Tag: cinema

  • Il “Cinema sotto le stelle” torna nei parchi di Montréal

    Il “Cinema sotto le stelle” torna nei parchi di Montréal

    MONTRÉAL – Funambules Médias è felice di presentare la 13sima edizione del “Cinéma sous les étoiles”. Il festival del documentario sociale e politico prevede più di 40 proiezioni all’aperto in una decina di parchi di Montréal, di pellicole nazionali ed internazionali, di corto, medio e lungometraggio, dal 29 giugno al 6 settembre 2022.

    L’evento arriverà come una boccata d’aria fresca per i montrealesi a cui è mancato tanto riunirsi. I film metteranno in evidenza questioni sociali, politiche e ambientali cruciali e di attualità e le proiezioni saranno seguite da un dibattito con la troupe cinematografica ed esperti. La programmazione è incentrata sulle produzioni del Québec per consentire al pubblico di incontrare i registi locali. Mettendo in luce le realtà “d’ici”, l’evento incoraggia anche la mobilitazione dei cittadini, con una mentalità civica, all’interno dei loro quartieri. Tra questi, menzioniamo “L’acte dela beauté” di Nicolas Paquet, che raffigura una comunità di contadini nella regione di Bas-St-Laurent, un modello sociale e agricolo più umano ed ecologico.

    Inoltre, il regista québécoise Emanuel Licha presenterà “Zo Reken”, un film che dà voce agli haitiani sulle condizioni del Paese e il neocolonialismo. I due registi, naturalmente, saranno presenti durante le proiezioni. Il documentario francese “L’énergie positive des dieux” di Laetitia Moller lancerà ufficialmente il festival il 29 giugno al Laurier Park, accompagnato da uno spettacolo. Provenienti da un istituto medico-educativo che accoglie giovani autistici e incoraggiati dal loro educatore musicista Christophe, i quattro cantanti del gruppo Astereotypie – Stanislas, Yohann, Aurélien e Kevin – divulgheranno i loro testi su un’ondata di rock. Gli spettatori vivranno, con questo film, un’avventura collettiva all’insegna della poesia e della libertà.

    Diversi lungometraggi documentari saranno presentati in anteprima in Québec e in Canada. A cominciare da “El Silencio del Topo” (Il silenzio della talpa) di Anais Taracena. Questo documentario guatemalteco ci permetterà di scoprire l’affascinante storia di Elías Barahona, una talpa infiltrata nel cuore del governo militare più repressivo del Guatemala negli anni ‘70. Anche il documentario di Olivier Dubuquoy, “Irréductibles”, sarà presentato in anteprima in Québec. Con la partecipazione del sociologo e filosofo Edgar Morin, Irréductibles mette in luce uomini e donne – tra cui il sindacalista José Bové – che hanno vinto battaglie ambientaliste che sembravano perse in anticipo. Inoltre, la regista canadese Shannon Walsh, presente al Cinéma sous les étoiles 2011 per uno dei suoi precedenti film, torna quest’anno con “The Gig is up”, che ci permette di prendere coscienza dello sfruttamento che si intreccia con “l’uberizzazione” del lavoro.

    Funambules Médias lavora da sempre per una società equa e inclusiva attraverso la produzione di video, la formazione e la distribuzione di cinema documentario, promuovendo l’espressione del discorso dei cittadini e lo sviluppo del pensiero critico. Le sue attività mirano a contribuire alla divulgazione culturale e alla sensibilizzazione del pubblico su un’ampia gamma di questioni ambientali, socioculturali, economiche e politiche.

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  • “L’Italie du Nord au rythme de la Dolce Vita”

    “L’Italie du Nord au rythme de la Dolce Vita”

    MONTRÉAL – È una primavera che inizia all’insegna del viaggio per Marco Calliari, che ha appena concluso una collaborazione con Tripvoyages (Michèle Deguise e Martin Généreux), duo dei registi di viaggio che fanno parte degli Aventuriers Voyageurs e che presentano film e conferenze in tutto il Québec, principalmente nei cinema.

    Da aprile a maggio 2022, infatti, Marco Calliari proporrà una piccola performance direttamente nelle sale cinematografiche per accompagnare la conferenza cinematografica “Il nord Italia al ritmo della Dolce Vita”, film di Michèle e Martin di Tripvoyages. La prima performance ha avuto luogo il 27 marzo al Cinéma Beaubien e Marco ha infuocato una sala gremita di 195 persone.

    Da anni Marco Calliari propone tour organizzati in Italia, proponendo una formula unica di viaggio di gruppo. In collaborazione da 4 anni con Bellatours, porta più di 60 persone alla volta nel cuore della cultura tradizionale di ogni regione visitata. I viaggi organizzati in passato sono stati alla Costiera Amalfitana, in Toscana, in Sicilia, in Trentino e Venezia. Sempre vicino al mare ed evitando le classiche località turistiche, le gite prevedono sempre una performance di Marco e uno spettacolo tradizionale di musicisti locali, oltre ad una
    moltitudine di attività ed escursioni. Sotto l’etichetta di ‘L’Italie avec Calliari’, questa è la missione personale che Marco si è dato: mostrare il paese dei suoi genitori ai suoi fan del Québec o degli italofili. La meta del 2022 sarà la Calabria, e nei prossimi anni ci sono in programma anche Puglia e Sardegna.

