggio al comunicato finale del vertice. Un testo faticosamente redatto dopo una lunga trattativa in particolare sul tema dei dazi che contrappone le due sponde dell’Atlantico. Nel comunicato si sottolinea l’impegno per ridurre le barriere commerciali e riformare l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) “il più presto possibile”.  Un passaggio è dedicato anche alla Russia, a cui si chiede di smetterla di minare i sistemi democratici. Nel documento c’è poi l’impegno dei Paesi del G7 ad assicurare che il programma nucleare iraniano “resti pacifico”. “Considerate le affermazione false di Justin (Trudeau) alla sua conferenza e il fatto che il Canada impone massicce tariffe sui nostri agricoltori, lavoratori e imprese, ho dato istruzioni ai funzionari Usa di non approvare il comunicato. E stiamo pensando a dazi sulle auto che invadono il mercato in Usa”, ha scritto Trump. Il presidente americano ha definito poi in un altro tweet “molto disonesto e debole” Trudeau per aver detto nel corso della sua conferenza stampa finale del G7 che le tariffe Usa sono “un insulto”. “Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare”. Questa la frase pronunciata dal Premier del Canada che ha fatto infuriare Trump. Trudeau ha criticato duramente i dazi su acciaio e alluminio contro Canada, Messico ed Europa. “Ho detto direttamente al Presidente americano – ha affermato il Primo Ministro – che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe significative contro la nostra industria dell’acciaio e dell’alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza nazionale dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si trovano spalla a spalla con i soldati americani in terre lontane. Per noi – aveva concluso Trudeau – questo è un insulto”. “Ci atteniamo al comunicato, come approvato da tutti i partecipanti” al G7: questa la reazione di Bruxelles alla retromarcia di Trump. Per il presidente francese Macron “la cooperazione internazionale non può essere dettata da pugni di rabbia e dichiarazioni usa e getta”. Ancora più dura la Cancelliera Merkel: “L’Europa non potrà più fare affidamento sugli Usa”.

    Soddisfatto il Premier
    Conte, che apre alla Russia.
    Un accordo che trova soddisfatto il Presidente del consiglio italiano, Giuseppe Conte: “Ritengo proficuo il percorso avuto all’interno del G7. Abbiamo individuato un percorso condiviso che in tempi ragionevoli porterà a rivedere il sistema del WTO che è un regolamento elaborato molto tempo fa e che va adattato”, ha detto il neo premier, che ha ribadito l’intesa con gli altri Paesi Ue: “Noi partner europei abbiamo condiviso la necessità di intervenire. Le misure protezionistiche in un sistema così integrato genera reazioni e controreazioni”. Intanto il presidente del Consiglio italiano ha confermato il suo allineamento alle posizioni di Donald Trump su un ritorno della Russia ai tavoli internazionali, riportando la formula al G8, in vigore fino al 2014, evitando però strappi con l’Unione europea.

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  • Con Macron vince anche la Merkel

    Con Macron vince anche la Merkel

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

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    Dopo l’exploit di Donald Trump negli Usa, in tanti temevano una replica in salsa francese, con Marine Le Pen in grado di fare le scarpe ad Emmanuel Macron, ultimo superstite del ‘fronte istituzionale’ dopo la ‘debacle’ dei due partiti tradizionali: il partito Socialista e quello Repubblicano. Un terremoto che avrebbe sconvolto l’Unione Europea dalle fondamenta, decretandone, di fatto, il ‘suicidio assistito’, soprattutto dopo la ferita mai rimarginata della Brexit, la vittoria ingombrante di Trump e l’ascesa dei movimenti euro-scettici nazionalisti. Sì, perché Macron, 39 anni, sarà pure giovane e alle prime armi, tanto da essere ribattezzato il ‘Justin Trudeau francese’ (come il Premier canadese ha studiato dai Gesuiti e fatto Teatro), ma è pur sempre espressione dell’establishment, nonostante non abbia perso occasione per smarcarsi dal sistema. In realtà, la crociata anti-istituzionale di Macron è solo di facciata e frutto di un calcolo utilitaristico da far impallidire il‘Principe’ di Macchiavelli: è il 31 agosto 2016, infatti, quando il Ministro dell’Economia Macron lascia il governo Valls dopo due anni di lavoro sotto la presidenza di François Hollande. Da successore designato dell’ex presidente uscente, nell’aprile 2016 fonda il movimento “En Marche!”, definito dallo stesso Macron “né di destra né di sinistra”, che lo catapulta all’Eliseo. Magicamente, per il solo fatto di aver sbattuto la porta in faccia al Partito Socialista (di cui è stato un iscritto dal 2006 al 2015), diventa un ‘capo-popolo’ anti-sistema. Poco importa se ha studiato all’Ena (École national d’administration), la scuola dove passa tutta la classe dirigente francese; se ha guidato l’Economia durante i tagli di Hollande, e se è stato un alto dirigente della potente Banque Rothschild. La sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo, non usa mezzi termini: “Macron è un uomo che si presenta come anti-sistema, malgrado sia l’artefice di buona parte della politica economica adottata dal Paese negli ultimi anni”. Insomma, al netto dell’abito su misura che si è ritagliato negli ultimi 12 mesi, Macron è un personaggio certamente integrato nei centri nevralgici del potere finanziario e politico della Francia. Tanto che, nel suo primo discorso alla Nazione, promette di “proteggere” e “tenere unita” la Francia, così come di “difendere il destino comune dell’Europa”, sulle note dell’Inno alla gioia, l’inno dell’Europa, davanti alla piramide del Louvre. Quale Europa? Quella a trazione tedesca, naturalmente, che il neo Presidente non perde tempo di omaggiare: la prima telefonata ufficiale è con la Cancelliera Merkel e la prima visita di Stato è già stata programmata in Germania. Tutto, fuorché un’inversione di tendenza rispetto ad una UE da svecchiare e riformare. Anzi: un inchino compiaciuto allo status quo, al netto dei proclami elettorali. Esattamento lo scenario che Marine Le Pen continuerà a combattere. La leader del Front National è tutt’altro che “morta”: ha ottenuto più di dieci milioni e mezzo di voti, accrescendo di quasi tre milioni di preferenze il bottino ottenuto al primo turno; ed ha portato al suo massimo storico il partito, che ora punta a rinnovare nel nome e nella missione per completare il processo di normalizzazione e puntare a diventare la prima forza d’opposizione. Ad un mese dalle elezioni legislative. Se è vero che il 43% di chi ha votato Macron lo ha fatto per fermare l’ascesa di Marine LePen, e se è vero che il tasso di astensione è stato il più alto rilevato dal 1969 nelle elezioni presidenziali, il nuovo inquilino dell’Eliseo sarà probabilmente costretto a scendere a compromessi (magari con gli ex compagni Socialisti) per fornare una coalizione a sostegno del suo governo. Gettando, ‘obtorto collo’, la maschera di paladino anti-sistema. E tornando alle origini della sua cavalcata. La degna ‘quadratura del cerchio’.

