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  • Ue, via libera all’accordo con il Canada

    Ue, via libera all’accordo con il Canada

    Dopo la firma di fine ottrobre, è arrivato il voto favorevole dell’assemblea pleanaria di Strasburgo: via libera all’accordo economico e commerciale globale fra Unione europea e Canada, il Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) 

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    BRUXELLES, (ITALPRESS) – Con 408 voti a favore, 254 contrari e 33 astenuti, il Parlamento Europeo riunito in sessione plenaria ha approvato l’Accordo economico e commerciale globale (CETA l’acronimo in inglese), un trattato commerciale di ampio respiro tra l’UE e il Canada.

    L’intesa sarà applicata in via provvisoria già dall’aprile 2017, ma è stato definito un accordo misto dalla Commissione europea nel luglio 2016 e dovrà ora essere anche ratificato dai Parlamenti nazionali e regionali.

    Dopo la votazione, il relatore Artis Pabriks (PPE, LV) ha affermato che “con l’adozione del CETA, abbiamo preferito l’apertura, la crescita e standard elevati al protezionismo e alla stagnazione. Il Canada è un Paese con il quale condividiamo valori comuni e un alleato sul quale possiamo fare affidamento. Insieme possiamo costruire ponti, invece di un muro, per la prosperità dei nostri cittadini. CETA sarà un punto di riferimento per gli accordi commerciali futuri in tutto il mondo”. L’accordo è stato approvato con 408 voti in favore, 254 voti contrari e 33 astensioni.

    Rilanciare il commercio – L’accordo CETA eliminerà i dazi sulla maggior parte dei beni e dei servizi e prevede il mutuo riconoscimento della certificazione per una vasta gamma di prodotti. Il Canada aprirà il mercato degli appalti pubblici federali e municipali alle imprese europee (per il Canada il mercato europeo è già accessibile). I fornitori europei di servizi quali il trasporto marittimo, le telecomunicazioni, l’ingegneria, i servizi ambientali e la contabilità avranno accesso al mercato canadese.

    Proteggere i prodotti agricoli e gli standard sociali – Durante i negoziati, l’UE ha garantito la protezione di oltre 140 indicazioni geografiche europee per cibo e bevande venduti sul mercato canadese. Sono state inoltre incluse clausole per uno sviluppo sostenibile, per salvaguardare gli standard ambientali e sociali e garantire che il commercio e gli investimenti le incrementino. “Per fugare le preoccupazioni dei cittadini che l’accordo dia troppo potere alle multinazionali e che i governi non possano legiferare per tutelare la salute, la sicurezza o l’ambiente – spiega il Parlamento Europeo in una nota -, l’UE e il Canada hanno entrambi confermato esplicitamente, sia nel preambolo dell’accordo sia nella dichiarazione comune allegata, il diritto degli Stati a rifarsi al diritto nazionale”.

    Eccezioni: servizi pubblici, audiovisivo, prodotti lattiero-caseari – L’accordo CETA non rimuoverà le barriere doganali per i servizi pubblici, i servizi audiovisivi e di trasporto e per alcuni prodotti agricoli, come ad esempio i prodotti lattiero-caseari, il pollame e le uova.

     Maggiore trasparenza nella protezione degli investimenti – In risposta alle pressioni parlamentari, il meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato è stato sostituito dall’Investment Court System (ICS) in modo da garantire il controllo del governo sulla scelta degli arbitri e migliorarne la trasparenza.

     Accordo strategico di partenariato UE-Canada – I deputati hanno anche approvato un accordo strategico di partenariato UE-Canada (SPA) con 506 voti a favore, 142 contrari e 43 astensioni. A complemento del CETA, questo accordo ha lo scopo di intensificare la cooperazione bilaterale UE-Canada per una vasta gamma di questioni non commerciali, quali la politica estera e di sicurezza, la lotta al terrorismo, la lotta alla criminalità organizzata, lo sviluppo sostenibile, la ricerca e la cultura.L’accordo CETA potrebbe applicarsi provvisoriamente dal primo giorno del mese successivo alla data cui entrambe le parti si sono reciprocamente notificate il completamento di tutte le procedure interne necessarie. Per i deputati tale data dovrebbe essere non prima del 1° aprile 2017.

     Tajani: “Buon accordo per i cittadini, Europa unita è più forte” – Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha accolto con favore l’esito della votazione sull’accordo UE-Canada (CETA). “Si tratta di un buon accordo per i nostri cittadini. Permetterà di creare nuovi posti di lavoro e di stimolare la crescita portando vantaggi a imprese e consumatori e tenendo conto delle loro preoccupazioni. L’accordo garantisce standard UE elevati di protezione della salute, dell’ambiente e del lavoro – spiega Tajani -. Gli imprenditori europei sono leader dell’eccellenza e della qualità. Molte delle nostre PMI esportano nei mercati globali. L’Unione europea ha un forte interesse a promuovere una politica commerciale intelligente che punti all’apertura dei mercati nel rispetto delle regole e a parità di condizioni”. “Grazie all’eliminazione delle tariffe e degli ostacoli normativi e amministrativi, oltre che all’apertura degli appalti pubblici, questo accordo crea opportunità di crescita – in particolare per le PMI – e le rende più concorrenziali. L’intera economia reale, inclusi gli investimenti, la manifattura, i servizi, il commercio elettronico, l’agricoltura o la pesca, trarrà importanti vantaggi dall’accordo – aggiunge -. La nostra amicizia di lunga data con il Canada va ben al di là del commercio: si fonda su radici culturali comuni e valori condivisi, su una società aperta, diritti umani, Stato di diritto e sviluppo sostenibile, che sono alla base dell’accordo di partenariato strategico”. “Abbiamo dato ai nostri cittadini quello che chiedevano: un’Unione europea forte che affronta con successo le sfide globali, attraverso regole comuni e un solido partenariato in grado di offrire soluzioni efficaci – sottolinea il presidente del Parlamento Europeo -. Affinché l’Europa possa beneficiare pienamente del CETA, invito gli Stati membri a ratificarlo al più presto. Nel commercio, così come nella cooperazione politica, uniti siamo più forti”.