    Questa collaborazione tra Marco Calliar e Tripvoyages è la prima nella storia di Les Aventuriers Voyageurs. Ne è nato un ciclo di cineconferenze sull’Italia, in cui gli spettatori avranno la possibilità di mangiare in un ristorante italiano convenzionato e beneficare di una riduzione mostrando il loro biglietto della serata.

    “L’Italie du Nord au rythmede la Dolce Vita” è un viaggio che attraversa il nord Italia dalle sublimi montagne alla dolcezza dei laghi, senza dimenticare gli affascinanti e colorati borghi delle Cinque Terre così come i luoghi più romantici dei canali di Venezia.

    Ecco le prossime serate:
    14 aprile: 18.30, Cinéma RGFM, a Beloeil
    24 aprile: 15.30, Cinéma RGFM, a Joliette
    27 aprile: 18.30, Cinéma Carrefour du Nord, a St-Jérôme
    8 maggio: 15.45, Cinéma Pine, a Ste-Adèle
    Per informazioni: info@prodcasanostra.com o 514-839-7408.

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  • “Retour en Italie” al Cinéma du Musée

    “Retour en Italie” al Cinéma du Musée

    MONTRÉAL – ‘‘Retour en Italie” è un nuovo ciclo di film, nato dalla collaborazione tra l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal e il Cinéma du Musée, dedicato alla scoperta della nuova produzione del cinema italiano, attraverso gli ultimi film di registi affermati come Moretti, Di Costanzo, Segre e Martone. La selezione vuole mettere in luce diversi approcci della 7ª arte attraverso le diversità culturali, sociali e geografiche dell’Italia. Un programma di nuovi film, presentato ogni primo giovedì del mese, che ci mostra come il cinema italiano sappia, oggi come ieri, sfidarci, commuoverci e farci ridere. Le proiezioni verranno presentate in lingua originale, sottotitolate in lingua francese e inglese e avranno luogo presso il Cinéma du Musée (1379-A Rue Sherbrooke O., Montréal). 

    Qui di seguito a destra i film in programma:

    Giovedì 7 Aprile ore 19:30: 
    Aria Ferma di Leonardo Di Costanzo
    Italia – Svizzera | 2021
    1 h 57 min | Italiano
    Sottotitoli: Francese

    Giovedì 5 Maggio ore 19:30:
    Tre Piani di Nanni Moretti
    Italia – Francia | 2021
    1 h 59 min | Italiano
    Sottotitoli: Francese

    Giovedì 9 Giugno ore 19:30:
    The King of Laughter (Qui rido io) di Mario Martone
    Italia- Spagna | 2021
    2 h 12 min | Italiano
    Sottotitoli: Inglese

    Giovedì  7 Luglio ore 19:30:
    Welcome Venice di Andrea Segre
    Italia | 2021 | 1 h 40 min
    Italiano | Sottotitoli: Inglese

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  • Guzzo sul web con lo streaming on demand

    Guzzo sul web con lo streaming on demand

    A febbraio il lancio ufficiale del nuovo servizio on line a pagamento per film soprattutto italiani e francesi, in attesa della riapertura delle sale per le grandi produzioni. Con il pubblico che potrà scegliere tra prezzi diversi

