Tag: Justin Trudeau

  • Trudeau “riapre” l’Ambasciata a Kiev

    Trudeau “riapre” l’Ambasciata a Kiev

    Il leader liberale annuncia altri aiuti militari per 50 milioni di dollari

    KIEV – Il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ha annunciato a Kiev, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la progressiva riapertura dell’Ambasciata canadese in Ucraina. In precedenza, aveva accolto l’Ambasciatrice Larisa Galadza, partecipando alla cerimonia dell’alzabandiera. Domenica 8 maggio, accompagnato dalla Vicepremier e Ministra delle Finanze, Chrystia Freeland, e dalla Ministra degli Affari Esteri, Mélanie Joly, in un viaggio a sorpresa per motivi di sicurezza, il Premier ha promesso ulteriori aiuti militari per un valore complessivo di 50 milioni di dollari, compresi droni, immagini satellitari, armi di piccole dimensioni, munizioni e strumenti per lo sminamento.

    Trudeau ha poi annunciato la revoca dei dazi sulle importazioni ucraine e il pagamento di 25 milioni a favore del ‘Programma alimentare mondiale per contrastare l’insicurezza alimentare nel Paese’. “È chiaro che Putin è responsabile per gli odiosi crimini di guerra e deve risponderne”, ha quindi tuonato. Ottawa imporrà sanzioni contro altri 40 individui e cinque entità giuridiche russe: si tratta di oligarchi, stretti collaboratori del regime e del settore della difesa, “tutti complici della guerra di Vladimir Putin”.

    Zelensky, dal canto suo, ha espresso tutta la sua gratitudine per aiuti pari a 1,5 miliardi di dollari da parte del Canada, il contributo più consistente dopo quello degli Stati Uniti. Il Primo Ministro canadese si è poi recato a Irpin, sobborgo di Kiev. Lo ha reso noto il sindaco, spiegando che Trudeau ha potuto vedere con i suoi occhi la distruzione causata dalla guerra russa. La città era stata teatro di combattimenti particolarmente pesanti a marzo, quando le forze russe avevano tentato l’assalto alla capitale.

    Nelle stesse ore, anche Jill Biden, la moglie del presidente degli Stati Uniti, ha incontrato a sorpresa la sua omologa, Olena Zelenska, in Ucraina.Mrs Biden e la moglie del presidente ucraino Zelesnky si sono incontrate in una scuola di Uzhhorod, una città di 100 mila abitanti a pochi chilometridal confine con la Slovacchia.

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  • Patto Liberali-NDP per blindare il governo

    Patto Liberali-NDP per blindare il governo

    OTTAWA – Il 21 ottobre del 2019, il Partito Liberale si è aggiudicato le elezioni numero 43 della storia federale, senza però riuscire ad accaparrarsi i 170 seggi necessari per ottenere la maggioranza relativa alla Camera dei Comuni. Abbiamo subito scritto che l’azione di governo sarebbe stata condizionata dai patti che avrebbe dovuto stringere, di volta in volta, con il Partito Neodemocratico o con il Bloc Québécois.

    Alla fine, stanco di rischiare di cadere ogni volta che si vota il budget annuale, o si pone la questione di fiducia, il Primo Ministro Justin Trudeau ha scelto il Nuovo Partito Democratico (NDP). In nome della stabilità e della continuità, le due anime del centrosinistra canadese hanno messo da parte le diffidenze reciproche, scambiandosi un ramoscello d’ulivo. Jagmeet Singh si è impegnato a sostenere il governo liberale in tutti i voti di fiducia fino alla scadenza naturale della legislatura, cioè fino a giugno 2025. Un appoggio esterno in cambio di un programma di cure dentistiche per le famiglie a basso reddito, un allargamento dei cordoni della borsa per il Childcare nazionale ed altre politiche in materia di salute.

    Presentando l’accordo, Trudeau ha spiegato che “i Canadesi hanno bisogno di stabilità” e che “nessuno trae vantaggio” quando il Parlamento “non funziona correttamente”. In questo modo, con il fronte interno sotto controllo, i Liberali potranno dedicarsi alla gestione della fase post-pandemica ed al terremoto geopolitico scatenato dalla guerra in Ucraina. Il nuovo accordo tra i Liberali e l’Ndp non rappresenta una coalizione formale e non prevede che i Socialdemocratici entrino a far parte del governo.

    In ogni caso, il patto non è del tutto vincolante: da un punto di vista regolamentare, infatti, l’Ndp potrebbe in qualsiasi momento togliere il suo sostegno al governo, anche se a questo punto l’ipotesi diventa decisamente remota. L’accordo è stato aspramente criticato dal leader protempore dei Conservatori, Candice Bergen: “La costruzione della Nazione viene sostituita dalla compravendita di voti, il dibattito parlamentare dagli accordi fatti in segreto, la responsabilità politica dall’opportunismo”. Anche il Bloc Québécois ha bocciato senza mezzi termini la “manovra di palazzo”, tacciandola come l’ennesimo tentativo di Trudeau di restare al potere in una fase di grande difficoltà.