    • I PUNTI PRINCIPALI DELL’ACCORDO:

    L’entrata in vigore. Dopo il via libera del Parlamento europeo il trattato entra in vigore in fase transitoria, in attesa della ratufica dei singoli Parlamenti nazionali.

    Gli obiettivi. L’accordo tra Ue e Canada prevede l’abolizione del 99% dei dazi doganali. Dall’entrata in vigore del Ceta, il Canada abolirà dazi sulle merci originarie dell’Ue per un valore di 400 milioni di euro, mentre alla fine di un periodo di transizione la cifra – secondo le stime della Commissione – dovrebbe superare i 500 milioni l’anno.

     Apertura alle imprese Ue per le gare d’appalto. Con il Ceta, il Canada apre le proprie gare d’appalto pubbliche alle imprese dell’UE in misura maggiore rispetto a quanto abbia fatto con gli altri suoi partner commerciali. Le imprese europee potranno partecipare a gare d’appalto per la fornitura di beni e servizi non solo a livello federale ma anche a livello provinciale e municipale.

    Riconoscimento reciproco delle professioni. Il trattato elimina alcuni ostacoli significativi per alcune professioni regolamentate come quelle di architetto, ingegnere e commercialista che verranno reciprocamente riconosciute, rendendo più facile l’interscambio professionale tra queste categorie di lavoratori

    La tutela della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Il trattato prevede anche una maggiore forme di protezione della proprietà intellettuale e l’adeguamento e l’adeguamento del Canada agli standard europei delle norme sul diritto d’autore

    Nuovo modello per le controversie fra investitori e Stati.  Il nuovo meccanismo per la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, quando un governo legifera nell’interesse pubblico arrecando danni all’investitore, rappresenta uno degli elementi  più discussi del Ceta, così come lo è stato per il TTIP. La differenza sostanziale però è che il Ceta prevede un meccanismo diverso da quello inizialmente inserito nel trattato transtlantico, il cosiddetto ISDS, fondato sugli arbitrati privati, sostituito invece da un nuovo sistema giudiziario per la protezione degli investimenti (ICS), con un tribunale pubblico composto da giudici indipendenti e di carriera, nominati dall’Ue e dal Canada. Le procedure saranno trasparenti, grazie a udienze pubbliche e pubblicazione dei documenti. L’accordo prevede che, in caso di disputa, un soggetto pubblico non potrà essere costretto a modificare un testo di legge o condannato al pagamento di danni punitivi. Un compromesso che potrebbe attenuare uno dei rischi evocati più spesso dai detrattori dell’intesa, quello che uno Stato potesse essere giudicato da un tribunale privato per azioni che avessero danneggiato l’attività di una multinazionale.

    Agricoltura e Indicazioni di origine. Con il Ceta il Canada si è impegnato a aprire il suo mercato a formaggi, vini e bevande alcoliche, prodotti ortofrutticoli e trasformati. Tutte i prodotti importanti dovranno essere conformi alle disposizioni dell’Ue, per esempio sulla carne agli ormoni. Il Canada ha accettato di proteggere 143 prodotti tipici che beneficiano dell’indicazione di origine, come il formaggio francese Roquefort. Per l’Italia, il Ceta prevede la protezione di 41 prodotti di denominazione di origine: dalla bresaola della Valtellina all’aceto Balsamico di Modena, passando per la Mozzarella di Bufala Campana e il Prosciutto di Parma. I prodotti europei godranno di una protezione dalle imitazioni analoga a quella offerta dal diritto dell’Unione e non correranno più il rischio di essere considerati prodotti generici in Canada.

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  • Trump e Trudeau: sempre più scambi di beni e servizi

    Trump e Trudeau: sempre più scambi di beni e servizi

    L’incontro alla Casa Bianca tra i leaders di Usa e Canada

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    Oltre al ruolo delle donne nel mondo del lavoro, hanno discusso dei rapporti commerciali, della gestione dei confini comuni, dei flussi migratori e del NAFTA

    Washington – Un incontro “politically correct”, senza frizioni, all’insegna della cordialità e del rispetto reciproco, che ha messo in evidenza i punti storici in comune tra Usa e Canada, a scapito delle profonde divergenze tra le due amministrazioni alla guida dei due Paesi. È quello andato in scena lunedì 13 febbraio, a Washington, tra il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, ed il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Trudeau è stato il terzo leader che ha incontrato il 45esimo presidente degli Usa insediatosi il 20 gennaio, dopo la Premier britannica Theresa May e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe. Trudeau è stato accompagnato a Washington dal Ministro degli Esteri, Chrystia Freeland; quello della Difesa, Harjit Sajjan; della Sicurezza Pubblica, Ralph Goodale; e delle Finanze, Bill Morneau. Obiettivo comune di Usa e Canada: aiutare lo sviluppo della classe media soprattutto attraverso gli investimenti nelle infrastrutture.

    IN REGALO LA FOTO COL PIERRE TRUDEAU

    Difficile immaginare due persone così distanti come Trump e Trudeau. Basti ricordare le parole di apertura di Trudeau verso i rifugiati (i siriani accolti sono già più di 40 mila) il giorno dopo il “muslim ban” deciso da Trump e poi sospeso dalla magistratura americana. Eppure Trudeau ha voluto evitare lo scontro (“I canadesi non si aspettano che io faccia la morale agli Usa”, ha spiegato), malgrado le differenze sia sul fronte del Trattato Nafta (entrato in vigore nel 1994) che della politica dei migranti. Anche per questo Trudeau si è presentato alla Casa Bianca con un regalo personale per il Presidente: una foto che ritraeva un giovane Donald Trump insieme a suo padre, Pierre Trudeau. The Donald ha ricordato l’incontro, ha detto di avere grande rispetto per Trudeau senior e di voler custodire la foto “in un posto speciale”.

