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  • Trump giura: “Il potere torna  al popolo, l’America prima”

    Trump giura: “Il potere torna al popolo, l’America prima”

    È il 45º Presidente degli Stati Uniti d’America

    Il passaggio di testimone con Barack Obama al Campidoglio, poi il giuramento sulla Bibbia già usata da Abramo Lincoln. La first lady Melania in celeste. Proteste e scontri a Washington. Donne e star di Hollywood in marcia: l’America “non sei tu”

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    Washington – L’era Trump è cominciata. Il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti ha giurato il 20 gennaio scorso nel corso di una solenne cerimonia a Capitol Hill, davanti a quasi un milione di persone. Dopo la colazione alla Blair House e la breve funzione religiosa alla chiesa St. John’s, Donald Trump ha incontrato Obama alla Casa Bianca per il passaggio del testimone, prima di spostarsi in Campidoglio per il giuramento.

      Per l’Inauguration day, Trump non ha rinunciato alla cravatta rossa delle migliori occasioni, che spesso l’ha accompagnato durante la campagna elettorale. Con lui, la moglie Melania, vestita in un abito Ralph Lauren celeste chiaro: un look che a molti ha ricordato quello di Jackie Kennedy.

          Donald Trump ha recitato la formula di rito su due copie della Bibbia, una usata nella medesima occasione da Abramo Lincoln, il più amato dei padri della patria. Prima di Trump aveva giurato il vicepresidente, Mike Pence. Ma nelle strade di Washington e di altre città americane non si è fermata la protesta contro il magnate che, al termine di una campagna elettorale e un’elezione tra le più divisive che l’America abbia mai vissuto, è riuscito a conquistare la Casa Bianca.

    “Il potere torna nelle mani del popolo. America first”- Molti i temi cari a Trump nel suo discorso di insediamento. “A partire da adesso cambia tutto – ha detto -: il potere da Washington torna nelle mani del popolo. Siamo uniti in un grande sforzo per ricostruire l’America. Troppo a lungo il potere ha prosperato, ma i posti di lavoro sono diminuiti e le fabbriche hanno chiuso. Da oggi in poi sarà soltanto l’America al primo posto”.

    “Giuramento di alleanza con tutti gli americani” – Donald Trump si è rivolto dunque al popolo: “Questo momento vi appartiene. Affronteremo sfide e ci confronteremo. Siamo una sola nazione, condividiamo un solo cuore, una sola casa e un solo destino glorioso. Il giuramento di oggi è un giuramento di alleanza con tutti gli americani. Per molti decenni abbiamo arricchito le industrie estere, abbiamo difeso i confini di altre nazioni rifiutando di difendere i nostril. Abbiamo speso trilioni e trilioni di dollari all’estero mente le infrastrutture americane sono state lasciate in rovina”. “Prometto che non vi lascerò mai indietro, ci riprenderemo i nostri sogni, i nostri soldi e i posti di lavoro”.

    “Compra americano, assumi americani” – “La nostra politica sarà molto semplice – ha sottolineato -: compra americano, assumi americani. Ricostruiremo il nostro Paese con lavoro e mani americane. Insieme determineremo il corso dell’America e del mondo per molti anni a venire”.    

    “Cancelleremo il radicalismo islamico. Basta parole, è ora di agire” – Poi Trump ha affrontato il tema sicurezza: ‘’Rafforzeremo le alleanze esistenti – ha proseguirto – e ne creeremo delle nuove, riuniremo il mondo contro il radicalismo islamico e lo cancelleremo dalla faccia dellaTerra’’. “Uniti, nessuno ci può fermare. Non accetteremo più politici che si lamentano solo e non agiscono. È arrivata l’ora dell’azione”.

    “Renderemo l’America di nuovo grande” – Il 45º presidente Usa ha concluso il suo discorso – uno dei più brevi della storia – riecheggiando lo slogan della sua vincente campagna elettorale: “Make America Great Again”. “A tutti gli americani, ascoltatemi: non sarete più ignorati. Sarete ascoltati. Insieme renderemo l’America più sicura e di nuovo grande”, dice prima del consueto saluto: “Dio benedica l’America”.

    Sorpresa alla parata lungo la Pennsylvania Avenue verso la Casa Bianca – Mossa a sorpresa di Donald Trump alla parata lungo la Pennsylvania Avenue che ha condotto il presidente e la First Lady alla Casa Bianca. Trump ha fermato a metà percorso la limousine, ne è sceso con la moglie Melania ed il figlio Barron e ha proceduto per alcune decine di metri a piedi tra due ali di folla. Dopo pochi minuti, scortati sempre dagli agenti del Secret Service, i tre sono risaliti sulla ‘Bestia’, la vettura superblindata ereditata da Barack Obama targata “1” ed hanno raggiunto il numero 1600 di Pennsylvanya Avenue, il loro nuovo indirizzo per i prossimi 4 anni. La parata militare è stata l’ultima tappa della cerimonia formale di insediamento. In serata, infine, Trump ed il vicepresidente Pence, insieme alle rispettive consorti, hanno partecipato a 3 balli inaugurali ufficiali, indetti per l’occasione.

