Tag: Québec

  • Un rientro a scuola… in maschera

    Un rientro a scuola… in maschera

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    Dal quinto anno fino ai corsi per gli adulti sarà obbligario coprirsi naso e bocca.

    Québec – A circa 3 settimane dalla riapertura delle scuole, previsto per fine agosto (il 27 gli istituti in lingua francese ed il 31 quelli in lingua inglese), martedì scorso il governo Legault ha annunciato il piano di rientro con tutte le procedure di sicurezza che alunni e professori saranno chiamati a rispettare. Procedure che, naturalmente, ruotano intorno a princìpi-cardine come mascherina, distanziamento sociale e igiene personale. Ad illustrare i dettagli del piano messo a punto dal governo è stato il Ministro dell’Istruzione, Jean-François Roberge, che in conferenza stampa ha esordito dicendo che “riaprire le nostre scuole è cruciale e prioritario”. Una riapertura che non potrà prescindere dalla sicurezza sanitaria, vista la pandemia ancora in corso. Motivo per cui, dal quinto anno delle Primarie (12 anni) fino ai corsi per gli adulti, sarà obbligario indossare la mascherina nel trasporto pubblico, sullo scuolabus, e in tutti i luoghi pubblici, sia al chiuso che all’aperto, dove non è possibile mantenere una distanza interpersonale di 2 metri. Uniche eccezioni: all’interno delle aule e a mensa durante la pausa-pranzo. Per i più piccoli, indossare la mascherina resta facoltativo, ma fortemente raccomandato. Tutto il personale, dagli insegnanti ai bidelli, sono obbligati ad indossare la mascherina nei corridoi e negli spazi comuni, ma non in classe. “Vogliamo preservare l’espressione facciale, che è molto importante nella comunicazione con gli alunni”, ha spiegato il Ministro Jean-François Roberge. I visitatori, dal canto loro, saranno tenuti ad indossare la mascherina in ogni momento, anche in classe, a meno che non siano seduti in un auditorium ad una distanza ‘sociale’ di almeno 1 metro e mezzo. In classe, nessuna bolla di sei alunni, che quindi non dovranno rispettare alcuna distanza di sicurezza. Distanza di due metri che invece resta tra gli alunni ed il resto del personale. Alle Primarie come alle Secondarie, saranno gli insegnanti a cambiare aula tra una materia e l’altra, e non gli alunni. Per la ricreazione, invece, gli orari saranno scaglionati in modo che gli studenti non si ritrovino tutti insieme allo stesso momento. Gli alunni con i genitori a rischio o ammalati possono essere esentati dalla frequenza.  Nei CEGEP e nelle Università, infine, vale la regola generale per cui la maschera è obbligatoria in tutti i luoghi pubblici chiusi. Restano in vigore accorgimenti-base come il lavaggio frequente delle mani e la sanificazione delle aule. Parola d’ordine: trasparenza. Il Ministro ha sottolineato che i genitori saranno tempestivamente informati in caso di positivi sia nella classe che nella scuola frequentata dai figli. Non solo: il governo ha già predisposto un piano b che prevede lezioni a distanza già 24 ore dopo la sospensione improvvisa della frequenza in presenza. Il direttore della Sanità Pubblica Horacio Arruda, dal canto suo, si è rivolto così ai genitori ancora riottosi a rimandare i figli a scuola: “Privare il proprio figlio della scuola e dei momenti di socializzazione è più grave del potenziale rischio che si possa ammalare”.

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  • Il Québec respira: oggi ‘solo’ 50 morti

    Il Québec respira: oggi ‘solo’ 50 morti

    La Provincia provvederà a fornire un milione di mascherine al Comune di Montréal, che annuncia un piano senza precedenti per ciclisti e pedoni. Dal canto suo, Justin Trudeau prolunga fino alla fine di agosto la sovvenzione per il pagamento del 75% dei salari

    Montréal – Sospiro di sollievo in Québec: venerdì sono stati registrati “soltanto” 50 decessi, per un totale di 3.401 persone che hanno perso la vita dall’inizio dell’emergenza sanitaria. I casi, però, non accennano a diminuire: altri 696 (41.420 in tutto) nelle ultime 24 ore, con 1822 pazienti ricoverati in ospedale, di cui 191 in terapia intensiva. A comunicare il bilancio è stato lo stesso Primo Ministro, François Legault, in occasione della consueta conferenza stampa che, per la seconda volta consecutiva, si è tenuta a Montréal e non nella capitale nazionale. Il leader della CAQ ha poi rassicurato la Sindaca della metropoli, Valerie Plante: il governo provinciale provvederà a fornire un milione di mascherine al Comune. Ricordando l’importanza di indossare una mascherina quando si viaggia nei mezzi pubblici (bus e metro), Legault ha anche annunciato di aver stanziato 6 milioni di dollari a favore delle società di trasporto pubblico della Comunità metropolitana di Montréal (che raggruppa 82 centri urbani). Il Primo Ministro ha inoltre indicato che tutti i dipendenti dei CHSLD pubblici e privati (le strutture sanitarie di lungodegenza) ​​saranno adesso sistematicamente testati (tamponi a tappeto) per il COVID-19, anche se asintomatici. Infine, Legault è tornato sull’incontro che ha avuto giovedì con i 16 presidenti e direttori generali del CIUSSS e dei centri ospedalieri della Grande Montréal, osservando che sono stati identificate diverse problematiche, ma che la sfida più grande resta quella di attrarre più personale. Il Primo Ministro, infine, ha ribadito che le Scuole Primarie in tutta la Grande regione di Montréal resteranno chiuse fino a settembre. Gli asili, dal canto loro, potranno accogliere i bambini a partire dal 1º giugno, mentre dal 25 maggio, salvo ulteriori proroghe,  dovrebbero riaprire i negozi, gli studi professionali e gli esercizi commerciali con accesso diretto e indipendente dall’esterno.

