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  • Il Québec chiude per un mese

    Il Québec chiude per un mese

    Il governo Legault usa la mano pesante per mettere con le spalle al muro i recalcitranti ed abbattere così la curva dei contagi, dei ricoveri e dei decessi, fuori controllo dopo il periodo delle feste. ECCO COSA POSSIAMO E COSA NON POSSIAMO FARE.

    Québec – A mali estremi, estremi rimedi. Il Covid-19 continua a galoppare (lunedì sono stati registrati 1869 casi, in netto calo rispetto alla media di 2.600 casi della settimana scorsa, e 51 decessi, con 56 nuovi ricoveri, per un totale di 1436) e così il governo della Belle Province ha optato per una cura da cavallo (confinamento e coprifuoco) per riprendere il controllo della situazione. L’ufficialità è arrivata nel giorno dell’Epifania, in occasione di una conferenza stampa congiunta del Primo Ministro François Legault insieme al Ministro della Salute Christian Dubé ed al Direttore Nazionale della Sanità Pubblica, Horacio Arruda. Dal 9 gennaio all’8 febbraio, quindi, tutto il Québec, ad eccezione della regione del Nunavik e delle Terres-Cries-de-la-Baie-James, diventa zona rossa. Sconsigliati gli spostamenti tra regioni e città. Ecco i 25 punti principali del provvedimento.

    1. Dalle 8 di sera alle 5 del mattino, tutti i cittadini sono obbligati a restare a casa. Sono permessi gli spostamenti per motivi di salute, ragioni umanitarie o per potersi recare sul posto di lavoro (ma bisogna dimostrarlo). Concessa anche la possibilità di potersi spostare,nel raggio di 1 km dal proprio domicilio, per permettere agli animali di compagnia di espletare i propri bisogni. Sempre dalle 5 alle 20, non si potrà uscire per fare jogging, camminare o fumare una sigaretta. Potrete farlo nel vostro giardino, o backyard.

    2. I poliziotti che intercettano i cittadini che circolano senza autorizzazione (spetta ai cittadini dimostrare il contrario) si espongono ad un’ammenda da 1.000 a 6.000 $.

    3. Tutte le attività non essenziali restano chiuse fino all’8 febbraio. Da sabato 9 gennaio sono state già fatte 740 multe.

    4. Le palestre, i musei, i cinema, i teatri, i centri estetici e di bellezza, le sale di spettacolo restano chiusi. Così come i bar ed i casinò. Anche le saune e le spa rimangono chiuse, ad eccezione dei trattamenti di massoterapia ivi forniti.

    5. Le attività commerciali considerate essenziali, inclusi i dépanneurs ed i negozi di alimentari, devono chiudere prima delle 19:30,per rispettare il coprifuoco.

    6.  Solo le stazioni di servizio e le farmacie potranno rimanere aperti dopo le ore 20:00, secondo i loro orari abituali, ma potranno vendere solo i prodotti essenziali:quindi medicinali, generi alimentari, benzina e prodotti per automobili.

    7. Dopo le ore 20:00, i ristoranti – le cui sale restano chiuse – potranno continuare a consegnare il cibo a domicilio, ma non sarà possibile ritirare un ordine da asporto. Prima e dopo il coprifuoco, invece, sono consentiti il ritiro del cibo da asporto e gli ordini drive-in.

    8. Il ritorno alla Scuola Primaria avverrà, come previsto,lunedì 11 gennaio.

    9. La Scuola secondaria, i corsi per adulti e la formazione professionale riprenderanno il 18 gennaio.

    10. Gli Asili restano aperti per tutti, senza restrizioni.

    11. Nella Primaria, tutti i bambini dovranno indossare la mascherina nei corridoi e nelle aree comuni. I bambini di quinta e sesta elementare, invece, dovranno indossare sempre le mascherine, anche in aula.

    12. Nella Secondaria, tutti gli studenti e il personale sono obbligati ad indossare una mascherina in ogni momento, sia dentro l’istituto che nel cortile adiacente.

    13. Sia nelle Primarie che nelle Secondarie, tutte le attività extrascolastiche, le gite scolastiche e le attività inter-scolastiche sono sospese.

    14. Viene mantenuta la presenza in classe, ogni due giorni, per gli studenti della 3ª, 4ª e 5 ª Secondaria.

    15. Il telelavoro è obbligatorio per tutte le persone che lavorano negli uffici.

    16.  Le fabbriche manifatturiere devono ridurre al minimo le loro attività, obbligare al telelavoro quando possibile e adeguare i turni di lavoro per limitare la presenza contemporanea nei siti di produzione e di costruzione.

