Il teleconsulto e le televisite sono strumenti, diventati più familiari in pandemia, che potranno avere un importante utilizzo nel futuro prossimo dell’oncologia e dell’ematologia. Ma non servono solo gli strumenti tecnologici per incrementare queste possibilità, servono anche norme che ne formalizzino l’utilizzo. E’ uno degli elementi emersi dal dialogo sui futuri sviluppi dell’assistenza oncologica in Italia nel corso della presentazione del progetto ‘Switch on’, promosso da Sanofi , di cui si è parlato in un incontro on line e dedicato alle sfide e alle opportunità che dovranno essere affrontate nel prossimo futuro.
“Durante il lockdown duro dello scorso anno – sottolinea Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e responsabile oncologia dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo – le visite oncologiche in presenza sono state completamente sospese e sostituite da visite telefoniche o da telemedicina, per chi aveva già supporti del genere”.
“Di tutta questa attività – denuncia – non è rimasto niente. Se si volesse avere documentazione di ciò che è stato fatto nel mio reparto in quel periodo risulterebbero solo le persone che sono venute a fare terapia. Questo è un problema perché avere un corretto rendiconto delle ore dedicate consente di poter organizzare tutto il percorso dei pazienti. Ricordo che per una visita di telemedicina ci vuole spesso lo stesso tempo, se non di più, rispetto ad una visita in presenza”.
Secondo Beretta, in un futuro tecnologico, le visite in presenza continueranno ad esserci: “saranno in numero inferiore perché sarà possibile supportare il paziente, colloquiando con lui quando è a casa e avendo un sistema di interazione con la medicina del territorio che consenta di raggiungerlo facilmente”. Una possibilità di grande importanza, secondo Mario Boccadoro dell’università degli Studi di Torino, che ha ricordato come oggi “noi ematologi abbiamo la fortuna di avere molti pazienti che guariscono. E, per questo, affollano gli ospedali per il follow up. Ma l’ospedale non è il loro posto. La tecnologia ci aiuterà a organizzare meglio. Servono però piattaforme nazionali e una rete nazionale”.
Per Paolo Corradini, ematologo della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei Tumori di Milano, fondamentale è “la possibilità di formalizzare con strumenti ad hoc” la teleconsulenza, serve “una tecnologia unica riconosciuta dal sistema sanitario nazionale, con caratteristiche precise. Serve quindi – conclude – un’implementazione formale e non solo di emergenza”.