    Montréal annuncia un piano senza precedenti per ciclisti e pedoni. Tutti i principali festival estivi sono stati cancellati nella metropoli, epicentro dell’epidemia in Canada. “Probabilmente la maggior parte di noi trascorrerà le vacanze in città”, ha dichiarato la Sindaca Valérie Plante. Per incentivare  gli abitanti di Montreal ad “uscire, a muoversi, ma in modo sicuro”, la Prima Cittadina ha annunciato la creazione di oltre 320 km di nuove piste pedonali e ciclabili che collegano parchi e spazi verdi. Il circuito totale, nelle prossime settimane, coprirà più di 1.200 km. “Si tratta di uno dei progetti più importanti al mondo”, ha detto la Plante, che ha dichiarato di essere preoccupata per la “salute mentale e fisica” dei montrealesi, visto che la città è ‘in pausa’ da due mesi.

    Ottawa estende il sussidio per i salari fino alla fine di agosto. Il programma federale di sovvenzione per il pagamento del 75% dei salari sarà esteso per altri tre mesi, fino alla fine di agosto: ad annunciarlo, venerdì mattina, è stato Justin Trudeau, in occasione della conferenza stampa quotidiana dalla sua residenza. Il Primo Ministro del Canada ha annunciato, allo stesso tempo, che il governo sta studiando la possibilità di apportare delle modifiche al programma, progettato per incentivare il datore di lavoro a non licenziare i propri dipendenti. “Rivaluteremo la soglia di mancati introiti pari al 30% – ha detto -: quando le aziende sono pronte a riprendere le attività e persino a crescere, questa soglia non dovrebbe costituire un ostacolo alla crescita ed all’espansione. Ad oggi, ricordiamolo, possono usufruirne della misura tutte le imprese e tutti gli esercizi commerciali che hanno perso almeno il 30% delle entrate a causa del Covid-19.

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  • Covid-19, Montréal tra le zone rosse in Nord America

    Covid-19, Montréal tra le zone rosse in Nord America

    Nella Comunità metropolitana di Montréal, i decessi sono stati 423 per milione di abitanti, ovvero l’89% (2146) dei 2398 morti registrati in tutto il Québec.

    MONTRÉAL – Siamo nel cuore della zona rossa. Montréal è sempre più l’epicentro della pandemia nella provincia del Québec e nel resto del Canada. Un primato inquietante che ci costringe a tenere alta la soglia di attenzione: la battaglia contro il covid-19 è ancora lontana dall’essere vinta. I numeri sono impietosi: la Comunità metropolitana di Montréal (CMM), agglomerato urbano formato da 82 comuni, conta il numero più alto di decessi per milione di abitanti. Analizzando gli ultimi dati, infatti, l’80% dei casi positivi in Québec risulta essere concentrato sul territorio delle cinque regioni che formano la CMM: agglomerato di Montréal, Laval, Lanadière, Laurentides e Montérégie. Con il tasso di mortalità legato al COVID-19 che schizza a 750 morti a Laval e 720 morti a Montréal (per milione di abitanti). Nella Comunità metropolitana di Montréal, i decessi sono stati 423 per milione di abitanti, ovvero l’89% (2146) dei 2398 morti registrati in tutto il Québec.

    Negli ultimi 7 giorni, nella CMM si sono registrati, mediamente, 95 decessi al giorno, contro gli 85 che si erano verificati nel corso della settinana precedente.

    L’80% delle persone decedute sul territorio della Grande Montréal vivevano nelle residenze sanitarie di lungo degenza per anziani (CHSLD) o nella case di riposo private (RPA). Questa proporzione varia tra il 67% nella Lanaudière e l’85% a Laval.

    Con questo triste record, la Grande Montréal supera diverse altre grandi città del Nord America come Toronton, Vancouver, Chicago e San Francisco. Solo Boston e New York registrano più morti per milione di abitanti.

    La situazione è molto più incoraggiante nel resto del Québec, con molte regioni (compresa la capitale nazionale) che hanno già potuto autorizzare la riapertura di scuole, studi professionali ed essercizi commerciali.

    I dati pubblicati sul sito della CMM (https://cmm.qc.ca) sono  aggiornati quotidianamente. “Si tratta di uno strumento di monitoraggio che può tornare molto utile agli eletti che devono prendere decisioni, di concerto con Québec, sul deconfinamento o sul prolungamento delle misure di contenimento”, ha spiegato Philippe Rivet, consulente di ricerca della CMM.

