Anno: 2022

  • Covid oggi Emilia Romagna, 14mila contagi e 35 morti: bollettino 11 gennaio

    Covid oggi Emilia Romagna, 14mila contagi e 35 morti: bollettino 11 gennaio

    Sono 14mila i nuovi contagi da Coronavirus in Emilia Romagna secondo il bollettino di oggi, martedì 11 gennaio 2022, con i dati della Regione. Nella tabella si fa riferimento ad altri 35 morti. Nelle ultime 24 ore sono stati processati 78.623 tamponi, tra molecolari e antigenici, con un tasso di positività del 17,8%. Da ieri sono guarite 3.524 persone. In 226.810 in isolamento a casa.  

    I pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive dell’Emilia-Romagna sono 152, uno in più rispetto a ieri, con un’età media di 61,9 anni. Sul totale, 112 non sono vaccinati pari al 73,7%, mentre 40 sono vaccinati con ciclo completo. Per quanto riguarda i pazienti, ricoverati negli altri reparti Covid, sono 2.166, 123 in più rispetto a ieri, con un’età media 68,4 anni. 

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  • “Far lavorare sanitari positivi con tre dosi nei reparti Covid”

    “Far lavorare sanitari positivi con tre dosi nei reparti Covid”

    “La pressione sugli ospedali sta crescendo in maniera esponenziale”, e siccome “siamo in un momento di emergenza dobbiamo ragionare in termini di emergenza: i medici e gli infermieri positivi al tampone per Covid-19, ma asintomatici e con tre dosi di vaccino fatte, credo possano lavorare nei reparti Covid. Prevedere quarantena e isolamento in questo momento è inutile e dannoso al sistema”. Parola di Nino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica, cronicità e continuità assistenziale all’Asst Ovest Milanese, che “dalla prima linea” affida all’Adnkronos Sallute una proposta forte “per affrontare la nuova ondata epidemica” spinta dalla variante Omicron. 

    Specialista in medicina interna, ematologia, immunologia clinica e allergologia, nel novembre 2020 Mazzone si ritrovò ricoverato per Covid nel reparto che dirige all’ospedale di Legnano e da allora è tra i capofila di una ‘corrente controcorrente’: “I guariti da Covid-19 non andrebbero vaccinati – sostiene – perché sviluppano un’immunità drammaticamente diversa dai vaccinati, una protezione robusta, duratura e di alto livello”. Una posizione supportata da “diverse evidenze scientifiche” più volte ricordate dall’esperto, nonché da uno studio pubblicato dal suo stesso team su ‘Jama Internal Medicine’ e commentato da un esponente del board degli editor di Jama.  

    Alla tesi che ripete ancora oggi, Mazzone aggiunge ora un altro appello: permettere ai sanitari Covid-positivi tri-vaccinati e asintomatici di lavorare nelle corsie che assistono pazienti contagiati da Sars-CoV-2. “Questo permetterebbe di recuperare risorse in un momento difficile, liberando medici e infermieri per far funzionare reparti non Covid, area medica e chirurgia”, spiega. Avvertendo che, “a differenza delle prime ondate, la situazione attuale è molto più preoccupante”.  

    “La pressione sugli ospedali cresce esponenzialmente, stressando in maniera significativa prima i pronto soccorso e di conseguenza tutte le medicine interne, reparti fondamentali nella gestione delle emergenze”, testimonia il primario, vice presidente della Fism (Federazione società medico scientifiche italiane), elencando le ragioni che dovrebbero indurre a temere – ora più che mai – per la tenuta del sistema sanitario. 