    Montréal – I momenti di crisi possono anche rappresentare l’occasione per rinnovarsi e rein-ventarsi. Un modo per sopravvivere al presente ostile, ma anche per prepararsi ad un future mai come questa volta incerto e imprevedibile. Un gesto di grande intelligenza e di profonda dignità. È quanto sta facendo Vincenzo Guzzo, noto imprenditore dell’industria cinematografica canadese, proprietario di 10 multi-sale con oltre 600 di-pendenti, il più grande operatore in Québec, il terzo in tutto il Paese. Ma soprattutto un formidabile campione di solidarietà: con sua moglie Maria e la Guzzo Family Founda-tion, in oltre un decennio di attività filantropica, è riuscito a raccogliere quasi 4 milioni e 500 mila dollari a favore dei meno fortunati, soprattutto bambini. Non solo cinema e solidarietà: Mr. Sunshine, questo il suo fashion-brand personale, è anche uno dei pro-tagonisti dello show televisivo Dragons’ Den, il ceo di Groupe Guzzo Construction Inc., Guzzo Medical e Guzzo Hospitality. Con il Québec sottoposto a rigide misure restrittive anti-covid e addirittura sotto coprifuoco dalle 20 alle 5 fino all’8 febbraio, anche le sale di cinema e teatro rimarranno chiuse per chissà quante altre settimane. Per questo motivo, Guzzo si appresta ad offrire un nuovo servizio sul web. All’indirizzo www.cinemasguzzostreaming.com è già operativa una versione beta (non definitiva, ma testata dagli esperti, in continuo aggiornamento e miglioramento). Basta scegliere la lingua (inglese o francese), iscriversi e godersi lo spettacolo, pagando per la singola pellicola (modello ‘Pay as you watch’). Il lancio ufficiale di un servizio streaming di video ‘on demand’ dovrebbe esserci a febbraio. “Sappiamo che ci sono molti film che non sempre arrivano sul mercato canadese – ha dichiarato nei giorni scorsi Vincenzo Guzzo a ‘Metro Saint-Léonard’ – e allora abbiamo pensato di farli arrivare, senza necessariamente farli uscire prima nelle sale. Non sono necessariamente film in competizione con produzioni statunitensi e quebecchesi, ma complementari”. Come possono essere alcune pellicole francesi o italiane, di cui solo una frazione attraversa l’Atlantico per essere poi proiettata sui nostri schermi. E questo, nonostante numerosi altri film, per tutti i gusti, potrebbero interessare il pubblico canadese. Vincenzo è deluso per le decisioni restrittive del governo, anche perché nessun focoalio si è mai registrato in una sala cinematografica: “Siamo preoccupati per l’improvvisazione. Diventa costoso tenere chiusi i cinema senza generare entrate”, ha detto senza mezzi termini Vincenzo. Che resta comunque ottimista sul fatto che, con la riapertura dei teatri, il pubblico non mancherà all’appuntamento. “Soprattutto per i colossal da 200 milioni di dollari”. Con una fruizione che non sarà più standardizzata: “I film non avranno più lo stesso prezzo”. Un film proiettato quasi contemporaneamente nelle sale e su una piattaforma online, ad esempio, verrebbe venduto a un prezzo inferiore al botteghino. “I clienti potranno scegliere tra diverse categorie”. Personalizzando, così, l’esperienza cinematografica. (V.G.)

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  • Stefania Sandrelli tra cinema, Italia e vino

    Stefania Sandrelli tra cinema, Italia e vino

    Acino d’Oro è il Chianti DOCG firmato da Stefania Sandrelli, Giovanni Soldati e Sandro Bottega. Dalla passione di tre amici, un Chianti di razza

    L’attrice Stefania Sandrelli tra Giovanni Soldati (a sinistra) e Sandro Bottega (a destra)

    INTERVISTE DI VITTORIO GIORDANO

    Stefania Sandrelli: “Il cinema è magico, l’Italia ha perso la sua anima. Potrei fare la madre di un figlio che emigra”

    “L’Italia di oggi è decadente, viviamo in una società ‘trumpiana’… Il vino è poesia della terra… Ho un’ammirazione profonda per le persone che hanno il coraggio di emigrare”

    Invitatemi pure, che io in Canada ci torno di corsa”. Dopo più di 110 film e quasi 60 anni di carriera sempre sulla cresta dell’onda, al fianco di personaggi che hanno fatto la storia del cinema italiano – come Bertolucci, Comencini, Monicelli, Germi, Scola, Montaldo e Benigni, oltre a celebri attori come Robert De Niro e Gerard Depardieu, con in bacheca 3 David di Donatello, 6 Nastri d’argento ed un Leone d’oro alla carriera ottenuto alla 62ª Mostra del Cinema a Venezia, Stefania Sandrelli – toscana di Viareggio, papà fiorentino e mamma pistoiese – non si smentisce mai. Anzi, come il vino, migliora invecchiando: talentuosa e anticonformista, ma soprattutto umile, sorprendente e mai banale. Con ricordi sempre nitidi e vivi. Come l’abbraccio caloroso di Montréal, che nel 2010 l’ha incoronata con l’ennesimo premio alla carriera dopo la proiezione di “Christine, Cristina”, sua prima e unica pellicola come regista (con la figlia Amanda nel ruolo di protagonista), in occasione del Festival des Films du monde, categoria ‘Opere prime’. “In Canada – ci ha detto per telefono – la gente è stata molto affettuosa con me. Un’amica di mia figlia ci ha portati in giro per Montréal, una città che conoscevo solo in cartolina. Il Festival di Montreal, poi, è bellissimo, con una grandissima qualità. Mi hanno colpito molto gli spazi aperti, la natura bella e incontaminata, le persone libere. Purtroppo, però, mi hanno raccontato che d’inverno fa freddo e io sono freddolosa. Altrimenti sarebbe la mia città ideale”.

    Il 3 agosto scorso l’ennesimo premio alla carriera, all’8ª Edizione del Social World Film Festival.

