Tag: Assemblea Nazionale

  • La Croce non è merce di scambio

    La Croce non è merce di scambio

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    Trentadue (32) secondi: tanto ci ha impiegato il commesso dell’Assemblea Nazionale, il 9 luglio scorso, per rimuovere il Crocifisso dalla parete della Sala Blu del Parlamento provinciale, per cancellare 400 anni di storia, per profanare il nostro patrimonio culturale, per calpestare le fondamenta della nostra civiltà, per ‘violentare’ i valori che hanno forgiato la nostra società. Con una nonchalance, una leggerezza ed una superficialità spaventose, rigorosamente al riparo da occhi indiscreti. A riprendere le immagini dell’operazione sono state, ‘loro malgrado’, le telecamere a circuito chiuso del Salone Blu: un anonimo addetto agli archivi è salito su una scala e, ‘protetto’ da guanti bianchi (forse per evitare pericolose …infezioni cutanee!), ha tolto il Crocifisso-‘infetto’ appeso alla parete che dal 7 ottobre del 1936 (governo Maurice Duplessis) si erge alle spalle dello scranno del presidente dell’Assemblea Nazionale. Senza colpo ferire. Senza nessuna forma di rispetto, senza uno straccio di sensibilità. Come se quel simbolo ‘indigesto’ fosse solo la raffigurazione plastica del mistero della Resurrezione Cristiana, e non la sintesi di quei valori che da secoli forgiano l’identità spirituale del popolo quebecchese. Come se quella Croce fosse solo una bomboniera, un soprammobile o un cimelio qualunque. Ignorando che, in quel preciso istante, quei candidi guanti bianchi stavano pugnalando alle spalle 8 milioni di quebecchesi e gettando nella spazzatura 400 anni di lotte per preservare la specificità culturale della ‘Nouvelle France’ in Nord America. Che sia trasferito altrove in Parlamento, è un contentino che ci lascia indifferenti. La forma è sostanza. Diciamo le cose come stanno: il governo Legault, per indorare la pillola della laicità agli immigrati che non potranno più indossare simboli religiosi nei ruoli di comando della funzione pubblica, ha voluto dare l’esempio. Ha svenduto la nostra storia, ha rinnegato la nostra religione, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro patrimonio artistico e culturale per giustificare uno stato laico dominato da un multiculturalismo oscurantista e repressivo. Che presto diventerà una nuova “religione”, più moderna, meno trascendente, più ‘umana’. È nella natura dell’uomo: il bisogno di spiegare l’inspiegabile ci accompagna dalla notte dei tempi. La verità è che Legault si è lavato le mani come Ponzio Pilato, avallando uno squallido scambio: io rinuncio alla mia croce, voi rinunciate ai vostri kippah, turbanti, hijab, ecc. Come se la Croce fosse merce di scambio, derubricabile a fenomeno di costume o semplice folklore popolare. Un arnese usa e getta. Ci dispiace contraddirla, caro Primo Ministro: il prezzo per la sua riforma laicista non può essere la nostra identità. In Québec, tutte le religioni sono benvenute e uguali davanti alla legge, ma non tutte hanno lo stesso Peso e lo stesso Valore davanti alla Memoria. Il Québec è intriso di Cristianità, basta guardarsi intorno: le nostre città e strade pullulano di Santi e Madonne. Chi viene in Québec rispetti la nostra storia, come noi rispettiamo quella dei Paesi che visitiamo. Ripudiare le nostre origini cristiane significa fare ‘tabula rasa’ dei nostri princìpi e delle nostre convinzioni più radicate. Princìpi e convinzioni che proprio quella Croce appesa al muro, anche negli uffici pubblici, Parlamento compreso, ci aiuta a ricordare e a rispettare. Chi rinnega il passato, tradisce se stesso. Chi cancella la sua storia, uccide la sua anima.

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  • Giù le mani dalla croce

    Giù le mani dalla croce

    IL PUNTO di Vittorio Giordano

    La Storia non si cambia, non si sceglie e non si rinnega: si studia, semmai, per interpretare il presente e anticipare, nei limiti del possibile, il futuro. Con spirito critico, certo, ma sempre con ossequioso rispetto. Perché la storia resta “magistra vitae”. In Québec, invece, terra in declino spirituale dopo la Rivoluzione Tranquilla degli anni ‘70, da qualche settimana assistiamo ad una nuova spinta laicista di cui nessuno sentiva la necessità (il tema ‘agita’ i politici, non le piazze) e che mira a trasformare la Belle Province da storica roccaforte cattolica ad avanguardia del laicismo più relativista e fondamentalista. Se ne parla da una decina d’anni, è vero, ma nessuno si era ancora stracciato le vesti per accelerare un’ulteriore svolta post-secolare. Nemmeno gli immigrati più fanatici che professano altre religioni. Ad avere fretta, chissà perché, sono solo i nostri politici, il Comune e il governo provinciale. E così, sull’onda del sentimento anti-cristiano che investe i nostri tempi, complici le odiose denunce di pedofilia che si moltiplicano anche nella Belle Province (un crimine orribile che noi condanniamo ‘senza se e senza ma’), a fare da apripista è stata la Sindaca di Montréal, Valérie Plante, che ha annunciato l’intenzione di staccare la Croce dal muro della Sala consiliare. A ruota, le si è accodato il Primo Ministro del Québec, François Legault, che, rassicurato dal voto unanime dell’Assemblea Nazionale e in scia al progetto di legge sulla laicità dello Stato, ha fatto sapere che anche il Crocifisso che pende sulla parete del Salone Blu sarà rimosso. “Incompatibile con una società laica e moderna”, la giustificazione di entrambi. Croci cristiane al bando dagli edifici pubblici, dunque: per essere più “politically correct” e ‘accontentare’ i nuovi arrivati, si sacrifica la propria religione, la propria storia, la propria identità e il proprio patrimonio culturale sull’altare di una laicità dominata da un multiculturalismo oscurantista e repressivo. Fino al punto di calpestare e rinnegare la propria secolare Identità Cristiana. Da 400 anni, infatti, la Belle Province si fonda su due pilastri-cardine sintetizzati dalla ‘vituperata’ Croce Cristiana: la cultura francese e la religione cattolica, che formano l’armatura di base che ha permesso di integrare le altre componenti della sua attuale identità pluralista. La Croce non è merce di scambio e non può essere ridotta a folklore popolare o a fenomeno di costume. La Croce non è una bomboniera, un soprammobile o un cimelio da appendere al muro, così come non è solo la raffigurazione plastica del mistero della Resurrezione: la Croce è un simbolo storico intriso dei valori caratterizzanti la civiltà occidentale che per secoli hanno forgiato l’identità spirituale e culturale del popolo quebecchese. In Québec, tutte le religioni sono benvenute e uguali davanti alla legge, ma non tutte hanno lo stesso peso davanti alla Memoria. Ripudiare le nostre origini cristiane significa fare ‘tabula rasa’ dei nostri princìpi e delle nostre convinzioni più radicate. Princìpi e convinzioni che proprio quella Croce appesa al muro, anche negli uffici pubblici, ci aiuta a ricordare e a rispettare. Stelle polari imprescindibili in una società sempre più globalizzata, che vive in un eterno presente.

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