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  • Il Coronavirus avanza: oltre 3.400 vittime nel mondo

    Il Coronavirus avanza: oltre 3.400 vittime nel mondo

    (Dati aggiornati alle ore 17 di venerdì 6 marzo 2020)

    di Giulia Verticchio 

    In Canada i contagiati sono oltre 50, mentre in in Italia il bilancio si aggrava: 4.600 casi,
    462 in terapia intensiva e 197 decessi. Lombardia ed Emilia Romagna le regioni più colpite

    Montréal Oltre 101 mila contagiati e più di 3.400 vittime. Colpiti oltre 91 Paesi, non sono state risparmiate neanche le isole di Saint-Barthelemy (Francia), dei Caraibi e di Faroe (Danimarca) nel Nord Atlantico. Dopo la Cina, che ormai conta oltre 80.500 casi, nella triste “top 4” ci sono ancora Corea del Sud (oltre 6.500), Iran (oltre 4.700) e Italia (oltre 4.600). Con il resto dei paesi, i numeri hanno un considerevole distacco, ma preoccupano comunque anche Germania e Francia, entrambe con oltre 650 casi. Soprattutto l’est della Francia (Alto Reno) ha chiuso un centinaio di scuole e decretato il divieto di “raduni di oltre 50 persone”. È impennata di contagi nel Regno Unito, con 164 casi. 

    Negli Stati Uniti, il bilancio dei casi sale a 272, diffusi in 20 stati. I più colpiti sono la California, con 48 casi e un morto, e lo stato di Washington, con 57 casi e 13 vittime. A New York al momento il numero dei pazienti positivi è fermo a 22. Via libera del Congresso e del Senato ad un pacchetto da 8,3 miliardi di dollari per far fronte all’emergenza sanitaria. Il Presidente Donald Trump sta valutando l’eventualità di stanziare i finanziamenti per le calamità naturali alle cure mediche dei pazienti privi di assicurazione sanitaria. 

    In Canada, 3 nuovi casi in Ontario – che portano il bilancio provinciale a 26 -, un terzo caso in Québec e un primo caso in Alberta fanno salire a 51 i contagi  di COVID-19 in tutto il Paese. Il Primo Ministro Justin Trudeau ha creato uno speciale Cabinet Committee per far fronte ad un’eventuale emergenza in Canada, che per ora non c’è, ma che, vista la totale assenza di controlli agli arrivi negli aeroporti, sembra imminente. Il governo federale ha stanziato fondi pari a 27 milioni di dollari per finanziare la ricerca scientifica, ma ad oggi non esistono misure-filtro per chi scende dagli aerei anche da paesi focolari. In Québec, le autorità sanitarie provinciali annunciano un altro caso probabile, risultato positivo ad un primo test, ma attualmente sotto scrutinio del laboratorio nazionale di Microbiologia di Winnipeg. La persona infetta è tornata da un viaggio in Francia.  A Montreal, la Société de Transport STM aumenta la frequenza di pulizia dei treni della metro: i posti a sedere ed i sostegni verranno disinfettati almeno una volta a settimana, invece che ogni 40 giorni.   

    In Italia 4,636 casi, 462 in terapia intensiva e 197 decessi, con le regioni Lombardia e Emilia Romagna in ginocchio. Scuole e Università chiuse fino al 15 marzo: una decisione presa dal Governo seguendo la “linea della massima precauzione”. Sospensione in tutto il Paese di manifestazioni ed eventi “di qualsiasi natura” e “in qualsiasi luogo”; partite e competizioni sportive, compresa la serie A, a porte chiuse, senza tifosi. Il primo caso in Vaticano costringe ad uno studio delle modalità per proseguire gli appuntamenti che richiamano normalmente molti fedeli. Si ipotizza che l’Angelus di Papa Francesco di domenica 8 marzo venga trasmesso solo in video. Analoga decisione potrebbe essere presa anche per l’udienza generale del mercoledì. Circa 150 medici di famiglia sono in quarantena, in isolamento o ricoverati, in diverse province italiane, lasciando circa 1.500 cittadini senza punto di riferimento sanitario sul territorio. Al via dunque migliaia di assunzioni di medici e personale sanitario, finanziate con circa 1 miliardo e mezzo dei 7,5 miliardi annunciati dal governo come prima misura economica per fronteggiare l’emergenza. Al Consiglio europeo straordinario sulla salute è arrivato un plauso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità all’Italia per la gestione della crisi e il Commissario UE lancia un avvertimento: “Gli altri paesi guardino all’Italia e si preparino”. 

    Crollano le Borse europee. È rischio recessione globale. Venerdì Piazza Affari ha chiuso in profondo rosso -3,5%, per non parlare di Parigi (-4,14%), Francoforte (-3,37%), Londra (-3,62%) e Madrid (-3,54%).”L’economia italiana è probabilmente in recessione”, scrive Moody’s prevedendo una probabile contrazione del PIL nel primo trimestre. Wall Street ha chiuso in territorio negativo, ma in recupero rispetto a metà seduta, quando i listini erano arrivati a perdere oltre il 3%. Il Dow Jones ha perso lo 0,97% a 25.868,37 punti, il Nasdaq ha ceduto l’1,87% a 8.575,62 punti, mentre lo S&P 500 ha lasciato sul terreno l’1,70% a 2.972,49 punti. L’oro, invece, ha messo a segno la migliore settimana dal 2016: le quotazioni sono salite di quasi il 7%, portando il prezzo a 1.680 dollari l’oncia.