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  • Il potere logora chi ce l’ha

    Il potere logora chi ce l’ha

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    ‘Il potere logora chi non ce l’ha’, amava ripetere Giulio Andreotti, personaggio-simbolo della Democrazia Cristiana e, per antonomasia, della Prima Repubblica italiana. Evidentemente, in Canada, il potere logora anche chi ce l’ha. È il caso del Primo Ministro Justin Trudeau, che, a Ferragosto, nel bel mezzo dell’estate e delle ferie per molti ancora in corso, con la quarta ondata della pandemia ormai alle porte (nonostante i vaccini) ed il mondo alle prese con la rediviva minaccia talebana (e la drammatica crisi umanitaria che sta per abbattersi sull’Afghanistan), ha convinto la neo Governatrice generale di indire le elezioni anticipate per lunedì 20 settembre. (Perchè poi si voti in un giorno lavorativo, piuttosto che di domenica, resta un mistero indecifrabile tutto canadese). Una chiamata alle urne di cui nessuno, tranne Trudeau naturalmente, avvertiva la necessità. La giustificazione avanzata dal leader liberale non convince: dopo 2 anni di gestione della pandemia, «spetta ai Canadesi stabilire come portare a termine la lotta al Covid-19 e come far ripartire il Paese. Hanno il diritto di esprimersi», ha sottolineato il leader liberale. Ci risulta che i Canadesi si siano espressi meno di 2 anni fa – era il 21 ottobre del 2019 – affidando a Trudeau il compito di formare un governo minoritario (potendo contare su 157 seggi, rispetto ai 181 appannaggio dei partiti di opposizione). Il messaggio è stato chiaro: affidiamo la guida del Paese a Trudeau, ma senza carta bianca: sui singoli provvedimenti, preferiamo che si confronti con gli altri partiti. Una scelta legittima, tanto che 4, delle ultime 6 elezioni, hanno partorito governi di minoranza. Un esito che Trudeau, sentendosi un leader dimezzato, non ha mai davvero accettato. Un disagio acuito dalla pandemia, un evento raro e imprevedibile, ma la cui gestione rientra tra le prerogative di qualsiasi governo democraticamente eletto. E così, con il pretesto dell’ostruzionismo delle opposizioni in Parlamento (sebbene ci risulti che il governo abbia legiferato senza troppi intoppi, grazie al sostegno spesso incondizionato dell’NDP), sulle ali della popolarità certificata dai sondaggi e mirando a capitalizzare il massiccio sostegno pubblico fornito ai cittadini (con la PCU) ed alle imprese (con il sussidio agli affitti), Trudeau ha forzato la mano, ed i tempi, per consolidare il suo potere puntando su un governo maggioritario. As simple as that. Naturalmente, il fine giustifica i mezzi. E così, il Canada spenderà 612 milioni di fondi pubblici (100 milioni in più, rispetto all’ultima volta) per mettere in moto la macchina elettorale. Poco importa se, nel frattempo, il deficit per il 2020/21 sia deflagrato a 354 miliardi e se il debito pubblico sia esploso a 1079 miliardi, il 49% del Prodotto Interno Lordo. ‘Quisquilie’, direbbe Totò. Fermo restando il diritto costituzionale di Trudeau di porre fine alla legislatura, resta la sensazione di un voto forzato, sicuramente né essenziale né pertinente, che assume più le sembianze di un referendum sulla sua gestione della pandemia. Trudeau scommette sulla generosità dei suoi programmi di sostegno, per ottenere la giusta ricompensa dai cittadini-beneficiari. Un rischio calcolato, forse rischioso e inopportuno, ma che alla fine dovrebbe premiarlo, anche per la manifesta inferiorità degli avversari politici. I leader dell’opposizione, infatti, continuano ad annaspare: O’Toole è freddo e poco carismatico, Yves-François Blanchet è solido e persuasivo, ma limitato ai confini identitari della Belle Province, mentre Jagmeet Singh fa demagogia con proposte anti-economiche da Repubblica socialista. Alla fine, a spuntarla potrebbe essere proprio chi, logorato dal potere, ha sparigliato le carte per avere ancora più potere: Justin Trudeau.

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  • Scuse sacrosante. E ora tre opere per non dimenticare

    Scuse sacrosante. E ora tre opere per non dimenticare

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    Campo di Petawawa, Ontario

