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Tumore del seno triplo negativo, immunoterapia prima e dopo chirurgia aumenta sopravvivenza

(Adnkronos) –
L’immunoterapia prima e dopo la chirurgia cambia la pratica clinica del tumore del seno triplo negativo. Lo dimostra lo studio di fase 3 Keynote-522 presentato oggi al congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), che a Barcellona riunisce oltre 37mila oncologi da tutto il mondo. Lo studio Keynote-522 è il quarto di un regime a base di pembrolizumab che dimostra un beneficio di sopravvivenza globale in uno stadio iniziale del tumore.  

Lo studio segna un importante passo avanti: nella forma ad alto rischio in stadio iniziale, il farmaco immunoterapico pembrolizumab in combinazione con chemioterapia prima della chirurgia e continuato in monoterapia dopo l’intervento riduce il rischio di morte del 34% rispetto al regime chemioterapia-placebo (placebo più chemioterapia seguiti da placebo dopo la chirurgia). L’immunoterapia prima e dopo la chirurgia cambia, dunque, la pratica clinica per questo tipo di neoplasia, affermano gli esperti. Nello studio, il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni è risultato dell’86,6% nelle pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab rispetto all’81,7% nelle pazienti che hanno ricevuto il regime chemioterapia-placebo. 

Nel 2023 in Italia sono stati stimati 55.900 nuovi casi di tumore della mammella. “Il carcinoma mammario triplo negativo, in cui rientrano circa il 15% delle diagnosi, non presenta i recettori degli estrogeni, del progesterone e della proteina Her2 – spiega Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo, professore ordinario di Oncologia medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto europeo di oncologia di Milano – Pertanto, non risponde alla terapia ormonale e ai farmaci che hanno come bersaglio Her2. E’ la forma più aggressiva, in cui il rischio di ricaduta a distanza aumenta rapidamente a partire dalla diagnosi e raggiunge il picco nei primi 3 anni. In assenza di bersagli terapeutici, le opzioni di cura sono state storicamente limitate e costituite da chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Oggi, si aggiunge l’immunoterapia”. 

“Keynote-522 è uno studio rivoluzionario che cambia la pratica clinica, in una patologia in cui vi è forte necessità di nuove opzioni di cura – continua Curigliano – Questi importanti risultati di sopravvivenza globale si aggiungono ai dati di risposta completa e di sopravvivenza libera da eventi riportati precedentemente nello studio Keynote-522. Pembrolizumab più chemioterapia come trattamento neoadiuvante e, a seguire, come agente singolo dopo la chirurgia ha ridotto il rischio di morte del 34% rispetto alla chemioterapia neoadiuvante, rafforzando il ruolo fondamentale di questo regime immunoterapico nel trattamento del carcinoma mammario triplo negativo ad alto rischio in stadio iniziale. Finora non si erano mai visti risultati di questa portata in una patologia così aggressiva”.  

“L’assenza dei recettori per gli estrogeni, per il progesterone e di Her2 rende il carcinoma mammario triplo negativo più difficile da trattare rispetto agli altri, perché affrontabile, fino a poco tempo fa, solo con la chemioterapia e perché in genere caratterizzato da una maggiore aggressività biologica – sottolinea Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom – I risultati dello studio Keynote-522 cambiano le prospettive, grazie all’utilizzo dell’immunoterapia. E’ importante che l’impostazione del trattamento, nelle fasi iniziali e ad ogni snodo decisionale, sia a carico delle Breast Unit, cioè dei centri di senologia in cui può essere garantito un approccio multidisciplinare. Il lavoro del team favorisce il raggiungimento di alti livelli di specializzazione delle cure, ottimizzando i tempi delle prestazioni, con l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita delle pazienti. In questo modo è possibile ottenere appropriatezza, coerenza e continuità dei percorsi diagnostico-terapeutici. Inoltre, il carcinoma della mammella triplo negativo colpisce soprattutto donne giovani, per cui è importante che gli specialisti delle Breast Unit propongano anche un percorso di preservazione della fertilità”. 

 

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