    OMS: forse è un virus che persiste. Alla conferenza stampa tenutasi venerdì a Ginevra sul coronavirus, Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per il coronavirus dell’Unità malattie emergenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha commentato i casi in cui è sembrato che una stessa persona si infettasse due volte. Secondo l’esperta bisogna anche guardare ai “criteri per le dimissioni di un paziente, che noi fissiamo in due test negativi a 24 ore di  distanza l’uno dell’altro. Alcuni di questi casi in Cina hanno mostrato una positività dopo un primo test negativo. Le evidenze che abbiamo non danno indicazione che si tratti di una re-infezione, bensì di una persistenza del virus”.

    Le precauzioni da seguire di medici e microbiologi 

    1. LAVARSI SPESSO LE MANI, con sapone, per 20 secondi. 
    2. In mancanza di acqua corrente, DISINFETTARE LE MANI con una soluzione idroalcolica come il Purell.
    3. EVITARE DI TOCCARSI OCCHI, NASO, LABBRA .
    4. MANTENERE UNA DISTANZA DI 1-2 METRI dalle persone in pubblico .
    5. NON TOCCARE GLI APPIGLI SUI MEZZI PUBBLICI a mani nude.
    6. COMPRARE LOCALE. Potendo scegliere, meglio acquistare alimenti prodotti o trasformati in Québec che alimenti che provengono da altrove. Ad esempio, un pomodoro di serra coltivato qui avrà viaggiato molto meno di un pomodoro importato dall’estero, che potrebbe aver circolato in un luogo contaminato. 
    7. LAVARE FRUTTA E VERDURA, comunque, prima del consumo.
    8. RESTARE A CASA IN CASO DI FEBBRE, TOSSE O FIATO CORTO. Non è il momento di fare gli eroi e andare comunque a lavoro. 
    9. FARE SCORTA DI CIBO  E ANALGESICI in caso si debba restare in casa per 1 mese.
    10. TOSSIRE E STARNUTIRE NELL’ANGOLO DEL GOMITO.
    11. GETTARE I FAZZOLETTI IN CUI SI TOSSICE O CON CUI CI SI SOFFIA IL NASO e non tenerli in tasca.
    12. NIENTE PANICO. Il rischio di contagio in Canada è molto limitato.
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  • La Croce non è merce di scambio

    La Croce non è merce di scambio

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    Trentadue (32) secondi: tanto ci ha impiegato il commesso dell’Assemblea Nazionale, il 9 luglio scorso, per rimuovere il Crocifisso dalla parete della Sala Blu del Parlamento provinciale, per cancellare 400 anni di storia, per profanare il nostro patrimonio culturale, per calpestare le fondamenta della nostra civiltà, per ‘violentare’ i valori che hanno forgiato la nostra società. Con una nonchalance, una leggerezza ed una superficialità spaventose, rigorosamente al riparo da occhi indiscreti. A riprendere le immagini dell’operazione sono state, ‘loro malgrado’, le telecamere a circuito chiuso del Salone Blu: un anonimo addetto agli archivi è salito su una scala e, ‘protetto’ da guanti bianchi (forse per evitare pericolose …infezioni cutanee!), ha tolto il Crocifisso-‘infetto’ appeso alla parete che dal 7 ottobre del 1936 (governo Maurice Duplessis) si erge alle spalle dello scranno del presidente dell’Assemblea Nazionale. Senza colpo ferire. Senza nessuna forma di rispetto, senza uno straccio di sensibilità. Come se quel simbolo ‘indigesto’ fosse solo la raffigurazione plastica del mistero della Resurrezione Cristiana, e non la sintesi di quei valori che da secoli forgiano l’identità spirituale del popolo quebecchese. Come se quella Croce fosse solo una bomboniera, un soprammobile o un cimelio qualunque. Ignorando che, in quel preciso istante, quei candidi guanti bianchi stavano pugnalando alle spalle 8 milioni di quebecchesi e gettando nella spazzatura 400 anni di lotte per preservare la specificità culturale della ‘Nouvelle France’ in Nord America. Che sia trasferito altrove in Parlamento, è un contentino che ci lascia indifferenti. La forma è sostanza. Diciamo le cose come stanno: il governo Legault, per indorare la pillola della laicità agli immigrati che non potranno più indossare simboli religiosi nei ruoli di comando della funzione pubblica, ha voluto dare l’esempio. Ha svenduto la nostra storia, ha rinnegato la nostra religione, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro patrimonio artistico e culturale per giustificare uno stato laico dominato da un multiculturalismo oscurantista e repressivo. Che presto diventerà una nuova “religione”, più moderna, meno trascendente, più ‘umana’. È nella natura dell’uomo: il bisogno di spiegare l’inspiegabile ci accompagna dalla notte dei tempi. La verità è che Legault si è lavato le mani come Ponzio Pilato, avallando uno squallido scambio: io rinuncio alla mia croce, voi rinunciate ai vostri kippah, turbanti, hijab, ecc. Come se la Croce fosse merce di scambio, derubricabile a fenomeno di costume o semplice folklore popolare. Un arnese usa e getta. Ci dispiace contraddirla, caro Primo Ministro: il prezzo per la sua riforma laicista non può essere la nostra identità. In Québec, tutte le religioni sono benvenute e uguali davanti alla legge, ma non tutte hanno lo stesso Peso e lo stesso Valore davanti alla Memoria. Il Québec è intriso di Cristianità, basta guardarsi intorno: le nostre città e strade pullulano di Santi e Madonne. Chi viene in Québec rispetti la nostra storia, come noi rispettiamo quella dei Paesi che visitiamo. Ripudiare le nostre origini cristiane significa fare ‘tabula rasa’ dei nostri princìpi e delle nostre convinzioni più radicate. Princìpi e convinzioni che proprio quella Croce appesa al muro, anche negli uffici pubblici, Parlamento compreso, ci aiuta a ricordare e a rispettare. Chi rinnega il passato, tradisce se stesso. Chi cancella la sua storia, uccide la sua anima.