    Proteste violente a Washington, scontri con la polizia: cento arresti – Mentre a Capitol Hill si teneva la cerimonia di giuramento, nelle strade vicine si verificavano scontri nel corso delle proteste anti-Trump. Un gruppo di manifestanti, tutti vestiti di nero e con il volto coperto, si sono scontrati con la polizia in assetto anti-sommossa. Diverse le vetrine infrante a colpi di mazza. I manifestanti violenti sono poi stati dispersi dalla polizia mentre tentavano di avvicinarsi al National Mall, dove si trovavano gli spettatori della cerimonia del giuramento. Vestiti come black block e con le bandiere rosse e nere dell’anarchia, i giovani che inscenavano la protesta sono stati allontanati dai poliziotti anche con l’uso di gas urticanti.

    Gli Obama in vacanza a Palm Springs – Dopo il giuramento di Donald Trump, per Barack e Michelle Obama è invece cominciata una nuova vita. Per prima cosa si sono concessi un periodo di riposo. Dalla base di Andrews, a bordo di un aereo della flotta presidenziale, ma non più l’Air Force One, sono partiti per Palm Springs, la località turistica nel deserto californiano nota per le sue acque termali e i suoi eleganti resort. Obama prima di salire sull’aereo ha salutato un’ultima volta lo staff e si è rivolto agli americani, dicendo: “Avete dimostrato il potere della speranza”.

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  • Renzi a Obama: impegnodell’Italia sulla sicurezza

    Renzi a Obama: impegno
    dell’Italia sulla sicurezza

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    Washington – “Grazie, Presidente Obama. L’Italia proseguirà con grande determinazione nell’impegno per la sicurezza nucleare”. Lo ha scritto su twitter il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il 1º aprile scorso, postando una sua foto con il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. A Washington si è tenuta la IV Conferenza sulla sicurezza nucleare, aperta proprio dal presidente Usa, Barack Obama, che ha chiesto agli altri Paesi di fare “tutto il possibile” per evitare che gruppi terroristici come lo Stato islamico ottengano il materiale necessario per produrre un’arma nucleare ed ha invitato i leader mondiali a condividere più informazioni di intelligence per evitare nuovi attentati. I leader, dal canto loro, si sono dichiarati uniti nel loro impegno nel tenere le armi nucleari lontane dai terroristi, ma non hanno nascosto che la minaccia atomica è “in costante evoluzione”. Renzi, con una delegazione capeggiata dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ha partecipato, venerdì mattina, a una sessione plenaria con oltre 50 capi di Stato, dalla Cina all’India e, dopo una colazione di lavoro, è ripartito per l’Italia. Renzi è giunto a Washington al termine di una missione che lo ha portato in Nevada (l’Enel), a Chicago (il FermiLab) ed a Boston (Scuola di italiano) per convincere gli americani ad investire in Italia, che è tornata a essere un Paese stabile grazie alle “riforme del governo”. Ed ha parlato di “margini di crescita fantastici”. Nei settori tradizionali, come l’agroalimentare ed il vino, ma anche nell’alta tecnologia, ricordando che il percorso è in atto, come dimostrano i dati sull’export Italia-Usa, cresciuto l’anno scorso da 29 a 36 miliardi di euro.

    A Chicago inaugurata una scuola L’Italia “non è il luogo dei problemi, li affronta, li supera, è una grande potenza mondiale”, ha dichiarato nella sua visita a Chicago, prima alla scuola Italiana ‘Enrico Fermi’ (il primo istituto italiano bilingue di Chicago e il terzo degli Stati Uniti, dopo New York e San Francisco), poi al FermiLab, laboratorio d’eccellenza della fisica che vede la presenza di molti ricercatori italiani. Di cui si dice “orgoglioso”, invitandoli a scrivergli e a rimanere “in contatto”. Perché – spiega – devono sapere che lui non li considera ‘cervelli in fuga’ ma persone che operano in un settore che è globale come la ricerca. Non chiede loro di “tornare”, ma promette che se vogliono farlo in Italia troveranno un nuovo clima, grazie a 2,5 miliardi di investimenti e la voglia di rimettere il settore al centro.

    A Boston firmato l’accordo con l’Ibm – Ed ha annunciato un accordo importante con l’Ibm, al Centro Watson per le tecnologie mediche di Boston, nell’ambito del progetto della nuova tecnopoli nell’area che è stata di Expo. Il Premier ha firmato un ‘memorandum of understanding’ con l’Ibm per far nascere il primo centro in Europa del Watson Health proprio a Milano. Un accordo in cui gli americani mettono sul tavolo 135 milioni di euro nei prossimi anni e che, promettono, creerà lavoro per “almeno 400 giovani italiani”. La presidente e ceo di Ibm, Ginni Rometty, ha detto che “Ibm vuole investire in Italia”, perché scommette sulla proiezione del Paese verso le tecnologie del futuro”. Renzi, dal canto suo, ha dichiarato che “l’Italia ha un magnifico passato, di cui siamo molto orgogliosi, ma ora ha bisogno di guardare al futuro, per continuare a svilupparsi e avere un ruolo di leadership”.