    17. Vietati i raduni nei luoghi di culto, ad eccezione dei funerali, dove possono ritrovarsi massimo 10 persone.

    18. Le manifestazioni sono consentite, ma è obbligatorio indossare una mascherina o un copri-viso, per tutto il tempo.

    19. Gli studi privati che offrono servizi professionali e sanitari possono continuare a fornire i loro servizi,quando è richiesta la presenza di una sola persona.

    20. Una persona sola può continuare a ricevere la visita di una sola persona, rispettando le regole di distanziamento. I residenti delle CHSLD e di altre strutture per anziani potranno ricevere visite da due ‘caregiver’, anche se non allo stesso tempo.

    21. Le attività sportive e ricreative dovranno ora essere limitate alla bolla familiare.

    22. Attività come passeggiate, sci alpino e sci di fondo saranno tollerate, a patto che non siano fatte in gruppo.

    23. Le stazioni sciistiche restano aperte, ma non sarà possibile sciare di sera.

    24. Non sarà permesso organizzare una partita di hockey su ghiaccio all’aperto, ma sarà consentito il pattinaggio libero.

    25. I ‘Canadiens’di Montréal, la cui stagione in NHL comincia il 13 gennaio, potranno allenarsi e disputare le gare al Bell Centre, senza pubblico, e rispettando delle stringenti misure sanitarie. Come già avviene in Europa per le partite di calcio. (V.G.)

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  • Al Centro Dante zero contagi

    Al Centro Dante zero contagi

    La coordinatrice Nadine Zeidan: “Misure di protezione immediate, controlli frequenti e rigida formazione del personale”. Tra i casi più eclatanti, anche per la folta presenza di anziani Italo-Canadesi, ricordiamo la ‘Residenza Angelica’ a Montréal-Nord, dove si sono registrati ben 69 decessi (mentre in 162 sono guariti)

    Il Centro Dante

    Montréal  L’81% dei decessi legati al covid-19, in Canada, si sono verificati nei Centri di cura pubblici di lunga durata (CHSLD). Un’ecatombe che venerdì scorso, 3 luglio, è stato certificato anche dalla ‘Société royale du Canada’, la più antica organizzazione bilingue nazionale, che riunisce i più eminenti accademici, umanisti, scienziati e artisti canadesi, allo scopo di promuovere la conoscenza e la ricerca nelle arti, nelle lettere e nelle scienze. “Abbiamo agito male in Canada, in particolare in Quebec. Quello che è successo è spaventoso e non possiamo fare finta di niente”: sono le parole di Francine Ducharme, preside della facoltà di infermieristica dell’Università di Montreal e coautrice del rapporto, che ha stigmatizzato quanto accaduto come “tragico e prevedibile disastro”. Secondo gli ultimi dati disponibili, la pandemia ha fatto oltre 3.800 vittime nelle CHSLD in Québec, il peggiore bilancio di tutto il Canada. Secondo il presidente del Consiglio di protezione dei pazienti, Paul Brunet, “è stato un massacro”. “In effetti [il governo] ha trattato il popolo del Quebec come se esistessero due tipi di cittadini : –  ha poi rincarato la dose in un’intervista a TVA Nouvelles : – le persone sane, di cui si è preso cura immediatamente, e poi i CHSLD, gli anziani, di cui si è accorto solo a fine aprile-inizio maggio”. Un’accusa gravissima. Tanto che la Procura generale del Québec ha annunciato, nei giorni scorsi, un’inchiesta pubblica per fare luce su quella che si sta rivelando una vera e propria mattanza degli anziani nelle Case di cura. 

    Ecco la lista, pubblicata dal Journal de Montréal, dei CHSLD con più di 70 decessi:

