Tag: ucraina

  • Marco Cervetti: un conflitto antico, ma non ci sarà una guerra nucleare

    Marco Cervetti: un conflitto antico, ma non ci sarà una guerra nucleare

    nettoyage GBM

    GUERRA IN UCRAINA. LA TESTIMONIANZA DELLO CHEF ITALO-RUSSO

    Negli ultimi tre mesi, molti Italiani sono stati costretti a lasciare l’Ucraina a causa della guerra ingiustificata e illegittima scatenata dalla Russia di Putin.
    Uno di loro è Marco Cervetti, chef Italo-Russo, padre italiano e madre russa, originario di Alessandria

    Laureato in Lingue e Letterature Orientali all’Università diVenezia, con specializzazione in Cinese, collabora da anni con il cantautore italiano Vinicio Capossela. Dal 2003 al 2014 ha vissuto a Mosca, dove ha gestito un locale che ha subito attratto gli intellettuali liberal. Costretto a chiudere, è tornato a Venezia, prima di trasferirsi a Kiev, dove negli ultimi 6 anni è stato brand chef della catena “Silpo”. Lo abbiamo sentito via telefono per avere una testimonianza diretta sulla guerra che sta tenendo col fiato sospeso il mondo intero.

    “All’inizio del 2000, a Mosca si guardava al futuro con entusiasmo, c’era un’effervescenza culturale, un fermento intellettuale nell’aria. Venivo dalla Biennale di Venezia, dove per anni avevo collaborato con il Padiglione russo, fino a diventarne vice commissario”. La scelta di trasferirsi a Mosca è stata quasi naturale: “Ho aperto un locale che è subito diventato uno dei fulcri principali del movimento liberal moscovita, frequentato da giornalisti, direttori di tv, giornali, riviste, miliardari e politologi. Per questo è stato preso di mira. Per fortuna, sono riuscito a tornare in Italia sano e salvo, anche se psicologicamente stremato”.

    E così, dopo aver chiuso con la Russia per sempre, ha aperto un’osteria a Venezia. “Un amico di Kiev è poi venuto a trovarmi e mi ha proposto un progetto straordinario. Dopo lo scetticismo iniziale, nel 2015 mi sono trasferito in Ucraina, dove sono diventato brand chef di ‘Silpo’”, una catena di negozi e supermercati con 300 centri in tutto il paese, di proprietà del Gruppo Fozzy.

    “Parliamo di negozi del 21o secolo, con diverse autoproduzioni: dai forni a legna per il pane ai laboratori di pasticceria, fino ai centri per formaggi e salumi. Oltre alla ristorazione, che impiegava 1200 persone tra cuochi, camerieri e baristi”. E senza dimenticare la pizzeria ‘Positano’, aperta insieme ad Enzo Coccia, straordinario pizzaiolo di Napoli: “Ci stava dando parecchie soddisfazioni, anche se all’inizio la gente non capiva la differenza tra la pizza napoletana e la pizza Hut”.

    I bombardamenti russi del 24 febbraio hanno cambiato tutto: “All’inizio mi sono detto che, restando, mi sarei potuto rendere utile. Poi, però, mi sono ritrovato a vivere in un bunker: facevamo le ronde armate per la paura che facesse irruzione qualche soldato russo. La prima sera sono andato fuori, ho acceso una sigaretta e sono caduti 4/5 missili nei paraggi: non ho più fumato finché non ho rimesso piede in Italia, il 10 marzo scorso. Detto ciò, resto ottimista e spero di tornare a Kiev al più presto”. Lasciare l’Ucraina non è stato facile.

    “Ero in costante contatto con gli altri italiani di Kiev e, ad un certo punto, siamo riusciti ad allacciarci ad un piccolo convoglio dell’Ambasciata francese: dopo mille peripezie, tra contraeree e bazooka, e 50 ore di guida, siamo riusciti a lasciare il paese. Ho portato in salvo la mia ragazza, la madre invalida di un mio amico e le fidanzate di altri due amici. Tutte donne. Gli uomini sono rimasti tutti lì a combattere. La cosa che più mi ha colpito è che, dai primi bombardamenti, nessuno si è mai perso d’animo e tutti hanno deciso di prendere le armi. Persone che magari non hanno mai preso in mano una fionda e che avevano paura pure di tagliare una cipolla, si sono trasformate in guerrieri”. Un senso di appartenenza alimentato dalle radici storiche del conflitto.