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  • Gentiloni: l’Europa prenda esempio dal Canada

    Gentiloni: l’Europa prenda esempio dal Canada

    La visita del Premier prima a Washington da Trump e poi a Ottawa da Trudeau

    Stretta di mano tra il Primo Ministro italiano Paolo Gentiloni ed il Premier canadese Justin Trudeau
    Stretta di mano tra il Primo Ministro italiano Paolo Gentiloni ed il Premier canadese Justin Trudeau

    Piena sintonia su profughi e libero mercato. A fine maggio il Premier canadese in Italia per partecipare al G7 ed incontrare il Papa. Per il 150º ci saranno Mattarella e Boldrini

    Ottawa – Dopo Washington, Ottawa. Non è la prima volta che Paolo  incontra Justin Trudeau, ma il 21 aprile scorso lo ha fatto da Premier. Nel settembre 2016, infatti, l’allora Ministro degli Esteri aveva già discusso con il leader liberale a Montréal in occasione della Conferenza del “Global Fund”.
    TRA USA E ITALIA UN’ANTICA AMICIZIA -Il 20 aprile Donald Trump ha riservato al Premier italiano una accoglienza calorosa alla Casa Bianca. Il presidente Usa ha confermato la volontà di rendere le relazioni politiche ed economiche tra i due Paesi ancora più forti. Trump ha parlato di un “rapporto di partenariato bilanciato ed equo” con un Paese, l’Italia, che è anche “partner chiave nella lotta al terrorismo”. Quanto ai flussi migratori, Trump ha parlato di un “approccio responsabile nei confronti dei profughi” già a partire dai loro Paesi di provenienza. Quindi è tornato a rivelare il suo “amore” per l’Italia, Paese amico e “spettacolare”. Negli Stati Uniti, ha ricordato Trump, vivono “18 milioni di italiani ed è un grande onore avere molti di loro tra i miei amici”. Da qui, dagli italiani d’America, è partito Paolo Gentiloni, che ha parlato di “un incontro fruttuoso che riflette un’antica amicizia. Un’amicizia testimoniata anche dal fatto che l’Italia è la seconda destinazione all’estero per gli studenti americani”. “Oggi questa amicizia si fonda sul comune impegno contro il terrorismo”, ha confermato il Premier, rivendicando il ruolo attivo dell’Italia in particolare in Iraq e Afghanistan. Gentiloni e Trump hanno discusso poi dell’impegno comune nella Nato e per la sicurezza collettiva. “L’Italia è il Paese del dialogo”, ha rivendicato Gentiloni, “e il dialogo può essere utile anche nei confronti della Russia, senza rinunciare alla nostra unità e ai nostri principi”.

    Paolo Gentiloni con il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump
    Paolo Gentiloni con il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump


    ASSE ROMA-OTTAWA – Il Presidente del Consiglio è poi volato a Ottawa. “Italia e Canada condividono la stessa linea su diversi temi e può essere utile anche perché quest’anno noi presediamo il G7 e il Canada lo farà il prossimo anno. Viviamo tempi interessanti e la nostra comune visione ci aiuterà”, ha detto Paolo Gentiloni, nel corso della conferenza stampa congiunta con il Premier canadese, Justin Trudeau.

