Tag: Winston Churchill

  • Giù le mani dalla Storia

    Giù le mani dalla Storia

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    Da che mondo è mondo, la Storia è ‘magistra vitae’: possiamo interpretarla e criticarla, ma mai cancellarla o, peggio, riscriverla secondo l’etica e gli umori del nostro tempo

    “Gli uomini del passato… non sono essi responsabili dinanzi a nessun nuovo tribunale appunto perché, uomini del passato, entrati nella pace del passato, e come tali oggetto solamente di storia, non sopportano altro giudizio che quello che penetra nello spirito dell’opera loro e li comprende. (…) Coloro che si affannano a far giustizia, condannando o assolvendo…. sono concordemente riconosciuti manchevoli di senso storico”. Lo ha scritto un grandissimo storico e filosofo come Benedetto Croce, nel saggio “La storia come pensiero e come azione”, pubblicato nel 1938. Il concetto è fin troppo ovvio: chi giudica il passato in base al presente non capisce la Storia. La travisa, la profana, la usa, la manipola, la strumentalizza. E questo perché, sempre secondo Croce, i valori morali che usiamo per esprimere giudizi sono condizionati dalla Storia stessa e non possono essere considerati eterni. In altre parole: chi oggi vuole riscrivere la storia, vuole imporre una nuova ideologia, l’ideologia dominante del ‘politicamente corretto’. All’indice della moderna “Inquisizione buonista” sono finite statue, monumenti, autori, opere teatrali, film e perfino… cioccolatini. Ecco un sintetico elenco (non esaustivo) di ‘opere scomode’ perché legate ad un passato in cui schiavitù e razzismo non erano un tabù: a Bristol, la statua del filantropo e benefattore Edward Colston; in Virginia, quella di Cristoforo Colombo, accusato di aver dato il via allo sterminio delle popolazioni autoctone; a Johannesburg, la statua del Mahatma Gandhi, accusato di essere un pericoloso razzista; in Belgio, la statua del sovrano Leopoldo II, nostalgico del periodo coloniale di fine Ottocento; a Londra, il memoriale di un gigante come Winston Churchill, l’eroe che ha salvato il mondo dalla furia di Hitler; a Torino, la statua del ‘colonialista’ Vittorio Emanuele II. E poi, in ordine sparso: alcune opere di Shakespeare, le ‘Baccanti’ di Euripide, le ‘Supplici’ di Eschilo, ‘Il fardello dell’uomo bianco’ di Rudyard Kipling, la ‘Carmen’ di Bizet, che alimenta la cultura del femminicidio; perfino Dante Alighieri, accusato di “islamofobia”; e lo stesso Giulio Cesare, vissuto tra il 100/102 ed il 44 A.C. Per non parlare di un film senza tempo, come ‘Via col vento’, per le sue “rappresentazioni culturali ormai superate”; e addirittura i cioccolatini “moretti”, detti anche “testa di moro”, pericolosi veicoli di razzismo latente. “Ma mi faccia il piacere!..”, direbbe oggi Totò. Chi perora l’antirazzismo, sfregiando la storia, è lui stesso razzista. Alla faccia della “non-violenza” di Martin Luther King! La verità è che qualsiasi revisionismo storico fondato sulla ‘damnatio memoriae’ è di per sé anti-storico e anti-democratico. Far espiare i peccati di ieri, secondo i valori contemporanei, è un insulto all’intelligenza. Processare personaggi storici sulla base dell’etica di oggi, e sulla base di diritti civili affermatisi secoli dopo, è illogico e farneticante. L’alternativa è una pericolosa deriva autoritaria. Cosa facciamo? La caccia alle streghe del XXI secolo? Abbattiamo le piramidi dei Faraoni, il Colosseo dell’antica Roma, i templi dei Maya, perché costruiti dagli schiavi? Abbattiamo la statua di Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, estensore della celeberrima Costituzione americana, perché possedeva degli schiavi? Distruggiamo i busti che raffigurano Aristotele, uno dei padri della civiltà moderna, perché noto assertore della naturalità della schiavitù? L’unico modo per fare davvero i conti con il passato è contestualizzarlo e storicizzarlo. In altre epoche, la schiavitù era una prassi consolidata, un ‘modus operandi’ accettato e condiviso. Punto. Altrimenti diventiamo come i talebani, che hanno raso al suolo le statue dei Buddha di Bamyan, considerate idolatre; oppure come l’ISIS, che ha distrutto le statue antiche di Palmira perché simboli degli infedeli. Oggi, sull’onda di una indiscriminata furia giustizialista, si punta il dito contro personaggi che, con tutte le debolezze e i limiti – figli dello spirito del tempo in cui hanno vissuto – hanno segnato la storia, e quindi alimentato quei cambiamenti e quei progressi alla base dell’epoca moderna. Rappresentano la memoria stessa della nostra civiltà. Sono personaggi degni del nostro ricordo. Ed è per questo motivo che occupano anche gli spazi pubblici (con monumenti, strade e piazze a loro dedicate) e non sono confinati nei musei. Perché nessuno può fuggire dal proprio passato: siamo il risultato di un processo antico, lungo e complesso, che va interpretato, criticato, contestualizzato, mai azzerato o, peggio, riscritto. Il passato ci appartiene, non possiamo rinnegarlo. Ha forgiato il nostro presente e prepara il nostro futuro, in quanto premessa fondamentale e imprescindibile. Perchè la storia conta. Anzi, meglio (così capiscono pure i globalisti multilingue): #HistoryMatters.