    “Un tempo l’Ucraina si chiamava ‘Malorossiia’, la Piccola Russia. È stato il Principato di Kiev a fondare il Principato di Moscovia. Gli Ucraini sono un po’ come gli antenati dei Russi. Eppure, sono sempre stati popoli distinti in continenti diversi. Se l’Ucraina è un paese europeo, la Russia è un paese asiatico, simile alla Cina”. Un conflitto antico che si è acuito con la nascita dell’URSS: “Gli Ucraini non hanno mai voluto farne parte, tanto che hanno addirittura riposto le loro speranze in Hitler, pur di sottrarsi alle grinfie di Stalin”.

    Ecco perché la tensione tra i due paesi è così forte: “Esiste da secoli e probabilmente durerà altri secoli o, perlomeno, fino a quando uno dei due popoli sparirà. Il conflitto militare, invece, prima o poi finirà perché ad un certo punto non ci sarà altro da sparare”.

    La guerra nucleare, invece, è da scartare: “Innanzitutto perché se butti una bomba poi gli altri te ne buttano altrettante. Inoltre, una bomba atomica lanciata su Kiev creerebbe una nuvola che probabilmente si dirigerebbe verso la Russia. Qui siamo alla rissa da bar, i toni sono quelli, ma non si arriverà mai ad un conflitto nucleare”. È l’augurio che ci facciamo tutti.

    nettoyage GBM

    Condividi
  • L’opinione di Claudio Antonelli. Russia vs Ucraina

    L’opinione di Claudio Antonelli. Russia vs Ucraina

    In Italia, paese caratterizzato dall’“a-patriottismo“ e dell’“a-nazionalismo”, trionfano invece mondialismo, globalizzazione, cosmopolitismo, internazionalismo, ecumenismo… Il mondialismo-globalizzazione ha un effetto paradossale: il nazionalismo altrui diventa il nostro nazionalismo. In soldoni: il nazionalismo di Zelensky – perché di nazionalismo si tratta anche se oggi, scoppiata la guerra, esso è puramente difensivo – è divenuto il nazionalismo anche di Draghi. E la guerra degli ucraini e dei russi sembra essere divenuta quasi una guerra italiana.

    La globalizzazione del bene si traduce purtroppo nella globalizzazione anche del male. Le guerre degli altri diventano le nostre guerre. Io farei invece valere contro il mondialismo-globalizzazione un normale patriottismo che ponga in primo piano i nostri confini. Io auspico una “de-globalizzazione” con il ritorno allo stato-nazione; con il mantenimento beninteso delle alleanze, evitando però le avventure planetarie.

    Tradizionalmente si fa una distinzione tra popolo e governo, soprattutto quando si tratta di un governo autocratico. Ebbene, ciò non avviene nei confronti della Russia, dove governo e popolo sono invece considerati dagli USA e dall’Ue un tutt’uno. Inoltre, sembra esserci un odio ufficiale europeo contro gli scrittori e gli artisti, anche quelli morti e sepolti da tempo, solo perché russi.

    Le sanzioni contro il popolo e il governo russo puniscono anche popoli che non c’entrano nulla con il conflitto. E danneggiano inoltre pesantemente quegli stessi che le infliggono: noi e gli altri europei. È un’“autopunizione” insomma, degna comunque del Vangelo. Cercando di risolvere i problemi altrui si rischia però di trascurare ancora di più i nostri.

    L’Italia è un paese dai tanti meriti ma è anche afflitta da una diffusa corruzione, da una burocrazia demenziale, da un debito pubblico elevato, da aree nel sud evocanti il terzo mondo,

    da problemi di immondizia non raccolta, da un disordine diffuso, ed è inoltre un paese infiltrato da mafia, ‘Ndrangheta, camorra, le quali sono in continua espansione. Inoltre il Paese annega in un mare di chiacchiere e polemiche. Ma l’Italia sembra aver trovato nel conflitto Russia-Ucraina, un’auto-nobilitazione, una auto-beatificazione, una auto-consacrazione di Paese ricco e buono. Noi accogliamo i loro profughi, moralizziamo, forniamo armi… E ci sentiamo quindi ricchi, forti e virtuosi.

    Secondo il nostro Saviano, la mafia svolge un ruolo non trascurabile nell’attuale guerra tra Russia e Ucraina. L’autore di “Gomorra” ha scritto (C. della S.):

    “Chiedo come sia possibile che nel dibattito internazionale sia del tutto assente la domanda fondamentale: qual è il ruolo delle organizzazioni mafiose in questa guerra? Ciò che per decenni ha tenuto unite Ucraina e Russia è la mafia. E questa guerra è una guerra che ha la sua vocazione mafiosa dietro il mascheramento geopolitico del conflitto con la Nato e l’Europa. Guardare come si stanno comportando i clan mafiosi significa capire la guerra. La criminalità organizzata russa e ucraina da sempre sono state gemelle. La più importante organizzazione mafiosa russa, la Solncevskajabratva, è governata da una diarchia: il russo Sergej Mikhajlov, detto ‘Michas’, e l’ucraino Semyon Mogilevich, detto ‘The Brain’”.