    “Il numero totale delle persone da ricoverare è percentualmente minimo – è la prima riflessione – ma il totale dei positivi cresce in maniera esponenziale, pertanto in valore assoluto il numero dei ricoverati Covid in medicina interna sta raggiungendo il numero dei picchi delle prime ondate”. Mazzone conferma poi che “la maggior responsabilità” di questo carico sugli ospedali “rimane da attribuire alla fascia dei no vax, soprattutto per quanto riguarda le manifestazioni gravi della polmonite che necessita di intubazione”. E se è vero che “una quota di pazienti vaccinati è ricoverata in medicina interna con patologie severe e con polipatologie, andando a vedere nello specifico – precisa il medico – una percentuale di questi casi che anche evolvono negativamente sono teoricamente vaccinati, ma non hanno sviluppato una risposta” all’immunizzazione, o “perché su di loro il vaccino non ha funzionato oppure perché loro non sono in grado di sviluppare una risposta immunitaria”. 

    “Questi pazienti dovevano essere intercettati prima”, rimarca lo specialista, stigmatizzando “la visione cieca che non ha permesso di studiare la sierologia e di vedere in alcuni setting se il paziente ha risposto o meno alla vaccinazione. Una mancanza che ha prodotto questi ‘vaccinati teorici’ che si ammalano”. Mentre “di contro – assicura – anche in questa quarta ondata non abbiamo ricoverati che hanno fatto il Covid precedentemente, che come da sempre sosteniamo non andavano vaccinati perché in base ai dati disponibili l’immunità naturale protegge più del vaccino”.  

    “La pressione continua sugli ospedali” in questa quarta ondata di Covid-19 in Italia, prosegue l’analisi di Mazzone, “è dovuta al fatto che, mentre nelle prime ondate il flusso dei pazienti non Covid si era ridotto sostanzialmente, e gli ospedali si erano in gran parte convertiti in strutture Covid mantenendo bene o male gli stessi posti letto, oggi il numero di pazienti che accedono ai pronto soccorso e alle medicine interne è rimasto uguale. Pertanto gli accessi si sono raddoppiati con difficoltà, soprattutto per i pazienti non Covid, di trovare un giusto ricovero appropriato. In questo contesto le medicine interne restano in estrema sofferenza, dovendo gestire pazienti Covid e non Covid”. 

    Infine, “un altro aspetto che non era presente nelle prime ondate era il numero di medici e infermieri positivi”. Da qui la proposta del primario: “I sanitari positivi a Sars-CoV-2 e asintomatici, che hanno fatto tre dosi di vaccino, credo che possano lavorare nei reparti Covid. Questo – è convinto Mazzone – permetterebbe di recuperare risorse, garantire assistenza a chiunque ne abbia bisogno ed evitare il tilt”. 

     

     

     

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  • Djokovic si allena per gli Australian Open

    Djokovic si allena per gli Australian Open

    Novak Djokovic si allena per gli Australian Open in attesa di sviluppi nella vicenda relativa al suo visto d’ingresso in Australia. 

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  • Covid, Gismondo: “Stop tamponifici, pianificare convivenza”

    Covid, Gismondo: “Stop tamponifici, pianificare convivenza”

    Nella gestione di Covid-19, in Italia “purtroppo viviamo ancora in un isterismo che deve finire. E soprattutto deve finire questo ‘tamponificio’ che non serve a nulla e ci sta facendo sprecare tante risorse economiche e umane che potrebbero essere investite diversamente”. Con questa considerazione la microbiologa Maria Rita Gismondo invita a guardare invece alla Spagna, che “secondo quanto dichiarato dal suo premier sta preparando un bel piano di ritorno alla vita normale. Un modello di convivenza con il virus che, come dico da tempo, avremmo dovuto cominciare a pianificare anche noi”, sottolinea all’Adnkronos Salute la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano.  

    Se l’intenzione della Spagna è di “proporre un progetto da discutere a livello Ue per una condivisione almeno nell’area europea – ragiona l’esperta – credo che sia davvero arrivato il tempo di metterlo in atto, perché abbiamo capito che questo virus resterà con noi per tanti anni o forse per sempre, e perché oggi abbiamo i mezzi per convivere con Sars-CoV-2 minimizzandone il più possibile i danni: armi come i vaccini, soprattutto, ma anche come i nuovi farmaci antivirali”.  