    GLI ITALO-CANADESI – L’incontro, gli ha fatto eco Trudeau, “è un’opportunità per approfondire e rafforzare l’amicizia tra Italia e Canada”: amicizia – è stato ribadito anche questa volta – che trova linfa anche grazie ad una “Comunità italo-canadese incredibilmente forte”.
    I MIGRANTI – Sui migranti, c’è piena identità di vedute Italia-Canada: “Credo che il Canada, Paese di qualche decina di milioni di abitanti che accoglie 40mila rifugiati, sia un modello”, ha sottolineato Gentiloni. “Se tutti i Paesi europei avessero lo stesso atteggiamento di responsabilità – ha aggiunto – l’Europa sarebbe un bel pezzo avanti. Lo indico all’Unione europea: prendiamo esempio dal Canada”. Il Paese nordamericano, ha sottolineato, dimostra “come si possa unire, anche senza prossimità geografica, a una accoglienza di rifugiati la sicurezza del Paese”. “Mai confondere il tema dell’immigrazione con il tema del terrorismo, anche se non dobbiamo mai abbassare la guardia”. “L’Italia ha storicamente accolto diverseondate di immigrazione e siamo pronti a lavorare insieme per rafforzare la fiducia dei cittadini nei nostri sistemi di immigrazione, nelle nostre frontiere e nel nostro modello di diversità”.
    IL LIBERO SCAMBIO – Quanto ai rapporti economici con l’altra sponda dell’Atlantico, l’Italia “è a favore del libero scambio”.  “Siamo dell’idea del libero scambio come grande fatto propulsivo della crescita mondiale – ha spiegato Gentiloni -: si tratta di una visione comune tra Italia e Canada, nella convinzione che ci sia sempre più chiaro un collegamento tra una società aperta e lo scambio internazionale. Le due cose vanno insieme. Democrazia e società aperta da una parte e commercio e scambio internazionale dall’altro. Questa visione si è tradotta nel Ceta. Non è un momento popolarissimo al momento, ma per l’Ue è uno degli accordi più avanzati realizzati finora. È un accordo importante perché elimina i dazi nel 99% dei prodotti industriali e nel 92% di quelli agricoli. Allo stesso tempo tutela i lavoratori e le indicazioni geografiche contro i rischi che spesso vengono messi avanti contro queste intese”. Su questo tema, Trudeau ha confermato: “Ci siamo intrattenuti sull’importanza di avere scambi commerciali aperti. E vorrei ringraziare Gentiloni per il costante sostegno offerto all’accordo commerciale con l’Ue. Siamo estremamente allineati nel lavorare insieme per il bene dei nostri cittadini”. 
    PRANZO CON GLI ITALO-CANADESI – Dopo il bilaterale e la conferenza stampa congiunta, Trudeau ha ospitato il Premier italiano in un pranzo. Tra gli ospiti anche una folta delegazione da Montréal.

    TRUDEAU AL G7 DI TAORMINA E DAL PAPA – Dopo la riunione della Nato in programma a Bruxelles il 25 maggio, il 26 e 27 maggio Trudeau parteciperà al G7. In Italia il leader liberale sarà accompagnato da una delegazione commerciale che punterà a rafforzare gli scambi in settori come l’agroalimentare, l’aeronautica e le tecnologie della comunicazione. Quindi il Premier canadese si recherà a Roma in udienza da Papa Francesco.

    150º CANADA – Per quanto riguarda le celebrazioni per i 150 anni del Canada, la delegazioni italiana che parteciperà
    alle cerimonie ufficiali comprenderà, tra gli altri, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini”.

    La delegazione di Montréal con Trudeau e Gentiloni

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    Ottawa – Tra gli ospiti di Montréal che hanno partecipato al pranzo ufficiale offerto dal Premier canadese, riconosciamo: i deputati federali Dubourg, Di Iorio e Iacono; il Console d’Italia Rusconi, il vice-chairman RBC Loffreda, il presidente e la direttrice generale della Camera di Commercio Italiana in Canada, Triassi e Virone; l’avv. Sciascia, il v.p. Banque Laurentienne Galella, la presidente del Comites di Mtl Giordano, la presidente della Casa d’Italia Minicucci, il presidente del Congresso Asaro, Uva (Campani), Perrotti (Marchigiani) e Mendolia (Messinesi).

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  • Gentiloni in Nord Americail 20 e 21 aprile

    Gentiloni in Nord America
    il 20 e 21 aprile

    Il Premier vedrà prima Donald Trump a Washington e poi Justin Trudeau a Ottawa

    Roma, (Aise) – Il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ha annunciato che il Presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, sarà in visita ufficiale in Canada il 21 aprile prossimo. Gentiloni arriverà ad Ottawa da Washington, dove il 20 aprile, alle 15 (ora locale) incontrerà il Presidente Usa, Donald Trump, alla Casa Bianca. La giornata nella capitale Usa del Premier inizierà con un intervento al think tank “Center for Strategic and International Studies”, previsto per le 9.30. Il tema del dibattito è “Security in the Mediterranean as a Cornerstone of Global Stability: The Common Engagement of Italy and the United States”. Non è ancora stato reso noto, invece, quali argomenti il nostro presidente del Consiglio ha intenzione di affrontare con il leader americano. Tuttavia, sono molti i temi “scottanti” sul tavolo di Gentiloni, a partire dalle relazioni transatlantiche tra i due Paesi e di come si svilupperanno alla luce della nuova amministrazione, già affrontate nella prima conversazione telefonica di febbraio. Altri punti importanti, che probabilmente verranno approfonditi nell’incontro di persona, sono la lotta al terrorismo, i costi della Nato, le basi americane su territorio italiano e, il più delicato di tutti, le sanzioni economiche alla Russia.