    “RAPPORTI ECCEZIONALI”

    Dopo le classiche fotografie di rito nello Studio Ovale, Trump e Trudeau hanno avuto un incontro privato, sfociato nella classica conferenza stampa congiunta. Trump ha definito “eccezionali” i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Canada, dicendo di essere interessato a migliorarli ancora nel futuro. “In un periodo difficile come questo, dobbiamo rafforzare la nostra collaborazione contro il terrorismo e lo lo Stato Islamico. Sul lavoro dobbiamo coordinarci in modo ancora più stretto, lo dobbiamo fare anche sulla sicurezza, sul commercio, dobbiamo coordinarci per proteggere il lavoro in questa parte dell’emisfero”, ha spiegato il presidente americano. Con il premier Trudeau abbiamo avuto “un meeting produttivo”, ha aggiunto Trump, sottolineando la “storica amicizia” che lega i due Paesi.

    “NAFTA: SOLO PICCOLI AGGIUSTAMENTI”

    Il presidente Usa ha poi sottolineato l’importanza di “relazioni commerciali reciproche” con il Canada, costruendo ponti per scambi commerciali “ancora più forti”. In passato Trump aveva ripetutamente minacciato di voler rinegoziare l’accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA). Le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Canada, però, sono molto diverse da quelle con il Messico, ha detto Trump: “Apporteremo degli aggiustamenti minimi che saranno positivi per entrambi i Paesi”, ha tagliato corto il presidente Usa, annunciando che i due Paesi uniranno le forze nella lotta alla diffusione delle droghe.

    COREA DEL NORD E IMMIGRAZIONE

    “La Corea del Nord è un grosso problema. Lo affronteremo con grande forza”, ha poi aggiunto Trump. La posizione della Casa Bianca in tema di immigrazione è una posizione di “buon senso”, ha sottolineato Trump difendendo le controverse politiche varate dalla Casa Bianca. “Stiamo ricevendo molti elogi” per la nostra politica, ha affermato. Le espulsioni degli immigrati illegali, ha spiegato Trump, riguardano solo coloro che si sono macchiati di reati. E, quasi a conferma di quanto detto, il segretario della sicurezza nazionale, John Kelly, ha dato i dati degli ultimi raid: i funzionari dell’immigrazione degli Stati Uniti hanno arrestato oltre 680 persone, il 75% dei quali sono stati condannati per reati che variano dall’omicidio alla guida in stato di ebbrezza.

    POLITICA DI APERTURA

    Dal canto suo, il Canada continuerà la sua politica di “apertura” ai rifugiati, ha assicurato Trudeau. “Non siamo d’accordo su tutto, i rapporti tra vicini sono spesso complessi, ma navigheremo attraverso le nostre divergenze e resteremo amici. Resteremo sempre partner essenziali”, ha dichiarato. Il Primo Ministro canadese ha poi indicato l’importanza “del libero flusso di beni e servizi” tra i due Paesi, perché se molti posti di lavoro canadesi dipendono delle relazioni con gli Usa, altrettanti posti di lavoro, negli Stati Uniti, dipendono dalle relazioni con il Canada. “Quello che le due amministrazioni faranno – ha assicurato Trudeau – è continuare a creare buoni posti di lavoro, consentendo il libero flusso di beni e servizi”.

    UN CONSIGLIO AD HOC PER LE IMPRENDITRICI

    Trump e Trudeau daranno vita a un Consiglio delle donne leader negli affari allo scopo di  incoraggiare l’imprenditorialità femminile. “Il presidente Trump e il primo ministro Trudeau lanceranno il Consiglio Canada-Stati Uniti per l’avanzamento delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda durante una tavola rotonda alla Casa Bianca”, ha detto un funzionario Usa. Trump e Trudeau si sono impegnati a rimuovere gli ostacoli alla partecipazione economica delle donne mentre avanzano nel mondo degli affari. Inoltre, i due leader incoraggeranno maggiore comunicazione fra le businesswoman dei due Paesi. Con l’aiuto di Ivanka. La “first daughter”, infatti, è la testimonial dell’iniziativa, seduta accanto al Premier canadese nella tavola rotonda che ha riunito donne manager dei due Paesi.

    UN GIRO DI AFFARI DI OLTRE 670 MILIARDI

    Nel 2015, il traffico bilaterale di merci e servizi ha toccato quasi i 670 miliardi di dollari: il Canada ha importato merci e servizi per un valore di 338 miliardi di dollari, esportandone 332 miliardi. Nonostante le cifre siano in equilibrio, il Canada dipende sempre di più dal suo vicino, tanto che il 75% dell’export canadese è diretto negli Usa. Secondo quanto rende noto l’Istat canadese, un settimo dei posti di lavoro in Canada (pari a 2,7 milioni di persone) dipende dal commercio con gli Stati Uniti.