    Considerando inoltre che “la tendenza è verso una sostituzione della variante Delta con la Omicron, molto contagiosa ma con una patogenicità inferiore ormai acclarata”, secondo Gismondo “abbiamo tutti gli elementi per poter pensare di gestire Covid-19, così come ha spiegato il premier spagnolo, come un’influenza stagionale. Malattia che certamente non è da sottovalutare, specie per le persone fragili – tiene a precisare – ma che non è un’emergenza”. 

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  • Vaccino covid, Figliuolo: “Ieri 19mila prime dosi a over 50”

    Vaccino covid, Figliuolo: “Ieri 19mila prime dosi a over 50”

    Nella giornata di ieri è stata oltrepassata la soglia delle 610mila somministrazioni di vaccino anti-covid, con circa 64mila prime dosi di cui oltre 19mila a favore degli over 50. Lo rende noto la struttura commissariale all’emergenza coronavirius, guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Le seconde dosi sono state 56mila mentre le dosi booster hanno superato quota 490mila, si fa sapere ancora.  

    E circa 4 milioni di dosi di vaccino verranno distribuite alle Regioni e alle Province autonome nel periodo compreso tra il 12 e il 14 gennaio, annuncia inoltre la struttura. In particolare saranno consegnati circa 1 milione di dosi di Moderna, 2,1 milioni di Pfizer per adulti e oltre 800mila di preparato pediatrico Pfizer. 

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  • Samsung, tutte le novità presentate al Ces 2022

    Nonostante l’ultima edizione del Ces, la fiera dell’elettronica mondiale che si tiene ogni anno a Las Vegas, abbia fatto registrare presenze di pubblico e di aziende ridotte, per via della pandemia, sono tante e interessanti le proposte arrivate da Samsung che ha deciso di puntare tutto sulla presenza fisica, annunciando moltissime novità, sia hardware che software.  

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  • Covid, allarme esperti: “Con stop interventi per Omicron 11 milioni di fragili a rischio”

    Covid, allarme esperti: “Con stop interventi per Omicron 11 milioni di fragili a rischio”

    “Sono trascorsi 2 anni di pandemia senza individuare adeguate soluzioni per garantire l’assistenza ai pazienti più fragili come quelli oncologici, cardiologici ed ematologici. Siamo molto preoccupati per il blocco, di fatto, dell’attività chirurgica programmata determinato dalla nuova ondata pandemica causata dalla variante Omicron. Questa paralisi rischia di provocare gravi danni ai nostri pazienti, che sono circa 11 milioni in Italia”. E’ l’allarme della Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi (Foce), che ricorda come “il rinvio degli interventi chirurgici può favorire lo sviluppo di tumori in fasi più avanzate, con minori possibilità di guarigione”, e che chiede “subito la riforma degli ospedali e il riavvio degli screening”.  

    Per gli specialisti “serve un’urgente ridefinizione del Sistema sanitario nazionale, modernizzando e rafforzando gli ospedali, rifondando la medicina territoriale, con una netta separazione fra ospedali, ambiti di cura e assistenza per pazienti Covid e non Covid”. In questi 2 anni “abbiamo proposto documenti operativi alle istituzioni con continui confronti, ma non è stato realizzato nulla per proteggere i pazienti fragili”, spiega Francesco Cognetti, presidente Foce. Nel 2020, evidenzia, “sono stati oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, sono saltati anche quelli urgenti. I ricoveri di chirurgia oncologica hanno visto una contrazione vistosa e una diminuzione di circa il 50-80% dell’attività elettiva, cioè programmata, come comunicato dalla Società italiana di chirurgia”. Nel 2021 era stata recuperata una parte di queste attività, ma la situazione attuale segna una drammatica regressione, si legge in una nota della Foce.  

    Anche in ambito cardiovascolare, proseguono gli esperti, nel 2020 il calo dei ricoveri è stato di circa il 20% (per impianti di defibrillatori, pacemaker e interventi cardiochirurgici rilevanti) e ancora maggiore per infarto del miocardio con aumento della mortalità. La Società italiana di cardiologia sta realizzando un’indagine per aggiornare questi dati, ma a un’analisi preliminare sembra che la situazione non sia migliorata.  

