Anno: 2022

  • Ratzinger, Vittorio Messori: “Era un uomo buono, è già in Paradiso”

    (Adnkronos) – Un uomo buono, onesto, “pronto ad accettare le posizione degli altri”. Queste le qualità che Vittorio Messori, giornalista, autore di numerosi saggi sulla fede, a cominciare da ‘Ipotesi su Gesù’, mette in luce pensando alla figura del papa emerito Benedetto XVI, morto oggi nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Un uomo di cui “sono diventato amico” che, dice con sicurezza Messori all’AdnKronos, “è già in Paradiso” e che pertanto non “ha bisogno di preghiere”. Un’amicizia, quella con Benedetto, nata durante l’intervista che l’allora prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede concesse al giornalista e che è alla base del saggio ‘Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger’. Il libro uscito nel 1985, l’anno in cui si apriva il Sinodo per i vent’anni dalla fine del Vaticano II, raggiunse in tutto il mondo una diffusione da best-seller.  

    “Stando con lui – afferma Messori – anche a livello profondo, mi sono reso conto che non avevo mai conosciuto una persona così buona, così disponibile, così preparata che non ho mai visto altrimenti. Quello che mi ha sempre fatto sorridere è che l’hanno spesso presentato come un uomo che controllava tutto ed era pronto a fare tacere le persone. In realtà, difficilmente ho conosciuto una persona come lui pronta ad accettare la posizione degli altri. Penso che sia subito andato in Paradiso, ho conosciuto in lui un uomo serio, buono, rispettoso, generoso. Non pregherò per lui perché non ne ha bisogno, è già in Paradiso. Ma sarò io a pregare lui perché, visto che eravamo amici, spero che lui voglia aiutarmi. Lui, in quanto tale, non ha bisogno di preghiere. E’ stato subito accolto dal Cristo”.  

    Messori racconta così, più nel dettaglio, la genesi di un rapporto durato nel tempo, fino all’ultimo incontro che risale a qualche anno fa. “Facevo il giornalista e mi misi in testa di intervistare Ratzinger che, in quel periodo, era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tutti mi dicevano che era impossibile perché questa istituzione non parlava mai al di fuori delle risposte scritte. Il Papa emerito, però, aveva letto alcuni miei libri che gli erano piaciuti. Accettò con mia sorpresa e con la sorpresa di tutti di essere intervistato. Pertanto – ricorda Messori – ebbi la possibilità di parlare con lui: ci riunimmo per tre giorni da soli in montagna, c’erano delle suore tedesche che ci davano da mangiare. Per tre giorni rispose a tutto quello che gli chiesi che poi ho pubblicato nel libro. Era la prima volta che uno che gestiva quell’istituzione parlava dicendo cose che non piacquero a tutti, la sua prospettiva non andava bene a tutti. Il libro creò un grande caos, ma continuano ancora adesso a citarlo. Diventammo veri amici e, quando andavo a Roma, spesso si andava a pranzo insieme al ristorante. Ogni tanto ci telefonavamo”.  

    L’ultima volta che Messori ha incontrato il Papa emerito risale a “circa un anno e mezzo o due anni fa, mi ha fatto telefonare dal suo assistente per dirmi che mi avrebbe visto volentieri chiedendomi però di non fare il giornalista”. 

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  • Morte Ratzinger, la Cei invita a celebrare messe in suffragio nel Paese

    (Adnkronos) – La Chiesa in Italia invita i cattolici “a riunirsi in preghiera e a celebrare la messa in suffragio del Papa emerito Benedetto XVI”. La presidenza della Cei indica anche il formulario ad hoc proposto nel Messale Romano per le Messe dei defunti “Per il Papa”. Nei testi si dovrà aggiungere la dicitura “il Papa emerito Benedetto XVI”. Nella colletta e nell’orazione sulle offerte si dovrà dire “il tuo servo, il Papa emerito Benedetto XVI”. 

    La Chiesa in Italia esprime “profondo cordoglio per la morte del Papa emerito Benedetto XVI. Ritornano le parole della ‘declaratio’ del 10 febbraio 2013, quando rinunciò al ministero petrino: ‘Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio’. Anche nel momento della debolezza umana, ha dimostrato la forza che viene dalla fede in Cristo e l’importanza di una relazione profonda che nasce dalla preghiera nello Spirito. In queste ore risuona nel cuore di ciascuno di noi il suo invito a ‘sentire la gioia di essere cristiano, perché Dio ci ama e attende che anche noi lo amiamo’. La sua vita fondata sull’amore è stata un riflesso della sua relazione con Dio e, nell’ultimo tratto della sua esistenza, ha reso visibile questa relazione con il Signore, custodendo il silenzio”. 