    Giustizia è fatta. Dopo oltre 80 anni di colpevole silenzio, il cerchio si è chiuso e la dolorosa cicatrice dell’internamento può finalmente rimarginarsi. Il Primo Ministro Justin Trudeau ha mantenuto la promessa. E poco importa se ci saranno le elezioni il prossimo autunno. Le speculazioni elettoralistiche non ci riguardano: conta solo il risultato. Dopo l’annuncio del giugno 2019, il leader liberale ha fatto ‘mea culpa’ in Parlamento, a nome del governo, per il trattamento ingiusto e discriminatorio inflitto agli Italo-Canadesi durante la Seconda Guerra Mondiale, quando oltre 600 uomini e donne furono internati ed oltre 31mila finirono sotto la stretta sorveglianza della Gendarmeria Reale del Canada (GRC), in quanto “nemici stranieri”. Senza alcuna prova, senza un preciso capo di accusa, senza un giusto processo, con i beni confiscati e mai più restituiti. Un’intera Comunità, peraltro già integrata nel tessuto sociale ed economico del paese, messa alla berlina, vittima di odiosi pregiudizi, violenze gratuite e razzismo strisciante (con una diffidenza che si è trascinata per decenni), solo perchè di origine italiana. Ed è stato un bene che a cospargersi il capo di cenere sia stato Trudeau, visto che l’artefice di quei provvedimenti incivili è stato un altro Primo Ministro liberale, William Lyon MacKenzie King. È vero che già il Primo Ministro conservatore Brian Mulroney aveva presentato le scuse pubbliche nel 1990, parlando di trattamento “abusivo, ingiusto e illegale”, ma lo aveva fatto in occasione di un evento comunitario, senza il sigillo della cornice istituzionale. Tornando all’attualità, è ancora più significativo il fatto che Trudeau, nell’offrire le scuse, si sia rivolto in italiano (“Signor Presidente”) ad Anthony Rota, primo Italo-Canadese della storia a presiedere la Camera dei Comuni. Non poteva esserci finale migliore. Con buona pace di chi, ancora oggi, anche tra gli agguerriti storici di origine italiana, si ostina ad accusare il governo di lettura semplicistica dei fatti del tempo. La verità è che le autorità canadesi, adottando la ‘War Measures Act’ e sospendendo le libertà civili, hanno agito d’impulso e “sparato” nel mucchio per precauzione, sulla base di sospetti, congetture e supposizioni. Confondendo il patriottismo, l’attaccamento alle proprie origini con il sostegno al regime fascista. E così, temendo fantomatici atti di sabotaggio o di terrorismo, se non addiritttura un’inverosimile ‘Quinta Colonna’, hanno fatto degli Italo-Canadesi dei ‘capri espiatori’. Quando invece i pochi fanatici erano solo vittime ingenue della propria esuberanza (“Non hanno obbedito a nessuna considerazione di filosofia politica”, scrive Mario Duliani in ‘Città senza donne’, 1946). Mentre in tanti si sono arruolati da volontari nell’esercito di Sua Maestà, combattendo valorosamente sul fronte del Pacifico, fino a perdere la vita per difendere i valori della loro patria adottiva. Adesso manca solo l’ultimissimo tassello per completare l’opera: un indennizzo per finanziare progetti comunitari affinché questa pagina oscura della storia canadese costituisca un monito per le generazioni future. Non auspichiamo un risarcimento pari ai 300 milioni di dollari accordati ai 22 mila Canadesi di origine giapponese in occasione delle scuse formali del 1988, anche perché i ‘protagonisti’ sono ormai passati a miglior vita, ma un fondo simbolico per alcuni progetti specifici, così come emerge dalla proposta “Riconoscere, commemorare e insegnare” presentata al governo nel giugno del 2019 da tre Organismi in rappresentanza della Comunità: il Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi, la Federazione Nazionale dell’Associazione della gente d’affari e dei professionisti Italo-Canadesi (CIBPA) e l’Ordine dei Figli e delle Figlie d’Italia del Canada. Le tre organizzazioni hanno prospettato al governo tre lodevoli iniziative: l’allestimento di una Mostra commemorativa al Canadian Museum for Human Rights di Winnipeg; la creazione di Museo permanente alla Casa d’Italia di Montréal sulla storia della Comunità Italo-Canadese; e l’attivazione di tre Centri di studio – in altrettante Università: Montréal, Toronto e Vancouver – per l’insegnamento del contributo Italo-Canadese allo sviluppo della società canadese. Tre proposte di buon senso e di stampo educativo: per non dimenticare e per investire in un futuro migliore. Affinché valori come resilienza, tenacia, coraggio, forza di volontà, senso della famiglia e spirito di sacrificio diventino valori imprescindibili e non negoziabili per tutti i Canadesi.

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  • Justin Trudeau chiede scusa agli Italo-Canadesi

    Justin Trudeau chiede scusa agli Italo-Canadesi

    Il MEA CULPA del Primo Ministro in Parlamento

    «NOI CI SCUSIAMO»

    La mozione è stata approvata all’unanimità, appoggiata anche dagli altri leader dei partiti in Parlamento: Erin O’Toole (PCC), Marie-Hélene Gaudreau (PQ), Jagmeet Singh (NDP) ed Elisabeth May (Verdi). Ecco il video degli interventi.

    OTTAWA – Il 27 maggio resterà una data storica per la Comunità Italo-Canadese. Alle ore 10:05, il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ha offerto le scuse ufficiali, in Parlamento, per l’internamento indiscriminato e ingiustificato perpetrato dalla autorità di Ottawa ai danni degli Italo-Canadesi, durante la Seconda Guerra Mondiale.