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  • Un Canada meno americano e più europeo

    Un Canada meno americano e più europeo

    Il Punto di Vittorio Giordano

    Libero scambio con l’UE

    Ha sempre fatto le veci del fratello minore, succube della ‘prepotenza’ economico-commerciale del suo unico e ingombrante vicino: gli Stati Uniti d’America. Tanto che ancora oggi in molti, troppi, dicono ‘America’ per intendere Stati Uniti. Una parte per il tutto: una particolare metafora che si chiama sinèddoche. Un ‘predominio’ sfociato in un pregiudizio culturale e, di riflesso, linguistico. Peccato, però, che geograficamente il Nord America contempli anche Messico e Canada. Il Paese degli aceri, in particolare, si è ormai convinto di mettere da parte le ‘stampelle a stelle e strisce’ per camminare sulle proprie gambe. Guardando meno verso sud e più verso est. Oltre oceano. Un orientamento rivoluzionario e antistorico (ma che rende giustizia alle radici più europee di un Canada culla della Nouvelle-France) che si è concretizzato domenica scorsa con la firma del trattato di libero scambio a Bruxelles. L’ultimo atto di un percorso di progressivo affrancamento dal ‘fratello maggiore’ americano. Un percorso periglioso e ‘irto d’insidie’ iniziato sette anni fa, il 6 maggio del 2009, quando il premier conservatore Stephen Harper, sostenuto dal Primo Ministro quebecchese dell’epoca, Jean Charest, ebbe la lungimiranza di aprire i negoziati con la controparte europea. Fino alla firma apposta da Justin Trudeau, che avrà anche accelerato il buon esito delle trattatative, ma ha solo completato l’opera del suo predecessore.

    Al netto dei personalismi, è evidente come il Canada, insolitamente vispo e sfacciato, appaia sempre più come un’ “anomalia” sulla scena internazionale: in un’epoca sempre più votata alla chiusura dei confini (la Brexit) e alla ‘fobia’ del diverso/immigrato (il muro col Messico, di Trump), il Canada apre le sue porte e sigla accordi inediti per liberalizzare i mercati. Delle merci, dei servizi, ma anche delle professioni. E lo fa con giudizio, diversificando la sua bilancia commerciale (ci sono negoziazioni in atto anche con Cina e India), fino ad oggi troppo sbilanciata verso gli Stati Uniti, che monopolizzano il 75% delle esportazioni canadesi, contro il 9.5% destinato all’Europa. Numeri che, francamente, fanno del Canada uno stato-satellite degli Usa. Uno scenario non più tollerabile perché, come direbbe Trudeau: “Siamo nel 2016”. Fino alla svolta di domenica scorsa, con un trattato storico che abroga il 99% di dazi doganali tra le due sponde dell’Atlantico e che permette alle imprese europee di partecipare alle gare per gli appalti pubblici in Canada (e viceversa), oltre a prevedere il reciproco riconoscimento di titoli professionali e nuove regole per proteggere il diritto d’autore e i brevetti industriali. Ad oggi, l’Ue rappresenta quasi il 10% del commercio estero canadese, mentre il Canada costituisce il 12º partner commerciale più importante dell’Ue (l’1,6% delle importazioni e il 2% delle esportazioni). I margini di miglioramento sono enormi e, potenzialmente, clamorosi per il futuro economico di entrambe le sponde dell’Atlantico. I più entusiasti prefigurano un aumento degli scambi pari al 20%. Una valutazione d’impatto del CETA, condotta dai vertici europei prima dell’approvazione del trattato, stimava un aumento delle entrate di circa 11,6 miliardi di euro per l’UE e 8,2 miliardi di euro per il Canada nei sette anni successivi all’attuazione dell’accordo. Oltre ad un sostanziale contributo della liberalizzazione degli scambi di servizi e all’aumento del PIL (50% degli aumenti totali per l’UE e 45,5% degli aumenti per il Canada). Previsioni da “magnifiche sorti e progressive”. Vietato cantare vittoria, però: manca ancora
    l’ “ultimo miglio”, quello decisivo, e che può (ancora) mandare tutto all’aria: fermo restando il voto del Parlamento Ue e della Camera dei Comuni canadese (entrambi scontati), si devono attendere i voti dei singoli Parlamenti nazionali. Con le ‘mine vaganti’ Austria e Germania. Per il momento, cioè, il trattato entra in vigore in maniera transitoria e parziale. E speriamo che diventi presto permanente. Almeno dal punto di vista delle aziende italiane, soprattutto quelle del settore vitivinicolo e lattiero-caseario, che saranno messe nelle condizioni di aumentare le esportazioni verso il Canada, un mercato in cui il ‘Made in Italy’ viene molto apprezzato, tanto che Ottawa ha riconosciuto le Indicazioni Geografiche Tipiche. La stessa Ottawa, però, è chiamata ad affrontare il fronte-interno: quello delle aziende casearie quebecchesi che chiedono di essere indennizzate per le perdite di 150 milioni all’anno legate all’arrivo di 18 mila tonnellate in più di formaggi europei. Questa volta, però, spetterà a Trudeau, che aveva accusato l’Europa di immobilismo sull’ostacolo Vallonia, trovare il ‘bandolo della matassa’.

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  • Libero scambio, Trudeau incalza l’Europa

    Libero scambio, Trudeau incalza l’Europa

    Ma il Parlamento della Vallonia, in rappresentanza di una delle tre minoranze linguistiche del Belgio, ha già bocciato l’intesa commerciale: ratifica più lontana