    “Una cosa molto bella, che non mi fa sentire vecchia: la gente si ricorda tutto, mi riconosce, mi segue, mi ama. A questo festival ho tenuto una Masterclass con dei giovanissimi in prima prima fila: potevano avere massimo 13 anni. E anche loro hanno alzato la mano quando ho chiesto chi avesse visto i miei film. È come se, con la mia carriera, vivessi in un mondo magico che mi fa sentire sempreverde. Quando rivedo i miei film, mi accorgo che non sono passati di moda, che non sono scaduti dal punto di vista qualitativo, che sono ancora attuali”.

    Nella tua carriera, hai lavorato con registi e attori celeberrimi. Hai cominciato nel 1961 con “Gioventù di notte”. In quale film ti identifichi di più?

    “In tutti i film ho messo qualcosa di me stessa. Un film che mi vede protagonista a tutto tondo è ‘Io la conoscevo bene’, con la protagonista, Adriana, che come me era arrivata dalla provincia per fare cinema. Racconta una storia molto bella, ma estremamente dolorosa, con la sceneggiatura di Ettore Scola e la regia di Antonio Pietrangeli. Adriana non mi somiglia, ma le ho dato il mio cuore, il mio vissuto, il mio modo di fare e di pensare”.

    Il tema delle donne e lo scandalo di Hollywood. La donna si è riscattata nel cinema negli ultimi 60 anni?

    “Purtroppo gli scandali esistono e le donne sono bistrattate un po’ in tutti gli ambienti. È brutto che un uomo uccida così i sogni di una donna. Negli anni, comunque, le cose sono migliorate. In tutti i settori, e non solo in quello cinematografico di cui si è parlato molto e giustamente. Perché è giusto difendersi”.

    L’età che avanza ti ha mai condizionato o ‘pesato’ nelle scelte?

    “In America ci sono delle attrici che alla mia età lavorano tantissimo. Anche io lavoro e non mi lamento, ma non interpreto più ruoli da protagonista. Forse è giusto così: ogni cosa nella vita ha i suoi tempi e a me non piace ringiovanirmi, se non per qualche flashback. Non ho nessuna intenzione di rincorrere la mia bellezza e la mia giovinezza”.

    Italia protagonista nel cinema del dopoguerra con il neorealismo, il cinema d’autore, la commedia all’italiana. Un cinema spesso impegnato, di denuncia. Un ruolo che oggi sembra non voler più svolgere…

    “L’Italia di oggi è decadente, è in mano a gente non meglio identificata o identificabile. Attraversa un momento molto particolare, sicuramente non dei migliori. Il cinema segue la società e si adegua. Però vedo anche film molto belli, attuali e validi, con autori e attori molti bravi”.

    Chi è la Stefania Sandrelli del 2018?

    “Credo che questa sia un’operazione difficile. Senza volermi incensare, la mia è stata una carriera particolare, abbastanza irripetibile. Comunque, un’attrice che mi piace molto è Micaela Ramazzotti, che tra l’altro ha interpretato me da giovane in un bellissimo film di Paolo Virzì, (‘La prima cosa bella’, 2010). Come modo di lavorare, spontaneità e generosità, devo dire che Micaela mi assomiglia parecchio”.

    Viviamo in una società con l’ossessione del divertimento, dove anche la morte diventa spettacolo. Il cinema riflette questa superficialità?

    “Non riesco proprio a criticare il cinema. Probabilmente non c’è più quel cinema impegnato che parla in prima persona della società. È il risultato dei tempi che cambiano. Per fortuna: non si può rimanere, nel bene e nel male, sempre uguali. Io non sono e non sarò mai una nostalgica”.

    Eppure, il cinema non potrebbe contribuire a migliorare la società proiettandola nel futuro?

    “Penso che l’italiano, in fondo, sia un buontempone, un po’ menefreghista, pensa prima di tutto a se stesso, da buon individualista, mentre la gente consapevole è una minoranza. E c’è chi se ne approfitta. Bisognerebbe combattere un po’ di più, ma gli italiani hanno poca voglia. Ho sempre fatto quello che ho potuto, mi sono sempre occupata di società. Con ‘Divorzio all’italiana’ non era ancora stata approvata la legge sul divorzio, mentre con ‘Sedotta e abbandonata’ il delitto d’onore non era ancora stato abrogato. Qualche volta, proprio grazie ai film, abbiamo contribuito a cambiare la società. Ci vorrebbe un po’ più di coraggio. Ci vorrebbe un’idea, magari partendo da lontano, da un’altra ottica, per arrivare a parlare della società attuale e di tutti i malanni che la caratterizzano. Prima di tutto l’ignoranza e chi cerca di cavalcarla, invece di risolverla”.

    E così la fa da padrone il cinema americano con la violenza  e gli effetti speciali. Che alla fine, però, forse è proprio quello che la gente cerca, per evadere….

    “Purtroppo viviamo in una società ‘trumpiana’. E finché funziona, la gente si butta da quella parte, senza pensare ai pericoli ed ai disastri che ne possono conseguire”.

    L’Italia è storia, tradizione, ha l’anima del Paese antico. Mentre il Canada è giovane e business-oriented….