    Nel suo intervento alla Camera dei Comuni, Trudeau ha raccontato la storia di un Italo-Canadese, Giuseppe Visocchi, arrestato in occasione di un matrimonio sulla strada Dante, a Montréal, nel 1940. Il Primo Ministro ha illustrato così il danno arrecato alla Comunità italiana del Canada durante quel periodo buio della storia. Gli Italo-Canadesi arrestati furono internati a Petawawa, Kanaskakis, Kingston o Fredericton come “Nemici dello Stato”. “La politica dell’internamento è stata ingiusta», ha aggiunto Trudeau. «In alcuni casi l’internamento è durato pochi mesi, altri sono stati detenuti per anni, ma gli impatti si sono fatti sentire per tutta la vita». Nel caso del Signor Visocchi, l’internamento è durato due anni. “Due anni durante i quali i suoi sette figli avevano bisogno del padre – ha sottolineato Trudeau – : due anni durante i quali sua moglie non sapeva come sarebbe riuscita a nutrirli ed a prendersi cura di loro. Due anni durante i quali questa madre ha dovuto resistere da sola, senza soldi, e incapace di chiedere aiuto ai familiari per paura di rappresaglie”. Trudeau ha concluso il suo intervento ringraziando gli Italo-Canadesi per il loro contributo allo sviluppo della società canadese. «A tutti gli Italo-Canadesi che arricchiscono le nostre Comunità, da St. John’s a Vancouver, da Montréal all’estremo Nord, il vostro esempio ci ricorda che la diversità sarà sempre la nostra forza. Il coraggio, la resilienza e la ferma convinzione che insieme siamo più forti», ha detto in francese, inglese e italiano.

    Il 14 aprile scorso, il leader liberale si era impegnato nella Camera dei Comuni a “corregge questo torto perpetrato nei confronti della Comunità italiana”, in risposta ad un’interrogazione parlamentare del deputato Italo-Canadese Angelo Iacono.

    Un gruppo di Italo-Canadesi internati nel campo di Fredericton, 1941.
    FOTO: GLENBOW ARCHIVES

    Oltre 600 Italo-Canadesi – ricordiamolo – furono internati nei campi di concentramento (come quello tristemente noto di Petawawa, in Ontario), dopo che nel 1940 l’Italia decise di allearsi con la Germania e di entrare in guerra contro gli Alleati. Molti di loro avevano il passaporto canadese e alcuni erano addirittura nati in Canada. Senza alcuna specifica accusa e senza un giusto processo. Colpevoli solo di essere di origine italiana. Salvo poi essere liberati senza alcun risarcimento per i beni confiscati. In tutto il Paese, circa 31 mila Italo-Canadesi finirono sotto la stretta sorveglianza della Gendarmeria Reale del Canada (RCMP), perché “stranieri nemici”. Costretti ad affrontare sofferenze, angherie, vessazioni e discriminazioni.

    «I Canadesi di origine italiana – aveva dichiarato Trudeau in Parlamento il mese scorso – subiscono discriminazioni persistenti e stereotipi legati agli errori commessi dai nostri governi e dalle nostre istituzioni del passato che continuano a perseguitarli anche oggi”. “Giovedì – ha twittato qualche giorno fa il Primo Ministro – ho avuto degli incontri virtuali con alcune famiglie di Italo-Canadesi internati durante la Seconda guerra mondiale. Abbiamo parlato di questo momento oscuro della storia del Canada e di come la Comunità Italo-Canadese abbia sopportato per troppo tempo il peso di questa ingiusta politica”. “I Canadesi di origine italiana – ha poi aggiunto Trudeau in una nota ufficiale – hanno dato Un immenso contributo sociale, economico e culturale al nostro Paese. Non possiamo cancellare i nostri fallimenti passati, ma, presentando queste scuse, ci auguriamo di contribuire a rendere giustizia a chi ha sofferto e fare in modo che le lezioni apprese non siano dimenticate».

    Dopo 81 anni, il governo liberale ha posto rimedio ad una grave ingiustizia, visto che ad ordinare l’internamento era stato il Primo Ministro dell’epoca, il liberale Mackenzie King. Saldando, così, un debito con la storia e rimarginando una cicatrice che non si è mai completamente cicatrizzata.