    In Canada, poi, Gentiloni incontrerà Trudeau nella prospettiva di rinsaldare i già stretti legami tra i due Paesi e per discutere del prossimo G7, dei rapporti commerciali alla luce del Ceta (l’accordo economico e commerciale tra Canada e Unione Europea) e di altri temi internazionali. L’incontro tra i due Primi Ministri è fissato per le 10.30 locali nella sede del Parlamento. Poi, alle 11.50, spazio alla conferenza stampa congiunta.  “Canada e Italia – si legge sul comunicato stampa diramato dall’ufficio del Primo Ministro – sono alleati e amici stretti, hanno una forte partnership nel commercio e negli investimenti. Questa relazione è rafforzata dalla dinamica comunità italo-canadese, che conta circa un milione e mezzo di persone. Sono ansioso di incontrare il Primo Ministro Gentiloni per discutere le nostre rispettive priorità per il vertice del G7 di quest’anno e di come il CETA creerà posti di lavoro ben pagati per la classe media su entrambe le sponde dell’Atlantico”. Trudeau ha poi sottolineato che “Canada e Italia condividono forti rapporti commerciali. Nel 2016, le esportazioni canadesi verso l’Italia sono state stimate in circa 2,3 miliardi di dollari e le importazioni italiane verso il Canada sono stati pari a 7.5 miliardi di dollari. Nel 2015, il valore degli investimenti diretti in Canada dall’Italia è stato di quasi 1,6 miliardi mentre gli investimenti diretti del Canada in Italia sono stati in 539 milioni di dollari. Il rapporto tra i nostri popoli – ha aggiunto il Premier canadese – sono particolarmente forti e storici. La comunità italo-canadese è particolarmente coinvolta nelle relazioni bilaterali su tutti i fronti: culturali, sociali, economici e politici”. “Canada e Italia – ha aggiunto – hanno forti e longeve relazioni accademiche, rinforzate da accordi interuniversitari, sia nel pubblico che nel privato, che generano nuove idee e nuovi progetti di ricerca e promuovono la mobilità dei giovani”. Trudeau, ricordiamolo, sarà in Italia il 26 e 27 maggio in occasione del G7 che si terrà a Taormina.

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  • Trump e Trudeau: sempre più scambi di beni e servizi

    Trump e Trudeau: sempre più scambi di beni e servizi

    L’incontro alla Casa Bianca tra i leaders di Usa e Canada

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    Oltre al ruolo delle donne nel mondo del lavoro, hanno discusso dei rapporti commerciali, della gestione dei confini comuni, dei flussi migratori e del NAFTA

    Washington – Un incontro “politically correct”, senza frizioni, all’insegna della cordialità e del rispetto reciproco, che ha messo in evidenza i punti storici in comune tra Usa e Canada, a scapito delle profonde divergenze tra le due amministrazioni alla guida dei due Paesi. È quello andato in scena lunedì 13 febbraio, a Washington, tra il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ed il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Trudeau è stato il terzo leader che ha incontrato il 45esimo presidente degli Usa insediatosi il 20 gennaio, dopo la Premier britannica Theresa May e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe. Trudeau è stato accompagnato a Washington dal Ministro degli Esteri, Chrystia Freeland; quello della Difesa, Harjit Sajjan; della Sicurezza Pubblica, Ralph Goodale; e delle Finanze, Bill Morneau. Obiettivo comune di Usa e Canada: aiutare lo sviluppo della classe media soprattutto attraverso gli investimenti nelle infrastrutture.

    IN REGALO LA FOTO COL PIERRE TRUDEAU

    Difficile immaginare due persone così distanti come Trump e Trudeau. Basti ricordare le parole di apertura di Trudeau verso i rifugiati (i siriani accolti sono già più di 40 mila) il giorno dopo il “muslim ban” deciso da Trump e poi sospeso dalla magistratura americana. Eppure Trudeau ha voluto evitare lo scontro (“I canadesi non si aspettano che io faccia la morale agli Usa”, ha spiegato), malgrado le differenze sia sul fronte del Trattato Nafta (entrato in vigore nel 1994) che della politica dei migranti. Anche per questo Trudeau si è presentato alla Casa Bianca con un regalo personale per il Presidente: una foto che ritraeva un giovane Donald Trump insieme a suo padre, Pierre Trudeau. The Donald ha ricordato l’incontro, ha detto di avere grande rispetto per Trudeau senior e di voler custodire la foto “in un posto speciale”.

