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  • Il Papa sarà in Canada dal 24 al 30 luglio

    Il Papa sarà in Canada dal 24 al 30 luglio

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    ROMA – Papa Francesco verrà in Canada dal 24 al 30 luglio “accogliendo l’invito delle autorità civili, ecclesiastiche e delle comunità indigene”: lo ha annunciato venerdì 13 maggio il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni.

    Si tratta del 38° viaggio apostolico del Papa che toccherà le città di Edmonton, Québec ed Iqaluit. Nell’udienza del primo aprile con le delegazioni dei popoli indigeni del Canada, incontrati prima singolarmente, Francesco aveva indicato un periodo di massima, ricordando la devozione “nei confronti di Sant’Anna, la nonna di Gesù, quest’anno – aveva detto – io vorrei essere con voi in quei giorni”.

    La memoria di Sant’Anna cade proprio il 26 luglio. Nella stessa udienza, il Papa aveva chiesto scusa per quanto accaduto nel passato e drammaticamente riemerso in questi tempi con il ritrovamento di una fossa comune nella Kamloops Indian Residential School e poi in altre: una storia di soprusi e violenze compiute tra la fine dell’800 e gli ultimi decenni del ‘900, quando il governo canadese aveva istituito le scuole residenziali per assimilare culturalmente i bambini indigeni, affidandole alle chiese cristiane locali, tra cui quella cattolica. In queste strutture i bimbi subivano spesso maltrattamenti e abusi.

    LA SCELTA DELLE TRE TAPPE NON FA L’UNANIMITÀ. Il Vaticano ha annunciato che il Pontefice si recherà in Alberta, Quebec e Nunavut. Edmonton ospita il secondo maggior numero di indigeni che vivono nei centri urbani e c’erano 25 scuole residenziali in Alberta. Iqaluit, situata sull’isola Baffin di Nunavut, ospita la più alta popolazione di Inuit. I vescovi canadesi hanno affermato che Quebec City sarà un hub per gli indigeni, non solo in Québec, ma nell’est del Paese per vedere il Papa. La città è anche vicino a Sainte-Anne-de-Beaupré, un altro importante luogo di pellegrinaggio.

    Alcuni leader indigeni non hanno nascosto la loro delusione: “Nutrivamo la speranza che sarebbe venuto a scusarsi in uno dei nostri siti delle scuole residenziali – ha dichiarato a Power Play di CTV Bobby Cameron, chief della Federation of Sovereign Indigenous Nations, che rappresenta 74 First Nations nel Saskatchewan – in uno dei nostri territori, in una delle nostre First Nations, dove la cosa avrebbe, ovviamente, un impatto significativo per i sopravvissuti, i discendenti e le famiglie”.

    Anche il presidente della Manitoba Métis Federation, David Chartrand, ha detto a CTV News Winnipeg di essere amareggiato dal fatto che il Papa non farà nemmeno tappa a Winnipeg. È rimasta Inascoltata anche la richiesta della Union of British Columbia Indian Chiefs, che aveva chiesto di includere l’ex sito della Kamloops Residential School, dove quasi un anno fa sono state scoperte numerose tombe.

    LA GIOIA DEI VESCOVI CANADESI. I Vescovi del Canada hanno accolto con gioia l’annuncio delle date del viaggio del Papa. “Una visita storica – hanno scritto in un comunicato – incentrata sulla guarigione e la riconciliazione” con i popoli indigeni. Sarà la quarta visita di un Papa in Canada, l’ultima risale al viaggio di Giovanni Paolo II nel 2002.

    “Siamo immensamente grati al Santo Padre – ha dichiarato il Vescovo Raymond Poisson, presidente della Conferenza canadese dei vescovi – per aver accettato il nostro invito a continuare il cammino” intrapreso. “Papa Francesco – ha proseguito – avrà l’opportunità di visitare i popoli indigeni nella loro terra d’origine” esaudendo il loro desiderio di ospitarlo come promesso quando li ha incontrati di recente a Roma. “Preghiamo per la salute del Santo Padre mentre iniziamo l’intensa programmazione della visita”.

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  • “Genocidio culturale”, il Papa riceve gli indigeni canadesi

    Città del Vaticano, (askanews) – Si trovano a Roma, accompagnate dai vescovi canadesi, le tre delegazioni di popoli indigeni canadesi che lunedì (gli Inuit), giovedì (i Métis) e venerdì (Prime Nazioni) incontrano il Papa in Vaticano per chiedergli le scuse per gli abusi subiti nel corso dell’ultimo secolo e mezzo nelle scuole residenziali del Canada, con la Chiesa cattolica complice di un “genocidio culturale”.

