(Adnkronos) – Formare nuovi battaglioni o rimpiazzare le perdite subite in battaglia e inviare un messaggio all’esterno in merito all’eventuale uso di armi tattiche nucleari, sono alcuni degli aspetti che caratterizerebbero la mobilitazione di 300mila uomini annunciata dal presidente Vladimir Putin, illustrati all’Adnkronos dal generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico Italiano.
“I 300mila riservisti chiamati da Putin sono uomini già con una formazione militare, quindi non giovani di leva, – spiega Battisti – e si tratta di un buon serbatoio di uomini che con un minimo di aggiornamento possono essere impiegati sul campo di battaglia o formando nuovi battaglioni o rimpiazzando le perdite subite in guerra. Certo è che non saranno impiegati nell’immediato, serve tempo per aggiornare l’addestramento ed equipaggiarli dato che l’inverno è alle porte. E sono stati inoltre chiamati gli istruttori delle scuole o accademie militari probabilmente come comandanti ai minimi livelli per questi riservisti che avranno quindi una buona preparazione prima di essere inviati al fronte”. “Ritengo che non si possa aggredire un paese come l’Ucraina che non ha solo i soldati che combattono ma tutta la società, miliziani, partigiani, guerriglieri dietro le linee russe. Facendo un calcolo, le forze armate ucraine nella loro completezza arrivano circa a un milione di uomini e donne. Non si può aggredire un paese che di fatto combatte in modo estremamente convinto per il proprio territorio con di fatto solo 130, 140mila uomini”.
In merito alla minaccia delle armi atomiche il generale Battisti afferma che “velate minacce sull’uso di armi tattiche nucleari ci sono state da parte russa sin dall’inizio della guerra ed ora sono state ‘ribadite’ a seguito della repentina avanzata ucraina. La Russia ha sempre detto che le avrebbe utilizzate se costretto a difendere i propri territori, in caso di aggressione. Putin però ha ricevuto la risposta di Biden secondo cui in caso di uso di armi nucleari o chimiche la riposta degli Usa sarebbe stata adeguata”.
Tricarico
“Il discorso di Putin è l’ammissione implicita ma ben chiara delle difficoltà che si erano manifestate negli ultimi tempi e non soltanto con la ritirata delle ultime settimane: difficoltà che fondamentalmente consistono in mancanza di uomini, di professionisti e di mezzi, e io aggiungo anche di morale”. Così all’Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis) ed ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare in merito al discorso tenuto dal presidente russo Vladimir Putin in tv.
“Da evidenziare che naturalmente la riunione che Putin ha fatto con i responsabili delle società che producono materiali per la difesa fa pendant con l’intervento volto a reclutare riservisti, – ha aggiunto Tricarico – Naturalmente non basta un ordine di produrre al cento per cento all’interno del paese le armi di cui Mosca ha bisogno… quello probabilmente è un settore dove le sanzioni che che ne dicano stanno colpendo duro e hanno iniziato a colpire perché la loro depotenzialità si potrà vedere ancor più nei tempi a venire”.
“Come dare ordine all’industria militare di produrre tutto in casa è solo un ordine, ben altra cosa è raggiungere questo obiettivo, così per i militari richiamare i riservisti non significa aumentare da un giorno all’atro o nel tempo breve, forse medio, la capacità dello strumento militare russo. – ha spiegato Tricarico – Sono provvedimenti che dispiegano gli effetti nel tempo e che quindi è errato collegare ad un aumento della capacità dello strumento militare”.
“Putin dice che l’occidente vuole distruggere la Russia e inevitabilmente quando sento questa non possono non ricordare la frase pronunciata dal Segretario Usa Lloyd Austin a Ramstein, quando disse che l’understate degli Stati Uniti era quello di fare in modo che Putin non rappresentasse più una minaccia per alcuno – ha continuato Tricarico – Naturalmente noi, come gli altri paesi europei o extra europei, dovremmo rigettare la soluzione finale auspicata dagli Usa e temuta da Putin. E questo è il momento buono… Se non ora quando? Anche perché le minacce, quelle sì, non sono implicite, e ora più che mai la possibilità dell’impiego di armi distruzione di massa si potrebbe profilare con un’ipotesi da non escludere”.
“Sedersi a un tavolo per una tregua? A Putin non lo ha chiesto nessuno di quelli che contano. C’è stato un segnale, dato nei modi collegati alla loro cultura, da parte di Cina e India a Samarcanda, ma mancano altri player globali. – ha concluso Tricarico – Un negoziato che come il 24 febbraio non potrà che riguardare il Donbass e non potrà che partire dalla garanzia dell’integrità territoriale ucraina, così come nel suo messaggio Putin rivendica integrità territoriale della Russia”.