    Dobbiamo ora sperare che non approdino in Italia anche gli esponenti (ma forse vi si trovano già) di questa potente mafia russo-ucraina. La quale si aggiungerebbe, oltre che alle nostre tradizionali mafie, alla mafia abanese, alla mafia romena, alla mafia nigeriana (molto ben radicata, quest’ultima, a Castelvolturno), alla mafia cinese… Per non menzionare gli altri gruppi criminali stranieri, tra cui quello marocchino e quello dell’Est Europa, di cui è ricco il multiculturalismo dello Stivale.

    Condividi
  • Trudeau “riapre” l’Ambasciata a Kiev

    Trudeau “riapre” l’Ambasciata a Kiev

    Il leader liberale annuncia altri aiuti militari per 50 milioni di dollari

    KIEV – Il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ha annunciato a Kiev, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la progressiva riapertura dell’Ambasciata canadese in Ucraina. In precedenza, aveva accolto l’Ambasciatrice Larisa Galadza, partecipando alla cerimonia dell’alzabandiera. Domenica 8 maggio, accompagnato dalla Vicepremier e Ministra delle Finanze, Chrystia Freeland, e dalla Ministra degli Affari Esteri, Mélanie Joly, in un viaggio a sorpresa per motivi di sicurezza, il Premier ha promesso ulteriori aiuti militari per un valore complessivo di 50 milioni di dollari, compresi droni, immagini satellitari, armi di piccole dimensioni, munizioni e strumenti per lo sminamento.

    Trudeau ha poi annunciato la revoca dei dazi sulle importazioni ucraine e il pagamento di 25 milioni a favore del ‘Programma alimentare mondiale per contrastare l’insicurezza alimentare nel Paese’. “È chiaro che Putin è responsabile per gli odiosi crimini di guerra e deve risponderne”, ha quindi tuonato. Ottawa imporrà sanzioni contro altri 40 individui e cinque entità giuridiche russe: si tratta di oligarchi, stretti collaboratori del regime e del settore della difesa, “tutti complici della guerra di Vladimir Putin”.

    Zelensky, dal canto suo, ha espresso tutta la sua gratitudine per aiuti pari a 1,5 miliardi di dollari da parte del Canada, il contributo più consistente dopo quello degli Stati Uniti. Il Primo Ministro canadese si è poi recato a Irpin, sobborgo di Kiev. Lo ha reso noto il sindaco, spiegando che Trudeau ha potuto vedere con i suoi occhi la distruzione causata dalla guerra russa. La città era stata teatro di combattimenti particolarmente pesanti a marzo, quando le forze russe avevano tentato l’assalto alla capitale.

    Nelle stesse ore, anche Jill Biden, la moglie del presidente degli Stati Uniti, ha incontrato a sorpresa la sua omologa, Olena Zelenska, in Ucraina.Mrs Biden e la moglie del presidente ucraino Zelesnky si sono incontrate in una scuola di Uzhhorod, una città di 100 mila abitanti a pochi chilometridal confine con la Slovacchia.

    Condividi
  • Ucraina-Usa: Zelensky incontra Blinken a Kiev

    Ucraina-Usa: Zelensky incontra Blinken a Kiev

    KIEV – Nelle ultime ore, il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il Segretario alla Difesa, Lloyd Austin, hanno incontrato il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy a Kiev. Nelle immagini pubblicate dallo staff di Zelensky al termine dell’incontro nella capitale, lo stesso presidente ucraino ha espresso la sua gratitudine per l’aiuto americano ed ha salutato Biden per il suo “sostegno personale”. Gli Stati Uniti credono che l’Ucraina possa vincere la guerra contro la Russia con “l’equipaggiamento giusto e il giusto supporto”, ha detto ai giornalisti il Segretario alla Difesa Lloyd Austin. La Russia, dal canto suo, al momento non ritiene il cessate il fuoco un’opzione possibile. Intanto, sono state registrate splosioni anche in Transnistria: si teme che Putin non si fermi all’Ucraina, che cerchi di arrivare alla filorussa Transnistria, ufficialmente ancora parte della Moldavia. Due mesi dopo l’inizio della guerra, l’offensiva russa continua a concentrarsi sul Donbass e sul Sud dell’Ucraina, ma il Ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, avverte: “C’è il rischio reale di una terza guerra mondiale”. Nessuna tregua per la Pasqua ortodossa, malgrado gli appelli arrivati da più parti. E Papa Francesco ha scritto al Patriarca Kirill: “Operiamo per la Pace”.