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  • A maggio le scuse ufficiali agli Italo-Canadesi

    A maggio le scuse ufficiali agli Italo-Canadesi

    OTTAWA – La pazienza degli Italiani sta per essere premiata. I tempi sembrano essere finalmente maturi. Il 14 giugno 2019, il Primo Ministro Justin Trudeau si era pubblicamente impegnato a presentare le scuse ufficiali del governo alla Comunità italo-canadese per gli arresti indiscriminati e ingiustificati perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale. Poi è arrivata la pandemia, che ha sconvolto le nostre vite e dettato l’agenda del governo, per forza di cose incentrata sull’emergenza sanitaria ed economica. Con l’avvento dei vaccini, intravediamo la luce in fondo al tunnel. Ed è in questo solco di speranza, di fiducia e di rinascita che si inserisce l’annuncio del capo del governo canadese: Ottawa presenterà le sue scuse ufficiali nel mese di maggio (la data precisa non è ancora disponibile). Nel 1988, ricordiamolo, il Canada si è scusato formalmente offrendo risarcimenti pari a 300 milioni di dollari ai Canadesi di origine giapponese, 22.000 dei quali furono internati durante la Seconda guerra mondiale. Trudeau non ha specificato se ci sarà un indennizzo anche per gli Italo-Canadesi. Ci auguriamo, naturalmente, che questo annuncio non si riveli un mero calcolo elettorale, visto che si parla con sempre maggiore insistenza di elezioni imminenti già nel prossimo autunno. 

    In un comunicato ufficiale, il governo ha ricordato come oltre 600 Italo-Canadesi furono internati nei campi di concentramento (come quello tristemente noto di Petawawa, in Ontario), dopo che nel 1940 l’Italia decise di allearsi con la Germania e di entrare in guerra contro gli Alleati. In tutto il Paese, circa 31 mila Italo-Canadesi finirono sotto la stretta sorveglianza della Gendarmeria Reale del Canada (RCMP), perché “stranieri nemici”. Mercoledì 14 aprile, rispondendo ad un’interrogazione del deputato Angelo Iacono, Trudeau ha annunciato alla Camera dei Comuni che il suo governo “correggerà questo torto”. “Centinaia di Italo-Canadesi furono internati semplicemente perché di origine italiana”, ha detto Iacono nel corso del suo intervento, via Zoom, dall’ufficio di circoscrizione. “Sono stati sradicati dalle loro case, lasciando in molti casi i bambini senza padri e le famiglie senza uno stipendio per mettere il cibo a tavola. Delle vite e delle carriere, delle imprese e delle reputazioni sono state interrotte e rovinate, senza che mai nessuno sia stato ritenuto responsabile. Gli Italo-Canadesi convivono con questi ricordi da molti anni e meritano di voltare pagina».  Trudeau ha risposto che i Canadesi di origine italiana “subiscono discriminazioni persistenti e stereotipi legati agli errori commessi dai nostri governi e dalle nostre istituzioni del passato, che continuano a influenzarli fino ad oggi”. “Sono orgoglioso di alzarmi in piedi – ha detto il Primo Ministro, levandsi dal suo scranno – e di poter affermare che il nostro governo correggerà questo torto perpetrato verso la Comunità italiana, con delle scuse ufficiali a maggio”. Il comunicato stampa del governo ricorda come, nel 1939, il Regolamento per la difesa del Canada conferiva al Ministro della Giustizia il diritto di procedere a internarmenti, sequestrare beni e proprietà e limitare le attività dei residenti canadesi nati in paesi in guerra con il Canada. Nel 2018, la Gendarmerie Royale du Canada (GRC) ha rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva tutto il suo rammarico per il coinvolgimento nelle operazioni di internamento. Decenni dopo l’internamento nella seconda guerra mondiale – continua la nota del governo –  gli Italo-Canadesi continuano a dichiarare la loro fedeltà al Canada. Queste scuse ufficiali onoreranno le famiglie di ciascuno dei 600 internati. È un atto di rispetto e riconoscimento per l’ingiustizia commessa nel 1940. Ai canadesi di origine italiana sono stati lesi i diritti civili, influenzando e cambiando le loro vite per sempre. Il Canada – conclude il comunicato – ospita oltre 1,6 milioni di Canadesi di origine italiana, una delle più grandi diaspore italiane nel mondo. Negli anni successivi alla guerra, questi hanno dato un contributo incommensurabile al tessuto sociale, culturale ed economico del Canada”. 

    La notizia è stata accolta con enorme soddisfazione dai 10 parlamentari liberali Italo-Canadesi: il Ministro della Giustizia David Lametti, il Ministro dell’Immigrazione Marco Mendicino, la Ministra del Lavoro Filomena Tassi, Judy A. Sgro, Francesco Sorbara, Angelo Iacono, Patricia Lattanzio, Francis Scarpaleggia, Chris Bittle e Mark Gerretsen (entrambi italiani da parte materna). “Diversi residenti Italo-Canadesi – hanno dichiarato in una nota ufficiale – hanno subito danni irreparabili. Il governo si scuserà ufficialmente con tutti i membri delle famiglie degli internati nei campi di Fredericton, Kananaskis e Petawawa. Il loro patrimonio culturale poteva essere italiano, ma erano prima di tutto canadesi. In qualità di deputati italiani, siamo grati a tutti coloro che, prima di noi, hanno messo in luce e contribuito a rendere queste scuse una realtà per le famiglie coinvolte e le nostre Comunità Italo-Canadesi”. (V.G.)