    La Cei ringrazia “il Signore per il dono della sua vita e del suo servizio alla Chiesa: testimonianza esemplare di quella ricerca incessante del volto del Signore, che oggi può finalmente contemplare faccia a faccia. La Chiesa in Italia, in particolare, gli è riconoscente per l’impulso dato alla nuova evangelizzazione: ricordiamo l’esortazione, rivolta in occasione del Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, a portare ‘con rinnovato slancio a questa amata Nazione, e in ogni angolo della terra, la gioiosa testimonianza di Gesù risorto, speranza dell’Italia e del mondo’. In questo momento, facciamo nostra la sua preghiera alla Vergine di Loreto, a cui affidiamo la sua anima: ‘Proteggi il nostro Paese, perché rimanga un Paese credente; perché la fede ci doni l’amore e la speranza che ci indica la strada dall’oggi verso il domani. Tu, Madre buona, soccorrici nella vita e nell’ora della morte’”. 

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  • Ucraina, Putin: “Occidente sfrutta guerra per distruggere Russia”

    (Adnkronos) – ”L’Occidente sta sfruttando la guerra in Ucraina per distruggere la Russia”. Lo ha detto il leader del Cremlino Vladimir Putin nel suo discorso di Capodanno trasmesso dalla televisione russa, sottolineando che Mosca non permetterà mai alla comunità internazionale di raggiungere questo traguardo. 

    La Russia sta combattendo in Ucraina ”per proteggere la madre patria” e per garantire una ”vera indipendenza” al popolo russo, ha proseguito Putin. 

    “L’anno 2022 sta volgendo al termine. E’ stato un anno di decisioni difficili e necessarie, di passi importanti per ottenere la piena sovranità della Russia e il consolidamento della nostra società”, ha affermato ancora. ”E’ stato un anno che ha messo molto al suo posto, ha nettamente separato il coraggio e l’eroismo dal tradimento e dalla codardia, ha dimostrato che non esiste potere più alto dell’amore per la propria famiglia e i propri amici, la lealtà verso amici e compagni, la devozione a la propria Patria”, ha aggiunto come riporta l’agenzia di stampa Tass. 

     

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  • Ratzinger e la passione per i gatti

    (Adnkronos) – Fin da bambino Joseph Ratzinger ha avuto una particolare predilezione per i gatti, passione che ha coltivato anche durante i lunghi anni da arcivescovo e poi da cardinale. Fino al momento in cui venne eletto Papa visse con due gatti all’interno del suo appartamento in Vaticano come prefetto della Congregazione della dottrina della fede. Due amici felini che dovette necessariamente abbandonare nel momento in cui gli venne affidata la carica di Sommo Pontefice, per la ragione che gli animali non sono ammessi nella residenza papale. 

    Nel libro ‘Mio fratello il papa’ il fratello Georg Ratzinger racconta che fin da quando Joseph era un semplice sacerdote e svolgeva il ruolo di professore di teologia nel 1968 in Germania egli aveva una particolare simpatia per il gatto di un vicino che gli faceva visita ogni giorno: era un soriano di nome Chico. Nel 2005 il cardinale Tarcisio Bertone raccontò ai giornalisti che nelle passeggiate pomeridiane a Borgo Pio, il quartiere in cui entrambi all’epoca vivevano, a ridosso delle Mura Vaticane, Ratzinger si fermava spesso ad accarezzare i gatti che incontrava per strada.  

    Nel settembre 2010 durante il viaggio apostolico nel Regno Unito, Benedetto XVI, già notoriamente amante dei gatti, mentre era in visita all’Oratorio di Birmingham fu attirato dall’insistente miagolio del micio portato in braccio da uno degli Oratoriani presenti. Le cronache del viaggio papale raccontano che il pontefice volle accarezzare quel gattino di nome Pushkin, agghindato di un nastro color giallo e bianco vaticano. Le foto dell’incontro tra il Papa e il gatto fecero il giro di tv e tabloid.  