    Condividi
  • L’opinione di Claudio Antonelli: guerra, pensiero unico e censure

    L’opinione di Claudio Antonelli: guerra, pensiero unico e censure

    Dopo gli orrori in atto in Ucraina con l’aggressione russa, è troppo tardi per studiare le cause delle preesistenti tensioni tra i due paesi. Ma sarebbe stato saggio studiare, a suo tempo, la realtà geopolitica di Russia e Ucraina, ai fini anche della ricerca di una futura pace. E forse ciò avrebbe potuto evitare gli errori strategici commessi dall’Occidente. È questa un’opinione basata sul pensiero di politologi di vaglia: Zbignew Brzezinski, John Mearsheimer, Samuel Huntington, Henry Kissinger, i nostri S. Romano, A. Orsini e anche altri.

    Il risalire a monte degli eventi storici è utile per poterli capire. E difatti, per elucidare la mente di Hitler, gli studiosi esaminano le clausole del trattato di pace di Versailles, firmato vent’anni prima dello scoppio della guerra nel 1939.

    Nella rivista “Foreign Affairs” non mancano gli scritti rivelanti un’ottica divergent rispetto alla vulgata trionfante in Tv. Ambasciatori, studiosi, politici, protagonisti dell’era immediatamente successiva al crollo dell’impero sovietico ci permettono anche in Rete di capire meglio una realtà che non ha solo contorni morali ma soprattutto di realpolitik. Dico questo non per dar ragione a Hitler, pardon… Putin, il nostro Hitler per acclamazione. Ma per dire che è stato forse un errore ignorare sprezzantemente la Russia emersa dal disfacimento dell’Urss. Ed oggi non ci resta che unire i nostri gridi di orrore al coro che riecheggia nei talk show e nei notiziari televisivi.

    In Italia, patria incontestata del “parlare per parlare, del “calcio parlato”, dei talk show urlati, e del moralismo à gogo, il passato non conta. Su tutto trionfa il presente. Bruno Vespa, in un suo talk show riempito di esperti, ha tacitato con gran maleducazione un malcapitato avvocato italiano, residente in Russia, che, profondo conoscitore della storia geopolitica di quell’area, tentava di dare spiegazioni storiche e geografiche, non in linea con il discorso dominante.

    Se Putin fosse semplicemente un folle, come molti sostengono, si sarebbe dovuto allora temere un diretto attacco aero all’Italia, in risposta all’articolo della Stampa intitolato: “Russia-Ucraina, se uccidere Putin è l’unica via d’uscita.”

    Non dimentichiamoci, poi, che le principali vittime delle sanzioni economiche (sanzioni punitive e non deterrenti) da noi inflitte alla Russia sono le nostre economie, di noi europei. Ma mi si dirà che per punire il nemico è necessario ricorrere talvolta ad atti estremi di autolesionismo economico… Ma vi è anche il prezzo che pagherà tanta povera gente dei paesi più diversi.

    Il parallelo storico con Hitler è imprescindibile per i sostenitori del mantra “la storia si ripete: Hitler è tornato”. Esso rischia però, secondo me, di mandare fuori pista i nostri strateghi televisivi con gettone di presenza. Il futuro, in realtà, ci è ignoto. E questo tragico presente non è stato certamente determinato dalle simpatie dimostrate a Putin, a suo tempo, da Salvini e da Berlusconi, come molti ridicolmente sostengono. Anzi, o credo che l’invasione dell’Ucraina sia stata propiziata dal disprezzo e dall’avversione dimostrati, alla Russia post comunista, dalle potenze occidentali e in particolare dagli USA. Con ‘aggravante che quest’ultimi sono usciti di corsa e con i pantaloni calati dall’Afghanistan. E come se non bastasse, Biden ha stupidamente annunciato diverse volte: “Gli USA non interverranno mai in Ucraina”. Tutto ciò deve aver incoraggiato Putin ad andare fino in fondo nel suo sanguinoso regolamento di conti con l’Ucraina.