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    Ottawa – “Se, in una o due settimane, l’Europa non è capace di firmare un’intesa commerciale progressista con un Paese come il Canada, con chi pensa di poter fare affari nei prossimi anni?”. E poi: “È arrivato il momento che l’Europa decida a cosa serve l’Unione Europea”. Nell’era post-Brexit, infine, un eventuale stralcio dell’accordo vorrebbe dire che “l’Europa ha scelto una strada poco produttiva, sia per i suoi cittadini che per il resto del mondo, e questo sarebbe desolante”. È il monito, durissimo, che il Premier Justin Trudeau ha rivolto a Bruxelles, a proposito del Ceta, l’Accordo di libero scambio tra il Canada e l’Unione europea, in occasione, giovedì scorso, della visita a Ottawa del Primo ministro francese, Manuel Valls. La Francia, dal canto suo, ha ribadito “senza ambiguità” il suo sostegno all’accordo di libero scambio: “Si tratta di un accordo equilibrato e mutualmente vantaggioso: un’opportuità da non farsi sfuggire”, ha spiegato il Premier transalpino. Che non ha perso occasione di sottolineare, invece, il “grande disaccordo” della Francia nei confronti dell’accordo che Bruxelles sta negoziando con gli Stati Uniti, il Ttip. Infine, il leader socialista ha espresso grande apprezzamento per gli sforzi dimostrati dal governo canadese in questo percorso negoziale, tra cui la piena apertura dei propri mercati interni alla concorrenza delle aziende europee. Per l’approvazione definitiva del Ceta, dopo 7 anni di trattative serrate, l’accordo necessita della firma di tutti e 28 gli Stati membri. Una firma, che, inizialmente prevista per il 27 ottobre, rischia però di slittare a data da destinarsi. Sempre la settimana scorsa, infatti, il Parlamento della Vallonia, in rappresentanza di una delle tre minoranze linguistiche del Belgio, ha bocciato l’intesa commerciale, adducendo come motivazione la difesa degli interessi del territorio vallone contro le multinazionali. La bocciatura rispecchia la posizione dei socialisti belgi, che al pari di altre forze di sinistra di diversi paesi d’Europa, come i socialdemocratici in Germania, sono scettici sugli accordi di libero scambio tra UE e altre grandi economie. Due cose, a questo punto, sono chiare: da una parte l’Unione europea rischia di perdere credibilità come negoziatore commerciale su scala globale, dall’altra le istituzioni si ritrovano a dover fronteggiare un’allergia sempre più diffusa (con Bulgaria e Romania in prima fila) rispetto ad accordi su larga scala.

    L’IMPATTO ECOCOMICO DELL’ACCORDO – Con l’approvazione dell’accordo commerciale, Unione europea e Canada aprirebbero i loro mercati ai rispettivi beni, servizi e investimenti, anche tramite appalti pubblici. Una valutazione d’impatto ex ante condotta nel 2008 stimava un aumento annuale delle entrate in termini reali di circa 11,6 miliardi di EUR per l’UE e 8,2 miliardi di EUR per il Canada nei sette anni successivi all’attuazione dell’accordo. Prevedeva inoltre un sostanziale contributo alla liberalizzazione degli scambi di servizi, all’aumento del PIL (50% degli aumenti totali per l’UE e 45,5% degli aumenti per il Canada).

    RAPPORTI COMMERCIALI UE-CANADA – Nel 2014 l’UE è stata il secondo partner commerciale del Canada, dopo gli Stati Uniti, rappresentando circa il 9,4% del totale delle esportazioni e importazioni di merci del Canada. Nello stesso anno, l’UE ha esportato verso il Canada merci per 31,7 miliardi di EUR e ha assorbito merci canadesi per un valore di 27,4 miliardi di EUR, mentre il Canada si è classificato al 12° posto tra i partner commerciali internazionali dell’Unione.
    Tra le principali merci oggetto degli scambi tra i due partner rientrano macchinari, mezzi di trasporto e prodotti chimici. (V.G.)

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  • Harper lascia la vita politica

    Harper lascia la vita politica

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    Ottawa – Era nell’aria già dalle ultime elezioni federali, ma adesso è praticamente ufficiale: Stephen Harper, ex leader conservatore e 22º Primo ministro del Canada dal 6 febbraio 2006 al 4 novembre 2015, non sarà più deputato a Parliament Hill. La data precisa non è ancora certa, ma – secondo l’autorevole ‘The Globe and Mail’ – Harper, che è sempre stato un leader freddo e schivo, ma ambizioso e intransigente, non risponderà all’appello in occasione della riapertura della sessione autunnale della Camera dei Comuni, in programma il prossimo 19 settembre. Secondo quanto riferito da uno dei collaboratori più stretti dell’ex Primo Ministro, Harper concentrerà i suoi sforzi professionali nel mettere in piedi un istituto di ricerca focalizzato sullo studio delle relazioni internazionali. “Più che mai, oggi il Canada ha bisogno di un Partito Conservatore forte”, ha detto giovedì scorso, 26 maggio, nel corso del suo ultimo discorso davanti ai militanti del Partito Conservatore riuniti in congresso a Vancouver. È stata la prima ‘uscita pubblica’ di Harper dopo la batosta del 19 ottobre, quando i liberali di Trudeau hanno stravinto le elezioni federali. Nei mesi successivi, infatti, Harper non ha preso la parola in nessuno dei dibattiti parlamentari, chiudendosi in un ‘religioso silenzio’. Per 20 minuti, l’ex Premier ha passato in rassegna i 10 anni di governo, chiedendo ai militanti di prepararsi a tornare alla guida del Paese: “Siamo il partito della pace costituzionale”, ha sottolineato. “Dobbiamo essere fieri di quanto fatto”, ha poi aggiunto. Harper ha quindi rivolto un appello anche agli attivisti conservatori della Belle Province. “Non ricordo l’ultima volta in cui il partito conservatore ha eletto così tanti deputati in Québec, pur stando all’opposizione”. A precederlo sul palco, qualche minuto prima, era stata la leader ad interim del PCC, Rona Ambrose, che ha illustrato i successi del suo precedessore, soprattutto sul piano economico. I conti in ordine, la diminuzione della pressione fiscale e l’equilibrio di bilancio rappresentano i fiori all’occhiello dell’era Harper, così come lo ‘spegnimento’ delle ultime velleità separatiste del Bloc québécois, partito ormai marginale in Parlamento. (V.G.)