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  • Morte Ratzinger, Putin: “Ha rafforzato rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossa”

    (Adnkronos) – Il presidente russo Vladimir Putin ha espresso le sue condoglianze a Papa Francesco per la morte di Benedetto XVI. Nel suo discorso di Capodanno, il leader del Cremlino ha osservato che sotto Papa Ratzinger si sono rafforzate le relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti. 

    Papa Benedetto XVI ”amava la chiesa orientale e rispettava le tradizioni dell’ortodossia russa”, ha sottolineato anche il patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa di Mosca e di tutta la Russia ricordando il Papa emerito scomparso oggi all’età di 95 anni. 

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  • Benedetto XVI, il primo Papa che lottò contro la pedofilia

    (Adnkronos) – Joseph Ratzinger è stato il primo pontefice a chiedere esplicitamente scusa alle vittime di abusi da parte di ecclesiastici e ad incontrarle più volte, presentando la Chiesa in atteggiamento penitenziale. E al tempo stesso è stato il primo pontefice a dichiarare guerra alla pedofilia. Ma già prima di salire al soglio pontificio, da cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio, aveva adottato la linea della “tolleranza zero” nella lotta agli abusi sessuali da parte di uomini di Chiesa. Negli anni del pontificato, poi, Ratzinger ha ammesso a nome di tutta la Chiesa “la grandissima colpa” di aver trascurato il “grande male” che da anni dissestava la Chiesa cattolica. 

    Da cardinale prefetto Ratzinger nel 2001 firmò le nuove norme della Chiesa contro la pedofilia contenute nel documento “De delictis gravioribus”. Il testo fu redatto per dare corso al motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” di Giovanni Paolo II che, proprio per evitare insabbiamenti a livello locale, decise di trasferire tutto quello che riguardava la pedofilia nella Chiesa nelle mani della Congregazione per la dottrina della fede. 

    Fu Ratzinger a dettare le prime linee guida con i criteri fondamentali: informare la Santa Sede, seguire le disposizioni della giustizia civile e allontanare il sospetto dalle attività pastorali. Dopo cinque anni dall’elezione, nel luglio del 2010, vennero apportate nuove modifiche alle norme della “De delictis gravioribus” redatte dalla Congregazione per la dottrina della fede, modifiche approvate dallo stesso Papa. 

    La normativa prevedeva che il termine di prescrizione fosse elevato da dieci a vent’anni, le procedure venissero snellite e semplificate e, nei casi più gravi, si potesse chiedere al Papa la dimissione dalla stato clericale. Si precisava, come del resto già nelle procedure del 2003, che “va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”. 

    Nel maggio 2011 Benedetto XVI fece pubblicare la “Lettera Circolare della Congregazione per la dottrina della fede per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici”. Nella missiva veniva messo in evidenza che tra le importanti responsabilità del vescovo diocesano c’è il dovere di dare una risposta adeguata ai casi eventuali di abuso sessuale su minori. Tale risposta comporta l’istituzione di procedure adatte ad assistere le vittime di tali abusi, nonché la formazione della comunità ecclesiale in vista della protezione dei minori. Ma questa risposta dovrà provvedere all’applicazione del diritto canonico in materia, e, allo stesso tempo, tener conto delle disposizioni delle leggi civili.  

    Ratzinger affrontò la spinosa questione della pedofilia anche poco prima della sua elezione al soglio di Pietro, quando nel 2005, nel redigere i testi per la Via Crucis del Colosseo, denunciò “la sporcizia che c’è nella Chiesa”. Sempre in quel periodo mostrò grande decisione contro il fenomeno degli abusi, ad esempio allontanando dal Vaticano diversi religiosi responsabili di atti sessuali su minori. 

    Durante il viaggio apostolico compiuto negli Stati Uniti nel 2008 Benedetto XVI iniziò la prassi, portata avanti poi dal suo successore, di incontrare le vittime dei preti pedofili (il primo incontro avvenne il 17 aprile nella Nunziatura di Washington). A questi incontri sono poi seguiti quelli con le vittime in Australia (2008), a Malta (2010), in Inghilterra (2010). 

    Ratzinger è stato inflessibile anche sul caso del reverendo Marcial Maciel Degollado, fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo, accusato di pedofilia su seminaristi e di abuso del sacramento della confessione per aver assolto alcune delle sue vittime. Nel 2006 la Santa Sede commissariò i Legionari e allontanò padre Maciel da ogni carica. 