    Condividi
  • Massacro di Bucha: la condanna di Usa ed Europa

    Massacro di Bucha: la condanna di Usa ed Europa

    Le immagini delle fosse comuni e delle esecuzioni sommarie nei territori riconquistati dalle forze ucraine intorno a Kiev hanno provocato dure reazioni in tutto il mondo. Se ne parlerà anche al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

    NEW YORK – “La Russia sta compiendo un genocidio per spazzare via l’interna nazione Ucraina”, ha denunciato il presidente Volodomyr Zelensky dopo che il suo Ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, aveva parlato di un “massacro deliberato” compiuto dall’esercito russo a Bucha, località a circa 60 chilometri a nord-ovest di Kiev riconquistata dalle forze ucraine, dove sarebbero state compiute esecuzioni sommarie e sarebbero state trovate fosse comuni. Finora sono stati recuperati 410 corpi. Mosca attribuisce le notizie ad una montatura organizzata da Kiev con foto truccate. Ma dall’Ue arrivano dure condanne. Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, hanno sottolineato l’esigenza di adottare nuove e più dure sanzioni contro la Russia. Ursula von der Leyen e il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, hanno poi sollecitato un’inchiesta indipendente su quanto accaduto da avviare al più presto. Con l’obiettivo, ampiamente condiviso a Bruxelles, di portare davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aja i responsabili di massacri classificabili come crimini di guerra.

    Dura condanna dall’Ue e dagli Usa. Condanne anche da Macron, Scholz e Draghi. Il presidente francese ha detto di essere “favorevole” a nuove sanzioni Ue contro la Russia. “Ci sono indicazioni molto chiare di crimini di guerra” a Bucha, ed è “più o meno stabilito che è stato l’esercito russo” che era presente lì. Il premier italiano ha detto che “la crudeltà dei massacri di civili inermi è spaventosa e insopportabile. Le autorità russe dovranno rendere conto di quanto accaduto”. Papa Francesco, durante la sua visita a Malta, si è nuovamente scagliato contro quella che ha definito una “guerra sacrilega”. Per la Casa Bianca, sono “ulteriori prove di crimini di guerra”: lo ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, ricordando come il presidente Joe Biden sia stato “il primo” a parlare di crimini di guerra e per questo era stato anche criticato.

    Embargo gas: non c’è l’accordo. Se è unanime la condanna dell’Occidente alle immagini di Bucha diffuse dal New York Times, non è altrettanto unitaria la posizione sulla riposta da dare alla Russia. Si rilanciano ipotesi di nuove e più incisive sanzioni anche energetiche contro Mosca, che nega la responsabilità di quanto accaduto. “L’Europa deve” staccarsi “dalla fornitura di energia russa, applicando un embargo vincolante”, ha detto la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola. Ma Berlino frena e anche l’Austria si dice contraria a nuove sanzioni sul gas. Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dal canto suo, chiarisce: “L’Italia non porrà veti su sanzioni al gas russo”. E anche da Oltreoceano il presidente Usa Joe Biden annuncia che la sua amministrazione sta studiando nuove sanzioni.

    Condividi
  • Ucraina, incontro CGIE-Comites: serve coordinamento sugli aiuti

    Ucraina, incontro CGIE-Comites: serve coordinamento sugli aiuti

    ROMA, (NoveColonneATG) – Mettere a disposizione dei Comitati degli Italiani residenti all’Estero una parte dei 10 milioni di euro già stanziati dal ministero degli Esteri per rispondere all’emergenza causata dal conflitto in Ucraina, organizzare delle Giornate delle porte aperte degli Enti impegnati nella solidarietà e creare un ufficio centralizzato per coordinare tale attività.

    Sono le principali proposte emerse dalla videoconferenza di sabato 19 marzo, organizzata dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero con i rappresentanti dei Comites dei Paesi maggiormente coinvolti dal conflitto per fare il punto sulle iniziative umanitarie presenti e future. Si tratta del secondo incontro di questo tipo, a quasi due settimane di distanza dal precedente, e anche questa volta hanno partecipato i rappresentati di associazioni, enti e organizzazioni e i singoli volontari impegnati direttamente sul campo. Come risultato dalla riunione, al momento l’esigenza è acquisire informazioni dirette per organizzare, in maniera coordinata e mirata, gli aiuti alle persone ucraine in fuga dal conflitto, che sono sempre più numerose.