    Imbrattato il monumento di Colombo

    Foto di Sara Barone

    Montréal – I vandali che vogliono azzerare e riscrivere la storia hanno colpito anche a Montréal. Nei giorni scorsi, infatti, qualche “genio” senza scrupoli ha imbrattato con una vernice rossa il busto del celeberrimo esploratore genovese Cristoforo Colombo, che si trova nel parco Turin, su rue Jean Talon Est, tra le strade Chambord e Lanaudiere, nell’arrondissement di Villeray–Saint-Michel–Parc-Extension. Sull’increscioso episodio ci limitiamo a stendere un triste velo pietoso. (V.G.)

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  • Statue scomode sotto attacco nel mondo

    Statue scomode sotto attacco nel mondo

    Nel mirino dei manifestanti, che protestano per la morte di George Floyd, le statue che raffigurano personaggi e simboli confederati e dell’epoca della schiavitù

    A sinistra la statua di John A. Macdonald, a Montréal, e a destra quella di Cristoforo Colombo, in Virginia

    MONTRÉAL – Una statua di Cristoforo Colombo è stata demolita e gettata in un lago a Richmond, in Virginia, nel corso di una manifestazione di protesta per la morte di George Floyd, il 46enne afroamericano ucciso il 25  maggio scorso da un agente di polizia a Minneapolis. La scultura è stata demolita meno di due ore dopo che i manifestanti si erano radunati nel Byrd Park della città, chiedendo a gran voce la sua rimozione come simbolo di oppressione razziale. Dopo aver legato il monumento con alcune corde, lo hanno buttato giù e dato alle fiamme. Quindi lo hanno fatto rotolare in un lago nel parco. Il piedistallo vuoto è stato dipinto e coperto da un cartello che dice “Colombo rappresenta il genocidio”. La protesta si allarga e coinvolge anche dieci delle più importanti basi militari negli Stati Uniti: potrebbero cambiare nome, quelle intitolate ad eroi confederati. Tra queste, Fort Bragg in North Carolina, Fort Benning in Georgia e Fort Hood in Texas.

    Gran Bretagna. L’onda lunga delle rivolta di ‘Black Lives Matter’ è arrivata nel Regno Unito: la guerra delle statue ha spinto il sindaco di Londra a intervenire con una “operazione di bonifica”. Il primo a cadere è stato il monumento del mercante di schiavi britannico Robert Milligan, che si trovava davanti al Museum of London Docklands. Nell’occhio del ciclone anche la statua a Cecil Rhodes, colosso dell’imperialismo britannico ottocentesco nell’Africa del Sud, celebrato come un benefattore nell’illustre ateneo di Oxford, ma additato come precursore dell’apartheid (da lui prese il nome la famigerata Rhodesia).  Dalle proteste per la morte di George Floyd non è stato risparmiato neanche Winston Churchill, leader della vittoria sul nazismo (non immune da controversie durante la sua lunga carriera pubblica), la cui statua dinanzi a Westminster è stata imbrattata.

    Belgio. La morte dell’afroamericano George Floyd negli Usa, ha ravvivato anche in Belgio il dibattito sulla violenza della colonizzazione in Congo e sulla responsabilità di re Leopoldo II, le cui statue sono state oggetto della rabbia degli attivisti antirazzisti. Una statua equestre è stata vandalizzata con numerose iscrizioni, tra cui “Blm”, acronimo di Black Lives Matter. Ad Anversa, una statua del sovrano è stata rimossa da una piazza. Il gruppo ‘Réparons l’Histoire’ ha lanciato una petizione, all’inizio di giugno sul sito change.org , chiedendo di rimuovere tutte le statue di Leopoldo II sul territorio della città di Bruxelles.

    A Montréal nel mirino James McGill e John A. Macdonald. Una petizione online, firmata da oltre 2.000 persone, chiede che la statua del fondatore della McGill University, James McGill, noto per aver le sue idee pro-schiavitù, statua che si trova sul campus vicino alla strada Sherbrooke, venga rimossa e sostituita da un albero.A pochi chilometri dalla statua di James McGill, nel centro di Montréal, c’è quella di Sir John A. Macdonald. Mercoledì scorso, la Sindaca di Montréal, Valérie Plante, ha dichiarato di non aver pianificato la rimozione immediata della statua in bronzo, che è diventata agli occhi di alcuni un simbolo di colonialismo e razzismo. John A. Macdonald, Primo Ministro del Canada e uno dei padri della Confederazione, è criticato per la sua violenza contro le comunità aborigene.

    A Milano imbrattata la statua di Indro Montanelli. È stata imbrattata con vernice rossa la statua dedicata a Indro Montanelli, collocata nell’omonimo giardino di via Palestro, nel centro di Milano.
    “Razzista, stupratore” la scritta in nero alla base della statua che raffigura il giornalista. Il gesto è stato rivendicato dal gruppo Rete Studenti Milano e da LuMe (Laboratorio universitario Metropolitano).
    Da giorni si era tornati a parlare della statua di Montanelli, dopo che un gruppo di attivisti ne aveva chiesto la rimozione, scrivendo al sindaco di Milano Beppe Sala. Le
    ragioni della richiesta sono legate al periodo in cui Montanelli, soldato in Etiopia negli anni Trenta, comprò una ragazzina eritrea di 12 anni,
    per “stabilire con lei un rapporto sessuale” (secondo le parole che usò Montanelli nel 2000).

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