    1. Centre Sainte-Dorothée, Laval: 100 morti, nessun caso attivo. 

    2. Centre Notre-Dame-de-la-Merci, Montréal: 94 morti, 3 casi attivi.

    3.  Centre Laurendeau, Montréal: 92 morti, 1 caso attivo.

    4. Centre Champlain-Marie-Victorin, Montréal: 84 morti, nessun caso attivo. 

    5. Centre Vigi de Mont-Royal: 81 morti, 1 caso attivo

    6. Centre Yvon-Brunet, Montréal: 72 morti, nessun caso attivo.

    7. Centre Saint-Jude, Laval: 71 morti, 9 casi attivi. 

    Tra le altre Case di cura, ce n’è una in particolare, la ‘Residenza Angelica’, gestita dalla Congregazione delle Suore di Carità di Santa Maria, nel territorio di competenza del CIUSSS du Nord-de-l’Île-de-Montréal, che, in base agli ultimi documenti in nostro possesso, ha registrato ben 69 decessi, e 162 residenti che invece sono riusciti a guarire. Facendo due calcoli, sui 345 residenti (di cui il 45% circa di origine italiana), 231 (69 + 162) hanno contratto il virus, ossia il 66%, i 2/3 dei residenti. Una proporzione enorme. Le famiglie degli anziani passati a miglior vita, però, non hanno mai nascosto la loro rabbia e frustrazione. E nelle scorse settimane, come ha riportato CTV News il 26 maggio scorso, hanno manifestato davanti alla Casa di riposo per chiedere chiarezza e trasparenza. L’accusa più grave è quella di negligenza, visto che il personale – dicono i familiari – era ridotto all’osso per le tante defezioni (in tanti hanno dovuto rinunciare, perché infetti loro stessi; altri si sono allontanati per paura), oltre ad essere esausto, visti i turni di lavoro massacranti a cui erano costretti. Senza contare, sempre secondo le famiglie, l’equipaggiamento inadeguato (maschere e visiere protettive) e la mancata separazione nelle stanze tra contagiati e non. Disorganizzazione, improvvisazione e scarsa trasparenza: questi i principali capi di accusa da parte dei diretti interessati.  Dal canto suo, la Residenza ha sempre respinto tutte le accuse: “L’assistenza e i servizi garantiti ai residenti hanno goduto dello stesso standard di qualità da 50 anni a questa parte”, ha dichiarato la portavoce Mélanie Aussant, aggiungendo che la struttura ha ricevuto la menzione d’onore dagli esperti in sanità di ‘Accreditation Canada’. Ciononostante, le famiglie sono sul piede di guerra e sono pronte ad adire le vie legali denunciando la residenza con una class-action. E giovedì 23 luglio, alle 15, hanno in programma una veglia davanti allo stabilmento, in memoria degli anziani deceduti.

    La Residenza Angelica

    Se i Centri sanitari pubblici di lunga degenza hanno rappresentato l’epicentro dei decessi in Canada, ci sono delle eccezioni che meritano di essere celebrate. Tra le 60 CHSLD pubbliche di Montréal, sotto la giurisdizione dei Centres intégrés universitaires de santé et de services sociaux (CIUSSS), solo tre non hanno registrato nessun contagio e, di conseguenza, nessun decesso dovuto al covid-19 : il Padiglione Camille-Lefebvre, a Lachine, che dipende però dal Centre universitaire de santé McGill (CUSM); il CHSLD Father-Dowd (CIUSSS du Centre-Ouest-de-l’Ile-de-Montréal) ed il CHSLD Dante (CIUSSS de l’Est-de-Montréal), che tuttora è chiuso ai visitatori come misura precauzionale. Il ‘Centro Dante’, ricordiamolo, ha compiuto 39 anni lo scorso giugno. L’apertura del Centro nel 1981 ha realizzato il sogno di un’intera Comunità, desiderosa di offrire ai suoi anziani, immigrati di prima e seconda generazione, una “casa” dignitosa dove trascorrere gli ultimi giorni in un ambiente familiare. Fin dalla sua istituzione, il Centro Dante accoglie gli anziani con scarsa autonomia, offrendo loro un ambiente imperniato sul “comfort culturale”, avendo cura di perpetuare i valori culturali, gli usi, i costumi e le abitudini alimentari del loro Paese di provenienza. Il Centro d’accoglienza Dante, che fa parte dei 15 CHSLD integrati dell’est di Montréal, offre 100 posti letto di lunga durata, 3 letti per soggiorni temporanei ed un centro diurno che può accogliere fino a 100 persone. Abbiamo chiesto a Nadine Zeidan, coordinatrice del Centro Dante, il segreto di questo successo: “Il merito va al grande impegno, sia dei dipendenti che dei dirigenti, che hanno saputo mantenere chiusa ermeticamente la struttura verso l’esterno, implementando tutte le misure di protezione dall’inizio della pandemia, fin dai primi indizi della sua diffusione, fin dai primissimi casi in Québec e a Montréal. Misure come il divieto per il personale di spostarsi in altre residenze, la prevenzione ed il controllo di malattie ed infezioni (con la verifica di tutti i sintomi da covid, come tosse e febbre, tra i dipendenti all’inizio del turno di lavoro), e la rigida formazione del personale, con il lavaggio frequente delle mani e l’obbligo di indossare maschere e visiere. A partire dal 13 marzo, le famiglie non hanno più potuto rendere visita ai propri cari, se non per motivi strettamente umanitari e di fine vita. Visite che sono riprese solo il 18 giugno scorso, sempre nel rispetto di misure igienico-sanitarie molto stringenti. Senza dimenticare – ha concluso scherzando – il buon vino, la pasta e la salsiccia e tutte le ricette della cucina italiana….”. (V.G.)