    Nelle ultime due settimane, infatti, c’è stata un’escalation della guerra che ha comportato enormi perdite di vite umane di militari e civili. Ad oggi, secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), i rifugiati sono già oltre 3 milioni e altri 12 milioni le persone direttamente colpite dal conflitto. Si tratta per lo più di donne, bambini e anziani, che vengono ospitati maggiormente in Polonia, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca, e in numero minore in altri Paesi europei, compresa l’Italia, che ha già accolto oltre 45mila rifugiati. “Quanto sta succedendo in Ucraina è davvero un dramma – ha esordito il segretario generale del CGIE Michele Schiavone – Il CGIE è in contatto continuo con tutti i soggetti operanti nei Paesi maggiormente coinvolti, per aiutare nell’organizzazione della solidarietà.

    I Comites hanno già messo in campo una serie di iniziative e stanno collaborando il più possibile gli uni con gli altri, dimostrando ancora una volta il valore delle strutture italiane all’estero”. Proseguono con successo le varie iniziative delle organizzazioni italiane all’estero, come raccolte di fondi o di beni di prima necessità, l’organizzazione di pullman per il trasporto dei profughi e di strutture per l’accoglienza. La senatrice di Italia Viva eletta all’estero Laura Garavini è intervenuta ringraziando per “le attività molto intelligenti e creative avviate dai diversi Comites, come la creazione di una piattaforma di traduttori e di info points””.

    Dagli interventi dei presidenti Comites è emerso che, diversamente da qualche giorno fa, la maggioranza delle persone che oggi fugge dall’Ucraina non ha alcun legame con i Paesi che li ospita. Spesso si tratta di persone senza una meta precisa, che per questo tendono a fermarsi il più vicino possibile al confine, creando non poche difficoltà organizzative. Come ricordato da Roberto Massa, presidente del Comites di Praga, il premier della Repubblica Ceca ha recentemente dichiarato che il Paese è già al limite della sua capacità di accoglienza, avendo aperto le porte a quasi 300mila persone. 

    Condividi
  • De Gustibus di Alessandra Cori: sicurezza alimentare, la risposta dell’UE

    De Gustibus di Alessandra Cori: sicurezza alimentare, la risposta dell’UE

    La guerra che si protrae ormai da un mese in Ucraina ha ridotto alla fame gli abitanti delle città sotto assedio. Ma l’operazione bellica in atto, che non accenna ad allentare il suo effetto devastante in quel Paese, è destinata a far sentire duri contraccolpi sulla sicurezza alimentare anche in altre regioni del mondo, e in Europa in particolare, per un effetto domino di proporzioni globali.

    L’Ucraina, si sa, insieme alla Russia, è tra i primi cinque principali produttori a livello mondiale di grano. Il sistema alimentare è altamente interconnesso, minato dalla pandemia e già sofferente per le conseguenze dei cambiamenti del clima. Così, negli ultimi giorni, il prezzo del grano è arrivato ad un valore di 33,3 centesimi al chilo, un livello mai così alto dalla crisi del 2008. 

    A causa, poi, dell’interruzione degli scambi con Russia e Ucraina che insieme rappresentano il 25% del commercio mondiale di grano, e del blocco navale nei porti del Mar Nero, i prezzi di molte merci agricole sono balzati alle stelle. 

    La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo stima che la crisi agricola durerà ancora a lungo per la difficoltà compensare la dipendenza dalla Russia e dall’Ucraina, che rappresentano anche il 32% del commercio mondiale di orzo, il 17% per il mais e più del 50% per l’olio di girasole e di semi.

    L’Ucraina è il secondo fornitore di mais per l’Italia con una quota poco superiore del 20%, ma le forniture sono attualmente bloccate. E l’Italia sconta anche anni in cui la produzione nazionale è stata scoraggiata a causa dei bassi compensi riconosciuti ai produttori, con la riduzione delle terre destinate a queste colture.

    L’Europa potrebbe rimediare con i bancali di grano a prezzo inferiore provenienti dal Canada, ma la soluzione contrasterebbe con il divieto che vige in Italia di usare il glifosate nella fase di raccolta e trebbiatura. Per questo l’UE sta valutando possibili deroghe ai limiti massimi di residui fitosanitari per le principali commodity importate da Paesi terzi. 

    Un’alternativa sarebbe quella di rivolgersi a USA e Argentina per importare grano e mais. Ma qui i tempi di consegna delle merci e le differenze di normative in tema di sicurezza alimentare e disciplinari produttivi che regolano soprattutto alcune DOP europee non agevolano la decisione. Gli USA, infatti, sono i più grandi produttori al mondo di cereali OGM con 73,1 milioni di ettari, cui segue l’Argentina con 24,3 milioni di ettari.