    “RAPPORTI ECCEZIONALI”

    Dopo le classiche fotografie di rito nello Studio Ovale, Trump e Trudeau hanno avuto un incontro privato, sfociato nella classica conferenza stampa congiunta. Trump ha definito “eccezionali” i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Canada, dicendo di essere interessato a migliorarli ancora nel futuro. “In un periodo difficile come questo, dobbiamo rafforzare la nostra collaborazione contro il terrorismo e lo lo Stato Islamico. Sul lavoro dobbiamo coordinarci in modo ancora più stretto, lo dobbiamo fare anche sulla sicurezza, sul commercio, dobbiamo coordinarci per proteggere il lavoro in questa parte dell’emisfero”, ha spiegato il presidente americano. Con il premier Trudeau abbiamo avuto “un meeting produttivo”, ha aggiunto Trump, sottolineando la “storica amicizia” che lega i due Paesi.

    “NAFTA: SOLO PICCOLI AGGIUSTAMENTI”

    Il presidente Usa ha poi sottolineato l’importanza di “relazioni commerciali reciproche” con il Canada, costruendo ponti per scambi commerciali “ancora più forti”. In passato Trump aveva ripetutamente minacciato di voler rinegoziare l’accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA). Le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Canada, però, sono molto diverse da quelle con il Messico, ha detto Trump: “Apporteremo degli aggiustamenti minimi che saranno positivi per entrambi i Paesi”, ha tagliato corto il presidente Usa, annunciando che i due Paesi uniranno le forze nella lotta alla diffusione delle droghe.

    COREA DEL NORD E IMMIGRAZIONE

    “La Corea del Nord è un grosso problema. Lo affronteremo con grande forza”, ha poi aggiunto Trump. La posizione della Casa Bianca in tema di immigrazione è una posizione di “buon senso”, ha sottolineato Trump difendendo le controverse politiche varate dalla Casa Bianca. “Stiamo ricevendo molti elogi” per la nostra politica, ha affermato. Le espulsioni degli immigrati illegali, ha spiegato Trump, riguardano solo coloro che si sono macchiati di reati. E, quasi a conferma di quanto detto, il segretario della sicurezza nazionale, John Kelly, ha dato i dati degli ultimi raid: i funzionari dell’immigrazione degli Stati Uniti hanno arrestato oltre 680 persone, il 75% dei quali sono stati condannati per reati che variano dall’omicidio alla guida in stato di ebbrezza.

    POLITICA DI APERTURA

    Dal canto suo, il Canada continuerà la sua politica di “apertura” ai rifugiati, ha assicurato Trudeau. “Non siamo d’accordo su tutto, i rapporti tra vicini sono spesso complessi, ma navigheremo attraverso le nostre divergenze e resteremo amici. Resteremo sempre partner essenziali”, ha dichiarato. Il Primo Ministro canadese ha poi indicato l’importanza “del libero flusso di beni e servizi” tra i due Paesi, perché se molti posti di lavoro canadesi dipendono delle relazioni con gli Usa, altrettanti posti di lavoro, negli Stati Uniti, dipendono dalle relazioni con il Canada. “Quello che le due amministrazioni faranno – ha assicurato Trudeau – è continuare a creare buoni posti di lavoro, consentendo il libero flusso di beni e servizi”.

    UN CONSIGLIO AD HOC PER LE IMPRENDITRICI

    Trump e Trudeau daranno vita a un Consiglio delle donne leader negli affari allo scopo di  incoraggiare l’imprenditorialità femminile. “Il presidente Trump e il primo ministro Trudeau lanceranno il Consiglio Canada-Stati Uniti per l’avanzamento delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda durante una tavola rotonda alla Casa Bianca”, ha detto un funzionario Usa. Trump e Trudeau si sono impegnati a rimuovere gli ostacoli alla partecipazione economica delle donne mentre avanzano nel mondo degli affari. Inoltre, i due leader incoraggeranno maggiore comunicazione fra le businesswoman dei due Paesi. Con l’aiuto di Ivanka. La “first daughter”, infatti, è la testimonial dell’iniziativa, seduta accanto al Premier canadese nella tavola rotonda che ha riunito donne manager dei due Paesi.

    UN GIRO DI AFFARI DI OLTRE 670 MILIARDI

    Nel 2015, il traffico bilaterale di merci e servizi ha toccato quasi i 670 miliardi di dollari: il Canada ha importato merci e servizi per un valore di 338 miliardi di dollari, esportandone 332 miliardi. Nonostante le cifre siano in equilibrio, il Canada dipende sempre di più dal suo vicino, tanto che il 75% dell’export canadese è diretto negli Usa. Secondo quanto rende noto l’Istat canadese, un settimo dei posti di lavoro in Canada (pari a 2,7 milioni di persone) dipende dal commercio con gli Stati Uniti.

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  • Trump giura: “Il potere torna  al popolo, l’America prima”

    Trump giura: “Il potere torna al popolo, l’America prima”

    È il 45º Presidente degli Stati Uniti d’America

    Il passaggio di testimone con Barack Obama al Campidoglio, poi il giuramento sulla Bibbia già usata da Abramo Lincoln. La first lady Melania in celeste. Proteste e scontri a Washington. Donne e star di Hollywood in marcia: l’America “non sei tu”

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    Washington – L’era Trump è cominciata. Il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti ha giurato il 20 gennaio scorso nel corso di una solenne cerimonia a Capitol Hill, davanti a quasi un milione di persone. Dopo la colazione alla Blair House e la breve funzione religiosa alla chiesa St. John’s, Donald Trump ha incontrato Obama alla Casa Bianca per il passaggio del testimone, prima di spostarsi in Campidoglio per il giuramento.