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  • Più della metà dei canadesi sarà vaccinata entro settembre

    Più della metà dei canadesi sarà vaccinata entro settembre

    di Giulia Verticchio

    OTTAWA Trudeau non ha date precise. Legault incalza. La ‘Santé publique du Canada’ evocava già lo scenario piuttosto ottimista in cui la maggior parte dei 38 milioni di canadesi potrebbero essere vaccinati entro la fine del 2021, ma il Primo Ministro del Canada è andato poi più lontano: “Ci sono buone possibilità che, se tutto va come previsto, si possa vaccinare la maggior parte dei canadesi di qui a settembre prossimo”, ha dichiarato Justin Trudeau, non potendo dare tuttavia dettagli su quando le prime dosi potrebbero essere somministrate, sottolineando che bisogna prima pensare alla ‘linea di arrivo’ che alla ‘linea di partenza’ della corsa, riferendosi a quella che sarà l’effettiva distribuzione dei vaccini da parte delle case farmaceutiche. Alcuni Primi ministri provinciali, spazientiti, reclamano un calendario chiaro, soprattutto François Legault. Le autorità federali tuttavia attendono la prima consegna dei vaccini candidati di Pfizer e Moderna negli Stati Uniti, previa approvazione del Food and Drug Administration (FDA), a partire da dicembre. Dopodiché, Health Canada procederà il più velocemente possibile. Ottawa si è riservata 40 milioni di dosi per questi due vaccini, con delle opzioni per 132 milioni di dosi supplementari.

    Un Maggior Generale responsabile della distribuzione. Trudeau ha anche annunciato che sarà il Maggior Generale Dany Fortin (nella foto a destra) delle Forze Armate Canadesi (FAC) il responsabile dell’operazione federale di distribuzione dei vaccini, dirigendo la logistica per la Public Health Agency of Canada. Quebecchese, originario di Montmagny, nella regione Chaudière-Appalaches, Fortin ha sulle spalle 35 anni di servizio, è stato Comandante della divisione militare che interviene in caso di catastrofi naturali, Comandante della 5° Brigata Meccanizzata del Canada a Valcartier, in Québec, schierato in Bosnia e in Afghanistan, nonché a capo della missione della North Atlantic Treaty Organization (NATO) in Irak. La sua scelta è stata accolta con favore dagli ambienti militari e anche dall’opposizione: il deputato conservatore Pierre Paul-Hus lo ha definito “molto organizzato e cartesiano, ma anche molto umano”. Circa 27 membri delle forze armate sono stati distaccati per sostenere l’Agenzia federale della Sanità Pubblica nell’operazione di immunizzazione. Il loro compito si preannuncia complesso data la geografia del paese, i requisiti per la conservazione del vaccino a temperature estremamente rigide e il necessario coordinamento tra i diversi livelli di governo. Ottawa ha acquistato 126 congelatori, 26 dei quali in grado di raggiungere la temperatura di -75°C. Anche il governo provinciale dell’Ontario, per dirigere l’operazione di vaccinazione sul suo territorio, ha designato il Generale in pensione Rick Hillier, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa. Il Quèbec, invece, ha optato per l’alto funzionario Jérôme Gagnon.

    Chiusura della frontiera
    terrestre tra Canada e Stati Uniti estesa fino al 21 Gennaio
    . Justin Trudeau ha annunciato che, in accordo con le autorità governative americane, la chiusura del confine tra Canada e Stati Uniti per i viaggi non essenziali, che era stata stabilita fino al 21 Dicembre, è stata prorogata di altri 30 giorni, fino al 21 Gennaio. Ricordiamo che la frontiera tra due paesi più lunga del mondo è chiusa agli spostamenti non essenziali dal 18 Marzo. Il travel ban non si applica a coloro che devono attraversare la frontiera per garantire il flusso continuo di merci e servizi essenziali.(G.V.)

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  • Asse Legault-Ford: più fondi per la sanità