    Preoccupa, poi, la situazione per l’olio di girasole se pensiamo che su 570 milioni di euro di prodotti importati da Kiev in Italia lo scorso anno, 260 sono stati spesi per questo tipo. Molti prodotti sono processati con quest’olio, come conserve, salse, biscotti, condimenti, fritture, sughi, e in alcuni casi anche pasta. Due sono i risultati più immediati: l’aumento dei prezzi delle scorte disponibili e il loro rapido esaurimento. 

    La risposta dell’Unione Europea, per permettere all’agricoltura del Vecchio Continente di far fronte a questa crisi, non si è fatta attendere. Sono stati stanziati 500 milioni di aiuti agli agricoltori per la sicurezza alimentare globale, per affrontare le perturbazioni del mercato per via dell’aumento dei costi di produzione e, ancora, per le restrizioni commerciali. 

    Altra misura pratica e di immediata esecuzione, è l’estensione della deroga per la coltivazione nelle aree ecologiche e nelle superfici sottratte a vario titolo alla produzione. Qui sono state autorizzate non solo le coltivazioni proteiche, ma anche quelle di cereali e di semi oleosi, per tutto il 2022 e il 2023, per un totale di 4 milioni di ettari. 

    Infine, per poter seminare le colture di cui oggi si ha più bisogno, l’Esecutivo comunitario ha previsto una deroga temporanea all’obbligo della diversificazione e della rotazione delle colture di cereali, sia per l’alimentazione umana che per quella animale.

    Il rischio reale che abbiamo di fronte è quello di assistere ad una penuria di prodotto che, gioco-forza, inciderebbe negativamente sia sulla produttività agro-industriale, sia sulla disponibilità di prodotti allo scaffale.

    Condividi
  • Biden durissimo: “Putin non può restare al potere”

    Biden durissimo: “Putin non può restare al potere”

    La replica di Mosca: “Non decide lui”. Il presidente Usa a Varsavia cita Papa Giovanni Paolo II e avverte:“Neanche un centimetro di territori dei Paesi Nato sarà sottratto”

    VARSAVIA – Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha visitato la Polonia venerdì e sabato scorsi, alla fine del suo viaggio in Europa, dove ha partecipato al vertice straordinario della Nato, al Consiglio europeo ed al G7. Da Varsavia, il presidente americano ha citato Papa Giovanni Paolo II. “Non abbiate paura”. “Parole che cambiarono il mondo”, ha affermato Biden al Castello Reale di Varsavia. “Dobbiamo rimanere uniti, non sarà facile, ci saranno dei costi, ma è un prezzo che dobbiamo pagare”.

    “L’Ucraina è in prima linea nella battaglia per la libertà. Siamo con il popolo ucraino”, ha proseguito il presidente Usa. La Russia sta “strangolando la democrazia” e vuole farlo “non solo in casa sua”, ha detto ancora Biden, mentre “Usa e Nato non hanno mai cercato di combattere con la Russia: le forze americane sono in Europa per difendere gli alleati, non per affrontare la Russia”.

    “Neanche un centimetro di territori dei Paesi Nato sarà sottratto”, ha poi avvertito Biden. Grazie alle sanzioni “senza precedenti” imposte a Mosca, ha rimarcato, “il rublo si è ridotto in macerie, l’economia si è contratta e si dimezzerà nei prossimi anni. Se prima dell’invasione era considerata l’undicesima economia del mondo, presto non sarà neanche più tra le prime 20”. Biden si è poi rivolto alla popolazione russa con queste parole: “Voi non siete il nostro nemico”, Putin “vi ha tagliato fuori dal resto del mondo. Voi non siete così, non è il futuro che meritate. Putin sta riportando la Russia al XIX secolo”. L’obiettivo di Putin “è distruggere l’Ucraina. Putin minaccia di farci tornare agli orrori della guerra mondiale”, ha tuonato Biden.

    “La colpa è solo di Putin. Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere”, ha sottolineato Biden: è un “tiranno, un dittatore che cerca di ricostruire un impero”. Il significato della frase di Biden (criticata anche dagli alleati, su tutti il presidente francese Macron) è stata a breve giro rivisto da un funzionario della Casa Bianca, che ha spiegato come il presidente degli Stati Uniti non stava chiedendo un cambio di regime in Russia. “Il punto del presidente era che a Putin non si può permettere di esercitare il potere sui suoi vicini o sulla regione. Non stava discutendo del potere di Putin in Russia o del cambio di regime”.

    Prima della precisazione, era arrivata quasi immediata la ri- sposta del Cremlino, per tramite del portavoce Dmitry Peskov: chi governa in Russia “non è qualcosa che decide Biden. È solo una scelta dei cittadini della Federazione Russa”.