    “Abbiamo più volte chiesto anche il riavvio degli screening anticancro su tutto il territorio nazionale – rimarca Cognetti – Nel 2020, rispetto al 2019, sono stati eseguiti circa 2 milioni e mezzo di screening in meno. La riduzione degli esami è stata pari al 45,5% per lo screening colorettale (-1.110.414 test), al 43,4% per quello cervicale (-669.742), al 37,6% per le mammografie (-751.879). Nell’autunno 2020 alcune Regioni sono riuscite a erogare più test rispetto al 2019. Mancano però i dati del 2021 per fotografare lo stato dei programmi di prevenzione secondaria. Serve un aggiornamento almeno semestrale per capire in tempo reale le criticità da affrontare. Gli screening sono fondamentali per individuare le neoplasie in fase iniziale e migliorare la sopravvivenza”. 

    Nel 2019 i posti letto di degenza ordinaria erano 314 per 100mila abitanti, rispetto a una media europea di 500, collocando il nostro Paese al 22esimo posto in Europa per questo parametro. Anche per i posti letto in terapia intensiva esisteva un gap molto evidente, con 9 posti letto ogni 100mila abitanti in Italia, rispetto, ad esempio, ai 33 della Germania. Poco o nulla è cambiato in questi 2 anni. 

    “Le carenze del settore ospedaliero, come spiegato nel documento programmatico stilato dalle società scientifiche riunite nel ‘Forum permanente sul sistema sanitario nazionale nel post Covid – conclude Cognetti – sono tra le cause principali che stanno provocando effetti estremamente dannosi durante la pandemia. Serve quanto prima una revisione del decreto ministeriale 70 sugli standard ospedalieri. E’ necessario assegnare più risorse all’assistenza nosocomiale, attingendo anche dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e non solo”. 

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  • Covid, Cei aggiorna misure prevenzione

    La Conferenza Episcopale Italiana ha aggiornato le misure per prevenire i contagi Covid: no al green pass per le messe e usare FFP2 in chiesa. Green Pass rafforzato invece dal primo febbraio per il personale delle Facoltà Teologiche.  

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  • Vaccino covid e bambini 5-11 anni, i numeri nel mondo

    Vaccino covid e bambini 5-11 anni, i numeri nel mondo

    Sono milioni i bambini fra i 5 e gli 11 anni che hanno già ricevuto il vaccino contro il covid in tutto il mondo. Nei soli Stati Uniti, secondo i dati del Cdc, in questa fascia d’età sono 7,5 milioni i piccoli che hanno ricevuto almeno una dose. E gli Usa ora raccomandano anche la terza per i piccoli con fragilità. Per ora non si segnalano gravi reazioni avverse. Vaccini usati ed età, obbligo: ecco un panorama della situazione nel mondo. 

    Vaccini usati ed età – Per i più piccoli, la maggior parte dei Paesi ha scelto Pfizer per la fascia 5-11. Ma la Cina ha approvato l’uso di due vaccini, Sinovac e Sinopharm per i bambini a partire da tre anni. Anche in Argentina, dove si usano i vaccini cinesi, si parte dai tre anni. Cuba, con il suo vaccino Soberana, ha avviato l’immunizzazione a partire da due anni e altrettanto fa il Venezuela che usa lo stesso vaccino. 

    Obbligo- Il Costarica è finora l’unico Paese al mondo ad aver imposto la vaccinazione del covid fra quelle obbligatorie per l’infanzia: si parte dai 5 anni. 

    Avvio delle vaccinazioni- Israele ha vaccinato alcune centinaia di bambini più fragili la scorsa estate, ma il vero avvio delle immunizzazioni per i bambini più piccoli è stato a novembre. Il Bahrein ha autorizzato le vaccinazioni il 2 novembre con Sinopharm, gli Stati Uniti il 3 con Pfizer. In Canada l’autorizzazione è arrivata il 19 novembre, in Israele il programma è partito il 22. 