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  • Cittadinanza, i liberaliabrogano la legge Tory

    Cittadinanza, i liberali
    abrogano la legge Tory

    L’annuncio di McCallum: si accorciano i tempi, non più canadesi di Serie B

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    Ottawa – Ogni promessa è debito. Sono passati 100 giorni dal suo insediamento al governo del Paese e il Premier liberale Justin Trudeau sta trasformando in leggi dello stato tutti gli annunci fatti in campagna elettorale. Una grande dimostrazione di serietà da parte di chi gode di una maggioranza schiacciante in Parlamento e potrebbe permettersi di vivere di ‘rendita’ per i prossimi 4 anni. Non è il caso di Trudeau, che vuole a tutti i costi cambiare il Canada dopo quasi 10 anni di ‘egemonia conservatrice’. Un cambiamento graduale ma spedito e radicale, che ha ricevuto una bella accelerata giovedì scorso, quando il Ministro dell’Immigrazione John McCallum ha annunciato di aver depositato una nuova legge sulla cittadinanza che abroga quella recentemente adottata da Harper (la legge C-24) che, tra le altre cose, prevedeva la revoca del passaporto ai canadesi con doppia cittadinanza condannati per terrorismo, alto tradimento o spionaggio. Nel momento in cui il progetto di legge sarà approvato dal Parlamento ed entrerà in vigore, a nessun canadese potrà più essere revocata la cittadinanza, così come si accorceranno i tempi necessari per diventare canadesi. Senza eccezioni. Per questo motivo, allo stesso Zakaria Amara – l’uomo di nazionalità anche giordana condannato all’ergastolo per essere stato giudicato colpevole di tramare un attentato a Toronto nel 2006 – sarà restituita la cittadinanza canadese. “Tutti i cittadini canadesei sono uguali davanti alla legge – ha detto il Ministro –: sia che siano nati in Canada, sia che siano stati naturalizzati o siano in possesso della doppia cittadinanza. È una questione di principio: abbiamo il nostro sistema di giustizia e le nostre prigioni dove i criminali possono scontare le loro pene”. Se l’annuncio dei liberali è stato accolto con soddisfazione dall’NDP e dal Bloc Québécois, i conservatori accusano il governo di mettere a repentaglio la sicurezza dei canadesi. La responsabile conservatrice in materia di immigrazione, Michelle Rempel, ha affermato che l’unica persona che si rallegra per la nuova legge è “un terrorista condannato per complotto”.

    TEMPI PIU’ BREVI PER LA CITTADINANZA – Il disegno di legge proposto dai Liberali prevede anche altri sostanziali cambiamenti all’impianto normativo di matrice conservatrice. Tra le principali novità, la nuova legge mira a ridurre i tempi di permanenza in Canada del residente permanente interessato a fare domanda di cittadinanza. Attualmente, un immigrato deve essere stato presente fisicamente per 4 anni su 6 sul territorio canadese prima di diventare eleggibile, mentre la nuova legge mira  a ridurre il periodo a 3 anni su 5. Ottawa ha anche ridotto i requisiti linguistici per facilitare la vita ai futuri cittadini. Secondo la legge introdotta dai conservatori, i candidati di età compresa tra i 14 ed i 64 anni devono dimostrare una sufficiente conoscenza della lingua inglese o francese: i liberali vogliono limitare questo obbligo alla forbice compresa tra i 18 ed i 54 anni. (V.G.)

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  • Economia e terrorismo:Trudeau alla prova dei fatti

    Economia e terrorismo:
    Trudeau alla prova dei fatti

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

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    La sbornia post-vittoria elettorale è finita. Dopo il pieno di voti incassato alle elezioni del 19 ottobre (che ha schiantato Harper e ridicolizzato Mulcair) e il ‘Discorso del trono’ del 4 dicembre con i punti-chiave dell’azione di governo decantati ‘urbi et orbi’, lunedì scorso il governo liberale guidato da Justin Trudeau è tornato al lavoro con la riapertura ufficiale della sessione parlamentare (dopo 6 settimane di ferie). Un Parlamento ‘amico’, vista la schiacciante maggioranza di cui gode l’esecutivo, che quindi non avrà nessun problema a tradurre in leggi i ‘desiderata’ del Primo Ministro. L’opposizione, infatti, non ha né i numeri né la leadeship per opporsi in maniera efficace e continuativa. La strada, dunque, è più che mai spianata e in discesa. Il governo, inoltre, gode ancora di uno straordinario consenso popolare: la luna di miele con l’opinione pubblica continua.