      Per l’Inauguration day, Trump non ha rinunciato alla cravatta rossa delle migliori occasioni, che spesso l’ha accompagnato durante la campagna elettorale. Con lui, la moglie Melania, vestita in un abito Ralph Lauren celeste chiaro: un look che a molti ha ricordato quello di Jackie Kennedy.

          Donald Trump ha recitato la formula di rito su due copie della Bibbia, una usata nella medesima occasione da Abramo Lincoln, il più amato dei padri della patria. Prima di Trump aveva giurato il vicepresidente, Mike Pence. Ma nelle strade di Washington e di altre città americane non si è fermata la protesta contro il magnate che, al termine di una campagna elettorale e un’elezione tra le più divisive che l’America abbia mai vissuto, è riuscito a conquistare la Casa Bianca.

    “Il potere torna nelle mani del popolo. America first”- Molti i temi cari a Trump nel suo discorso di insediamento. “A partire da adesso cambia tutto – ha detto -: il potere da Washington torna nelle mani del popolo. Siamo uniti in un grande sforzo per ricostruire l’America. Troppo a lungo il potere ha prosperato, ma i posti di lavoro sono diminuiti e le fabbriche hanno chiuso. Da oggi in poi sarà soltanto l’America al primo posto”.

    “Giuramento di alleanza con tutti gli americani” – Donald Trump si è rivolto dunque al popolo: “Questo momento vi appartiene. Affronteremo sfide e ci confronteremo. Siamo una sola nazione, condividiamo un solo cuore, una sola casa e un solo destino glorioso. Il giuramento di oggi è un giuramento di alleanza con tutti gli americani. Per molti decenni abbiamo arricchito le industrie estere, abbiamo difeso i confini di altre nazioni rifiutando di difendere i nostril. Abbiamo speso trilioni e trilioni di dollari all’estero mente le infrastrutture americane sono state lasciate in rovina”. “Prometto che non vi lascerò mai indietro, ci riprenderemo i nostri sogni, i nostri soldi e i posti di lavoro”.

    “Compra americano, assumi americani” – “La nostra politica sarà molto semplice – ha sottolineato -: compra americano, assumi americani. Ricostruiremo il nostro Paese con lavoro e mani americane. Insieme determineremo il corso dell’America e del mondo per molti anni a venire”.    

    “Cancelleremo il radicalismo islamico. Basta parole, è ora di agire” – Poi Trump ha affrontato il tema sicurezza: ‘’Rafforzeremo le alleanze esistenti – ha proseguirto – e ne creeremo delle nuove, riuniremo il mondo contro il radicalismo islamico e lo cancelleremo dalla faccia dellaTerra’’. “Uniti, nessuno ci può fermare. Non accetteremo più politici che si lamentano solo e non agiscono. È arrivata l’ora dell’azione”.

    “Renderemo l’America di nuovo grande” – Il 45º presidente Usa ha concluso il suo discorso – uno dei più brevi della storia – riecheggiando lo slogan della sua vincente campagna elettorale: “Make America Great Again”. “A tutti gli americani, ascoltatemi: non sarete più ignorati. Sarete ascoltati. Insieme renderemo l’America più sicura e di nuovo grande”, dice prima del consueto saluto: “Dio benedica l’America”.

    Sorpresa alla parata lungo la Pennsylvania Avenue verso la Casa Bianca – Mossa a sorpresa di Donald Trump alla parata lungo la Pennsylvania Avenue che ha condotto il presidente e la First Lady alla Casa Bianca. Trump ha fermato a metà percorso la limousine, ne è sceso con la moglie Melania ed il figlio Barron e ha proceduto per alcune decine di metri a piedi tra due ali di folla. Dopo pochi minuti, scortati sempre dagli agenti del Secret Service, i tre sono risaliti sulla ‘Bestia’, la vettura superblindata ereditata da Barack Obama targata “1” ed hanno raggiunto il numero 1600 di Pennsylvanya Avenue, il loro nuovo indirizzo per i prossimi 4 anni. La parata militare è stata l’ultima tappa della cerimonia formale di insediamento. In serata, infine, Trump ed il vicepresidente Pence, insieme alle rispettive consorti, hanno partecipato a 3 balli inaugurali ufficiali, indetti per l’occasione.

    Proteste violente a Washington, scontri con la polizia: cento arresti – Mentre a Capitol Hill si teneva la cerimonia di giuramento, nelle strade vicine si verificavano scontri nel corso delle proteste anti-Trump. Un gruppo di manifestanti, tutti vestiti di nero e con il volto coperto, si sono scontrati con la polizia in assetto anti-sommossa. Diverse le vetrine infrante a colpi di mazza. I manifestanti violenti sono poi stati dispersi dalla polizia mentre tentavano di avvicinarsi al National Mall, dove si trovavano gli spettatori della cerimonia del giuramento. Vestiti come black block e con le bandiere rosse e nere dell’anarchia, i giovani che inscenavano la protesta sono stati allontanati dai poliziotti anche con l’uso di gas urticanti.