    Nel 2006 il pontefice trattò il problema degli abusi sui minori in un discorso ai vescovi d’Irlanda e più volte tornò sul tema con l’episcopato irlandese negli anni successi a causa di ripetuti scandali di pedofilia tra i religiosi. Il 20 marzo 2010 Benedetto XVI pubblicò una lettera pastorale rivolta ai fedeli cattolici d’Irlanda, in cui spiegava di “condividere lo sgomento e il senso di tradimento sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati”, chiedendo ad essa “in primo luogo di riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi” e accusando la “preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona”.  

    Rivolgendosi poi ai sacerdoti e ai religiosi colpevoli di tali abusi, scrisse: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa”. 

    Nel settembre del 2011 il gruppo di associazioni delle vittime dei preti pedofili Snap (Survivors network of those abused by priests) e il Centro per i diritti costituzionali (Center for Constitutional Rights) depositarono presso la Corte penale internazionale dell’Aia un ricorso in cui accusavano Benedetto XVI, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore cardinale Angelo Sodano e il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale William Joseph Levada, di crimini contro l’umanità per la presunta copertura dei reati commessi da sacerdoti contro i minori.  

    Nel febbraio del 2012 l’accusa venne ritirata dallo stesso avvocato querelante Jeff Anderson. Secondo il legale della Santa Sede Jeffrey S. Lena la notifica provocò “l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla corte”. Nel giugno del 2013 la Corte penale internazionale comunicò di aver respinto la richiesta del Centro per i diritti costituzionali, affermando la propria mancanza di giurisdizione sui fatti. 

    Nel gennaio 2022 fu reso noto un rapporto che parlava di almeno 497 persone vittime di violenza sessuale da parte del clero dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dal 1945 in poi. A fare scalpore fu la notizia del presunto coinvolgimento di Ratzinger, arcivescovo dal 1977 al 1982: era accusato in particolare di comportamenti erronei e lacunosi in almeno in quattro casi durante il periodo in cui era vescovo dell’arcidiocesi; il futuro pontefice non avrebbe fatto nulla contro i religiosi accusati di abusi. Accuse negate dal Papa emerito, che smentì “rigorosamente” la sua responsabilità. 

    Tramite monsignore Georg Gänswein, suo segretario particolare, arrivò la risposta di Ratzinger con un’analisi di quanto accaduto a Monaco, scritta dai suoi collaboratori, gli esperti di diritto canonico Stefan Mückl, Helmuth Pree, Stefan Korta e Carsten Brennecke. Benedetto XVI non sarebbe stato “a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale”. E ancora che il Papa emerito non era a conoscenza di altri casi di abuso: “La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario”. Un comunicato che tuttavia non placò le polemiche. 

    Pochi giorni dopo Ratzinger con una nota ammise di aver sbagliato a dire che non aveva partecipato alla riunione del 1980: “Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato. In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”. 

    Nello scorso mese di giugno, infine, un 38enne bavarese, vittima da bambino di abusi sessuali imputati “al sacerdote Peter H.”, ha denunciato al tribunale di Traunstein anche il Papa emerito Benedetto XVI, oltre che il suo successore alla diocesi di Monaco, il cardinale Friedrich Wetter, e i vertici del vescovado di Monaco. Come hanno riportato i media tedeschi, l’uomo accusava Ratzinger perché “conosceva la situazione e ha perlomeno preso in considerazione alla leggera che quel sacerdote potesse ripetere i suoi reati”. 

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  • Ratzinger, nel 1985 ruppe il silenzio dell’ex Sant’Uffizio con clamorosa intervista

    (Adnkronos) – Mai un “prefetto della fede” della Santa Sede aveva ricevuto i giornalisti. Nel 1984 l’allora cardinale Joseph Ratzinger decise di rompere il proverbiale silenzio, la secolare storica discrezione, se non il segreto, dell’ex Sant’Uffizio. Il teologo tedesco, che nel 1981 Papa Giovanni Paolo II aveva voluto a capo della Congregazione per la dottrina della fede, accettò la sfida che gli lanciò il giornalista e scrittore Vittorio Messori, il più famoso autore cattolico vivente con milioni di copie vendute del suo best seller ‘Ipotesi su Gesù’. Dalla loro conversazione uscì il libro-intervista ‘Rapporto sulla fede’, pubblicato dalle Edizioni Paoline nella primavera del 1985. 