    “L’anima e la storia che tu dici di non sentire in Canada, l’Italia di oggi te la frigge in padella. Adesso gli italiani vogliono avere soldi, la bella macchina, sono diventati dei provinciali. Credo che il cammino sia abbastanza lungo, prima che viri in una cosa meno retriva, che possa nutrire quell’anima che esiste, in effetti, ma che è stata messa da parte. È come se gli italiani avessero detto: facciamo i ‘trumpiani’ anche noi. E vanno dietro ai pifferai. È pieno di gente con il naso lungo come Pinocchio. Che mentono, sapendo di mentire”.

    C’è un film che dedicheresti agli italiani nel mondo, che vivono perennemente in uno stato di alienazione?

    “Ho fatto dei film molto belli e molto diversi tra di loro, ho parlato di società, però ho cercato di farlo prevalentemente dal punto di vista femminile. Non saprei scegliere un film in particolare. Forse sarebbe un film da fare, su chi oggi è costretto a partire per la brutta aria che tira in Italia”.

    Forse ti ho dato l’idea di un film sul fenomeno dell’emigrazione giovanile, ostaggio per sempre della nostalgia…
    “Ho sempre pensato che gli emigranti fossero delle persone estremamente forti. Non so se ce l’avrei mai fatta a dover dire addio all’Italia. Ho un’ammirazione profonda per le persone che hanno avuto il coraggio di farlo, un coraggio inestimabile”.

    Insieme a Giovanni Soldati e a Sandro Bottega hai firmato l’Acino d’oro, un Chianti DOC. Come coniughi la tua carriera  di attrice con il vino?

    “Ho conosciuto Sandro Bottega che era un ragazzo, adesso ha un impero. Io e Giovanni (il compagno, ndr) lo abbiamo conosciuto in occasione dell’Antenna Festival’. E non ci siamo più persi. Un giorno, in una serata di luna piena, ci siamo incontrati per una cena in Toscana. E lui mi ha fatto la proposta indecente di fare un rosso. Così ci è venuto in mente di fare un Chianti, in omaggio alla Toscana, un vino rosso nato dall’amore, dall’amicizia, oltre che dal gusto della buona tavola. Per me il vino è un dono della natura, è poesia della terra”.

    Se questo Acino d’oro fosse un tuo film, quale sarebbe?

    “Probabilmente sarebbe un film di Scola. Sono indecisa tra ‘La Famiglia’ e ‘C’eravamo tanto amati’. Forse più quest’ultimo, un film eccezionale sull’amicizia e sulla sofferenza. Recentemente ho fatto un film di grande successo, un film di Gabriele Muccino che parla della nevrosi di oggi: ‘A casa tutti bene’. Però la passione, l’amore, l’amicizia di ‘C’eravamo tanto amati’ credo sia abbastanza irripetibile”.

    Allora farai film sull’emigrazione magari interpretando la parte di una madre che soffre per il figlio che emigra?

    “Nel film di Muccino che parla della nevrosi che c’è in ogni rapporto, anche familiare, ho fatto una mamma. L’ho fatta tante volte e quindi credo di poter essere una mamma autorevole. Dà un bacio al Canada da parte mia e salutami tua madre Teresa!”.

     

    Sandro Bottega: “Insegniamo a bere e a mangiare bene. Mi piace Trudeau. Quello canadese è un consumatore europeo”

    “Eravamo a Gaiole, in una serata di autunno, e ci siamo detti: perché non facciamo un vino rosso? Così è nato tutto. Acino per la selezione accurata, d’oro per la preziosità”.

    Fondata nel 1977 a Pianzano di Godega (TV) da Aldo e Rosina Bottega, oggi rappresenta una solida realtà del panorama enologico, con una precisa identità in Italia e nel mondo. L’assortimento completo di spumanti, vini rossi, vini bianchi, grappe, distillati e liquori copre l’intero panorama del ‘beverage’. Stiamo parlando di Bottega spa (bottegaspa.com) che, in più di 40 anni di storia, ha ottenuto 300 premi e riconoscimenti, ed oggi esporta in 143 paesi del mondo, nei più importanti duty free e nelle migliori compagnie aeree. Tanto che IWSR, il magazine di ‘Drinks market analysis’, ha classificato Bottega Gold come lo spumante più venduto nel travel retail. L’azienda, che oggi fattura quasi 60 milioni di euro e ogni anno produce quasi 14 milioni di bottiglie, dal 1983 è diretta da Sandro Bottega, un imprenditore trevigiano giovane e tenace, che lavora 13 ore al giorno, parla 4 lingue ed è spesso in viaggio a setacciare nuovi mercati per promuovere i suoi prodotti d’eccellenza. Come l’Acino d’Oro, il Chianti DOCG firmato insieme agli amici Stefania Sandrelli e Giovanni Soldati. “Sono innamorato dell’Italia – ci ha raccontato per telefono – e, anche se ho trascorso più della metà della mia vita all’estero, mi rendo conto che la nostra cultura ed i nostri prodotti, dall’agroalimentare all’ingegneristica, sono di una qualità straordinaria. Purtroppo, però, non sappiamo valorizzarli adeguatamente. Dobbiamo imparare a farci valere”.