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  • TUTTA L’ITALIA SI FERMA

    TUTTA L’ITALIA SI FERMA

    In Québec aprono tre cliniche specializzate

    di Giulia Verticchio  • Dati aggiornati alle ore 17 di lunedì 9 marzo 2020

    Nel mondo, oltre 114 mila contagiati e oltre 4000 vittime. Colpiti 100 Paesi, non risparmiando neanche le isole di Saint-Barthelemy (Francia), dei Caraibi e di Faroe (Danimarca) nel Nord Atlantico. Dopo la Cina, che ormai conta oltre 80.700 casi, sul triste podio il secondo posto è dell’Italia con oltre 9.100 casi, seguito dalla Corea del Sud (con oltre 7.400). Con il resto dei Paesi i numeri hanno un considerevole distacco, ma preoccupano comunque anche Francia, Germania e Spagna, con oltre 1.100 casi. Soprattutto l’est della Francia (Alto Reno) chiude un centinaio di scuole e decreta il divieto di “raduni di oltre 50 persone”. È impennata di contagi nel Regno Unito con 321 i casi. Niente parate di San Patrizio in Irlanda.

    Negli Stati Uniti, il bilancio dei casi sale a 624, diffusi in 20 stati federal. I più colpiti la California e lo stato di Washington. A New York 4.000 in quarantena e 44 contagiati. Via libera del Congresso e del Senato ad un pacchetto da 8,3 miliardi di dollari per far fronte all’emergenza sanitaria. Donald Trump sta valutando l’eventualità di stanziare i finanziamenti per le calamità naturali alle cure mediche dei pazienti privi di assicurazione sanitaria.

    In Canada, il bilancio provinciale dell’Ontario sale a 34, quello della British Columbia a 32. Un quarto caso confermato in Québec e 10 in Alberta fanno salire a 80 i contagi  di COVID-19 in tutto il Paese. La Colombia Britannica, intanto, registra la prima vittima: è un anziano residente in una casa di cura a nord di Vancouver. Il Primo Ministro Justin Trudeau ha creato uno speciale ‘Cabinet Committee’ per far fronte ad un’eventuale emergenza in Canada, che per ora non c’è, ma che, vista l’assenza di controlli agli arrivi negli aeroporti, sembra prossima ed inevitabile. Il governo federale ha stanziato un finanziamento di 27 milioni di dollari per la ricerca scientifica, ma non esistono misure-filtro per chi scende dagli aerei anche da paesi focolari. Le autorità sanitarie canadesi e statunitensi sconsigliano
    esplicitamente i viaggi in crociera.

    In Québec, confermati positivi altri 2 contagi: una persona tornata da un viaggio in Francia e un’altra appena rientrata da una crociera. Il governo Legault apre in Québec tre cliniche specializzate per il coronavirus, per rispondere ad un’eventuale aumento dei casi. Subito dopo l’annuncio della Mnistra della Sanità e dei Servizi Sociali, Danielle McCann, la prima clinica ha aperto lunedì 9 marzo a Montréal, all’Hôtel-Dieu CHUM (3840 Rue Saint-Urbain, H2W 1T8). Dovrebbe poter trattare fino a 80 persone al giorno. La seconda clinica della provincia verrà aperta l’11 marzo nella città di Québec, presso l’Istituto universitario di salute mentale. La terza apertura nella regione della Montérégie è prevista per il 16 marzo. Queste cliniche sono designate per valutare i casi sospetti di persone che chiamano i numeri preposti per farsi visitare, e saranno dunque complementari agli ospedali che si occupano dell’isolamento in caso di positività. Ad oggi, cica 300 persone sono state analizzate e depistate dal sospetto contagio, e queste strutture cambieranno completamente il ritmo. Se ce ne fosse bisogno, altre cliniche potrebbero essere previste sul territorio. Oltre al numero Health-Link (Info-Santé) 811, i governi provinciale e federale hanno creato delle linee di informazione specifica sul COVID-19: Québec 1 877 644‑4545, Canada 1 833‑784‑4397.

