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Rachele Buriassi: dalla Liguria al Grands Ballets di Montréal

di Giulia Verticchio

Rachele Buriassi, prima ballerina a Les Grands Ballets Canadiens de Montréal, è dolce, spiritosa, gentile, con i piedi per terra. Piedi che hanno iniziato a danzare a 4 anni alla scuola “4° Movimento” di Sarzana (La Spezia) e che da allora non hanno più smesso di sognare e lavorare duramente. A 11 anni vince una borsa di studio per l’École Supérieure de Danse de Cannes di Rosella Hightower, a Mougins, in Francia, che poi lascia per la John Cranko Schule di Stuttgard, in Germania. Subito dopo il diploma entra nel corpo di ballo del Stuttgart Ballet, lavorando con i più famosi coreografi del mondo come solista. A 19 anni, come unica europea a San Pietroburgo, vince il prestigioso Vaganova Grand Prix. Nel 2009 è invitata all’Erik Brühn Competition in Toronto. Sempre attratta dal Nord America e in cerca di nuove sfide, per 4 anni è la prima ballerina del Boston Ballet, fino a febbraio 2019, quando sarà la volta del Canada. Avendo studiato fin dall’inizio anche la danza contemporanea approccia in modo più completo anche a quella classica, in tutti i più grandi balletti del repertorio, da “Giselle”, “La Bella addormentata”, “Il lago dei Cigni”, “La morte del cigno” a “Lo Schiaccianoci”. Classe, tecnica, talento, tenacia, passione, tanti sacrifici. Piccolissima, lontana da casa, nelle scuole di danza più rigide e competitive del mondo, ha imparato 5 lingue (inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo).

Lei viene da Sarzana, in Liguria, dice che deve molto ai suoi maestri Lucia Boschi e Giuseppe Gilardi, che non l’hanno tenuta lì come il gioiello della scuola, ma le hanno dato, come dire, radici e ali. Che cosa sente di portare sempre con sé della sua terra? “Sicuramente l’energia, la freschezza, un dolce vivere leggero, ma anche lo spirito collaborativo, amicale e solidale italiano. Sicuramente ho anche il temperamento argentino di mio padre”.

È stata chiamata qui da Ivan Cavallari, ex ballerino della Scala di Milano e a Stoccarda, ora direttore artistico del Grands Ballets. Cosa pensa di questo ambiente artistico e culturale? “Artisticamente sono più libera di essere me stessa, qui è valorizzata la diversità. Negli Stati Uniti i ballerini sono tutti uniformati, come messi in una scatola. Adoro il pubblico di Montréal, concentrato, partecipe, c’è sempre una bella energia. L’Italia è il Paese più bello del mondo, ma il pubblico italiano purtroppo ha una certa ignoranza artistica, la danza classica non è capita e apprezzata”.

Dal 19 al 23 febbraio sarà al Dancing Beethoven a Place des Arts, cosa ci dice di questa performance, per lei e per il pubblico? “È un balletto che ho già fatto in Germania, rifarlo da prima ballerina è una grandae responsabilità e una bella soddisfazione. Si apre con la Sinfonia N.5, une delle più importanti e riconoscibili al mondo, segue la Sinfonia N.7, che per l’orecchio è spettacolare, ma anche per l’occhio, ogni passo è atleticamente e geometricamente coordinato con la musica, il pubblico rimarrà a bocca aperta”.

Il segreto del successo? “Concentrazione e sacrificio, mai abbattersi o lamentarsi se si rinuncia a qualcosa. Non ascoltare, ci sarà sempre qualcuno più bravo o che trova da ridire o un momento in cui si dubita di sé, bisogna guardare dritto avanti senza lasciarsi condizionare”.

Dancing Beethoven, di Garrett Smith e Uwe Scholz. Dal 19 al 23 febbraio, spettacoli alle ore 14 e alle 20. Salle Wilfrid-Pelletier, Place des Arts. Costo biglietti da 37 $ a 199 $, acquistabili su grandsballets.com e placedesarts.com.

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