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  • Giù le mani dalla croce

    Giù le mani dalla croce

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    La Storia non si cambia, non si sceglie e non si rinnega: si studia, semmai, per interpretare il presente e anticipare, nei limiti del possibile, il futuro. Con spirito critico, certo, ma sempre con ossequioso rispetto. Perché la storia resta “magistra vitae”. In Québec, invece, terra in declino spirituale dopo la Rivoluzione Tranquilla degli anni ‘70, da qualche settimana assistiamo ad una nuova spinta laicista di cui nessuno sentiva la necessità (il tema ‘agita’ i politici, non le piazze) e che mira a trasformare la Belle Province da storica roccaforte cattolica ad avanguardia del laicismo più relativista e fondamentalista. Se ne parla da una decina d’anni, è vero, ma nessuno si era ancora stracciato le vesti per accelerare un’ulteriore svolta post-secolare. Nemmeno gli immigrati più fanatici che professano altre religioni. Ad avere fretta, chissà perché, sono solo i nostri politici, il Comune e il governo provinciale. E così, sull’onda del sentimento anti-cristiano che investe i nostri tempi, complici le odiose denunce di pedofilia che si moltiplicano anche nella Belle Province (un crimine orribile che noi condanniamo ‘senza se e senza ma’), a fare da apripista è stata la Sindaca di Montréal, Valérie Plante, che ha annunciato l’intenzione di staccare la Croce dal muro della Sala consiliare. A ruota, le si è accodato il Primo Ministro del Québec, François Legault, che, rassicurato dal voto unanime dell’Assemblea Nazionale e in scia al progetto di legge sulla laicità dello Stato, ha fatto sapere che anche il Crocifisso che pende sulla parete del Salone Blu sarà rimosso. “Incompatibile con una società laica e moderna”, la giustificazione di entrambi. Croci cristiane al bando dagli edifici pubblici, dunque: per essere più “politically correct” e ‘accontentare’ i nuovi arrivati, si sacrifica la propria religione, la propria storia, la propria identità e il proprio patrimonio culturale sull’altare di una laicità dominata da un multiculturalismo oscurantista e repressivo. Fino al punto di calpestare e rinnegare la propria secolare Identità Cristiana. Da 400 anni, infatti, la Belle Province si fonda su due pilastri-cardine sintetizzati dalla ‘vituperata’ Croce Cristiana: la cultura francese e la religione cattolica, che formano l’armatura di base che ha permesso di integrare le altre componenti della sua attuale identità pluralista. La Croce non è merce di scambio e non può essere ridotta a folklore popolare o a fenomeno di costume. La Croce non è una bomboniera, un soprammobile o un cimelio da appendere al muro, così come non è solo la raffigurazione plastica del mistero della Resurrezione: la Croce è un simbolo storico intriso dei valori caratterizzanti la civiltà occidentale che per secoli hanno forgiato l’identità spirituale e culturale del popolo quebecchese. In Québec, tutte le religioni sono benvenute e uguali davanti alla legge, ma non tutte hanno lo stesso peso davanti alla Memoria. Ripudiare le nostre origini cristiane significa fare ‘tabula rasa’ dei nostri princìpi e delle nostre convinzioni più radicate. Princìpi e convinzioni che proprio quella Croce appesa al muro, anche negli uffici pubblici, ci aiuta a ricordare e a rispettare. Stelle polari imprescindibili in una società sempre più globalizzata, che vive in un eterno presente.

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  • Scuola materna anche per i bambini di 4 anni