    Condividi
  • L’opinione di Claudio Antonelli: Ucraina, multiculturalismo, doppie cittadinanze, doppie fedeltà

    L’opinione di Claudio Antonelli: Ucraina, multiculturalismo, doppie cittadinanze, doppie fedeltà

    Con i tragici fatti d’Ucraina torna d’attualità il tema della cittadinanza e dei suoi valori e doveri morali. Chi vive in Canada, e oltre ad essere cittadino canadese è anche cittadino ucraino, ode la sua patria d’origine invocare aiuto. E vi è già chi è partito volontario per il fronte.

    Gli immigrati russi, residenti da anni in Europa o in Nord America, si trovano in una situazione ben più difficile perché oggi sono visti come nemici dell’intero Occidente. Dai giornali: “Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, atti e parole d’odio contro la diaspora russa sono sorti ovunque in Canada.”   

    Immaginiamo che questi espatriati inviino al Cremlino i loro eletti canadesi, come facciamo noi che inviamo dal Canada a Roma, in parlamento, i nostri rappresentanti “italo-canadesi”. In un simile caso il sospetto e l’animosità verso di loro sarebbero pienamente giustificati. In Italia il sospetto esiste già: “Nel mirino i russi italiani. Non solo oligarchi, basta avere sul conto più di 100mila euro per subire controlli.”  

    Vi è solo da sperare che il conflitto in atto non conduca ad atti aggressivi tra la comunità russa e quella ucraina, così come avvenne a suo tempo tra la croata e la serba, anche allora con partenze di volontari sui due fronti contrapposti, e con scontri fisici qui in Canada.  O come quando, durante visita di Netanyahu a Montréal, gli studenti filomusulmani vennero alle mani con quelli filoisraeliani sul campus dell’Università Concordia (sic). 

     Il celebrato multiculturalismo canadese è un modello ben funzionante fino a che le patrie d’origine dei canadesi multiculturali non entrino in conflitto tra loro o in conflitto col Canada. Secondo me, è bene riflettere su nozioni come lealtà e fedeltà a un paese, a una patria, che molti “cittadini del mondo” considerano valori superati.  

    Gli italiani sentirono il conflitto di lealtà nazionale, causato dalla doppia cittadinanza, quando tra il Canada e l’Italia scoppiò il conflitto dei dazi doganali sulla pasta, poi fortunatamente rientrato. A ogni popolo, dopo tutto, il suo casus belli…  

    A questo proposito vi racconto quanto segue.  

    In quell’occasione un conoscente, perché in disaccordo con un mio intervento critico sulla legge elettorale italiana, detta “legge Tremaglia” creante la “circoscrizione estero”, mi obiettò in una email: “Parti dal punto di vista che si può essere patrioti solo per un paese all’esclusione di un altro. Ma chi ti ha insegnato queste favole? E quale forza divina prescrive che il patriottismo deve essere uno solo?”  

    Meditando la risposta da dargli, mi chiesi a quali esempi ricorrere per far sì che questo mio interlocutore capisse il pericolo di una fedeltà data a due nazioni. Pensai di dirgli che non è bello fare il servo di due padroni, tenere i piedi sue due staffe… ma pensai ad Arlecchino, maschera emblematica italiana, e capii che la maniera più adatta per fargli capire il mio punto di vista fosse parlargli o di mamma o di calcio. Stavo per dirgli che, come per un individuo è impossibile avere due mamme… ma poi mi venne in mente che oggi, grazie al progresso, è possibile avere due mamme e nessun papà. Uhm! mi dissi, è meglio che gli parli di calcio… E così gli controbattei: “Non sta neppure scritto che si debba fare il tifo per una sola squadra di calcio… Sì, si può fare il tifo per due squadre di calcio, il problema però è che quando le due squadre si affrontano è difficile fare il tifo per entrambe.”  

    Ma dopo avergli detto così, mi venne in mente che nel passato vi era stato un conflitto in materia d’importazione di pasta dalla Penisola. Lui, cosa avrebbe fatto se la cosa si fosse ripetuta? La pasta di quale delle due sue patrie avrebbe messo trionfalmente in tavola, se costretto a scegliere: quella, importata dall’Italia, più cara perché colpita da un forte aumento tariffario, o quella locale, meno cara?  

    Ma ormai gli avevo già risposto. Mi dissi: peccato, perché, per molti italiani,  con la mamma e con il calcio la pasta è forse l’argomento decisivo.

    Condividi
Online Shopping in BangladeshCheap Hotels in Bangladesh