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  • Onu, Trudeau chiede scusa agli indigeni

    Onu, Trudeau chiede scusa agli indigeni

    L’intervento del Primo Ministro all’Assemblea Generale dell’ONU

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    Il Canada sta lavorando per smantellare le sue “strutture coloniali obsolete” e costruire
    un “vero partenariato” con i popoli autoctoni del Paese

    New York – Il Canada vuole riconciliarsi con le Prime Nazioni, i Métis e gli Inuits: questo il principale messaggio che il Premier Canadese, Justin Trudeau, ha scelto di lanciare il 21 settembre scorso, nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la più importante e prestigiosa platea mondiale. Sono passati in secondo piano, quindi, argomenti più attuali come i cambiamenti climatici e la classe media, al centro della sua riforma fiscale. “Il Canada non è un paese delle meraviglie dove non esistono le difficoltà. Viviamo le stesse sfide di tutti. Il Canada è un progetto in continua evoluzione”: questo l’esordio di Trudeau. Parlando del 150° anniversario del Paese, il leader liberale ha sottolineato come il Canada sia stato modellato da “diverse culture, religioni e lingue”. “Ma i popoli aborigeni del Paese – ha ammesso – sono stati esclusi da quest’opera di costruzione che stava avvenendo su terre dove avevano vissuto per millenni”. “Per i popoli indigeni in Canada – ha aggiunto – è stata un’esperienza di continua umiliazione, negligenza e abuso”. “L’incapacità dei governi canadesi di rispettare i diritti dei popoli aborigeni in Canada – ha sottolineato – ci deve far vergognare. E per troppi popoli aborigeni, questo non rispetto dei diritti persiste ancora oggi”. Trudeau ha parlato senza mezzi termini di “fallimento”. “Oggi – ha spiegato – ci sono bambini che vivono in riserve dove non possono bere, farsi un bagno o giocare con l’acqua che esce dai loro rubinetti”. Trudeau ha sottolineato come vi siano genitori che mettono a dormire i propri figli la sera con il terrore che questi possano scappare nella notte e magari suicidarsi. “E per troppe donne indigene, la vita in Canada include minacce di violenza così frequenti e severe che Amnesty International l’ha definita una vera e propria crisi di diritti umani”. Ma la consapevolezza delle disuguaglianze, ha dichiarato, è il primo passo per una riconciliazione con la comunità. Attraverso azioni concrete. La Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene “servirà come guida per il governo canadese nei suoi sforzi per ricostruire il partenariato con i popoli indigeni”, ha spiegato il Primo Ministro. Che poi ha dato alcuni esempi di iniziative presentate dal suo governo (migliori infrastrutture e migliori alloggi nelle riserve) spiegando la sua decisione di riformare il Dipartimento degli Affari aborigeni e dicendosi “fiducioso” di giungere ad una vera e propria “riconciliazione”. Al netto delle contingenze, l’intervento di Trudeau all’Onu rientra in una strategia a più ampio respiro. Dopo il tentativo (andato a vuoto) di Stephen Harper, infatti, il Canada di Trudeau sta cercando di ottenere uno dei 10 seggi non permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite per il biennio 2021-2022. (V.G.)

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  • Lotta al terrorismo, Ban Ki-moonsi congratula con Coderre

    Lotta al terrorismo, Ban Ki-moon
    si congratula con Coderre

    La visita del segretario generale dell’ONU

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    Montréal – Il 12 febbraio scorso, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, è stato ricevuto, al Comune di Montréal, dal sindaco Denis Coderre: i due hanno discusso sul ruolo delle città nella scena internazionale, sulla fragile tregua in Siria e sull’accoglienza dei rifugiati siriani in Canada. “È solo attraverso una responsabilità condivisa che possiamo risolvere il problema dei profughi siriani”, ha detto Ban Ki-moon. Chiamato a commentare l’accoglienza di 25 mila rifugiati siriani da parte del Canada, Ban Ki-moon ha risposto che, sebbene si tratti di un “piccolo” numero, dimostra comunque un’ “enorme solidarietà”. In merito al conflitto siriano, poi, ha sottolineato l’importanza di fornire aiuti umanitari alle popolazioni civili. “Decine di migliaia di persone hanno un disperato bisogno di aiuto per sopravvivere. Le Nazioni Unite – ha proseguito – continueranno a fornire assistenza umanitaria per salvare vite umane”. Ban Ki-moon – che nelle ore precedenti aveva incontrato anche il Premier Justin Trudeau, il qualche ha manifestato la ferma volontà di ottenere un seggio non permanente al Consiglio di sicurezza – non ha risparmiato una frecciatina all’ex Premier del Canada, Stephen Harper: dopo che Coderre gli ha ricordato come l’ultima visita in città di un segretario generale delle Nazioni Unite risalisse a Boutros Boutros-Ghali nel 1994, Ban Ki-moon ha rilanciato dicendo di essere “tornato in Canada, perché il Canada è tornato”, riprendendo una frase del neo Primo Ministro liberale.