    Fu un caso mondiale, anzi “uno scandalo”, prima ancora all’interno della Chiesa che all’esterno: i teologi si divisero, con la maggioranza di essi, in quasi tutto il mondo, che bollava ‘Rapporto sulla fede’ come un “manifesto della reazione”, un ritorno indietro rispetto ai progressi del Concilio Vaticano II, dove peraltro lo stesso Ratzinger era stato perito per l’ala progressista dell’episcopato tedesco. E in particolare suscitò polemica l’attacco del prefetto alla teologia della liberazione.  

    Vittorio Messori, grazie a una tenacia unita alla credibilità guadagnata proprio con il successo di ‘Ipotesi su Gesù’, non solo ottenne di essere ricevuto, come intervistatore, dal cardinale Ratzinger ma addirittura di fare un libro con lui. Così, a partire dal Ferragosto del 1984, il cardinale e il giornalista si chiusero, soli, in una sala del seminario di Bressanone, deserto per la vacanze estive. Da tre giorni interi di colloqui nacque ‘Rapporto sulla fede’ che – anticipato in alcuni brani dalla rivista ‘Jesus’ dei Paolini nel novembre di quel 1984 e pubblicato in volume nella primavera successiva – provocò un enorme clamore in tutto il mondo. 

    Subito tradotto in molte lingue (l’edizione americana, in tascabile, si vendeva nelle stazioni e negli aeroporti e superò il mezzo milione di copie, diffusione di massa anche in spagnolo, in tedesco, in francese) ‘Rapporto sulla fede’ costituì un tale choc che molti, nelle recenti storie della Chiesa, utilizzano la data della sua pubblicazione come la fine del periodo postconciliare, almeno nella sua fase turbolenta e contestatrice.  

    Nell’autunno del 1985 si aprì in Vaticano il Sinodo mondiale dei vescovi per commemorare i vent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II: alla folla, insolitamente numerosa, dei giornalisti accorsi da ogni continente, attratti dalle polemiche roventi suscitate dal libro curato da Messori, il portavoce della Santa Sede dovette subito e pubblicamente precisare che i vescovi non erano lì per discutere di quel volume. 

    Nel ‘Rapporto sulla fede’ il cardinal Ratzinger denunciava pericoli e difficoltà nella Chiesa e condannava con nettezza teologie come quella detta “della liberazione”: la reazione degli ambienti clericali progressisti fu così virulenta da non limitarsi agli insulti e alle aggressioni verbali, in una miriade di articoli, opuscoli, interventi televisivi. 

    “In effetti – ha ricordato Messori – a un certo punto dovetti lasciare per qualche tempo Milano e ritirarmi, senza lasciare indirizzo, in una casa di religiosi amici, lontano dalla città. Continuavo a ricevere minacce – quasi sempre anonime ma talvolta firmate con nome e cognome da religiosi imbestialiti – con le quali mi si annunciava che avrei pagato cara la ‘colpa’ non solo di avere intervistato il Grande Inquisitore ma di non averlo contraddetto, indignato, quando demoliva le teorie di chi vedeva nel post-Concilio solo una nuova primavera della Chiesa”. 

    “Le minacce di aggressione fisica non arrivavano solo con la posta o con il fax ma anche con continue telefonate, anche notturne. Così, dovetti staccare per qualche tempo – ha raccontato sempre Messori – ed entrare, per così dire, in clandestinità. Ci fu addirittura un teologo che mi denunciò ai tribunali ecclesiastici, a norma del diritto canonico, ‘per avere attentato alla tranquillità della Chiesa’: e, questo, per avere riferito senza commenti il pensiero del braccio destro dottrinale del Papa. Si replicò che, in realtà, quello del libro non era Ratzinger ma il Ratzinger secondo Messori, da lui manipolato. Il cardinale, allora, ricordò ufficialmente di avere rivisto ed approvato il testo che gli avevo sottoposto prima della pubblicazione. Cose, del resto, che già aveva detto alla folla dei giornalisti, intervenendo di persona alla presentazione del ‘Rapporto’ in Vaticano. Devo dire che ancora oggi ricevo lettere di ringraziamento per queste pagine perché, mi si scrive, hanno ridato fiducia a coloro che temevano di doversi ormai rassegnare alla liquidazione della dottrina cattolica di sempre”. 