    Il primo aprile si svolgerà nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico l’Udienza, durante la quale il Papa farà mea culpa. Dal 1863 al 1998, oltre 150mila bambini indigeni vennero trasferiti in scuole residenziali gestite dalla Chiesa cattolica. Ai bambini veniva spesso vietato di parlare la loro lingua e vennero non di rado maltrattati, picchiati, e abusati sessualmente. Una commissione nata nel 2008 ha accertato che molti non tornarono mai a casa e lo stesso anno il governo canadese ha chiesto scusa per il passato.

    Il rapporto Truth and Reconciliation nel 2015 ha parlato di “genocidio culturale” ed il progetto “Missing Children” ha documentato la morte di oltre 4100 bambini. Nel 2021 è stata scoperta una nuova fossa comune, presso la Kamloops Indian Residential School, aperta dal 1890, dal 1892 gestita dalle suore Oblate di Maria Immacolata, chiusa nel 1978.

    Il Primo Ministro Trudeau ha parlato di “capitolo vergognoso della storia del nostro paese”, rinnovando l’invito al Papa di venire in Canada per affrontare la questione.

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  • All’Avana fa scalol’ecumenismo cristiano

    All’Avana fa scalo
    l’ecumenismo cristiano

    IL PUNTO di Agostino Giordano

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    Il Papa ‘venuto dalla fine del mondo’, spiazza sempre coloro che lo vogliono decifrare, spiegare. Vai per capire una cosa e lui già ne ha detta, o fatta, un’altra. C’è chi fa le pulci allo svolgimento del Concistoro che lo elesse Papa, c’è chi lo critica per le sue scarpe nere e la sua croce di legno; per la sua residenza a Santa Marta e per i modi confidenziali che ha con tutti. È Gesuita, ma fa il francescano; di più, sceglie il nome Francesco. È un Papa controcorrente. È un ‘Papa di ruolo’ che convive con un ‘papa emèrito’, e anche questo è un evento, ma sta a significare che anche un Papa può ritirarsi: bisogna farci l’abitudine. È un Papa venuto ‘dal sud del mondo’, da quel mondo povero e violentato nella sua povertà. È un Papa argentino, ma di origini italiane. Un Papa a cui piace la pulizia della Chiesa, la povertà della Chiesa. Che spesso e volentieri critica il capitalismo, critica la stessa proprietà privata. A volte sembra che – a differenza di un San Giovanni Paolo II, che combattè il Comunismo, anzi lo fece crollare, aiutato da Reagan – Papa Bergoglio cerchi di dare spallate al Capitalismo, aiutato da Castro. Papa Wojtyla giocava ai confini dell’Impero Comunista per abbatterlo, Papa Bergoglio va da Castro per criticare l’America. Ambedue hanno conosciuto, sotto denominazioni diverse, i due cancri del Novecento, nazismo e comunismo: regime contro l’uomo, contro la dignità dell’uomo. Papa Bergoglio sembra fare l’occhiolino alla ‘teologia della liberazione’, così aspramente avversata dai suoi predecessori. La povertà è una delle piaghe che Papa Francesco vorrebbe sradicare, ma non è facile. Anche perché questo non solo è reso più difficile dal particolare momento di recessione internazionale, ma perché acuito dalla Migrazione di massa che dal Medioriente e dall’Africa, ‘sud del mondo’, sta invadendo l’intera Europa. Migrazione innescata in primo luogo dalla ‘primavera araba’ che ha sconvolto la geografia politica del Nordafrica, sdoganandovi tutte le forme estremiste musulmane; quindi acuita dalla ‘crisi siriana’ e da altre pesanti frizioni d’area. In sottofondo, la continua barbara persecuzione contro i cristiani da parte delle sigle estremiste dell’Islam. Ecco, questa persecuzione feroce ricompatta i Cristiani: se motivi politici dividono Europa-Usa-Russia, l’offensiva dell’Isis li ricompatta religiosamente. L’Unione dei Cristiani è un’altra scommessa di Papa Bergoglio, su cui punta molto. Elogia apertamente Putin per la determinazione, se non per i modi spicci, con cui da solo fa la guerra all’Isis. E poi lavora, tra il diplomatico e il politico, a contattare le Chiese Orientali: va a Costantinopoli e incontra il  Bartolomeo, ed è amore fraterno a prima vista. Va a Cuba una prima volta e la sdogana politicamente; vi ritorna una settimana fa e vi incontra il Patriarca di tutte le Russie, lì in visita ufficiale; quel Kirill che, appena eletto dopo Alessio II, si fece notare per il suo Ecumenismo e voglia di Unità. Un incontro storico, dopo mille anni. Naturalmente, in questo tour de force, Papa Bergoglio non poteva dimenticare gli Stati Uniti, cattolica ma soprattutto protestante. Dunque il Pontefice ha tessuto una tela a trame strette politico-religiose, che, ad un primo esame, potevano sembrare strane o rischiose. Sull’incontro Papa Cattolico-Patriarca Ortodosso Russo avrà lavorato ai fianchi anche lo stesso Putin, sicuro com’è che, l’accordo militare-politico questa volta va cementato con la fede cristiana. L’Unità dei Cristiani può essere la leva giusta per combattere, convinti, il terrorismo islamico. Forse il modo migliore per estirpare questo cancro del XXI secolo e per far sparire divisioni politiche e ritirare embarghi economici fratricidi all’interno dell’Europa. Non per niente, al termine dell’incontro, all’aeroporto dell’Avana, Papa Francesco e il Patriarca Kirill hanno diffuso un comunicato congiunto, in cui hanno espresso la speranza di riunire le due Chiese e hanno chiesto ai leader del mondo di proteggere i Cristiani dalle persecuzioni. Come inizio non è poco. È un esempio concreto di Unità. Di problemi da discutere, tra il Vaticano e Mosca, ce ne sono tanti, ma non insuperabili. Le reciproche scomuniche, di mille anni fa, oggi possono elidersi in un ‘Amin’.