    Come nasce l’idea di dare vita ad un Chianti con Stefania Sandrelli?

    “L’idea nacque 25/26 anni fa, l’amicizia con Giovanni e Stefania è antecedente grazie al padre di Giovanni, il regista Mario Soldati, che ho avuto la fortuna di conoscere quando era ormai anziano, ma lucidissimo. Dall’amicizia con questi carissimi artisti, abbiamo deciso di intraprendere insieme un percorso imprenditoriale. Fare un vino con la storia di Giovanni e Stefania poteva rilanciare un prodotto, il Chianti, percepito come vino troppo popolare, che faticava ad uscire da una crisi profonda. Eravamo a Gaiole, davanti ad un caminetto, in una serata di autunno, e ci siamo detti: perché non facciamo un vino rosso? È così che è nato tutto.  La società di produzione si chiama ‘Colline del Sole’, anche se poi la distribuzione avviene all’interno del gruppo Bottega. Stefania è una grande intenditrice di vini, oltre che una attendibilissima buongustaia”.

    Da dove deriva il nome ‘Acino d’oro’?

    “Il nome ‘Acino d’oro’ nasce dall’attenta selezione del chicco d’uva: per fare un buon Chianti ci vuole una terra buona, un clima asciutto ed un vitigno eccellente, ma soprattutto una selezione accurata dei granelli di uva. Acino, dunque, per la selezione accurata, d’oro per la sua preziosità”.

    Secondo brand nel mondo spumanti nel retail dopo il Moet & Chandon, oltre 300 premi, 60 milioni di fatturato. Qual è il segreto di questo successo planetario?

    “Non c’è mai un segreto, ma solo una serie di attenzioni e fattori. Bisogna partire da un prodotto molto buono e curato in tutta la filiera, compresi il trasporto e la conservazione. Siamo noi a raccomandare ai clienti come mantenere e servire il nostro prodotto. Poi è necessario un packaging esplicativo. In questo siamo fortunati, perché l’Italia è la patria del design: la mia compagna, Monica Lisetto, che ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, ha portato il design dell’azienda ai massimi livelli, tanto che abbiamo vinto 5 oscar del packaging. Infine, bisogna avere una distribuzione organizzata ed insegnare la qualità, cioè insegnare a riconoscere il prodotto buono”.

    Da qualche parte ho letto che lei vorrebbe essere il Leonardo da Vinci del vino…

    “Non pretendo di essere come il geniale Leonardo. Ma lui aveva una qualità nella quale mi riconosco, cioè la versatilità. Io, nel mio piccolo, cerco di ricalcarne la poliedricità, producendo molti prodotti, tutti realizzati in  piccole quantità. In questo modo garantisco un livello qualitativo molto elevato, perché ho il tempo ed il modo di selezionare una materia prima eccezionale”.

    Il prodotto di punta è il BOTTEGA GOLD?

    “Ci sono 5/6 prodotti di eccellenza superiore. Il Bottega Gold è sicuramente il prodotto di punta. Però abbiamo una grandissima fama anche grazie al Prosecco Doc Vino dei Poeti e al Moscato dei Colli Euganei Petacolo, il Vino dell’amore, che, con un suolo vulcanico ed un’impollinazione naturale, combina il profumo di rose, mele e miele. La grappa che porta il mio nome è una grappa di prosecco che assomiglia ad un distillato di frutta, per il suo profumo di mele lunghissimo. Poi il Limoncino, che facciamo con i limoni di Sicilia: acquistiamo le bucce congelate in zona di produzione, ne facciamo un infuso naturale, lo mescoliamo col zucchero di canna e lo mettiamo in bottiglia. Quindi il Brunello, uno dei 5 migliori nell’annata  2010, l’Acino, che si è aggiudicato tantissime medaglie, e l’Amarone, per ‘Decanter’ uno dei 3 migliori Amaroni in riserva”.

    Hai aperto anche 14 Bottega Prosecco bar, dall’idea delle vecchie osterie veneziane.

    “La nostra idea di qualità è quella di insegnare non solo a bere, ma anche a mangiare bene. Vogliamo che il consumatore sia in grado di accompagnare un buon bicchiere di vino con un cibo eccellente. A Venezia abbiamo inventato l’aperitivo, quando il primo bicchiere di vino è il più buono. Abbiamo cercato di riprodurre questi locali dove portiamo una la cucina veneziana, che non è mai stata una cucina italiana al 100%, ma una miscela di culture italiane con influenze americane, turche, francesi e arabe”.

    La maggior parte dei tuoi prodotti sono esportati…..