    Scuola materna anche per i bambini di 4 anni

    Québec – Procede spedita l’azione di governo di François  Legault che, dopo aver depositato il disegno di legge n.9 che riforma il sistema di immigrazione, il 14 febbraio ha ‘raddoppiato’ con una seconda proposta di legge: quella che mira ad offrire alle famiglie la possibilità di iscrivere i propri figli alla scuola materna già a 4 anni. Un’altra promessa-faro della campagna elettorale cachista, depositata all’Assemblea Nazionale giovedì scorso dal Ministro dell’Istruzione, Jean-François Roberge. La riforma mira a  modificare la Legge sull’istruzione Pubblica, in modo che entro il 2023 tutte le scuole, pubbliche o private, possano offrire la nuova classe “indipendentemente dal settore economico” in cui vivono i bambini. Attualmente, solo le scuole che si trovano nelle aree svantaggiate (con l’indice di “sofferenza” compreso tra 8 e 10, su una scala di 10), prevedono l’offerta di queste classi. Rispetto, però, ai proclami in campagna elettorale, sono schizzati i costi: da 250 milioni a quasi 700 milioni all’anno. Senza contare le spese per la costruzione delle aule. I genitori non saranno obbligati a mandare i loro figli alla scuola materna già a 4 anni: potranno optare per gli asili, oppure decidere di lasciare i propri figli a casa o dai nonni. Molto critica l’opposizione: il Parti Québécois (PQ) ha bollato il progetto come “né voluto, né auspicabile, né fattibile”, con il governo che si sarebbe dovuto limitare a sviluppare gli asili (Centri della Piccola Infanzia, CPE). La portavoce del Partito Liberale (PLQ) in materia di educazione, Marwah Rizqy, ha accusato il governo di Legault di “cecità ideologica” volendo andare avanti a tutti i costi con il progetto, quando avrebbe dovuto e potuto concentrarsi sullo sviluppo delle scuole materne per i bambini di 4 anni nelle aree svantaggiate. Per la portavoce di Quebec Solidaire (QS) in materia di istruzione, Christine Labrie, il governo sta soltanto cercando di “realizzare una promessa elettorale”, piuttosto che promuovere il successo educativo dei bambini. Perplesse anche le Commissioni scolastiche: soprattutto quelle di Montréal lamentano non poche difficoltà a trovare ulteriori aule per accogliere le nuove classi. E, secondo un sondaggio reso pubblico il 13 febbraio scorso, nemmeno i genitori vedono di buon occhio l’iniziativa: un sondaggio realizzato dall’istituto Léger per l’Association québécoise des centres de la petite enfance (AQCPE) dimostra che gli asili (CPE) restano la prima scelta per una percentuale significativa di genitori. A parità di costo e possibilità di accesso, infatti, il 49% dei genitori dichiara di preferire l’asilo per il figlio di 4 anni, mentre solo il 19% si dichiara favorevole alla scuola materna. “Il governo deve prendere atto di questi risultati”, ha tagliato corto Geneviève Bélisle, direttrice esecutiva dell’AQCPE. (V.G.)

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  • Québec, ecco il governo Legault

    Québec, ecco il governo Legault

    Québec – Giovedì 18 ottobre, il 32simo Primo Ministro del Québec, François Legault, ha ufficializzato i 26 Ministri (13 uomini e 13 donne) che formeranno il governo della CAQ per la 42ª legislatura, dopo la schiacciante vittoria del 1º ottobre scorso. “Sarà un esecutivo improntato alla vicinanza, all’umanità ed all’apertura”, ha il detto il Premier, che ha tenuto per sé le deleghe per i Giovani ed i Quebecchesi anglofoni. Contabile di formazione e cofondatore di Air Transat, Legault – 61 anni, sposato con Isabelle Brais e padre di due figli – non è un politico di primo pelo: eletto nel 1998 con il Partito pechista, è stato Ministro dell’Istruzione e della Salute durante i governi Bouchard e Landry. Uscito di scena nel 2009, il 14 novembre del 2011 ha fondato la Coalition Avenir Québec (CAQ). Alle elezioni del 4 settembre 2012 è tornato all’Assemblea nazionale come deputato della contea de L’Assomption col 42,21% dei consensi, riconfermandosi poi alle elezioni del 7 aprile 2014.

    Il nuovo consiglio dei Ministri:

    1. Geneviève Guilbeault: Vice Primo Ministro e Ministro della Sicurezza Pubblica.
    2. Jean-François Roberge: Ministro dell’Istruzione e dell’Insegnamento Superiore.
    3. Danielle McCann: Ministro della Salute e dei Servizi Sociali.
    4. Pierre Fitzgibbon: Ministro dell’Economia e dell’Innovazione.
    5. Eric Girard: Ministro delle Finanze.
    6. Christian Dubé: Ministro responsabile dell’Amministrazione governativa e presidente del Consiglio del tesoro.
    7. MarieChantal Chassé: Ministro dell’Ambiente e della Lotta contro i Cambiamenti climatici.
    8. Marguerite Blais: Ministro responsabile degli Anziani e dei Familiari-assistenti.
    9. Simon Jolin-Barrette: Leader parlamentare e Ministro dell’Immigrazione, della Diversità e dell’Inclusione.
    10. François Bonnardel: Ministro dei Trasporti.
    11. Sonia LeBel: Ministro della Giustizia, Ministro responsabile delle relazioni canadesi e della francofonia canadese, Ministro responsabile della Condizione femminile.
    12. Mathieu Lacombe: Ministro della Famiglia.
    13. Nadine Girault: Ministro delle Relazioni internazionali e della Francofonia.
    14. Chantal Rouleau: Ministro delegato ai trasporti e Ministro responsabile della metropoli.
    15. Andrée Laforest: Ministro degli Affari Municipali e dell’Abitazione.
    16. André Lamontagne: Ministro dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione.
    17. Jonatan Julien: Ministro dell’Energia e delle Risorse naturali.
    18. Pierre Dufour: Ministro delle Foreste, della Fauna e dei Parchi.
    19. Jean Boulet: Ministro del Lavoro, dell’Occupazione e della Solidarietà Sociale.
    20. Nathalie Roy: Ministro della Cultura e delle Comunicazioni, Ministro responsabile della Lingua Francese.
    21. Caroline Proulx: Ministro del Turismo.
    22. Sylvie D’Amours: Ministro responsabile degli Affari Autoctoni.
    23. Isabelle Charest: Ministro delegato all’Istruzione.
    24. Lionel Carmant: Ministro delegato alla Salute ed ai Servizi Sociali.
    25. Marie-Eve Proulx: Ministro delegato allo Sviluppo Economico regionale.
    26. Éric Caire: Ministro delegato alla Trasformazione digitale del governo.