    Eppure nulla è scontato, soprattutto alla luce della congiuntura internazionale deficitaria. Due i fronti caldi su cui il governo è chiamato ad esporsi con provvedimenti risolutori: l’economia, che non accenna a ripartire, complice anche il prezzo del petrolio in caduta libera, e il mercato del lavoro che arranca; e la lotta al terrorismo internazionale, dopo la morte di 7 canadesi negli attentati in Indonesia e Burkina Faso, e la scelta di interrompere i raid aerei in Siria ed Iraq. Sull’economia, la strategia di fondo è confermata: nonostante il petrolio ai minimi storici e il dollaro debole, il Ministro delle Finanze, Bill Morneau, resta fermo sulla posizione di iniettare 60 miliardi in 10 anni (di cui 20 nei prossimi 2, la metà dei quali proveniente dal “Nuovo Fondo Cantieri Canada” creato dai conservatori) a favore di un’articolata serie di interventi infrastrutturali. Un investimento rischioso e massiccio, una ‘cura da cavallo’ per far ripartire un’economia in stallo, che non esclude un piano di sgravi fiscali a favore della classe media, che costeranno alle casse dello stato tra i 1.2 ed i 1.7 miliardi. Per un budget che non potrà prescindere da un deficit di almeno 10 miliardi di dollari (e sarà così fino al 2020, quando è previsto il ritorno all’equilibrio di bilancio). Insomma, basta austerità: lo Stato torna protagonista. Trudeau vincerà la sua scommessa se saprà diversificare le entrate dello Stato (che non può dipendere solo dalle risorse naturali, in un sistema sempre più competitivo e globalizzato), ma soprattutto se saprà investire sul futuro. “La crescita e la prosperità – ha dichiarato recentemente Trudeau, a Davos – non sono legate soltanto da ciò che si trova sotto i nostri piedi, ma soprattutto a ciò che si trova tra le nostre orecchie”: un esplicito richiamo a settori strategici come la robotica, le biotecnologie ed un’economia a bassa emissione di carbonio. Una scelta coraggiosa, che potrebbe rivelarsi decisiva nel lungo periodo. I liberali, poi, dovranno fare chiarezza sul ruolo che riveste il Canada nella lotta al terrorismo internazionale: l’annuncio di Trudeau di rititare i CF-18 dalle missioni sui cieli di Iraq e Siria (che però di fatto continueranno almeno fino al 30 marzo, quando scadrà il mandato votato dal precedente Parlamento) non mette al riparo il Paese dalla furia sanguinaria di matrice islamica, come dimostrano i recenti attacchi che sono costati la vita ad alcuni connazionali; ma soprattutto rimette in discussione il peso geo-politico del Canada stesso, visto che il Ministro della Difesa Harjit Sajjan è stato escluso dal summit dei principali Paesi (Francia, Usa, Australia, Germania, Italia, Regno Unito e Paesi Bassi) impegnati a combattere l’organizzazione jihadista dell’Isis. L’obiettivo di Trudeau è quello di disimpegnare militarmente il Canada, rafforzandone il ruolo umanitario e diplomatico. In un mondo perfetto sarebbe la scelta preferibile, ma, considerata la virulenza di un terrorismo fondamentalista globale, forse gli alleati occidentali si aspettano un Canada più interventista e meno buonista. A economia e terrorismo, poi, si aggiungono sfide altrettanto spinose come l’adozione di una legge per inquadrare l’eutanasia, l’accoglienza di altri 12 mila rifugiati (su 25 mila in totale), la legalizzazione della marijuana, la consegna a domicilio della posta, la revisione del modello di finanziamento del sistema sanitario, la riforma del sistema elettorale, la gestione dei cambiamenti climatici (con la riduzione dei gas a effetto serra) e la modifica della Legge sulla Cittadinanza “a due velocità”. Le aspettative sono alte: per Trudeau è già tempo di risposte.

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  • Primi rifugiati siriani a Montréal

    Primi rifugiati siriani a Montréal

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    Montréal – Dopo il primo contingente atterrato giovedì 10 dicembre a Toronto, sabato 12 i primi 161 rifugiati (di cui 40 bambini), provenienti da un campo profughi di Beirut, in Libano, sono atterrati anche a Montréal e saranno ospitati dai rispettivi familiari in Québec, visto che si tratta di persone sponsorizzate da parenti già emigrati. Se a Toronto, a dare il benvenuto ai nuovi arrivati, è stato il Primo Ministro in persona, Justin Trudeau, l’accoglienza all’aeroporto di Montréal non è stato da meno: tra i primi a stringere la mano ai rifugiati sono stati il Primo Ministro della Belle Province Philippe Couillard, il Ministro degli Affari Municipali e della Sicurezza Pubblica Pierre Moreau, il Ministro dell’Immigrazione Kathleen Weil, il suo omologo federale John McCallum ed il Sindaco di Montréal Denis Coderre. Appena atterrati, i nuovi arrivati sono stati convogliati in un Centro di accoglienza, dove sono stati visitati dallo staff medico, hanno ricevuto dei vestiti caldi e imbottiti per l’inverno, un numero di assicurazione sociale, una carta di assicurazione malattia ed una copia della Carta Canadese dei Diritti e delle Libertà. I 161 rifugiati risiederanno tutti a Montréal, Laval e Sherbrooke, tranne uno che è stato trasferito all’Isola del Principe Eduardo. Il Primo Ministro Couillard ha chiesto alla popolazione uno sforzo di affetto: “Mettiamoci nei loro panni: proviamo a immaginare cosa hanno dovuto vivere negli ultimi tempi”. “Mi fa estremamente piacere – ha aggiunto – che siamo capaci di mostrare a coloro che fuggono da una situazione tragica il vero volto dell’accoglienza e della fratellanza tra gli uomini”.

    In prima fila anche la Croce Rossa Canadese, che ha mobilitato una quarantina di volontari per i prossimi 3 mesi ed ha lanciato un nuovo appello alla popolazione affinché contribuisca con un’offerta (ad oggi raccolti 1.3 milioni $). Il Canada si è impegnato ad accogliere 25 mila siriani entro febbraio. Il Québec, dal canto suo, accoglierà circa 3650 profughi siriani da qui al 31 dicembre, mentre altrettanti sono attesi nei mesi successivi. (V.G.)