    Europa- L’Ema, l’ente regolatorio dell’Eu per i farmaci, ha autorizzato il vaccino per la fascia 5-11 il 25 novembre, ma nella maggior parte dei Paesi il programma è partito a metà dicembre in attesa dell’arrivo delle dosi, che per i bimbi sono ridotte. In tutto sono 27 milioni i piccoli europei interessati. Danimarca e Austria sono partite anche prima del via libera dell’Ema: il 15 novembre 200 bambini hanno ricevuto la prima dose a Vienna. In Danimarca un bambino su quattro è stato vaccinato nelle prime due settimane. Altri paesi europei sono partiti più lentamente: in Francia la campagna è cominciata con i bambini più fragili, poi è stata estesa a tutti il 22 dicembre. Ma l’8 gennaio si segnalava che solo l’1% dei bambini fra i 5 e gli 11 anni era stato vaccinato. Fuori dall’Ue, in Europa il vaccino per i la fascia 5-11 è disponibile anche in Svizzera, mentre in Gran Bretagna viene somministrato ai più piccoli solo in caso di fragilità. 

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  • Covid oggi Italia, Pregliasco: “Conviverci? Con valori zona bianca”

    Covid oggi Italia, Pregliasco: “Conviverci? Con valori zona bianca”

    “C’è una voglia di normalità, ma siamo in una fase di transizione, perché dobbiamo far passare questa nottata che è un po’ lunga, una nottata che prevederà un impegno diciamo fino a marzo”. Così il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano, commenta all’Adnkronos Salute le intenzioni espresse sia dal governo spagnolo sia da quello britannico di passare dalla fase pandemica a quella endemica nella gestione del Covid.  

    “Però i vari governi vogliono lanciare un messaggio positivo, lo stesso che abbiamo lanciato noi con la scuola. Condivido la sfida, anche se mi aspetto una quantità di classi in Dad nel prossimo futuro, però è questa l’enfasi che viene data dalla politica: vogliamo superare l’emergenza, prepariamoci a una nuova normalità e a una convivenza col virus”. “Sono in alcuni casi dei proclami – osserva l’esperto – ma di approccio, anche perché il consenso sennò va a scemare e si rischia una depressione, quindi ci vuole”.  

    Per quanto riguarda il Regno Unito, “loro forse hanno lasciato i buoi uscire dalla stalla più di noi mentre noi abbiamo voluto mitigare. E’ chiaro che, lasciando uscirei buoi, – prosegue con la metafora Pregliasco – tu hai una curva a campana molto veloce con un picco che si raggiunge prima. Noi mitigando abbassiamo la curva, ma spalmiamo il tutto su un tempo più lungo riuscendo però a gestire meglio il tutto”. Ma quali sono i numeri che permetteranno anche noi di iniziare a gestire il virus come un’endemia? “I valori della zona bianca – risponde netto il virologo – Se si va oltre, comincia ad esserci ancora una condizione problematica. Ci sono ancora troppi morti, probabilmente perché abbiamo un mix di Omicron e Delta, per poterla gestire come un’influenza. Siamo in questa fase di transizione”.  

    L’orizzonte è quindi la primavera? “Dipenderà sempre dall’incognita di nuove varianti. Comunque – chiarisce il medico – dovremo considerare nuovi aspetti di normalità. Noi ridevamo quando vedevamo i turisti orientali con la mascherina – ricorda Pregliasco – ma ora credo sia sdoganato e si debba sdoganare questo approccio nel futuro. Non potremo più, come purtroppo avveniva in passato, cadere nella sottovalutazione e mandare a scuola il bambino con qualche linea di febbre infarcendolo di Tachipirina. Insomma, ci vorrà più attenzione – raccomanda l’esperto – Iniziamo a pensare a una pianificazione, ma ci vuole ancora tempo. Deve passare la nottata”.  

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