    Mario Laframboise è stato nominato presidente del caucus del governo, mentre Éric Lefebvre sarà il capogruppo della maggioranza (whip en chef du gouvernement) in Parlamento.

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  • Sfida all’ultimo voto tra Legault e Couillard

    Sfida all’ultimo voto tra Legault e Couillard

    Québec – Dopo l’ultimo dibattito televisivo andato in onda su LCN, i leader dei principali partiti in lizza per la guida della Provincia si preparano al rush finale per conquistare il voto degli indecisi e aggiudicarsi le elezioni. La sfida è tra François Legault (CAQ) e Philippe Couillard (PLQ), con Jean-François Lisée (PQ) e Manon Massé (QS) che possono diventare l’ago della bilancia per un eventuale governo ‘maggioritario’, o ‘minoritario’. Rispetto al vantaggio di 5 punti percentuali che Legault vantava fino a qualche settimana fa, tutti i sondaggi resi pubblici la settimana scorsa (Mainstreet/Capitales Médias, Léger/Le Devoir/The Gazette, CROP/Cogeco e Leger/LCN) concordano nel certificare una lotta serrata tra CAQ e PLQ. Secondo il magazine di approfondimento ‘L’Actualité’, che ha fatto una media di tutti i risultati ottenuti da diversi istituti di statistica, se si andasse a votare oggi, il 30.5% sceglierebbe il Parti libéral du Québec (PLQ), il 30.2% la Coalition avenir Québec (CAQ), il 21% il Parti québécois (PQ) ed il 14.7% Québec solidaire (QS). Questo il voto popolare. Fatale per Legault (nonostante la mezza marcia indietro) l’immigrazione ed il suo test di valori e lingua francese, che comporterebbe l’espulsione dopo 3 anni in caso di fallimento. In termini di seggi, invece, combinando il vantaggio cachista tra i francofoni e nei piccoli centri della Provincia con il sistema elettorale maggioritario, la CAQ conseguirebbe 53.5 seggi, il PLQ il 45.8, il PQ il 19.1 e QS 6.6. E visto che per la maggioranza all’Assemblea Nazionale bisogna conquistare 63 seggi, l’eventuale governo cachista sarebbe un esecutivo di minoranza. Un ‘governicchio’ che, schiacciato dalla necessità della politica dei compromessi (al ribasso), potrebbe anche non durare tutta la legislatura. E a rimetterci sarebbero, come al solito, i cittadini quebecchesi.

    Il voto quebecchese in sintesi:

    Lunedì 1º ottobre, dalle 9.30 alle 20, si svolgeranno le elezioni legislative n. 42 della storia del Québec per eleggere 125 deputati che occuperanno i 125 seggi dell’Assemblea Nazionale (che corrispondono alle 125 circoscrizioni o contee elettorali).

    Le elezioni provinciali sono disciplinate da un sistema elettorale maggioritario basato su un collegio uninominale a un turno (uninominale secco). Denominato first-past-the-post (“il primo prende tutto”), prevede la vittoria del candidato che riporta il maggior numero di voti. In ogni collegio, cioè, viene eletto chi riceve più voti, mentre tutti gli altri, anche se ricevono percentuali di voto importanti, vengono esclusi. È il sistema in vigore nel Regno Unito e nella stragrande maggioranza dei Paesi anglosassoni.

    Sono 22 i partiti riconosciuti da “Élections Québec” per un totale di 940 candidati, di cui 375 donne, ovvero il 40%.

    Gli slogan dei principali partiti: “Pour faciliter la vie des Québécois” (PLQ), “Sérieusement” (PQ), “Maintenant.” e “Populaires” (QS).

    Sono 6.153.406 i cittadini quebecchesi iscritti nei registri elettorali. Alle precedenti elezioni, il 7 aprile del 2014, l’affluenza è stata del 71,4% : hanno votato 4 295 055 su 6 012 440 aventi diritto.

    Alle elezioni del 7 aprile del 2014, il PLQ ha tenuto il 41,52% dei voti (1 757 071) per un totale di 70 seggi; il PQ il 25,83% (1 074 120) per 30 seggi; la CAQ il 23,05% (975 607) per 22 seggi e QS il 7,63% (323 124) per 3 seggi.