    Gli Obama in vacanza a Palm Springs – Dopo il giuramento di Donald Trump, per Barack e Michelle Obama è invece cominciata una nuova vita. Per prima cosa si sono concessi un periodo di riposo. Dalla base di Andrews, a bordo di un aereo della flotta presidenziale, ma non più l’Air Force One, sono partiti per Palm Springs, la località turistica nel deserto californiano nota per le sue acque termali e i suoi eleganti resort. Obama prima di salire sull’aereo ha salutato un’ultima volta lo staff e si è rivolto agli americani, dicendo: “Avete dimostrato il potere della speranza”.

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  • Ha vinto Trump?È la democrazia, bellezza!

    Ha vinto Trump?
    È la democrazia, bellezza!

    Il Punto di Vittorio Giordano

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    Partiamo da un fatto inconfutabile e incontrovertibile: dopo aver conquistato 306 Grandi Elettori ed essersi aggiudicato 29 Stati, Donald Trump è il 45º presidente degli Stati Uniti d’America. Ad eleggerlo sono stati i cittadini americani che hanno liberamente esercitato il diritto di voto attraverso un sistema elettorale accettato, rispettato e condiviso da tutti. Dura lex, sed lex. Sarà pure antiquato, fuori moda, complicato e ‘distorsivo’, ma è quello vigente e sintetizza le regole del gioco che, in quanto tali, non si possono modificare durante, o peggio, dopo la ‘partita’, per cambiare, o reinterpretare, il risultato sul ‘campo’. Sarebbe troppo comodo e costituirebbe l’anticamera di una deriva autoritaria. Una contraddizione in termini per gli Usa, l’emblema della democrazia occidentale. Quello americano è un sistema elettorale indiretto regolato dall’Art. 2 della Costituzione: ad eleggere l’inquilino della Casa Bianca sono 538 “Grandi Elettori”, ovvero la somma dei senatori e dei deputati (i senatori sono 100, due per ogni Stato, e i deputati sono 435, 1 ogni 475.000 abitanti) scelti dai cittadini alle urne. Va da sé che, gli Stati più popolosi esprimono più “Grandi Elettori” degli altri. Il sistema è quello del “winner-takes-all” (maggioritario secco): basta un voto in più per aggiudicarsi tutti i delegati dello Stato. Funziona così da sempre: dalla ‘Dichiarazione di Indipendenza’ del 1776 alla campagna elettorale del 2016. E qualche volta capita pure che chi si aggiudica le elezioni prende meno preferenze nel voto popolare. Come successo l’8 novembre scorso: 61.039.676 voti per Clinton e 60.371.193 per Trump. Niente di scandaloso o imprevisto: è già successo nel 1824, 1876, 1888, 1960 e, più recentemente, nel 2000, quando Al Gore perse contro George W. Bush nonostante avesse raccolto mezzo milione di voti in più. Sono le regole del gioco, che vanno accettate nella ‘buona e nella cattiva sorte’. Di cosa ci meravigliamo? La verità è che a perdere queste elezioni è stata Hillary Clinton: percepita come espressione dell’establishment e ‘longa manus’ di Wall Street, non ha conquistato la sua stessa gente e non ha sfondato tra le minoranze, soprattutto neri e ispanici. Rispetto a Obama nel 2012, infatti, ha perso oltre 6 milioni di voti, quasi 10, se si considera il trionfo del 2008; mentre Trump ce l’ha fatta con meno voti popolari rispetto a quelli ottenuti quattro anni fa da Romney. Trump può avere tutti i difetti di questo mondo: lo hanno apostrofato come misogino, omofobo, estremista, approssimativo, contaballe, bullo. Ma ha un grande pregio: ha vinto le elezioni. La gente lo ha votato per – o nonostante – il suo audace programma che prevede, tra le altre cose, il muro col Messico e le deportazione degli immigrati irregolari. Idee condivisibili o meno, ma oggi Trump va rispettato semplicemente perché rappresenta l’Istituzione della Presidenza americana. Eppure, soprattutto tra i radical-chic di sinistra e gli attivisti dei centri sociali, è difficile ingoiare la pillola. Fino al punto di screditare – udite udite – il principio del suffragio universale, una conquista di civiltà dopo lotte sanguinose. Analisti e politologi da strapazzo hanno imputato la vittoria di Trump all’ignoranza dei suoi elettori. Si, perché Hillary si è imposta con un largo margine in grandi città della costa come Seattle, San Francisco, Los Angeles, Miami, New York e Chicago, dove vivono i “cittadini di serie A”, gli “eletti”, quelli cioè acculturati, che fanno collezioni di libri e appendono tante lauree al muro; mentre, a scegliere Trump, sono stati i “cittadini di Serie B”, gli “sfigati”, ovvero i proletari bianchi dell’entroterra americano. Un’intellighenzia delirante e infallibile che, dall’alto della sua torre d’avorio, sarebbe addirittura propensa a riservare il diritto di voto solo ai cittadini “illuminati”, istruiti, colti e…. naturalmente democratici di sinistra! Come se il diritto di voto non fosse un diritto naturale inalienabile, che prescinde dal conto in banca, dai titoli di studio o dalla tessera di partito. Come se gli elettori non avessero pari dignità nell’urna, come se i voti non avessero lo stesso peso e valore. A dar man forte agli intellettuali pantofolai sputa-sentenze, sono scesi in piazza anche i giovani, soprattutto universitari e immigrati, che magari non hanno nemmeno votato. Fermo restando che è un loro diritto manifestare, mi sorge un dubbio: non è che vogliono sovvertire il corso democratico di uno Stato di diritto? Preparano, per caso, un colpo di stato? Dove vogliono arrivare con lo slogan “Not my President”? In democrazia vince la maggioranza (spesso silenziosa) e il “resto del mondo” si adegua. Democrazia significa anche saper perdere! Nella democrazia americana si vota per il Presidente ogni 4 anni. Arrivederci al 2020!