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  • Papa Francescoapre la Porta Santa

    Papa Francesco
    apre la Porta Santa

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    L’abbraccio con Benedetto XVI in occasione dell’apertura dell’Anno Santo. “La Chiesa esca dalle secche”, ha detto il Pontefice. Presenti Mattarella e Renzi. Grande spiegamento delle forze dell’ordine. A San Pietro oltre 50mila fedeli

    Roma – Il mondo intero ha visto Papa Francesco spingere con forza gli stipiti della Porta Santa di San Pietro che per una curiosa coincidenza sembrava resistergli. Un gesto emblematico, che ha reso plasticamente l’intento di Bergoglio di spingere “la Chiesa ad uscire dalle secche per riprendere con entusiasmo il cammino missionario”. Questo, ha spiegato nella sua omelia, si propone il Giubileo della Misericordia aperto ufficialmente l’8 dicembre.

    Due Papi al Giubileo – Presente anche Benedetto XVI, che ha varcato per secondo la Porta Santa di San Pietro, con un gesto di affetto al successore, con il quale si è abbracciato prima nell’atrio e poi nella Basilica. Una presenza importante perché testimonia il pieno appoggio di Joseph Ratzinger alla Riforma di Francesco, osteggiata da molti all’interno della Chiesa e della stessa Curia Romana, e che avrà un’accelerazione con l’inizio del Giubileo dopo l’apertura della prima Porta Santa, avvenuta a Bangui in Centrafica, lo scorso 29 novembre.

    Bergoglio: lasciamo ogni paura “Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma”, ha esortato il Pontefice ricordando che la visione cristiana ci chiede di “anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia”. “Attraversare la Porta Santa ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore”, ha auspicato nell’omelia della messa celebrata in piazza San Pietro davanti alla folla di fedeli e alle delegazioni ufficiali (per l’Italia c’erano il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi e il Ministro degli interni Angelino Alfano).

    Il terzo Giubileo del ‘900 – Quello indetto da Francesco è il terzo Giubileo straordinario dall’inizio del ’900: nel 1933 Pio XI proclamò l’Anno Santo per i 19 secoli dalla morte di Gesù, Paolo VI ne aprì uno nel 1966 per cinque mesi e l’8 dicembre scorso è toccato a quello di Papa Francesco, che imprime così un’accelerazione pastorale verso la “misericordia”. “Che il Giubileo della Misericordia porti a tutti la bontà e la tenerezza di Dio”, ha auspicato il Pontefice in un tweet.

    Porte sante aperte in tutto il mondo – Per la prima volta nella storia si sono aperte le Porte sante in ogni diocesi, in tutta Italia e ai quattro angoli della terra, fino alla periferie più disagiate. Da Roma fino ad Aleppo, in Siria, dove il Giubileo è stato celebrato nella parrocchia di San Francesco colpita ad ottobre da un lancio di granate da parte dell’Is. Così il Papa ieri ha inaugurato il primo Anno santo “diffuso”. È la grande novità storica di Francesco che dopo sette secoli di giubilei, ha messo sullo stesso piano religioso il Cupolone e le cattedrali di ogni diocesi. Non ci sarà dunque bisogno di arrivare fino a Roma per ricevere l’indulgenza papale, che fino al 20 novembre 2016 si potrà ottenere con un pellegrinaggio nelle rispettive diocesi.

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