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L’appello, ‘screening Tac polmone salvavita, entri nei Lea’

(Adnkronos) – Un manifesto-appello per “sensibilizzare la popolazione a rischio e la classe politica italiana ed europea sulla necessità di far rientrare lo screening del tumore del polmone” con la Tac a basso dosaggio “fra gli screening essenziali. Non è invasivo, non è più costoso, e dovrebbe essere accessibile a tutti coloro che possono trarne beneficio”. Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore della Divisione di Oncologia medica dell’università di Torino, riassume così il messaggio che si intende lanciare con il ‘Manifesto italiano PolmoniAmo’, presentato oggi a Milano e realizzato con il sostegno di AstraZeneca. 

Un messaggio indirizzato a più destinatari, tra cui il Parlamento italiano, “che si chiama a un dovere civico: facilitare tutte quelle iniziative che tendono a consentire l’accesso a metodiche di diagnosi precoce a strati sempre più ampi di popolazione, eliminando le barriere” esistenti. Il manifesto è stato stilato proprio dai clinici impegnati ogni giorno nella presa in carico dei pazienti colpiti da tumore al polmone. “Chiamiamo ad una call to action le istituzioni nazionali e regionali insieme alle comunità scientifiche – si legge nel testo – al fine di garantire il diritto all’accesso allo screening ai cittadini italiani ad alto rischio (per età e per esposizione tabagica) di sviluppare il cancro del polmone, attraverso l’inserimento dello screening all’interno dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) alla stregua dei programmi di screening del cancro cervicale, colorettale e mammario”.  

“Io penso che, anche alla vigilia del Piano oncologico italiano, fra gli obiettivi che vengono individuati e con le risorse che sono stanziate anche attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si può indirizzare a un’azione mirata perché lo screening del polmone diventi patrimonio della nostra politica sanitaria italiana”, afferma Elena Carnevali, componente della Commissione Affari sociali della Camera. Questa neoplasia, osserva Scagliotti che è coordinatore scientifico di ‘PolmoniAmo’ insieme al collega Ugo Pastorino, direttore della Chirurgia toracica dell’Irccs Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, “finora ha ricevuto meno attenzione rispetto ad altre, anche a causa dello stigma sociale, riconducibile alla storia di tabagismo nella maggioranza dei pazienti. La Tac a basso dosaggio rappresenta una promettente strategia salvavita, ma ad oggi non rientra nella pratica clinica e nei programmi di prevenzione secondaria rimborsati dal servizio sanitario nazionale. Si stima che la popolazione candidabile a screening polmonare, secondo le linee guida internazionali, sia compresa tra 600mila e 800mila italiani. Con il manifesto vogliamo promuovere un cambiamento culturale”.  

Inoltre, aggiunge Scagliotti, “vogliamo costruire un nuovo modello collaborativo, realizzando un percorso che offra strumenti e risorse per l’attivazione di programmi di prevenzione secondaria su tutto il territorio, coinvolgendo in particolare i medici di famiglia. Vanno anche implementati i centri antifumo. Per realizzare questi obiettivi servono fondi, che possono essere recuperati dal Pnrr”. Intanto si guarda ai dati che potranno arrivare dalla Rete italiana screening polmonare (Risp) a sostegno dell’importanza di implementare questo strumento.  

Con il Decreto Legge Sostegni-bis sono stati erogati 2 milioni di euro per il biennio 2021-2022 per sostenere il primo programma nazionale sperimentale di screening polmonare. Grazie al finanziamento, il ministero della Salute e le Regioni hanno costituito la Risp. “Si tratta del primo programma gratuito di diagnosi precoce del tumore del polmone – spiega Pastorino – È rivolto a persone di età compresa fra 55 e 75 anni, che consumino un pacchetto di sigarette al giorno da più di 30 anni. Possono partecipare anche i forti fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni. Sono coinvolti 19 centri a elevata competenza clinica multidisciplinare su tutto il territorio”. Il potenziale dello screening, evidenzia lo specialista, “si estende oltre la prevenzione oncologica, consentendo l’identificazione precoce anche di altre patologie fumo-correlate, quali la broncopneumopatia cronico ostruttiva e le cardiopatie”. La Tac a bassa dose “permette infatti di calcolare il grado di calcificazione delle arterie coronariche, direttamente proporzionale al rischio di infarto o di stenosi delle coronarie. Si può quindi ottenere anche una valutazione del rischio cardiovascolare”. 

“Bisogna sfruttare tutti i progressi accumulati in questi anni, compreso lo sviluppo delle nuove tecnologie di analisi automatizzata della Tac, che aiutano ad evitare problematiche come falsi positivi e interventi non necessari o per malattie che non porterebbero a nessun danno. La Rete serve a far partire tutti dal livello più alto delle conoscenze attuali e naturalmente servirà anche al ministero per capire fra 2-3 anni quanto sia efficace lo screening e decidere se nei soggetti ad alto rischio questa possa essere una procedura rimborsabile”. 

“Entro il 2022 – aggiunge Carnevali – la Commissione europea presenterà una proposta per aggiornare la raccomandazione del Consiglio d’Europa sullo screening dei tumori, proprio per garantire maggior corrispondenza con i più recenti dati scientifici. Si valuterà la possibilità di applicare lo screening mirato non soltanto al carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon-retto, ma anche a quello prostatico, polmonare e gastrico. Il momento non potrebbe essere più propizio per invocare maggiore attenzione verso il cancro al polmone. L’individuazione precoce della malattia attraverso lo screening, in via sperimentale e di studio nel nostro ordinamento, rappresenta un esempio dell’importanza della prevenzione secondaria che, insieme alla lotta contro il fumo, determina vite risparmiate, più qualità della vita ed efficacia nei percorsi di cura, oltre alla sostenibilità dei sistemi sanitari del domani”. 

E’ una “sfida dal forte significato etico e morale”, sottolinea Scagliotti, “e non ci si può chiamare fuori di fronte a evidenze come quelle che abbiamo accumulato negli ultimi 20 anni. Ma va aumentato il livello della comunicazione. Serve che si vada nei centri commerciali” nella quotidianità delle persone. Con che frequenza andrebbe fatto lo screening polmonare? “La vera scommessa – dice Pastorino – è farlo in base al rischio, non fare tutto uguale per tutti, ma una strategia diversa che preveda una frequenza annuale per tutti coloro che hanno un rischio molto elevato a un intervallo più lungo, anche 3-4 anni, per chi ha un rischio molto basso. In questa maniera noi potremmo migliorare da tutti i punti di vista il costo-beneficio di una strategia di screening”. Il punto fondamentale, conclude Scagliotti, “è arrivare prima a diagnosticare la malattia. E questo produrrà, senza fare nulla, un raddoppiamento della sopravvivenza a 5 anni. E poi, per quel numero di pazienti che vengono diagnosticati comunque in fase avanzata, agire sul miglioramento della sopravvivenza”. 

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