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  • Elezioni USA 2016: è Donald Trump il 45° presidente

    Elezioni USA 2016: è Donald Trump il 45° presidente

    Hillary perde in Florida, Michigan, Ohio,  Pennsylvania e Wisconsin. Il magnate oltre la soglia di 270.  Smentiti i sondaggi. Camera e Senato restano repubblicani. Il neo presidente:  “Torniamo ad essere un Paese unito”

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    New York – Donald Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Questo dicono i risultati della lunga notte elettorale americana: il tycoon ha conquistato gli Stati chiave – tra cui Ohio, Florida e Pennsylvania, dove dal 1988 hanno sempre vinto i democratici – e ad Hillary Clinton non è rimasto che riconoscere la vittoria dell’avversario. Stando ai dati della CNN, Trump ha conquistato 288 grandi elettori contro i 215 della Clinton (dati aggiornati alle 3.30 del mattino), superando ampiamente la soglia dei 270 necessaria per entrare alla Casa Bianca.

    Trump: “Torniamo ad essere un Paese unito” – Ha fatto il suo ingresso accompagnato da fragorosi applausi e grida dei suoi sostenitori, e in sottofondo una musica dal tono epico, il nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Con lui anche la famiglia. Gli occhi lucidi, circondato dai suoi cari, ha attraversato il palco dell’’Hotel Hilton di New York stringendo le mani ai suoi collaboratori e al vicepresidente Mike Pence. “Grazie” la prima parola del suo discorso, ripetuta tre volte. “Mi dispiace avervi tenuto in piedi fino a tarda ora. Ho appena ricevuto una telefonata dal Segretario Hillary Clinton, che ha espresso le sue congratulazioni nei nostri confronti e per la nostra vittoria, e mi sono congratulato per la sua grande tenacia in campagna elettorale. Hillary ha lavorato a lungo – ha sottolineato ancora-  e a lei dobbiamo grande gratitudine. Ora dobbiamo cicatrizzare le divisioni e mi rivolgo a tutti gli americani: è giunto il momento di riunirci. Lancio un appello a tutti gli americani: siamo uniti”. “Noi abbiamo un piano economico efficace – ha poi aggiunto -: raddoppieremo la crescita e andremo d’accordo con tutti quei Paesi che vorranno andare d’accordo con noi”.

    Il trionfo di Trump – Trump ha vinto in North Carolina, uno degli stati più corteggiati da entrambi i candidati nell’ultima fase della campagna elettorale, ed ha superato Clinton anche in Pennsylvania. Cintura industriale maggiormente colpita dalla crisi, la Pennsylvania è stato uno degli stati più visitati durante la campagna, insieme al New Hampshire. In Florida, il vantaggio del magnate repubblicano è stato poco più di un punto percentuale, con circa 150mila voti, nonostante la massiccia partecipazione nel voto anticipato della comunità ispanica, favorevole alla candidata democratica. Trump ha vinto abbastanza facilmente in Texas (52% a 44%), anche se poche settimane fa i sondaggi sembravano far pensare che si potesse rompere la tradizione repubblicana con una vittoria Dem.

    La debacle di Clinton – Clinton, dal canto suo, grande favorita nei sondaggi, ha ottenuto la vittoria in Virginia per un soffio, mantenendo il suo vantaggio negli stati della costa ovest (California, Oregon e Washington), oltre a New York e New Jersey nella costa est. Trump si è imposto in roccaforti Gop come South Carolina e Indiana.

    Parlamento tutto repubblicano – Per quanto riguarda il Congresso, i repubblicani mantengono la maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti (234 seggi a 183) che al Senato (51 seggi a 47). Il nuovo Congresso affronterà la particolare situazione di avere un presidente dello stesso partito che da molti leader Gop è stato delegittimato e con cui il miliardario ha litigato più volte. Il caso più esemplare: l’ex presidente George W. Bush che ha detto di aver votato scheda bianca pur di non votare per Trump.

    Pena di morte e  marijuana – Si è votato inoltre per i Governatori di 12 Stati, i deputati di 44 Parlamenti statali su 50, i sindaci di alcune grandi città come Baltimora, Milwaukee e San Diego, molte cariche locali, come sceriffi e procuratori distrettuali. Così come per la pena di morte in Nebraska, che gli elettori hanno scelto di ripristinare respingendo la decisione dello scorso anno di sospenderla, mentre California e Massachusetts è stata approvata la legalizzazione della marijuana per uso ricreativo.

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