    Asse Legault-Ford: più fondi per la sanità

    TORONTO – Le due province più popolose del Canada, il motore economico del paese, uniscono le forze e parlano all’unisono per convincere il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ad allargare i cordoni della borsa ed aumentare i fondi destinati alla sanità. È stata questa la richiesta principale emersa dal summit interprovinciale tra Québec e Ontario che si è tenuto martedì e mercoledì scorso a Mississauga. “Il sistema sanitario – ha dichiarato Legault – rappresenta una risorsa provinciale, ma attualmente deve assorbire il peso del contagio di Covid-19. Abbiamo bisogno di un maggiore sostegno da parte del governo federale”. Ricordiamo che Québec e Ontario sono le province che hanno registrato il maggior numero di contagi, rispettivamente oltre 65 mila e quasi 50 mila. Con una crescita preoccupante anche negli ultimi giorni. “Nel momento in cui le entrate delle province aumentano di circa il 3% ogni anno – ha aggiunto Leagult – la spesa in ambito sanitario è balzata dal 5 al 6% a causa dell’’invecchiamento della popolazione e dell’acquisto di nuovi farmaci e tecnologie sanitarie. Per questo motivo, François Legault e l’omologo dell’Ontario, Doug Ford, hanno chiesto esplicitamente a Trudeau di aumentare i fondi federali stanziati per la sanità su basi “ricorrenti e senza condionalità”. Ad oggi i due Premier non hanno ancora quantificato le loro richieste, ma lo faranno già “nelle prossime settimane”. Nnon solo. Il Premier della provincia francofona ha ribadito come Ottawa dovrebbe fare di più anche su altri fronti, come quello degli investimenti nelle infrastrutture. Al vertice, il Premier Legault era accompagnato dal Ministro delle Finanze Éric Girard, dal Ministro della Sanità Christian Dubé, dal Ministro dell’Economia e dell’Innovazione Pierre Fitzgibbon e dal Ministro del Tesoro con delega alle infrastrutture, Sonia LeBel. In attesa di sviluppi col governo provinciale, una decisione tangibile è stata già presa: il vertice bilaterale si terrà ogni anno al fine di rafforzare le relazioni ed i rapporti commerciali tra le due province. “Il nostro obiettivo è quello di collaborare – ha sottolineato Ford – per poter accelerare sul fronte della ripresa economica, sulla creazione dei posti di lavoro. Allo stesso tempo lavoreremo insieme per rafforzare la sostenibilità dei nostri settori sanitarie. Questo summit offre l’opportunità storica di rafforzare la partnership regionale con il Quebec, per assicurarci che saremo in grado di fornire risposte concrete alla gente e alle imprese delle due province”. Québec e Ontario, più che mai vicine, non solo geograficamente, ma anche politicamente. Un asse strategico che Ottawa non potrà far finta di ignorare.

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  • Erin O’Toole è il nuovo leader

    Erin O’Toole è il nuovo leader

    OttawaErin O’Toole è il nuovo leader del Partito Conservatore del Canada (CPC): la sua elezione è stata ufficializzata domenica notte al terzo scrutinio ed al termine di uno scrupoloso conteggio. O’Toole si è aggiudicato le primarie con il 57% dei voti e 19.271 punti, mentre l’ex Ministro della Giustizia Peter MacKay, considerato il favorito alla vigilia, è arrivato secondo con il 43% e 14.528 punti. I punti necessari per spuntarla erano 16.901 (sui 33.800 che rappresentano le 338 circoscrizioni). Leslyn Lewis è stata eliminata al secondo turno (10.140 punti), mentre Derek Sloan non è andato oltre il primo turno. In tutto, ad avere diritto di voto erano 269.000 iscritti al partito ed il tasso di partecipazione è stato del 65%. Una partecipazione da record. In particolare, secondo le nostre informazioni, nella circoscrizione di Saint Léonard O’Toole ha riscosso il 70% dei consensi. O’Toole, è bene sottolinearlo, ha incassato l’appoggio di un esponente di spicco del partito conservatore come l’Italo-Canadese Vincenzo Guzzo (nella foto in basso), che ha occupato anche il ruolo di presidente del comitato di raccolta fondi durante la campagna elettorale. A favore di O’Toole, inoltre, si è espresso pubblicamente anche Ilario Maiolo, ex candidato conservatore nella contea di Saint-Léonard. Erin O’Toole, sostenuto anche dal Primo Ministro dell’Alberta Jason Kenney, succede così al dimissionario Andrew Scheer ed assume anche il ruolo di capo dell’opposizione ufficiale alla Camera dei Comuni, dove oggi i conservatori contano 121 deputati. Un ruolo che sembra calzargli a pennello, grazie ad una personalità più forte e ad un piglio molto più carismatico rispetto al precedessore. Lo ha dimostrato subito dopo l’elezione, attaccando a testa bassa Justin Trudeau: “Trudeau e il suo governo stanno indebolendo il nostro Paese – ha detto nel suo discorso di insediamento -. Dobbiamo continuare a mettere in risalto la corruzione e i fallimenti liberali, ma dobbiamo anche far conoscere ai canadesi la nostra visione per un Canada più forte, più prospero e più unito. Il mondo – ha poi sottolineato – ha bisogno di più Canada e di meno Justin Trudeau”. “I quebecchesi nazionalisti – ha quindi aggiunto per ingraziarsi  l’elettorato della Belle Province – hanno un peso importante in seno al partito conservatore”. “Noi saremo il partito dei cittadini dimenticati”, ha concluso. Il neo leader conservatore sembra già pronto a sfidare il Partito Liberale. Il governo di minoranza guidato da Justin Trudeau, che ha messo fine alla sessione parlamentare in corso, dovrà sottoporsi ad un voto di fiducia in occasione del Discorso del Trono fissato per il 23 settembre. Se non in autunno (poco probabile), già la prossima primavera potremmo essere in piena campagna elettorale. Con Erin O’Toole che sembra determinato a riconquistare il potere. 