    “È chiaro che il mercato mondiale è molto più importante di quello nazionale, per ovvi motivi: in Italia ci sono 50 milioni di consumatori, all’estero almeno 2 miliardi. Siamo obbligati ad esportare. Però anche in Italia ci difendiamo bene, soprattutto nelle grandi città d’arte, dove c’è un potenziale economico maggiore”.

    Come vedi il mercato canadese e nordamericano?

    “Il primo Paese di esportazione rimane la Germania, poi l’Inghilterra e l’Europa in generale. Ma il primo paese per esportazione extra UE è proprio il Canada. Prima di tutto ci sono tantissimi italiani che sanno riconoscere la qualità. Dopodiché il mercato nord americano è ricco, ed il consumatore può permettersi di accedere ad una qualità superiore. È uno dei mercati del futuro, insieme al mercato giapponese e a quello europeo. Quello cinese necessita ancora di un periodo di maturazione”.

    Sei mai stato a Montréal, presidio francofono in un territorio prevalentemente anglosassone?

    “Ci vengo regolarmente da oltre 20 anni, c’è una grande Comunità italiana in una Provincia francofona, che per noi rappresenta un grande aiuto grazie alla spiccata cultura eno-gastronomica. Con i prodotti francesi è una bella sfida”.

    Qual è il prodotto della tua azienda a cui non rinuncerebbe mai?

    “Ogni giorno bevo 3 cose: un bicchiere di Prosecco, uno di Chianti ed un altro di Grappa. Devo dire che c’è un liquore che in Québec va molto bene, la Gianduia, un simbolo dell’Italia che mi piace parecchio, anche se lo bevo solo nei giorni di festa”.

    Quanto incide il buon cibo italiano sul successo dei tuoi prodotti?

    “Conduco una battaglia da sempre, perché ci sia la cultura del mangiare bene. Ho scritto 7 libri di cucina: siamo convinti che vendere prodotti di qualità non si esaurisca col buon vino, ma nella combinazione perfetta col buon cibo”.

    Tra il protezionismo di Trump ed il globalismo di Trudeau, cosa preferisci?

    “Trudeau. L’accordo fatto dal Canada con l’Europa, il CETA, è un buon accordo, anche se sarebbe potuto essere migliore: è un accordo che permette di ampliare gli scambi commerciali. Una politica protezionistica è sempre e comunque da non appoggiare, perché limita il mercato e le culture. E noi sappiamo che le migliori culture sono quelle che si intersecano”.

    Speriamo che il governo ratifichi il Ceta, allora?

    “Sì, speriamo. E mi auguro che il governo italiano approfondisca la propria conoscenza in materia tecnica, economica e normativa perché altrimenti saranno dei guai per l’Italia”.

    Sempre più giovani emigrano….

    “Potrei risponderti in maniera positiva, dicendo che in questo modo rendiamo il mondo un po’ più italiano. Purtroppo, però, è una perdita. È un peccato, perché abbiamo delle intelligenze straordinarie che non sono incentivate a fare impresa. In Italia ci sono troppe norme, troppi momenti in cui un imprenditore si trova in difficoltà e quindi, quando deve assumere o investire, si pone tante domande. Io continuerò ad investire in Italia, ma mi auguro che la politica capisca le nostre difficoltà”.

    Un saluto ai canadesi…

    “Devo dire grazie a tutti i canadesi e a tutti gli italo-canadesi, perché grazie a loro abbiamo un mercato floridissimo, siamo il secondo spumante più venduto in Canada, più di qualsiasi altro champagne. Quello canadese è il più europeo ed evoluto dei consumatori nordamericani. Cercate di continuare in questa crescita culturale, pensando sempre più al biologico e al naturale, perché questa è la prima regola che potrà permettere a tutto il mondo di migliorarsi e di guardare al futuro con fiducia”.

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  • Alfonso Maiorana:  fiero del cinema italiano

    Alfonso Maiorana: fiero del cinema italiano

    Premiato al Sundance per il film “Rumble:
    The Indians Who Rocked The World”

