(Adnkronos) –
Il 71% delle persone transgender e gender non conforming (di genere diverso da quello alla nascita) non ha mai partecipato ad alcun programma di screening anticancro; una su tre non è in grado di trovare informazioni specifiche per la prevenzione oncologica declinate sulla propria condizione specifica, e il 53% ritiene che l’identità di genere possa avere un impatto significativo sul rischio di sviluppare il cancro. Più in generale, gli ospedali rappresentano il quinto luogo in cui le persone transgender subiscono discriminazioni, dopo gli spazi comuni all’aperto, la scuola, i mezzi di trasporto pubblici e i locali notturni. Da un lato, il 32% riferisce di essere stato vittima di comportamenti discriminatori da parte del personale sanitario. Dall’altro, il 46,2% degli oncologi ritiene che questi pazienti siano discriminati nell’accesso all’assistenza e il 18,4% è stato testimone di episodi di questo tipo riconducibili all’identità di genere da parte di operatori sanitari.
Sono i principali risultati di due sondaggi, uno su 190 persone transgender e gender non conforming e uno su 305 oncologi, presentati ad Assisi al convegno Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) sulle ‘Giornate dell’etica in oncologia’, e condotti in collaborazione con Elma Research. Dalle indagini – riporta l’Aiom che sta lavorando a Raccomandazioni ad hoc rivolte agli specialisti – emerge che la discriminazione da parte del personale sanitario nei confronti delle persone transgender può assumere diverse forme: dall’utilizzo del nome assegnato alla nascita al posto di quello scelto ad atteggiamenti di curiosità inappropriata, a un comportamento meno rispettoso rispetto a quello riservato agli altri pazienti, all’ignorare necessità specifiche, al biasimo per il problema clinico fino all’utilizzo di un linguaggio aggressivo. Secondo gli oncologi, come conseguenze degli atteggiamenti discriminatori le persone transgender non partecipano agli screening e ai programmi di prevenzione (73,1%), accedono ai centri per affrontare i problemi oncologici con sensibile ritardo (67,9%), non hanno fiducia nei professionisti della sanità (57%), non accedono del tutto ai centri di cura (44,6%) e non ricevono cure appropriate (22,6%).
Fra le cause dei comportamenti che discriminano le persone transgender in ambiente sanitario vengono indicate la mancanza di esperienza nel trattamento dei problemi specifici di queste persone, la scarsa conoscenza delle loro esigenze cliniche, e talvolta anche paura o pregiudizio. Un problema rilevante, considerando che negli ultimi 5 anni il 41,3% degli oncologi ha curato almeno un paziente transgender o gender non conforming colpito da tumore. Per migliorare la qualità dell’assistenza gli esperti ritengono necessario implementare la formazione dei professionisti, investire in campagne istituzionali per proteggere questi cittadini da ogni forma di discriminazione basata sull’identità di genere e prevedere studi clinici che li includano, considerando le loro specifiche esigenze.
“Dedichiamo 2 giorni alla salute declinata su sesso e identità di genere – afferma Saverio Cinieri, presidente nazionale Aiom – La medicina di genere ha un preciso significato in oncologia. Ci sono infatti differenze fra uomini e donne in termini biologici e molecolari, di risposta alle terapie antineoplastiche e di tossicità in seguito ai trattamenti contro il cancro. Nella seconda parte delle Giornate dell’etica rivolgiamo la nostra attenzione alle esigenze della comunità Lgbtqia+. Le problematiche oncologiche in questa popolazione sono” infatti “del tutto misconosciute, ma molto importanti. Aiom è impegnata su questo fronte e stilerà le Raccomandazioni per la gestione dei tumori nei pazienti transgender”.
“Nella fase di transizione fra i sessi, queste persone vanno incontro a cambiamenti biologici così importanti da poter favorire l’insorgenza del cancro. Inoltre, come emerso dal sondaggio, nel lungo e talvolta doloroso percorso di transizione spesso trascurano le regole di prevenzione oncologica, inclusi gli screening”, sottolinea Cinieri. “L’oncologia – evidenzia Giordano Beretta, presidente di Fondazione Aiom – si deve aprire alle molteplici sfaccettature della società e deve essere pronta ad accoglierle con un linguaggio inclusivo. Così come individuiamo i sottogruppi di pazienti in base alle alterazioni molecolari per scegliere il trattamento migliore, dobbiamo anche capire come trattare alcuni gruppi di pazienti che hanno bisogno di particolare attenzione per essere curati al meglio”.
“Le Giornate dell’etica’ di Aiom rappresentano l’occasione per focalizzare l’attenzione su tematiche trasversali e integrative, rispetto a quelle più tradizionali costituite dalle terapie e dai risultati degli studi clinici – rimarca Rossana Berardi, ordinario di oncologia all’Università Politecnica delle Marche, direttrice della Clinica oncologica dell’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche e membro del direttivo nazionale Aiom – La medicina di genere è un tema nuovo in ambito oncologico, per lungo tempo confinata solo all’aspetto riproduttivo. Oggi abbiamo a disposizione evidenze scientifiche crescenti, anche epidemiologiche, che aiutano a comprendere come vi siano importanti differenze biologiche in base al sesso nella risposta alle terapie. Vanno considerate anche le diversità in termini socio-economici, legate al genere, nell’accesso alle cure e alle sperimentazioni cliniche”.
“Per la prima volta Aiom dedica un convegno alla medicina di genere – osserva Filippo Pietrantonio dell’Oncologia medica gastroenterologica della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano e membro del direttivo nazionale Aiom – Il convegno si focalizza non solo sulle differenze fra uomo e donna, ma include anche un focus sulla salute della comunità Lgbtqia+. Questa scelta pone Aiom in linea con le decisioni adottate da tempo dalle società scientifiche dei principali Paesi europei e degli Stati Uniti. E’ necessario impegnarsi di più per ridurre le disparità di accesso ai trattamenti e agli screening anti cancro, che ancora esistono per alcune categorie. Spesso il timore di subire discriminazioni rappresenta per questi cittadini una barriera nei confronti della prevenzione e delle cure”.