    Il sindaco Denis Coderre, dal canto suo, ha dichiarato che, nel corso di un incontro durato circa 30 minuti, hanno parlato di diverse questioni, tra cui la tutela dell’ambiente, la lotta contro la radicalizzazione, l’elettrificazione dei trasporti e le conferenze internazionali che si svolgeranno a Montréal. “Oggi è veramente il giorno della consacrazione delle città come governi di affinità”, ha detto il Primo Cittadino.  Dopo la visita al Comune, Ban Ki-moon è stato ospite della McGill University ed ha incontrato i rappresentanti della International Civil Aviation Organization (ICAO), che ha sede a Montréal dalla fondazione nel 1947. In serata, invece, ha partecipato ad una cena ufficiale con il Primo Ministro del Québec, Philippe Couillard. Il giorno dopo, Ban Ki-moon e Denis Coderre hanno visitato il Centro di prevenzione della radicalizzazione. “Si tratta di una priorità per le Nazioni Unite, in collaborazione con Stati membri come il Canada, per affrontare ed eliminare le cause profonde del terrorismo”. Coderre ha affermato che il centro costituisce un “modello unico”, ricordando che è stato inaugurato lo scorso novembre, appena otto mesi dopo la sua edificazione. (V.G.)

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  • Renzi all’Onu: “L’Ue non ceda alla paura”

    Renzi all’Onu: “L’Ue non ceda alla paura”

    Matteo Renzi
    Matteo Renzi

    New York – L’Italia è pronta ad assumere un ruolo guida in Libia per affrontare la questione immigrazione e stabilizzare la crisi in quell’area. Ma l’Europa non deve cedere alla paura. Il 29 settembre scorso, il Presidente del Consiglio ha parlato per 20 minuti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha chiesto un maggiore impegno della comunità internazionale per affrontare quelle crisi che rischiano di dividere e travolgere il Vecchio Continente.

    Davanti ai leader mondiali, il capo del governo ha ribadito che l’Italia farà la sua parte. A partire proprio dalle questioni che più le stanno a cuore e che di fatto sono strettamente intrecciate tra loro: conflitti regionali in Africa e nell’area mediorientale, terrorismo e flusso senza precedenti di rifugiati. “Siamo pronti ad assumere un ruolo guida in Libia”, ha annunciato il capo del governo, spiegando come “l’Italia è pronta a collaborare con un governo di unità nazionale nei settori chiave e ad assumere, se il governo libico lo chiederà, un ruolo guida per un meccanismo di stabilizzazione con il sostegno della comunità internazionale”.

    Insomma, “l’Italia farà la sua parte”, ha affermato Renzi, rivendicando quanto il nostro Paese ha già fatto e sta facendo. “Porto la voce degli italiani, un popolo generoso e responsabile che si impegna nel salvataggio di migliaia di fratelli e sorelle nel cuore del Mediterraneo”, ha rivendicato, ricordando le tante vittime che trovano la morte in mare, ma anche i tanti bambini nati sulle navi italiane che hanno salvato la vita alle loro madri.

    Ora le cose stanno cambiando e Renzi ha ribadito come di fronte alla tragedia dei migranti “l’idea di veder sorgere nuovi muri è intollerabile“: “L’Europa è nata per abbattere i muri, non per edificarli”. Dunque, il dialogo e la forza della politica devono prevalere. Non solo in Europa, ma – ha dichiarato il Premier – ovunque nel mondo ci siano conflitti e crisi: dalla Siria, dove bisogna evitare di ripetere gli errori fatti in Libia, al Medio Oriente, dove Renzi ha confermato la bontà della soluzione dei due Stati.

    C’è poi il capitolo estremismo, con l’Isis che Renzi definisce come “un nemico pericoloso oramai alle nostre porte”. Ma il Premier ha parlato anche dei rischi legati al web, sempre più strumento non solo di opportunità ma anche di propaganda, reclutamento e formazione dei foreign fighter e dei terroristi fai da te. Renzi, infine, ha rilanciato la candidatura dell’Italia come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con l’obiettivo anche di avere più influenza su temi come quello dei diritti umani, dei diritti delle donne e della pena di morte. A proposito di quest’ultimo tema, “l’Italia – ha concluso il Premier – non si stancherà mai di lavorare per la moratoria sulla pena di morte”.

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