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  • Trudeau fra tradizionee qualche amnesia

    Trudeau fra tradizione
    e qualche amnesia

    Il Punto di Vittorio Giordano

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    Alleggerimento fiscale per la classe media (l’aliquota scende dal 22.5% al 20% per chi guadagna tra i 45 mila ed i 90 mila $, mentre schizza al 33% per gli over 200 mila $), investimenti ingenti nelle infrastrutture e nel trasporto pubblico (fino a 125 miliardi all’anno per 10 anni), accoglienza di 25 mila rifugiati entro febbraio, legalizzazione della marijuana (una ‘primizia’ tra i Paesi del G7), negoziati con le Province per un nuovo accordo sulla sanità (con i trasferimenti che, in base all’accordo vigente, aumentano ogni anno del 6%), rispetto delle istituzioni democratiche (basta alla pubblicità dei partiti con i soldi pubblici ed il ricorso alle leggi omnibus), difesa dell’ambiente (con un prezzo fisso sul carbone e la sensibile riduzione delle emissioni di gas a effetto serra), relazioni più strette con i popoli autoctoni (anche attraverso un’inchiesta sulle donne scomparse o assassinate), maggiore sicurezza (con il bando di pistole e fucili dalle strade) e riforma elettorale (con il superamento del maggioritario secco a turno unico). Queste le priorità del governo liberale, ‘declamate’, il 4 dicembre scorso, in tono solenne, dal Governatore generale,

    David Johnston, che rappresenta la Regina del Regno Unito, Elisabetta II. Sì, perché il Canada, insieme ad altri 52 Stati-membri (tra cui Giamaica, Australia e Nuova Zelanda), fa parte del celebre Commonwealth, l’organizzazione intergovernativa che ricalca i confini dell’ex Impero britannico e che conta una popolazione di 2.132.708.561. Sulle banconote canadesi da 20 dollari c’è un ritratto della regina. Non solo: chi vuole prendere la cittadinanza deve giurare fedeltà a Sua Maestà, che è anche il comandante in capo delle forze armate. Un rapporto con la Monarchia che soprattutto il Canada anglofono non intende spezzare (basti pensare al successo riscosso dalla visita di William e Kate nel giugno 2011, da novelli sposi). Tanto che il governo Harper ha addirittura reintrodotto il termine “Reale” nella denominazione ufficiale della Marina e dell’Aeronautica canadese. Con l’avvento dell’era liberale, che ha fatto dello slogan “Il vero cambiamento” il suo cavallo di battaglia, ed alla luce dell’ormai celebre e caustica risposta di Trudeau – “Perché siamo nel 2015” – per giustificare la parità di genere tra i Ministri, ci sembra doveroso, se non un formale distacco (malvisto dai ‘sudditi’ dell’ovest e complesso a livello procedurale), almeno una rivisitazione di alcuni riti anacronistici, che francamente ci appaiono troppo lontani dalla realtà odierna. Perché a volte, soprattutto in politica, la forma è sostanza. Forse i tempi non sono ancora maturi per un salto nel futuro. In sostanza, però, sui singoli provvedimenti, sugli orientamenti-chiave, sul progetto–Paese, il Primo Ministro è decisamente “faber fortunae suae”. In questo, Trudeau ci è sembrato a suo agio, ribadendo, fondamentalmente, quanto già promesso in campagna elettorale. In un “clima di collaborazione, innovazione e apertura”. Inchiodando l’opposizione ad un ruolo propositivo e costruttivo (rispetto alla politica del ‘divide et impera’ di conservatrice memoria). Salvo, però, ‘macchiarsi’ di qualche allarmante amnesia, che potrebbe tradire una posizione di debolezza, se non un vero e proprio ripensamento. Nel ‘catalogo dei buoni propositi’ liberali (in tutto 6 pagine, con 2 mila parole), non è passato inosservato, infatti, ai partiti di opposizione, così come agli analisti, il silenzio assordante su alcuni punti strategici: nessuna parola sulla fine dei bombardamenti in Iraq contro lo Stato Islamico; sul recente Accordo Transpacifico, che inquieta non poco l’industria casearia locale; sulle tariffe degli asili nido pubblici; sull’abbassamento dell’età pensionabile, da 67 a 65 anni; sulla consegna della posta a domicilio (che non sarebbe più così scontata); sulla dolce morte o eutanasia; e, soprattutto, sulla revisione della nuova legge C-51, che inaugura (pericolosamente) una cittadinanza ‘a due velocità’. Promesse tradite, incauta negligenza o semplice ‘passaggio in secondo piano’, a vantaggio di priorità più impellenti?

    Nell’incertezza, aspettiamo il governo al varco dei primi provvedimenti legislativi. Come sempre, al netto degli annunci in pompa magna, ai cittadini-elettori interessano solo i fatti.

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  • Il governo Trudeauha giurato

    Il governo Trudeau
    ha giurato

    gov-canadese

    Ottawa Justin Trudeau, 43 anni, lo aveva promesso ed è stato di parola: il nuovo governo del Canada è più snello di quello precedente (30 Ministri contro 39) e la metà dei suoi componenti sono donne (contro i 27 uomini e le 12 donne dell’esecutivo di Harper). Sei, in tutto, i Ministri provenienti dal Québec, contro gli 11 dell’Ontario. Nessun italo-canadese tra i prescelti, nonostante 13 dei 184 deputati liberali siano di origine italiana. Quasi 50 anni dopo suo padre, dunque, Justin Trudeau ha prestato giuramento nella Residenza del Governatore Generale David Johnston, diventando il 23º Primo Ministro della storia del Paese. In sala anche due ex Primi Ministri liberali, oltre che Ministri del padre Pierre Elliott: Jean Chrétien e John Turner. Rompendo con la tradizione della limousine, Trudeau (mano nella mano con la moglie Sophie Grégoire) ed i suoi Ministri sono giunti a Rideau Hall in autobus. Per il Canada è l’inizio di una nuova era. Il primo segnale è arrivato dalla composizione dell’esecutivo: parità di genere, equilibrio nella rappresentatività provinciale e regionale, mix tra novità ed esperienza.
    Trudeau ha poi tenuto per sé due deleghe strategiche: quella per la Gioventù e quella per i Rapporti Intergovernativi. Due messaggi chiari: Trudeau punta a investire nelle nuove generazioni e intende occuparsi personalmente dei rapporti con le 10 Province ed i 3 Territori per produrre una sintesi costruttiva.  I lavori parlamentari prenderanno il via il 3 dicembre, seguiti dal Discorso del Trono, fissato per il giorno dopo. (V.G.)

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