    IL PROFILO. O’Toole, 47 anni, è nato a Montreal (padre irlandese e madre inglese), ma è cresciuto in Ontario (Bowmanville e Port Perry). Sposato e padre di due figli, dal 2012 siede in Parlamento come deputato, eletto nella contea di Durham. Nel governo Harper è stato segretario parlamentare del Ministro del Commercio internazionale, prima di essere nominato Ministro dei Veterani. In precedenza, è stato membro della Royal Canadian Air Force, prima di lasciare l’esercito per studiare Legge e intraprendere la carriera da avvocato a Toronto. Aveva già tentato di farsi notare nella corsa alla leadership conservatrice nel 2017, ma si era dovuto accontentare del terzo posto. Tre anni dopo, è tornato, questa volta corteggiando e conquistando l’ala più moderata del partito. Il suo programma di 50 pagine contiene impegni in una ventina di settori diversi. In particolare, O’Toole propone di creare una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia; vuole conferire al Québec una maggiore autonomia su determinate questioni e punta a negoziare un accordo di libero scambio con altri membri del Commonwealth. (V.G.)

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  • Il covid-19 è “pacifista”

    Il covid-19 è “pacifista”

    L’EDITORIALE

    Cinema e teatri chiusi; ristoranti, pizzerie e negozi sull’orlo del fallimento; matrimoni e funerali annullati, cene in famiglia proibite, festival e concerti rimandati, stadi vuoti. Per settimane, mesi, ci siamo sottomessi, senza colpo ferire, in religioso silenzio, al diktat di scienziati, virologi e autorità sanitarie, che ci hanno imposto, di fatto, gli “arresti domiciliari”, in nome del famoso ‘distanziamento sociale’, diventato all’improvviso (almeno per noi cristiani) l’11º comandamento. Un dogma. Un precetto da non disattendere. Pena una multa salatissima e la sgradevole disapprovazione sociale. Per settimane, mesi, abbiamo subito il “terrorismo psicologico” di specialisti che, tutte le ore del giorno e della notte, ci hanno bombardato con le loro raccomandazioni in tv, per debellare una pandemia viscida e pericolosissima. “Non uscite, oppure rischiate di contrarre il virus e contagiare i vostri genitori e nonni, soprattutto se anziani o malati, condannandoli a morte”, uno dei messaggi più in voga. Tutti i media, allineati e coperti. Ci abbiamo quasi creduto. Atterriti. Poi, all’improvviso, l’evento rivelatore: un poliziotto bianco uccide un afroamericano a Minneapolis (omicidio che condanniamo, senza se e senza ma) e scoppia la rivolta sociale. Il poliziotto-killer, linciato dall’opinione pubblica, viene condannato al patibolo prima ancora di essere processato. Sarà condannato all’ergastolo. Giustamente. Ma solo dopo un processo, con il sacrosanto diritto alla difesa. Fino a prova contraria, la nostra civiltà è fondata sullo stato di diritto. Gli altri 3 poliziotti-complici saranno condannati ad almeno 20 anni per favoreggiameno. Giustamente. Quindi giustizia è fatta? Macchè! Da quasi 2 settimane, in migliaia si riversano sulle strade americane, e del mondo intero, protestando contro il razzismo e la brutalità poliziesca. Addirittura c’è chi chiede l’abolizione della polizia. L’abolizione del monopolio della forza in uno stato di diritto. (!!) Fatto sta che, dalle immagini televisive, ma anche in presa diretta per le strade di Montréal, abbiamo appreso che la pandemia è finita. Non ce ne siamo accorti, ma è finita. Evidentemente era tutto un gioco, una messa in scena, un bluff. Tutti fuori. Tutti insieme. Appassionatamente. Allegramente. Con le mascherine (non sempre), ma mai a distanza di sicurezza (2 metri). Altro che Organizzazione mondiale della Sanità, scienziati, virologi e autorità sanitarie (che hanno fatto del distanziamento sociale una conditio sine qua non)! Così hanno deciso gli onniscienti “pacifisti” del nuovo ‘ordine mondiale’. E, se la pandemia non è scomparsa, abbiamo scoperto che il covid-19 è “pacifista”: se marci per una “buona” causa, sei immune al virus. Miracolosamente. Magicamente. Clamorosamente. Perfino il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, che per mesi ha predicato prudenza ed avallato restrizioni alle nostre libertà fondamentali, si è inginocchiato, a Ottawa, urbi et orbi, circondato da migliaia di manifestanti. Nel bel mezzo di una pandemia. Non è un film, è tutto vero: la pandemia è scomparsa, o è stata messa tra parentesi, per motivi ideologici. Il problema, però, è che… ‘Cà nisciuno è fesso’!  Se la  pandemia c’è, c’è sempre. Ed il distanziamento sociale è un obbligo imprescindibile. Non è a piacimento, a comando, o a convenienza. Se la pandemia è una presa in giro, una macchinazione, un’invenzione, – visto che il distanziamento sociale è diventato all’improvviso un optional – allora abbiamo scoperchiato il ‘vaso di pandora’: le istituzioni e le autorità pubbliche hanno perso ogni credibilità e autorevolezza, perché non agiscono in nome dell’interesse dei loro cittadini, ma secondo l’agenda occulta di un nuovo ‘ordine mondiale’.

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