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  • La Trudomania contagia anche Obama

    La Trudomania contagia anche Obama

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    La visita alla Casa Bianca

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    L’ultima volta che un Primo Ministro canadese è stato l’ospite d’onore di una cena di gala alla Casa Bianca risale al 1997, quando Bill Clinton accolse in pompa magna Jean Chrétien. Un’eternità, nonostante Usa e Canada
    siano dirimpettai (9mila km di frontiera terrestre), oltre che partner strategici: basti pensare che nel 2015 Ottawa ha esportato verso l’ingombrante vicino merci per 400 miliardi $, il 76% del totale. Evidentemente l’eco della schiacchiante vittoria liberale ha varcato i confini meridionali incuriosendo a tal punto Barack Obama e Michelle da invogliarli ad offrire a Justin Trudeau (accompagnato dalla consorte Sophie-Gregoire ed i 3 figli) l’onore di un’accoglienza da “star hollywodiana”. A dargli il benvenuto una sfilata di personalità (in tutto 200 invitati): da Michael J Fox e Ryan Reynolds a Sandra Oh e Mike Myers. Oltre a diversi senatori e all’ex presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi. A dire il vero, la famiglia Trudeau non è nuova a questo genere di appuntamenti. La madre Margaret, che accompagnava il padre Pierre, storico premier canadese, suscitò grande scalpore quando si presentò alla serata del 1977 organizzata dai Carter con un vestito troppo succinto per gli standard dell’epoca: due dita sotto il ginocchio. Fosse successo oggi, Justin, 44 anni, in carica da quattro mesi, avrebbe già la risposta pronta: “Siamo nel 2016”. Nel corso della visita, durata 3 giorni, da giovedì 10 e sabato 12, tra eventi mondani e colloqui su temi impegnativi come commercio, energia, sicurezza alle frontiere e clima, i due leader hanno riaffermato l’ineluttabilità di un’alleanza suggellata dall’affinità culturale e dalla contiguità geografica. “Si dice che si scelgono gli amici, ma non si possono scegliere i vicini – ha detto il Presidente Obama -. Ebbene, Stati Uniti e Canada possono ritenersi fortunati ad essere vicini”. Un’amicizia storica, ma che andava rinsaldata dopo le recenti divergenze con Stephen Harper (primo ministro canadese dal 2006 al 2015). Screzi striscianti che si sono esasperati quando l’amministrazione Obama si è opposta all’oleodotto Keystone XL, che avrebbe dovuto trasportare il petrolio dall’Alberta al Golfo del Messico. Tutto in naftalina, per il momento. Anche se qualche dissidio resta, come la scelta canadese di ritirarsi dai bombardamenti anti-Isis. La comune appartenenza agli ideali politici liberal-democratici ha fatto da mastice, accelerando i tempi del ‘disgelo’: “Siamo uno lo specchio dell’altro – ha sottolineato Obama – : ci guidano gli stessi valori”.

    Trudeau ha sposato tutte le battaglie progressiste: diritti gay, femminismo, sanità pubblica, rispetto per l’ambiente e tutela delle minoranze. Musica per le orecchie di Obama. Ma il vero motivo dell’incontro è stato quello di gettare le basi per un futuro accordo sulla “libera” circolazione di persone e merci ed un impegno comune contro i cambiamenti climatici: i due leader si sono impegnati a tagliare le emissioni di metano del settore gas-petrolifero dal 40% al 45% entro il 2025 (rispetto ai livelli del 2012). “Sono fiducioso – ha detto Trudeau – che entrambi vogliamo una crescita economica ‘pulita’ e che lavorando assieme arriveremo allo scopo prima di quanto si possa pensare”. “Il mondo sarà migliore quando questo continente sarà migliore”, ha concluso il Primo ministro canadese. Che ha invitato il presidente Usa a rivolgere un discorso ufficiale ai parlamentari di Ottawa a giugno, in occasione del summit nordamericano. Accordo su tutta la linea tra i due giovani leader. Tanto che sui media si è parlato addirittura di “bromance”, fusione di “brother” e “romance”. Fra occhiate tenere, sorrisi e battute. Come quella sull’hockey: “Chi detiene oggi il trofeo della Stanley Cup? Forse i Blackhawks di Chicago?”, ha chiesto ironicamente Obama. “Gli americani importano molti ‘beni’ canadesi, come Jonathan Toews, Duncan Keith e Patrick Sharp che giocano nelle fila dei Blackhawks di Chicago”, la risposta fulminante di Trudeau. Senza contare gli stessi gusti in materia di abbigliamento. I rotocalchi americani si sono scatenati facendo notare come Obama e Trudeau abbiano adottato lo stesso stile: un completo scuro e una cravatta blu chiaro. Dal canto loro, Michelle ha sfoggiato un abito verde scuro, mentre Sophie Grégorie ha preferito un abito rosso con forti tinte di rosa. Obama e Trudeau: due facce della stessa medaglia per un Nord America a trazione progressista. In attesa delle elezioni ‘a stelle e strisce’ del prossimo novembre.

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