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  • Morte Ratzinger, quando Francesco ricordò: “Mi diede scatola con casi corruzione e disse ‘ora tocca a te’”

    (Adnkronos) – “All’inizio del mio pontificato andai a trovare Benedetto. Nel passare le consegne mi diede una scatola grande: ‘qui dentro c’è tutto – disse -, ci sono gli atti con le situazioni più difficili, io sono arrivato fino a qua, sono intervenuto in questa situazione, ho allontanato queste persone e adesso…tocca a te’”. E’ il particolare rivelato il 30 ottobre 2020 da Papa Francesco, affrontando il tema della corruzione nella Chiesa durante il colloquio esclusivo con il direttore dell’Adnkronos Gian Marco Chiocci.  

    “Ecco, io non ho fatto altro che raccogliere il testimone di Papa Benedetto, ho continuato la sua opera” aggiunse Bergoglio.  

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  • 2022, sondaggio Demopolis: ‘per 80% italiani anno di inflazione e bollette’

    (Adnkronos) – Per l’80% degli italiani è stata la corsa dell’inflazione, con la crescita dei prezzi dell’energia e del costo della vita, a caratterizzare l’anno che sta per chiudersi. Per 3 cittadini su 4 il 2022 è stato l’anno della vittoria del centrodestra e dell’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, dopo la caduta del Governo Draghi in piena estate. Il 53% ricorda invece il 2022 per la fine delle restrizioni contro il Covid e l’inizio della convivenza con il virus. Sono i dati che emergono dal sondaggio condotto dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento visionato in anteprima da AdnKronos, che ha analizzato gli ultimi 12 mesi nella memoria dell’opinione pubblica.  

    A segnare il 2022 nel mondo è stata, per l’83% degli italiani, la guerra tra Russia ed Ucraina. 6 su 10 segnalano la morte della Regina Elisabetta e la successione al trono di Carlo. Il 44% degli intervistati mette in evidenza le proteste e la repressione in Iran ed oltre un terzo cita il recente caso di corruzione al Parlamento Europeo. Chi ha avuto un ruolo centrale sulla scena politica nell’anno che sta per concludersi? Il 51% degli italiani, intervistati dall’Istituto Demopolis, ritiene che principale protagonista del 2022 sia stata Giorgia Meloni, giunta in ottobre alla guida del Governo. Un quinto cita Mario Draghi, il 14% il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte.  

    Ma che cosa si augurano i cittadini per il nuovo anno? “L’auspicio principale – spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento – è che si concluda la guerra in Ucraina: è la speranza dell’82% degli italiani; 2 intervistati su 3 confidano in un freno all’inflazione e all’aumento del costo della vita. La maggioranza assoluta auspica inoltre che il Covid resti sotto controllo e che la sanità, dopo la dura esperienza pandemica, venga potenziata”. 

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  • Benedetto XVI da ‘Inquisitore’ a ‘Panzer-Kardinal’, i tanti nomignoli di Ratzinger

    (Adnkronos) – Forse nessun Papa ha accumulato tanti nomignoli come Joseph Ratzinger da vivente, creati con perfida ironia fin dai primi anni in cui Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio.  

    Da ‘Mazinga’ a ‘Paparazzinger’, da ‘Ratzweiler’ a ‘Papanazi’, da ‘Paparex’ a ‘Papanzer’, fino a ‘Nazinger’ sono alcuni dei giochi di parole che lo hanno interessato suo malgrado. Perfino un irriverente ‘Rin Tin Tin’ è stato uno dei soprannomi affibbiati a Ratzinger e quando venne eletto al soglio pontificio ci fu anche chi giocò al doppio senso usando per lui l’apparente benevola definizione di ‘pastore tedesco’.  

    Nel 1984 Ratzinger era già da tempo il “Panzer-Kardinal”, “L’Inquisitore” o “Il Grande Inquisitore”; un decennio più tardi era il “Rottweiler di Dio”. Più beffardo il nomignolo di ‘Paparazzi’. Anche i vignettisti hanno avuto buon gioco con Ratzinger, che nell’immaginario satirico ha fatto spesso ricorso al nazista. E’ stato ritratto con l’elmetto da Vauro, da altri disegnatori con l’uniforme della Wehrmacht e sul mensile satirico “Il Vernacoliere” marchiato con una ‘SS’ che però sta per ‘spirito santo’. 

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