    I candidati italo-canadesi in corsa: Loredana Bacchi (CAQ),LaFontaine; Mauro Barone (CAQ) Mille-Îles; Doni Berberi (PQ) La Peltrie; Beverly Bernardo (indipendnete) Viau; Giuseppe Cammarrota (Verdi), Nelligan; Dwayne Cappelletti (Partito Libero), Mille-Îles; Enrico Ciccone (PLQ), Marquette; Michael-Louis Coppa  (PCQ), Robert-Baldwin; Andrés Fontecilla (QS), Laurier-Dorion;  Antonino Geraci (Verdi), Sanguinet; Agata La Rosa (PLQ), Rosemont; Alexandra Liendo (PCQ), Rosemont; Alessandra Lubrina (PLQ), Gouin; Jennifer Maccarone (PLQ), Westmount-Saint-Louis; Ingrid Marini (PLQ), Brome-Missisquoi; Richard Merlini  (PLQ), La Prairie; Liana Minato (Parti 51), La Prairie; Sarah Petrari (CAQ), Jeanne-Mance-Viger; Saul Polo (PLQ), Laval-des-Rapides; Sandra Mara Riedo (Verdi),La Peltrie; Filomena Rotiroti (PLQ), Jeanne-Mance-Viger; Giuseppe Starnino (partito Libero), Saint-Jérôme; Felice Trombino, (PCQ), Soulanges; Patricia Vaca (Cambiamento), Mirabel; Claire Vignola  (PQ), Lesage; Jean-François Vignola (PCQ), Johnson; Paul-Émile Vignola (PCQ), Matane-Matapédia, Sol Zanetti (QS)m, Jean-Lesage.

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  • Couillard si difende, Legault non convince, brilla Lisée

    Couillard si difende, Legault non convince, brilla Lisée

    QUÉBEC AL VOTO Lunedì 1º ottobre

    Montréal – Tra i due litiganti, il terzo gode. Il vecchio adagio calza a pennello per descrivere la situazione politica provinciale, all’indomani del primo dibattito-tv (andato in onda su Radio-Canada, il prossimo sarà di scena giovedì 20 settembre su LNC, dopo il confronto in inglese di lunedì su CBC, Global e CTV News) che ha visto Philippe Couillard (PLQ) e François Legault (CAQ) in affanno e sotto attacco (il primo perché Primo Ministro, il secondo perché ‘battistrada’ nei sondaggi), sopraffatti da un Jean-François Lisée (PQ) tonico e rassicurante (al netto del referendum sull’indipendenza per un eventuale secondo mandato), con la stessa Manon Massé (Québec solidaire) in grado di reggere il confronto con uno spirito battagliero e autentico, salvo poi perdersi in promesse da ‘Paese dei Balocchi’ (come la gratuità scolastica fino all’Università). Legault parte bene, mettendo Couillard con le spalle al muro su un tema sensibile e spinoso come la sanità: “Il 59% dei quebecchesi –attacca – non riesce a farsi visitare dal medico di famiglia il giorno stesso, o l’indomani”. Poi il primo autogol: “Ridurrò i tempi di attesa al Pronto soccorso a massimo 90 minuti”. Cioè l’85% in meno rispetto alla media attuale. Senza spiegare, peraltro, con quali coperture finanziarie. Inoltre, pur concedendo più “potere” (di prescrizione) a farmacisti e infermieri, la missione nasce già perdente in partenza: ci vogliono anni per cambiare un sistema sanitario “malato”. D’altro canto, la ricetta del Ministro liberale Gaétan Barrette sulle supercliniche non ha convinto. Per non parlare degli aumenti di stipendio a vantaggio dei medici specialisti, giudicati come un “affronto” dai pazienti, spesso abbandonati al loro destino. Controproducenti, anche se realistici, i continui paragoni di Legault al modello dell’Ontario: “I nostri medici guadagnano il 40% in meno”. Ergendosi a paladino del capitalismo (come se i soldi fossero la soluzione di tutti i problemi). E qui la prima stoccata di Lisée: “Non è il Primo Ministro Doug Ford a decidere le politiche del Québec”. Un pizzico demagogico e populista (il Québec è pur sempre una Provincia di uno stato federale), ma utile a rinfocolare l’orgoglio quebecchese. E poi l’attacco a Couillard: “Abbandonando i più vulnerabili, il governo non ha mai mostrato la minima compassione per la sua gente”.  Ancora Legault sull’istruzione: “Tutti i bambini di 4 anni negli asili nido (classes de maternelle) o nei Centri di Piccola Infanzia (CPE)”. Ma Couillard gli ricorda che aprire gli asili anche ai bambini di 4 anni comporterebbe  costi insostenibili. I toni salgono quando il dibattito si sposta sul tema dell’immigrazione/identità nationale: Legault è apparso nervoso e approssimativo, quando gli interlocutori lo hanno attaccato sul test dei valori e sull’esame di francese: in caso di fallimento, dopo 3 anni c’è l’espulsione. “Fai paura alla gente”, lo aggredisce Couillard. Ma Legault tuona: “Smettila di darci lezioni”. Chiedendogli, invano, di scusarsi dopo che un suo candidato, Mohammed Barhone, ha accusato la CAQ di voler fare una “pulizia dell’immigrazione”. Anche Manon Massè ha il suo momento di gloria quando il dibattito si sposta sul salario minimo: “In che mondo vivete? – incalza i suoi avversari – : oggi un milione di quebecchesi vive col salario minimo: domani mattina, non fra chissà quanti anni, bisogna passare da 12 a 15 $ all’ora!”. (V.G.)

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