    di Vittorio Giordano

    alfonso-maiorana

    Montréal – Insieme Insieme a Catherine Bainbridge, si è aggiudicato il prestigioso “Premio speciale della giuria per la narrativa magistrale” (Special Jury Award for Masterful Storytelling) al Sundance Film Festival (Park City, Utah, dal 19 al 29 gennaio scorso) con il film-documentario “Rumble: The Indians Who Rocked The World”. Lui è Alfonso Maiorana, 51 anni, regista e direttore della fotografia italo-canadese (mamma di Montemarano e papà di Cassano Irpino, prov. di Avellino, in Canada dagli anni ’50), che ha avuto l’idea geniale di spiegarci come i popoli autoctoni abbiano avuto un’influenza fondamentale nello sviluppo della musica popolare americana. Utilizzando storie poco conosciute, aneddoti inediti, spezzoni audio e video e interviste con leggende viventi, il suo docu-film ci dimostra come alcuni dei più celebri cantanti statunitensi siano stati ispirati dalle antiche melodie degli Indiani d’America. Per oltre 30 anni Alfonso ha girato video musicali, cortometraggi indipendenti, documentari e serie tv tra Londra, New York, Miami, Città del Capo, Baltimore, New Orleans, Los Angeles, Washington, Mississippi, Toronto, Vancouver, Winnipeg e Montreal. Fino al meritato premio ricevuto al Sundance. “Sono cresciuto a Pointe-aux-Trembles e a Rivière des Prairies, prima di andare via per studiare e fare un mestiere in cui la mia stessa famiglia ha sempre creduto poco”.  Sono le parole di Alfonso Maiorana, dal 1995 sposato con Cristina, padre di Massimiliano, 18 anni, e Celeste, 15. Tutto è nato durante il suo primo viaggio in Italia, nel 1977: “Avevo 11 anni: papà era occupato a salutare parenti e amici, mamma scattava foto, mentre io filmavo le feste di paese con la telecamera: è così che mi sono innamorato del cinema”. Dopo essersi laureato all’Università Concordia in ‘Communications Studies’, nel ’91 Alfonso si è iscritto alla Vancouver film school, dove ha incontrato maestri come Richard Walter, professore, tra gli altri, di Francis Ford Coppola. Nel 1993 è uscito il suo primo film: ANNABELLE, cortometraggio di 30 minuti, seguito, nel 1996, da THE BIG WORLD, un altro corto di 24 minuti. Poi, nel 2012, il videoogioco di avventura per la playstation: PAPO & YO. Prima di RUMBLE: THE INDIANS WHO ROCKED THE WORLD, nel 2017, lungometraggio di 1h e 45 minuti. “È la storia del rock and roll attraverso gli occhi degli indigeni americani. Negli anni ‘40 e ‘50, i grandi del blues, come Muddy Waters, Howlin’ Wolf e Charley Patton, erano afro-americani o nativi americani. Si pensa, erroneamente, che il blues sia afro-americano e che il jazz sia bianco, quando invece tutta la musica popolare americana affonda le radici nelle armonie dei nativi. Ed è quello che cerchiamo di dimostrare con questo film”. Che si apre con gli accordi di Rumble, brano strumentale composto nel 1958 da Link Wray, un indigeno di origine Shawnee, nato nella Carolina del Nord: “All’epoca la canzone fu bandita negli Usa, ma il disco arrivò a Londra, influenzando Jimmy Page dei Led Zeppelin. Anche nel jazz, Tony Bennett, oggi 90enne, ha più volte dichiarato di aver imparato a cantare da una ragazza di nome Mildred Bailey che ha influenzato altri artisti come Bin Crosby, Tony Bennet e Frank Sinatra”. Quattro i film preferiti di Alfonso Maiorana: ‘Les 400 coups’ di Francois Truffaut, “perché l’innocenza di un bambino è preziosa”; ‘La Dolce Vita’ di Federico Fellini, “con il suo stile unico tra realtà e fantasia”; “RUMBLE FISH and The OUTSIDERS” di Francis Ford Coppola, “che ha risvegliato la mia coscienza sociale” e “DO THE RIGHT THING” di Spike Lee, “che mi ha fatto capire come i film rivestino un importante ruolo contro le ingiustizie sociali”. Alfonso non ha mai dimenticato le sue origini: “Torno spesso in Italia, ho giocato a calcio e mi sono appassionato a campioni come Giancarlo Antonioni e Roberto Baggio. Ma il mio cuore batte sempre per il Napoli e l’Avellino. Il cinema italiano adesso sta soffrendo, anche se ultimamente Paolo Sorrentino e Matteo Garrone stanno facendo dei bei film. È possibile che il mio ultimo film partecipi al “BIOGRA Film Festival” di Bologna il prossimo giugno. Sono molto orgoglioso di essere italiano: i miei genitori mi hanno sempre insegnato a lavorare forte e a non mollare mai. L’unico modo che conosco per dimostrare il mio orgoglio tricolore non è comprando un’autovettura o una macchinetta del caffè, ma diffondendo l’arte italiana attraverso la recitazione. Purtroppo molta gente ci crede poco, mentre invece dovremmo essere fieri del cinema italiano nel mondo. Mi piace raccontare storie di persone che lasciano il paesino e fanno qualcosa di grande. Lo stile? Preferisco la camera in movimento con la storia raccontata da diverse prospettive che si evolve in maniera plastica e imprevedibile. Ho sempre avuto un debole per le scene espressive. A Pointe-aux-Trembles sono cresciuto vicino ad una raffineria: non la vedevo solo come una cosa brutta che puzzava e inquinava, perché significava comunque qualcosa, ed è questo che mi ha sempre motivato. Il mio prossimo film, quello che ho sempre voluto fare – ci preannuncia Alfonso Maiorana – racconta la storia di un giovane musicista che vuole andare via dal suo quartiere: pur amandolo, perchè è lì che ha imparato l’arte e la musica, andare fuori è l’unico modo possibile per poterlo raccontare”.

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