    A Montréal, la Société de Transport STM aumenta la frequenza di pulizia dei treni della metro: sedute e sostegni verranno disinfettati almeno una volta a settimana, invece che ogni 40 giorni.   

    In Italia oltre 9.100 casi, e 463 decessi, con le regioni Lombardia e Emilia Romagna più colpite

    Questa la distribuzione regionale dei positivi, secondo gli ultimi dati della Protezione Civile: 4490 in Lombardia, 1286 in Emilia Romagna, 694 in Veneto, 337 in Piemonte, 313 nelle Marche, 206 in Toscana, 94 nel lazio, 119 in Campania, 97 in Liguria, 89 in Friuli Venezia Giulia,  52 in Sicilia, 46 in Puglia, 28 in Umbria, 14 in Molise, 33 nella Provincia autonoma di Trento, 30 in Abruzzo, 19 in Sardegna, 5 in Basilicata, 15 in Valle d’Aosta, 9 in Calabria e 9 nella Provincia autonoma di Bolzano. Il primo caso in Vaticano ha costretto domenica 8 marzo ad un insolito Angelus in HD, trasmesso in video da Papa Francesco dagli interni, senza riunione dei fedeli in Piazza San Pietro sotto la finestra. Circa 150 medici di famiglia sono in quarantena, in isolamento o ricoverati, in diverse province italiane, lasciando circa 1.500 cittadini senza punto di riferimento sanitario sul territorio. Al via dunque migliaia di assunzioni di medici e personale sanitario, finanziate con circa 1 miliardo e mezzo dei 7,5 miliardi annunciati dal governo come prima misura economica per fronteggiare l’emergenza. Al Consiglio europeo straordinario sulla salute è arrivato un plauso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità all’Italia per la gestione della crisi e il Commissario UE lancia un avvertimento: “Gli altri paesi guardino all’Italia e si preparino”. Allarme, però, nelle carceri italiane: i detenuti evadono dalla prigione di Foggia, proteste al San Vittore di Milano, al Regina Coeli e a Rebibbia a Roma, e al Pagliarelli di Palermo. Ma anche a Salerno, Modena, Napoli, Frosinone, Vercelli, Alessandria. Rivolte contro il divieto di visite dei famigliari: “Per noi niente colloqui, ma gli agenti entrano ed escono”.

    Tracollano le Borse di tutto il mondo

    Lunedì giornata da dimenticare per Piazza Affari: l’indice Ftse Mib ha chiuso in calo dell’11,17% a 18.475 punti, dopo un minimo di giornata a quota 18.346. Si tratta del secondo maggiore ribasso in una sola seduta dalla nascita dell’indice nel 1998, dopo quella successiva al referendum sulla Brexit del 24 giugno 2016. Era dall’ottobre 2008, nel pieno della crisi scatenata dal fallimento di Lehman Brothers, che le Borse europee non subivano un crollo paragonabile a quello di oggi. La paura del coronavirus ha fatto sprofondare l’indice Stoxx Europe 600, rappresentativo dei principali titoli del Vecchio Continente, del 7,4%, superando il calo del 7% segnato con la Brexit e avvicinandosi al -7,5% del 10 ottobre 2008. Le Borse di Milano, Londra, Parigi e Madrid, Francoforte sono entrate in una fase di ‘bear market’, cioè di Orso. Crollo anche per Wall Street, che ha chiuso la sua peggiore seduta dal dicembre 2008. Il Dow Jones ha perso il 7,83%, in quella che è la sua maggiore perdita di sempre in termini di punti.

    OMS: forse è un virus che persiste

    Nella conferenza stampa tenutasi lunedì a Ginevra sul coronavirus, Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per il coronavirus dell’Unità malattie emergenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha commentato i casi in cui è sembrato che una stessa persona si infettasse due volte. Secondo l’esperta bisogna anche guardare ai “criteri per le dimissioni di un paziente, che noi fissiamo in due test negativi a 24 ore di  distanza l’uno dell’altro. Alcuni di questi casi in Cina hanno mostrato una positività dopo un primo test negativo. Le evidenze che abbiamo non danno indicazione che si tratti di una re-infezione, bensì di una persistenza del virus”. Mentre il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ribadito: “Il 93% dei casi nel mondo arriva da 4 Paesi, ma possiamo vincere questa battaglia”.

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